MARITTIME, COSTRUZIONI
Le c. m. hanno avuto uno sviluppo intensissimo negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, sia per quanto riguarda le opere tradizionali (porti, canali, opere di difesa costiera) sia per il nascere di una nuova tipologia di opere, denominate offshore (v. in questa Appendice), ubicate in mare aperto anche a grande profondità. Il progresso delle opere tradizionali è legato: all'evoluzione delle dimensioni delle navi e alla specializzazione dei traffici marittimi; all'incremento dei volumi di merce trasportati per via marittima, con riferimento sia alle materie prime che ai prodotti finiti; all'evoluzione dei mezzi d'opera e della tecnologia di costruzione; al progressivo incremento delle conoscenze scientifiche, conseguenti all'impulso dato agli studi d'idraulica marittima e di oceanografia applicata.
Urbanistica portuale. − Nell'ambito dell'urbanistica portuale si è andata affermando negli anni Settanta e Ottanta la specializzazione delle banchine e degli stessi porti, che sono visti non più come entità a sé stanti, ma come facenti parte di sistemi portuali, intesi quali complesso di più porti destinati a servire un retroterra (hinterland) talvolta anche distinto da quello geograficamente gravitante sul sistema. Contemporaneamente i porti sono visti come ''momenti'' del flusso dei trasporti che si svolge per via marittima e terrestre (strada e ferrovia), con una intercambiabilità favorita dal processo di ''unitizzazione'' dei carichi, legato fondamentalmente all'introduzione di contenitori di dimensioni standardizzate. Lo stesso processo ha contribuito alla creazione degli interporti, zone appositamente attrezzate ubicate talora a poca distanza dai porti, talora in prossimità di centri nevralgici di traffico, ove può avvenire il deposito temporaneo e il trasferimento delle merci dall'uno all'altro mezzo di trasporto.
Con gli interporti è venuta meno l'esigenza di attrezzare le banchine con terminali ferroviari dotati di vastissimi fasci per la sosta e formazione dei convogli, che caratterizzavano la maggior parte dei porti tradizionali. Sia per il traffico delle merci varie (unitizzate o meno) che per quello delle rinfuse è progressivamente aumentata l'esigenza di vaste superfici a terra da adibire al deposito (queste nel caso delle rinfuse possono trovarsi anche a grande distanza dalla banchina di attracco delle navi); contemporaneamente si è, per molti tipi di merce, abbandonato il concetto di posto-nave, molto diffuso in passato, e preferito quello di lunghe banchine, in grado di accogliere contemporaneamente più navi di dimensioni diverse, con la possibilità di concentrare i costosi mezzi di movimentazione delle merci sulle navi presenti.
Si è inoltre andata accentuando la differenziazione fra porti commerciali e industriali, intendendo con quest'ultima denominazione quei porti nei quali la merce trasportata riceve almeno una prima importante lavorazione nelle vicinanze dello specchio acqueo protetto, quando addirittura l'industria non è dotata di proprie banchine di attracco appositamente attrezzate.
Sono nati infine porti dedicati esclusivamente alla navigazione da diporto, dato il grande sviluppo che ha avuto la relativa flotta e le necessità del tutto peculiari di tale utenza nautica. Lo sviluppo dei porti turistici (detti anche ''marina'') negli USA e in gran parte delle nazioni europee è stato impetuoso ed è da collegare a una forma di utilizzazione del mare molto più diffusa che nel passato a causa dell'aumentato benessere del mondo industrializzato.
Nel complesso, se si vogliono sintetizzare le modifiche principali introdotte nei porti, esse possono essere individuate in: a) aumento dei fondali e degli spazi di manovra a causa dell'aumento di dimensioni delle navi; b) adozione di banchine lunghe e di grande larghezza; c) specializzazione delle banchine e dei porti stessi, con netta separazione fra porti commerciali o industriali, da pesca e turistici.
Dal punto di vista progettuale, le dimensioni degli spazi in acqua e a terra sono state razionalizzate impiegando idonei strumenti, quali per es. modelli analogici per la simulazione della manovra delle navi, modelli numerici basati genericamente sulla teoria delle code per l'ottimizzazione delle lunghezze di banchina e la disposizione delle aree di deposito e di movimentazione a terra. Rilevanti progressi sono stati anche compiuti nella valutazione delle condizioni di agitazione ondosa interna portuale (con modelli fisici e matematici) e della sicurezza delle navi all'ormeggio (essenzialmente con modelli fisici che consentono di riprodurre gli effetti non lineari dovuti alla mutua azione di onde di lungo periodo, dispositivi di ormeggio e parabordi).
In Italia si è constatato nei trascorsi anni uno spostamento dei traffici nell'ambito dei porti cosiddetti ''storici'', con penalizzazione degli scali che presentano difficoltà di collegamento con l'hinterland (Genova, Napoli) e notevole sviluppo degli scali (Livorno, Ravenna) che hanno saputo adeguarsi tempestivamente alle mutate condizioni dei traffici o nei quali si è fatta sentire in modo meno negativo l'antiquata organizzazione del lavoro portuale e la confusa sovrapposizione di più autorità nella stessa area. Altri porti sono rimasti stazionari o hanno addirittura subito riduzioni di traffico nonostante le notevoli potenzialità e la favorevole ubicazione geografica (Trieste, Venezia), anche per motivi indipendenti da quelli puramente economici (si veda per Venezia la conflittualità fra esigenze di sviluppo portuale e di salvaguardia della laguna). Fra i porti industriali si sono sviluppati Augusta (porto petrolifero) e Taranto (centro siderurgico), nonché altri porti destinati a industrie chimiche e petrolchimiche (Milazzo, Cagliari, Porto Torres, Brindisi). Fra i porti interamente nuovi realizzati nell'ultimo ventennio, su iniziativa della Cassa per il Mezzogiorno, sono da citare i porti industriali di Gioia Tauro, Sibari, Cagliari (quest'ultimo destinato a grande terminale per contenitori), Porto Torres, Oristano, Pozzallo, Manfredonia. Porti industriali affiancati a preesistenti modesti scali commerciali sono quelli di Olbia e Arbatax.
Emblematica, ai fini di una conferma dell'accennato trend portuale, è la vicenda del porto di Genova, che resta, nonostante le sfavorevoli vicende, il più importante porto italiano. Le moderne concezioni portuali hanno comportato la realizzazione di un nuovo porto completamente separato da quello esistente, ubicato nella rada di Voltri (figg. 1 e 2). Per il nuovo scalo si è abbandonata la concezione a sporgenti obliqui protetti da una diga parallela a riva per ritornare a uno schema classico di porto a bacino, con un'unica banchina di riva prospiciente un vastissimo terrapieno. Particolarmente curati sono stati i raccordi stradali e ferroviari, i quali ultimi costituiscono un po' il tallone d'Achille della costa genovese. I lavori sono in fase di completamento e si prevede che presto avrà inizio l'attività del nuovo porto.
È interessante osservare che a Genova, mentre si pensa di mantenere nel porto esistente alcuni traffici specializzati, si è dato inizio a una completa trasformazione del bacino delle Grazie, primo nucleo storico del porto, adibendolo alla flotta turistica e alla navigazione da diporto, eliminando così dal centro cittadino traffici dannosi per l'ambiente e restituendo alla cittadinanza il godimento del mare, attualmente precluso dalla presenza del porto commerciale e della relativa cinta doganale.
Sempre nell'ambito dell'adeguamento alle moderne necessità sono da citare i grandi lavori eseguiti a La Spezia e Livorno per creare terrapieni (Banchina Fornelli e Darsena Toscana) adatti alla movimentazione di contenitori. Lavori importanti, relativi sia a miglioramenti della protezione dal mare con costruzione di nuove opere foranee, sia a costruzione di nuove banchine, sono stati effettuati a Napoli, Salerno, Vibo Valentia, Palermo (ove è stata completamente ricostruita la diga foranea, del tipo a parete verticale, distrutta da una mareggiata nel 1974), Licata, Catania, Bari, Ortona, Ancona, Ravenna e Trieste.
Fra i porti emergenti, grazie a un'accorta politica di gestione e alla favorevole posizione geografica, vanno citati Marina di Carrara (da tempo centro di import-export di marmo), Olbia, Salerno. Spesso tali porti hanno carpito consistenti aliquote di traffico a vicini porti di più consolidate tradizioni. Per altri porti sono stati predisposti nuovi piani regolatori che potranno favorirne lo sviluppo, anche alla luce delle indicazioni del recente Piano Generale dei Trasporti, che mira ad alleggerire il traffico su strada a favore del cabotaggio e del trasporto su ferrovia.
Degno di nota il nuovo piano regolatore del porto di Civitavecchia, nel quale è prevista la graduale sostituzione del porto esistente, adibito in modo disordinato a diversi tipi di traffico, con tre nuovi porti, di cui il primo, destinato al traffico turistico (anche di navi da crociera) e alle imbarcazioni da pesca, corrispondente al vecchio bacino di Centumcellae e intimamente legato al centro cittadino; il secondo, a nord del primo, destinato essenzialmente al traffico merci e passeggeri da e per la Sardegna, al traffico con contenitori e a merci speciali; il terzo, ancora più a nord, destinato alle cosiddette merci di massa (prodotti petroliferi, carboni, granaglie). I due nuovi porti commerciale e industriale, ben collegati alla viabilità stradale e alla rete ferroviaria, consentiranno di svincolare la città da gran parte del traffico che attualmente l'attraversa e ne peggiora l'aspetto estetico e la vivibilità (fig. 3).
Nell'ambito dei porti industriali completamente nuovi già citati è da osservare che in ben tre casi (Sibari, Gioia Tauro e Cagliari) è stato adottato uno schema con grande avamporto protetto da due dighe convergenti verso l'imboccatura, seguito nei due ultimi casi da una lunga darsena operativa, ben ridossata e prospiciente estesi terrapieni.
A Sibari il porto interno comprende invece due vasti sporgenti nella tradizionale disposizione a pettine. Nel caso di Porto Torres è stata viceversa prescelta una soluzione del tipo a bacino, con molo di sopraflutto a difesa della traversia principale e di sottoflutto a difesa della traversia secondaria. La soluzione ha sostituito una precedente del tipo a diga foranea isolata in mare e parallela alla linea di battigia. A Manfredonia, date le difficoltà di carattere morfologico e geotecnico, è stata adottata un'interessante soluzione a porto-isola. A Pozzallo la primitiva soluzione a porto-isola è stata sostituita da una soluzione a bacino.
Fra i numerosi porti turistici sorti in Italia nell'ultimo ventennio ve ne sono alcuni interamente privati e altri realizzati a cura di enti pubblici (Regioni o Comuni). Interessanti realizzazioni sono quelle di Sanremo, Lavagna, Punta Ala, Cala Galera (Grosseto), Riva di Traiano (Civitavecchia), Nettuno, Pescara, Porto Rosa (Messina), Porto Cervo, Porto S. Giorgio, Albarella, Lignano. Meno frequenti sono i porti, molto diffusi all'estero e collocati in genere all'interno di specchi acquei molto articolati, denominati ''villaggi marini'', caratterizzati dalla presenza di insediamenti abitativi in immediata prossimità delle imbarcazioni ormeggiate. Si possono citare i casi di S. Margherita di Caorle e di Marina di Sibari. Molta diffusione hanno avuto, ove possibile, approdi turistici realizzati sfruttando per l'accesso a mare foci di fiumi o di canali di bonifica o di collegamento con stagni o lagune costiere, ricavando il bacino portuale per escavazione nella terraferma. Nei casi in cui i porti turistici sono stati conquistati interamente al mare, l'elevato costo delle opere foranee ha costituito uno dei principali ostacoli alla realizzazione. Complessi vincoli derivano inoltre dalla presenza di numerosi beni artistici e valenze ambientali da rispettare, nonché dall'esigenza di non perturbare, se non in minima misura, le spiagge adiacenti. Per tale motivo si è cercato, quando possibile, di attrezzare ai fini turistici molti dei piccoli porti o ridossi esistenti lungo le nostre coste, armonizzando le nuove necessità con quelle preesistenti, orientate in prevalenza alla ricezione di una variopinta flottiglia di imbarcazioni da pesca.
Per quanto riguarda le realizzazioni portuali straniere ci si deve necessariamente limitare a quelle più significative e caratteristiche. Nel Nord Europa hanno subito un vero tracollo porti storici come quelli di Liverpool e di Londra, in parte perché mal rispondenti alle moderne necessità, in parte per la riduzione dei traffici con le antiche colonie. È interessante osservare che i traffici londinesi si sono trasferiti in buona parte lungo il basso corso del Tamigi e nel nuovissimo porto di Felixstone. Rilevante è stato in Olanda lo sviluppo del porto di Rotterdam (Europort), che ha assunto il ruolo emblematico di porto per l'Europa; attraverso Rotterdam, ben collegato a tutte le principali nazioni europee anche attraverso vie di navigazione interna, transitano merci dirette sin nella lontana Italia, risultando premianti la sicurezza ed economia delle operazioni che si svolgono nel porto rispetto alla molto maggiore vicinanza dei porti italiani.
Incrementi di traffico e adeguamento delle configurazioni portuali si sono avuti nei porti di Amburgo, Bremerhaven, Jimuiden, Zeebrugge, Dunquerque, Le Havre (a proposito del quale è interessante notare che il traffico petrolifero è stato trasferito quasi interamente nel nuovo porto di Antifer, a circa 20 km di distanza). Nel Mediterraneo sono da citare in Spagna i porti di Valencia e Algesiras, oltre a Barcellona. In Francia si è verificato un importante trasferimento di attività da Marsiglia alla non lontana Fos, presso la foce del Rodano, località favorita da un ottimo ridosso naturale, da elevati fondali, dalla facilità di collegamento con la navigazione interna, con la viabilità ordinaria e con le linee ferroviarie, dalla possibilità di ricavare estesi terrapieni scavando le darsene nella terraferma, priva di vincoli di natura urbanistica. In Portogallo si è favorito lo sviluppo del porto oceanico di Sines, sorto in una regione economicamente depressa in cui sono state installate numerose industrie. Il porto, costruito integralmente dall'impresa italiana Condotte d'acqua, gode di una favorevole ubicazione geografica, di elevati fondali e del facile reperimento di materiali da costruzione, ma è esposto a importanti agitazioni ondose.
Nelle nazioni extraeuropee industrializzate lo sviluppo dei porti è stato notevole. Basta citare il Giappone, che è diventato per volume di traffici la prima nazione del mondo. Oltre ai porti veri e propri (fra i quali possono ricordarsi quelli di Tokyo, Kobe, Osaka, Nagoya, Yokohama), in Giappone hanno avuto rilevanti sviluppi opere più o meno collegate ai porti storici e conquistate al mare. Negli Stati Uniti si è assistito negli ultimi anni al definitivo abbandono della concezione portuale basata sui piers (pontili quasi del tutto privi di attrezzature destinati all'attracco di una nave su ognuno dei due lati) e alla creazione di nuovi e importanti scali adatti al traffico con contenitori e per merci specializzate in generale. A New York il vecchio porto, collocato intorno all'isola di Manhattan, è crollato a quote di traffico trascurabili, mentre si è assistito a una crescente attività di Port Elizabeth.
Porti di grande importanza si sono sviluppati in Sudafrica: basti citare quelli di Saldahna Bay, Città del Capo e Richards Bay. Notevolissimo è stato, in alcuni casi, l'incremento portuale in paesi in via di sviluppo, nei quali la mancanza di scali efficienti ha rappresentato per lungo tempo una drastica limitazione della possibilità d'interscambio con le nazioni sviluppate. Importanti realizzazioni si sono avute nei paesi arabi affacciati sul Mediterraneo, sull'Oceano Atlantico e sul Golfo Arabico. Basti ricordare i porti di Tripoli, Marsa Brega e Bengasi in Libia, Skikda in Algeria, Mohammedia e Jorf Lasfar in Marocco, numerosi porti lungo la penisola arabica e quello di Bandar-i ῾Abbās in Iran, costruito interamente da imprese italiane. In Africa è da citare il nuovo porto di Lagos in Nigeria. Ma numerosi e importanti porti si sono sviluppati anche negli altri continenti. Per quanto riguarda le attività commerciali relative ai porti, v. anche porto, in questa Appendice.
Opere di difesa portuale. − Gli studi teorici e sperimentali al riguardo si sono accompagnati a importanti realizzazioni consentendo di ottenere notevoli progressi nel campo della comprensione dei fenomeni fisici e del corretto dimensionamento.
Un importante contributo è stato dato, come è purtroppo inevitabile in un campo in cui i margini di sicurezza sono molto ridotti, dall'analisi accurata dei collassi verificatisi in molte opere, analisi resa possibile dalla disponibilità di misure dirette del moto ondoso e dal progresso degli strumenti analitici (modelli di ricostruzione del moto ondoso, analisi delle registrazioni in forma spettrale) e delle attrezzature di laboratorio (apparecchiature in grado di riprodurre moti ondosi irregolari di predeterminate caratteristiche, metodi sofisticati di analisi dei movimenti e dei danni). È da osservare che si sono verificati dissesti importanti di opere a parete verticale (Palermo 1974, Napoli 1988), ma che i dissesti hanno riguardato, e in misura molto maggiore che in passato, opere a gettata, soprattutto se imbasate in fondali elevati. Fra gli eventi che maggiormente hanno stimolato gli studi e consentito il progresso delle conoscenze, sono da citare quelli delle opere foranee di Sines (Portogallo, fig. 4), di S. Cipriano (Spagna), Tripoli (Libia), Arzew (Algeria), Ashdod (Israele).
Per quanto riguarda le opere a parete verticale, le più importanti realizzazioni in Italia sono quelle dei porti di Genova e Voltri, Porto Torres, Gela, Palermo, Napoli, Manfredonia, Ancona, Brindisi, Civitavecchia.
Tutte le opere citate sono del tipo a cassoni galleggianti, salvo quella di Manfredonia che è costituita da un solettone di cemento armato fissato su una struttura di sostegno con pali verticali e inclinati. Nelle opere a cassone non sono state introdotte modifiche sostanziali rispetto ai collaudati esempi del passato, ma si è posta una maggiore attenzione ai vincoli riguardanti il fondale e ai problemi di fondazione. Per numerose opere si è proceduto ad accurate prove su modello. In una delle opere più recenti (Civitavecchia) si sono introdotte varianti nella sovrastruttura, disposta arretrata rispetto alla parete verticale; in alternativa alla soluzione realizzata ne era stata studiata una, forse più promettente, con cassoni circolari in luogo di quelli prismatici, per conseguire vantaggi di carattere idraulico (minori pressioni e minori sormonti) e strutturali. Esempi di opere siffatte si hanno in Danimarca (Hanstholm) e in Inghilterra (Plymouth), con un'ulteriore variante che consiste nell'introduzione di una discontinuità fra la parete verticale al di sotto del livello medio marino e quella inclinata (di circa il 30% rispetto all'orizzontale) al di sopra del livello stesso. Con tale disposizione è possibile adottare strutture di difesa rigide (dette pure ''a mura'') anche in presenza di fondali tali da dar luogo al frangimento delle onde a ridosso delle opere. Un esempio interessante di applicazione si è avuto nel porto di Marsa Brega in Libia, con cassoni costruiti a Messina e rimorchiati fino alla località d'impiego.
Un'interessante novità nel campo delle opere a parete verticale è costituita dall'introduzione delle cosiddette opere a parete forata con camera di smorzamento (ispirate al comportamento delle pareti fonoassorbenti) impiegate per la prima volta in Canada (su progetto di Jarlan, da cui il nome di parete Jarlan dato all'opera nel suo insieme). L'adozione della parete forata assicura un elevato potere di assorbimento dell'energia del moto ondoso e quindi consente, almeno in teoria, di eliminare alcuni dei difetti tipici delle opere a parete verticale piatta. Fra questi i sormonti, i fenomeni di escavazione del fondale, le elevate sottopressioni.
In realtà è stato dimostrato che la maggiore efficacia di una parete forata con camera di smorzamento è limitata a un intervallo abbastanza ristretto di periodi del moto ondoso, con difficoltà via via crescenti al crescere dei periodi. Dal punto di vista economico non sembra inoltre che vi siano effettivi vantaggi nell'impiego delle pareti forate, che è stato pertanto piuttosto limitato nel campo delle opere di difesa, mentre più diffuso è stato nel campo delle opere di accosto. In Italia si sono avute applicazioni a Napoli (Molo Martello) e a Porto Torres (diga foranea); nell'ultimo caso la soluzione è stata adottata per impedire eccessivi sormonti e quindi danni al nastro trasportatore che corre lungo la sommità del muro paraonde.
Relativamente alle opere a gettata, nel trentennio trascorso si sono verificate alcune interessanti fasi di sviluppo. Inizialmente le mantellate erano costituite essenzialmente da massi naturali di elevate dimensioni, nonché da massi artificiali di calcestruzzo a forma di cubo o parallelepipedo. Cominciavano inoltre a diffondersi ampiamente i tetrapodi, elementi brevettati dalla Sogreah (Francia) e caratterizzati da un elevato grado d'incastro reciproco, da buona resistenza strutturale e notevole scabrezza idraulica (limitante i sormonti). Il sorgere di numerosi laboratori specializzati e il diffondersi delle ricerche nel campo dell'idraulica marittima consentivano intanto di acquisire cognizioni più precise sulla migliore disposizione dei materiali nel corpo delle opere e lungo i paramenti, determinando l'abbandono delle mantellate a doppia pendenza (sopra e sotto il l.m.m.) e dei massi disposti a filari regolari. Contemporaneamente veniva dato impulso alla ricerca di forme di massi che consentissero di migliorare il grado d'incastro reciproco e quindi di ridurne il costo a parità di prestazioni. La ricerca ha portato a soluzioni molto articolate, nelle quali l'aspetto della resistenza strutturale è stato sottovalutato con conseguenze che in alcuni casi si sono rivelate catastrofiche (v. per es. la diga di Sines, in Portogallo, 1978). Contemporaneamente si constatava che anche i massi più robusti (tipo i tetrapodi) erano molto sensibili alle sollecitazioni d'urto ripetuto e potevano dare luogo (per es. ad Arzew in Algeria e Ashdod in Israele) a fenomeni di collasso importanti, come nel caso dei massi strutturalmente più deboli (tipo dolos).
Le considerazioni sopra esposte hanno indotto negli ultimi anni a preferire massi artificiali di tipo decisamente compatto e robusto, anche se di forma studiata in modo da favorire una posa in opera non regolare per evitare un'eccessiva impermeabilità delle mantellate e pareti troppo lisce.
Notevole diffusione hanno avuto i massi tipo Antifer (così denominati dal luogo del primo impiego), di forma tronco-piramidale con scanalature. Non sono peraltro mancate le ricerche volte a usare blocchi di forma molto articolata, intrinsecamente dotati di elevato numero di vuoti, disposti a filari regolari, su un solo strato (soluzione a blocchi cavi monostrato). Nello stesso tempo è stato dato impulso a soluzioni che prevedono l'impiego di massi naturali di dimensioni non troppo elevate, disposti secondo configurazioni di equilibrio tipicamente modellate dal moto ondoso (scarpate a S). A volte si preferisce disporre i massi secondo la scarpata naturale e lasciare che sia il mare stesso a ''scolpire'' nell'ammasso il profilo di equilibrio (mantellate a berma, berm-breakwaters, per indicare la presenza di una berma orizzontale che viene lasciata a una quota di poco superiore al livello medio marino per consentire l'assestamento dei massi). I risultati finora conseguiti con tale soluzione sono soddisfacenti, tranne che per le zone di testata, ove viene suggerito di ricorrere a soluzioni alternative. Nel campo delle opere a gettata sono ancora da segnalare i progressi conseguiti nella riduzione delle tracimazioni e le attenzioni dedicate alle delicate zone di testata (con frequente utilizzazione di calcestruzzi appesantiti con baritina o con altri prodotti). È ancora da ricordare una soluzione molto innovativa realizzata a Saldahna Bay in Sud Africa, ove l'opera di difesa è stata realizzata interamente con sabbia, dragata all'interno del porto. In questo tipo di diga è stato accettato a priori un notevole movimento del profilo trasversale sia di tipo stagionale sia susseguente a ogni mareggiata importante, mentre la configurazione planimetrica assicura l'assenza di importanti trasporti longitudinali di materiale.
Qualche sviluppo interessante hanno avuto anche le opere di difesa di tipo innovativo o non tradizionale, quali le opere galleggianti ancorate al fondo (fra le più significative ve ne sono alcune realizzate con l'impiego di pneumatici usati riempiti di poliuretano), le opere discontinue (setti verticali o inclinati parzialmente immersi in acqua, pali infissi verticalmente con opportuno interasse, ecc.), le barriere sommerse.
Opere interne portuali. − Per quanto riguarda queste opere (muri di sponda o banchine, pontili, bacini di carenaggio), le evoluzioni hanno riguardato sia le dimensioni (aumenti d'immersione) sia le modalità esecutive, che hanno risentito delle innovazioni introdotte nel campo delle fondazioni (pali di grande diametro, paratie, jet-grouting) e della prefabbricazione. Quasi completamente in disuso sono andate alcune modalità esecutive tipiche del passato, quali i cassoni ad aria compressa, per il costo elevato e i rischi connessi con la loro realizzazione.
Per tutti i tipi di banchina, sia del tipo massiccio (a gravità) che per quelli a giorno, si sono spesso ricercate soluzioni dotate di potere antiriflettente, per attenuare l'agitazione ondosa all'interno degli specchi d'acqua protetti. Ovviamente per le soluzioni a palancole o a paratie si è costretti ad accettare un'elevata riflettenza dei muri.
Un altro aspetto sul quale si è andata focalizzando l'attenzione è quello dell'erosione al piede dei muri ingenerata dall'azione delle eliche delle navi, che ha provocato vistosi dissesti in alcune banchine; l'azione si è manifestata con maggiore intensità che non in passato a causa dell'aumentata potenza degli organi propulsivi di navi e rimorchiatori, nonché del diffondersi di navi con elevata capacità manovriera (soprattutto traghetti), dotate di una o due eliche principali a poppa e di un'elica trasversale a prua (bow thrust).
Fra le più interessanti realizzazioni italiane sono da citare i muri di sponda dei porti di Cagliari e Gioia Tauro, costituiti da paratie a T di elevate dimensioni, ancorate in testa nel primo caso a elementi di paratia, nel secondo caso a terne di pali inclinati (fig. 5). La disposizione è stata prescelta anche in vista della necessità di sostenere adeguatamente le vie di corsa delle gru di banchina. La soluzione a paratie ha avuto notevole diffusione non solo in Italia ma anche all'estero. Un importante esempio è quello di Bandar-i ῾Abbās in Iran; soluzioni particolarmente innovative sono state impiegate in Gran Bretagna e in Francia, eliminando i tiranti isolati, con l'adozione, in un caso, di veri e propri portali, nell'altro, di una parete-tirante del tipo di calcestruzzo plastico. Nel campo dei muri di sponda ''a palancole'', progressi sono stati conseguiti nelle dimensioni e nelle modalità esecutive delle palancole di cemento armato, semplice o precompresso. Le sezioni trasversali degli elementi prefabbricati presentano per solito un foro centrale con funzione di alleggerimento e di condotto per iniezioni d'acqua al fine di facilitare l'infissione. I tiranti sono stati spesso realizzati con la tecnica dei tiranti inclinati del tipo ''attivo'', comprendenti cioè un bulbo di fissaggio al terreno; i tiranti stessi vengono tesi inizialmente a una tensione paragonabile a quella finale di esercizio. Le palancole di acciaio sono state largamente usate sia nelle nazioni nord-europee che negli Stati Uniti, costituendo la tipologia più diffusa, per i fondali elevati, sia nella variante a più file di tiranti che in quella detta di tipo danese (con solettone fondato su pali di ancoraggio delle palancole e di supporto dei carichi ripartiti e concentrati nella fascia retrostante il filo di banchina).
La soluzione a cassoni ha avuto numerose importanti applicazioni in Italia e all'estero. Talora è stata impiegata la variante a parete forata per ridurre i fenomeni di risacca all'interno dei porti (esempi di La Spezia, Porto Torres, ecc.). Altre volte, soprattutto nel caso di modesto fondale al piede, è stata adottata la soluzione antiriflettente denominata ARC (brevetto Sogreah) comprendente fessure verticali e camere di smorzamento. Una soluzione interessante è stata ideata per la banchina di riva detta Traiana di Trieste, ove sono stati impiegati cassoni alti e stretti quali piloni di sostegno di un impalcato (muro di sponda di tipo discontinuo, o a giorno). La particolarità di tali cassoni è quella di essere costruiti con la base maggiore disposta orizzontalmente in un bacino di prefabbricazione di profondità contenuta, quindi di essere varati, posti con la base stessa in posizione verticale con un'opportuna manovra della zavorra liquida e infine appoggiati sullo scanno d'imbasamento. In un tratto della banchina i cassoni sono stati appoggiati su colonne resistenti ottenute con la tecnica del jet-grouting.
Numerosi muri di sponda sono ancora stati costruiti con la tecnica dei massi prefabbricati sovrapposti, con diverse varianti volte a risparmiare calcestruzzo o forando opportunamente i massi o riducendo la spinta del terreno con particolari disposizioni dei massi stessi. Interessanti sono state alcune soluzioni studiate per ottenere una capacità di assorbimento dei moti ondosi superficiali, per mezzo di una camera riempita di massi naturali (fig. 6).
In terreni di mediocri caratteristiche meccaniche alcune banchine sono state realizzate con impalcato su pali, delimitato verso il terrapieno da una modesta struttura di contenimento. Al di sotto del limite inferiore di tale struttura il terrapieno prosegue con la sua pendenza naturale, protetto da pietrame. In un caso limite (molo vii a Trieste) tutta l'area destinata all'ormeggio delle navi e al deposito delle merci è stata costruita su pali di grande diametro, infissi fino al fondale resistente con la tecnica dell'autoaffondamento.
Soprattutto in Francia sono state ricercate soluzioni nuove ed economiche per i muri di sponda imbasati a grande profondità. Molto usati sono stati gli elementi a sezione anulare sovrapposti e giuntati, riempiti di materiale inerte; talvolta sono state omesse le giunzioni e sono stati impiegati elementi monolitici, sempre di sezione anulare. Particolare attenzione è stata posta nella concezione dei collegamenti fra elementi contigui e del coronamento. Altre soluzioni, spesso originali e richiedenti l'impiego di attrezzature specifiche, sono coperte da brevetto (muri di sponda tipo Dumez o Lévaux).
Nel campo dei pontili sono state usate sia le classiche soluzioni con impalcati su pali, che quelle con sostegni costituiti da strutture massicce, agenti per gravità (generalmente cassoni, fig. 7). Sono state raggiunte anche profondità molto grandi e lunghezze di pali di circa 80 m, con diametri dell'ordine di 1,50 m. Per gli impalcati è stata talora utilizzata la tecnica della prefabbricazione completa a terra e del varo a spinta dell'impalcato a mano a mano completato, utilizzando idonei rulli o appoggi scorrevoli (esempi di Milazzo, Melilli, Augusta, Brindisi, Messina, Vada, Sarroch, ecc.).
Bacini di carenaggio. − In questo campo si sono registrate numerose interessanti realizzazioni. Fra le più importanti in Italia, si citano i bacini di Genova, Livorno, Palermo, Messina, Monfalcone, Trieste. Si tratta in generale di bacini di grandi dimensioni, ciascuno caratterizzato da condizioni diverse dei terreni di fondazione e da diverse soluzioni costruttive.
A Genova è stata adottata la soluzione di bacino prefabbricato per l'intera lunghezza, affondato su idoneo imbasamento predisposto allo scopo. A Livorno è stata impiegata la classica soluzione a gravità, con platea di spessore crescente dai bordi verso la mezzeria. A Palermo (fig. 8) il grande bacino destinato ad accogliere navi fino a 400.000 t d.w. (delivered weight) è stato realizzato in parte con fiancate a cassoni e platea vincolata al fondale con pali intirantati, in parte con soluzione prefabbricata affondata in sito. A Monfalcone è stata impiegata una soluzione a ''platea drenante'', con gravi difficoltà a causa delle risorgenze di acqua di falda attraverso il fondale costituito da roccia calcarea. A Trieste la presenza di un'estesa coltre di limi argillosi fortemente compressibili su un imbasamento roccioso inclinato verso le maggiori profondità ha imposto la scelta di soluzioni complesse, di difficile esecuzione. In un primo bacino, di dimensioni 207 × 30 m2, si sono impiegati per la prima volta cassoni fondati su pali di elevato diametro (1,37 m); in un secondo bacino, fra i più grandi realizzati in Italia, di dimensioni 286 × 56 m2, la platea è stata vincolata al sottofondo roccioso con numerosi pali. Le più rilevanti difficoltà si sono incontrate nell'esecuzione del tratto ricadente in mare, ove è stata impiegata una particolare tecnologia prevedente il getto di una notevole parte della platea in presenza di acqua.
Numerosi sono stati anche i bacini di costruzione e gli scali di alaggio realizzati nelle località sede di consolidata attività cantieristica (Genova, Livorno, Castellammare di Stabia, Palermo, Ancona, Venezia Marghera). Fra i bacini di costruzione è interessante ricordare quello di Venezia, del tipo a platea su pali con due porte intermedie. Fra gli scali di alaggio, quelli dell'Ansaldo a Genova.
Anche all'estero vi è stato un fiorire di nuovi bacini, progressivamente adattati alle crescenti dimensioni delle navi. In proposito si può ricordare il gigantesco bacino di Lisbona, atto a ricevere navi fino a 1.000.000 di t d.w. (anche se la corsa al gigantismo navale ha subito una salutare pausa di riflessione, con dimensioni massime per le petroliere assestate a circa 500.000 t d.w.). Il bacino è ricavato all'interno di una formazione rocciosa e quindi non ha dato luogo a particolari problemi di progetto e costruzione.
Troppo lungo sarebbe diffondersi sulle particolarità dei più importanti bacini realizzati nel mondo, alcuni dei quali ad opera di imprese italiane (Puerto Catello in Venezuela, Pireo in Grecia). A titolo esemplificativo si ricordano le interessanti soluzioni di Bristol (Gran Bretagna) con pareti realizzate per mezzo di paratie a portale ancorate, e quella di Puget Sound (Stati Uniti) del tipo a platea drenante, soluzione adottata perché risultata la più economica nonostante la presenza di una ricca falda nel terreno di fondazione costituito da sedimenti di ghiaia e sabbia compatta.
Attrezzature meccaniche e arredi di banchina. − Hanno subito notevoli evoluzioni nel tempo, sempre per adeguarsi alle modificate esigenze delle navi e dei terrapieni. Apparecchiature particolari, sia lungo il filo di banchina che sul terrapieno, vengono utilizzate per la movimentazione dei contenitori; mentre la prima movimentazione, fra nave e banchina, avviene sempre con l'ausilio di gru a portale di grandi dimensioni (portainers), le movimentazioni successive, dalla banchina al terrapieno e viceversa, avvengono secondo numerose e diverse modalità, con l'ausilio di trattori e carrelloni, oppure di elevatori assiali o laterali. Anche per la collocazione nei posti di deposito si usano dispositivi diversi (gli stessi carrelloni o gli elevatori, oppure gru a portale gommate o su rotaia, dette transtainers). Nelle banchine per merci varie (general cargo) a fianco delle gru tradizionali si sono sviluppate gru in grado di movimentare carichi elevati (trasporti eccezionali).
Per i prodotti petroliferi sono ormai costantemente impiegati i bracci di carico metallici, dotati di snodi sferici per seguire i movimenti delle navi; per le rinfuse sono stati gradualmente abbandonati i tradizionali ponti scaricatori, a favore del sistema con gru a portale munite di tramoggia a servizio di sistemi di movimentazione a nastro trasportatore. Per le banchine destinate ad accogliere navi-traghetto normalmente si è fatto ricorso ai cosiddetti ''denti di attracco'', interrompenti o no il filo di banchina; solo nelle zone con maggiori dislivelli di marea (Trieste) si è fatto ricorso a piattaforme mobili per facilitare l'imbarco e lo sbarco degli automezzi. Per quanto riguarda gli scali ferroviari, accanto a quelli preesistenti dello Stretto di Messina sono stati costruiti quelli di Civitavecchia e Golfo Aranci per assicurare la continuità dei trasporti su rotaia con le isole maggiori. Per le navi dedicate a questo trasporto si sono adottate invasature particolari per l'attracco e idonei dispositivi a movimento meccanico per l'ingresso e l'uscita dei carri ferroviari in ogni condizione di marea. Recentemente sono state introdotte le navi a due ponti, necessitanti di lunghi viadotti per l'accesso dei carri al ponte superiore.
Notevoli progressi si sono conseguiti nel campo dei parabordi, destinati ad assorbire energie di accosto cospicue e a limitare le forze d'impatto sulle banchine. Il progresso è legato allo sviluppo tecnologico dei materiali (di tipo elasto-viscoso) oltre che alla concezione tecnica dei parabordi (di volta in volta agenti per compressione e taglio, per taglio e flessione, ecc.). Anche per le briccole isolate, poste generalmente a protezione dei pontili, sono state studiate soluzioni innovative (quali i pali metallici a inerzia variabile).
Escavazioni dei fondali. − Le escavazioni dei fondali, sia all'interno dei porti che in mare aperto, hanno avuto sviluppi molto interessanti. I quantitativi elevati di materiale da scavare, in fondali sia rocciosi che di materiali sciolti, hanno favorito il nascere di mezzi d'opera di grande capacità e potenza, in grado di operare anche in condizioni meteo-marine avverse. Normalmente le draghe con disgregatore (fig. 9) sono attrezzate per rifluire il materiale dragato in ''casse di colmata'' con tubazioni galleggianti, anche a grande distanza dalla località di scavo. Si sono comunque sviluppate anche le draghe autoportanti ed è proseguita la tecnica del riempimento di bette a fondo apribile poste accanto alle draghe vere e proprie. La potenza applicata ai disgregatori consente ormai di affrontare anche lo scavo di rocce dure senza l'ausilio degli esplosivi. Nell'impiego degli esplosivi si sono fatti comunque grandi progressi, applicando la tecnica dei microritardi per ridurre gli effetti nocivi sui manufatti circostanti. Un primo esempio di applicazione di tale tecnica si è avuto in Italia, a Genova, in corrispondenza del cosiddetto porto petroli (Multedo). Minore diffusione che in passato hanno le draghe a secchie, di capacità produttiva alquanto ridotta e con dispositivi meccanici (catenaria) sottoposti a frequenti rotture. Qualche applicazione efficace hanno avuto invece le draghe a cucchiaio, munite di un utensile di grande capacità sollevabile meccanicamente.
Problemi importanti sono sorti negli ultimi anni circa la compatibilità ambientale di grandi interventi di escavazione e refluimento, specie quando sono coinvolti terreni portuali molto inquinati da minerali pesanti o da scarichi organici. Ne è nata una normativa assai vincolante, con ovvie ripercussioni sui costi e sulle modalità esecutive.
A causa della necessità di maggiori fondali, spesso si è reso necessario un approfondimento delle banchine esistenti. Numerose e diverse sono state le tecniche impiegate allo scopo; a volte si è fatto ricorso a paratie di pali affiancati, opportunamente intirantati, posti davanti al muro di sponda di minore altezza; spesso si sono usate le palancole metalliche, con getto d'intasamento per ottenere la continuità con la precedente struttura; molte volte si sono impiegati i cosiddetti pali ''radice'' allo scopo di rinforzare la struttura esistente collegandola efficacemente alle fondazioni.
Difesa dei litorali. − Impulso considerevole hanno avuto negli ultimi trent'anni gli interventi di difesa dei litorali, che già si erano sviluppati negli anni immediatamente precedenti e seguenti il secondo conflitto mondiale. Il fenomeno di arretramento delle spiagge si è manifestato peraltro in misura sempre più evidente e talvolta drammatica nella seconda metà del 20° secolo, per una concomitanza di fattori di carattere antropico e naturale (sistemazioni agrarie e forestali, invasi artificiali, estrazioni di inerti, eustatismo e subsidenza, ecc.) che hanno avuto un'influenza marcata nello stesso periodo.
La sempre maggiore utilizzazione della fascia costiera per motivi turistici, commerciali e industriali, ha indotto un'accentuata sensibilità verso gli aspetti negativi del fenomeno e ha quindi spinto a individuare idonei rimedi. Basti pensare all'onere che richiede la protezione delle numerose strade o ferrovie litoranee.
Le prime opere di difesa, essenzialmente opere parallele a riva od ortogonali, avevano uno scopo soprattutto meccanico di difesa dalle ondazioni, fermando l'erosione per la riduzione delle caratteristiche del moto ondoso e ottenendo avanzamenti della linea di battigia per modifiche del campo delle correnti ingenerate dal moto ondoso stesso. Si ottengono quindi i caratteristici ''tomboli'' (dietro alle opere parallele a riva) e i profili a ''denti di sega'' (nel caso di adozione di opere normali o pennelli). A volte le opere di difesa sono di tipo ''aderente'', costituendo semplice difesa meccanica.
Le opere descritte sono risultate spesso efficaci ai fini della pura e semplice difesa dei tratti di costa direttamente prospicienti, ma spesso hanno ingenerato sfavorevoli ripercussioni anche a grande distanza e quasi sempre hanno notevolmente peggiorato la fruibilità delle spiagge dal punto di vista balneare. Ciò ha spinto, soprattutto negli ultimi anni, alla ricerca di soluzioni alternative ugualmente efficaci ma meglio inserite nell'ambiente naturale, utilizzando talora materiale di apporto di origine terrestre o marina. I notevoli progressi realizzati nella conoscenza dei meccanismi che presiedono al trasporto dei materiali nella direzione parallela e normale alle spiagge hanno consentito di ottimizzare le scelte progettuali, rendendo minimi i costi di manutenzione.
Di volta in volta si sono utilizzati: ripascimenti semplici, senza alcuna protezione; ripascimenti protetti, con barra al piede ed eventuali pennelli di contenimento; ripascimenti contenuti fra elementi del tipo ''a martello''. Nell'ambito delle difese parallele si sono talvolta abbandonate le dighe ''emergenti'' a favore di quelle ''sommerse''. Esempi cospicui di tutte le tipologie elencate si sono avuti in Italia, in Europa e nelle nazioni extra-europee. Vedi tav. f.t.
Bibl.: Notizie sui principali lavori di c.m. si possono reperire negli Atti dei congressi periodici dell'AIPCN (Associazione Internazionale Permanente dei Congressi di Navigazione) e di altri congressi periodici, fra cui si ricordano quelli di Coastal Structures and Breakwaters, International Harbour Congress, e International Conference on Coastal Engineering. Altre notizie vengono fornite in riviste specializzate, quali The Dock and Harbour Authority (Gran Bretagna), Journal of Waterways and Harbours Division (USA), Porti, Mare, Territorio (Italia), e in quelle riguardanti più in generale opere d'ingegneria civile, quali Travaux (Francia), International Construction, Construction Today (Gran Bretagna) e Engineering News Record (USA), L'Industria Italiana del Cemento e Il Giornale del Genio Civile (Italia).
Fra i testi più recenti relativi a opere marittime si citano: A. de F. Quinn, Design and construction of ports and marine structures, New York 1961; L.L. Whiteneck, J.S. Wilson, Port planning design and construction, Washington 1973; R. Silvester, Coastal engineering, New York 1974; O.J. Jensen, A monograph on rubble mound breakwaters, Copenaghen 1984; Y. Goda, Random seas and design of maritime structures, Tokyo 1985; P. Bruun, Port Engineering, Houston 1989; W. Blain, Marina Developments, Southampton 1993.
In lingua italiana possono citarsi i testi di due corsi di aggiornamento tenuti a Roma sotto il patrocinio dell'ANIAI (Associazione Nazionale Ingegneri e Architetti Italiani): Opere esterne di difesa dei porti, Roma 1988; Calate portuali e terminali marittimi; criteri generali di pianificazione e di costruzione, ivi 1988.
Possono essere inoltre utilmente consultati i seguenti manuali o raccolte di norme: Handbook of coastal and ocean engineering, a cura di J.B. Herbich, New York 1990; Technical standards for port and harbour facilities in Japan, Tokyo 1991; British standard: BS 6349 maritime structures, Londra 1991.