costura
Col valore di " cucitura ", in Pg XIII 83 le divote / ombre... per l'orribile costura / premevan sì, che bagnavan le gote (per il testo, e la variante orribil cositura, cfr. Petrocchi, ad l.). Nel passo dantesco, il termine, preciso e crudo, è messo in ancor maggiore evidenza dall'efficacissimo aggettivo cui è unito: orribile. Quest'aggettivo, trascurato per lo più dai commentatori antichi (il solo Benvenuto lo interpreta come " dura ", o equivocato (cfr. il Venturi: " rozza; non ragguagliata e liscia ") è bene spiegato, ad esempio, dal Porena: " La chiama orribile da horror, brivido, raccapriccio, perché lo suscita in chi la vede ". Il Del Lungo osserva che si tratta qui di " quella sovrapposizione, l'uno all'altro, di due pezzi di tessuto, la quale i cucitori chiamano appunto ‛ costura ': qui sta per similitudine ". Il vocabolo si trova anche nella Quaedam profetia (Monaci, Crestomazia 581, v. 40 " Li nobili signuri... / non ànnu ancor custuri a li loru farzetti "), testo siciliano che però, secondo la maggioranza degli studiosi, appartiene alla seconda metà del Trecento.
Il termine compare anche in Fiore CCXXVIII 14 la scarsella sì era san costura: la borsa, la tasca era libera, non era cucita. Le scarselle dei pellegrini erano di solito cucite a un'imboccatura di ferro (cfr. Tommaseo-Bellini). Qui l'espressione fa parte della serie di doppi sensi che chiudono il Fiore nei sonetti CCXXVII-CCXXX.