COZZI
Famiglia di intagliatori veneti operosi a Venezia nel sec. XV. Capostipite sarebbe Giampietro, noto solo da citazioni documentarie in cui viene menzionato come "intajador" (Paoletti, 1893, p. 84). Suoi figli furono Marco, intagliatore e scultore, nato a Vicenza intorno al 1420 (Caufin Mattiuzzo, 1980, p. 571, e Francesco forse più anziano di lui. Non esistono dati certi sulla loro formazione avvenuta probabilmente presso il padre.
Dopo una serie di lavori ad intaglio per la chiesa di S. Elena e la basilica domenicana dei SS. Giovanni e Paolo, ora perduti e rintracciabili soltanto in fonti documentarie, il 26 marzo 1455 i due fratelli stipularono con le monache di S. Zaccaria un contratto per la costruzione dei quarantanove sedili del coro installato nella navata mediana dell'edificio e trasformato, nel corso della ristrutturazione del 1595, nell'attuale cappella di S. Atanasio o dell'Addolorata (Cicogna, 1834).
Il lavoro, ora ridotto a quarantotto stalli, disposti come in origine su un unico ordine, venne completato nel 1464, come attestano la ricevuta del pagamento di 490 ducati del 18dicembre dello stesso anno (Paoletti, 1893, p. 84), e l'iscrizione "Franciscus et Marcus de Vicetia fratres fecit [sic] hoc opus 1464".
L'8 marzo 1461 Francesco era stato ammesso tra i confratelli della Scuola grande di S. Giovanni Evangelista, e Marco si era iscritto, quale membro in soprannumero, alla Scuola di S. Maria della Carità, diventandone membro effettivo nell'anno seguente. Nulla è rimasto dei lavori eseguiti verosimilmente da Francesco per la propria confraternita (Paoletti, in Thieme-Becker), mentre esiste ancora l'elegante soffitto intagliato da Marco nella sala del capitolo della sua Scuola, oggi sala dei Primitivi nelle Gallerie dell'Accademia. Nel 1468 il solo Marco firmò e datò la più celebre opera del C., il coro della basilica di S. Maria Gloriosa dei Frari, iniziato insieme con Francesco, che morì nel corso dei lavori. La scoperta della firma (Cicogna, 1827) ha rivelato erronea la notizia fornita da L. Pacioli (De divina proportione, Venetiis 1509, f. 23r) che assegnava il coro veneziano a Lorenzo Canozi da Lendinara, cui va ascritto invece solo il dossale conservato nel braccio sinistro del transetto; né trova riscontro l'ipotesi di un apporto della bottega dei Canozi limitato alla fase progettuale del complesso (Caufin Mattiuzzo, 1980, p. 61).
Si tratta di centoventiquattro stalli, inseriti nella struttura architettonica del coro iniziato dalla bottega dei Bon e completato dai Lombardo dopo l'intervento del C., nel 1475, disposti su tre ordini, in cui compaiono elementi tradizionali dell'arte tardo-gotica veneziana, come guglie, pinnacoli e volute, frammisti a motivi decorativi dipendenti dalla nuova sensibilità rinascimentale, quali l'arco a pieno centro, le conchiglie e l'impiego delle tarsie prospettiche coli vedute urbane. Diverse figure di Santi, intagliati a mezzo busto negli specchi dell'ordine superiore, presentano un'indubbia affinità con i modi della scultura lignea nordeuropea, in particolare con la scuola di Strasburgo, e vanno probabilmente riferiti (Otto, 1939) ad un artista della cerchia del Maestro della Madonna di Dangolsheim o di N. Gerhaert, forse intervenuto nel lavoro dopo la scomparsa di Francesco (v. J. A. Schnoll, gen. Eisenwirth, in Beiträge f. mittelalt. Plastik in Lothringen u. am Oberrhein, VII [1958], pp. 265-78).
Il 24 febbr. 1475 Marco firmò un contratto con Ettore dei Signori Consorti di Spilimbergo per l'intaglio del coro del duomo della città friulana, in esecuzione del lascito testamentario del parroco Giuliano da Tropea (Joppi, 1887). L'opera, oggi conservata nella chiesa di S. Pantaleone, doveva essere modellata sul coro dei Frari; un pagamento del 1476 (Paoletti, 1893, p. 84) dimostra come insieme con Marco avesse operato anche il figlio Giovanni, malgrado la firma finale porti solo il nome del primo ("Marcus quondam Johannis Petri de Vicentia fecit hoc opus anno 1477"). Giovanni non compare nei documenti successivi.
Analizzando il lavoro è inoltre possibile rintracciarvi la presenza di un terzo artista, forse da identificare con Bartolomeo Dall'Occhio, un intagliatore friulano con bottega a Udine, che già nel 1473 aveva scolpito per il duomo della sua città un crocifisso ligneo formalmente assai vicino a quello del C. sulla sommità, del coro dei Frari; Bartolomeo si inserisce nella corrente del maturo donatellismo, caratteristico della provincia veneta nella seconda metà del Quattrocento (Gioseffi, 1975), e la sua collaborazione al coro di Spilimbergo potrebbe spiegare l'impianto decisamente rinascimentale dell'opera.
L'ultimo lavoro di Marco è il coro della chiesa veneziana di S. Stefano, affidato in un primo tempo a Leonardo Scalamanzo, che ne aveva completato una parte entro il 27 febbr. 1481 (Stefani, 1885); da questa data interviene la bottega del C., ma la firma conclusiva ("Opus magistri Marci de Vicentia MCCCCLXXXVIII adi 25 ottobre") è in contraddizione con un documento dell'Arch. della Scuola di S. Maria della Carità (Paoletti, 1893, p. 86), che certifica l'avvenuta scomparsa di Marco il 20 agosto 1485. L'iscrizione di S. Stefano potrebbe essere interpretata come un omaggio postumo alla memoria dell'artefice, oppure (Paoletti, in Thieme-Recker) come autografa di un omonimo artista, forse un nipote, che portò a compimento l'opera interrotta. Questo intagliatore si potrebbe eventualmente identificare con il "Marcus de Vicentia" già morto nel 1520 (Paoletti, 1893).
Fonti e Bibl.: V. Zemer, Guida per la chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari, Venezia 1825, p. 6; E. A. Cicogna, Delle Inscriz. Veneziane, II, Venezia 1927, pp. 140 ss.; E. A. Cicogna (?), Cenni intorno alla chiesa di S. Zaccaria in Venezia, Venezia 1834, cap. II, p. 4; G. Seguso, Di Marco di Zampiero vicentino e de' suoi fratelli, in Gazzetta ufficiale di Venezia, 1868, n. 277; D. C. Finocchietti, Della scultura e tarsia in legno, Firenze 1873, pp. 71 s.; F. Stefani, Il vero autore de' sedili del coro di S. Stefano a Venezia, in Arch. veneto, XXIX (1885), pp. 193-96; V. Barichella, Ancora sull'autore del coro di S. Stefano in Venezia, ibid., XXX (1885), pp. 449 ss.; M. Caffi, Marco da Vicenza, in Arte e storia. V (1886), 18, p. 131; V.Joppi, Contributo IV ed ultimo alla storia dell'arte in Friuli, Venezia 1887, p. 94; P. Paoletti, L'archit. e la scultura del Rinascimento in Venezia, Venezia 1893, pp. 64, 67, 83-87; Id., Raccolta di docum. ined., Padova 1895, 11, p. 14 (per Francesco); H. Thode, Neue archival. Forschungen über venezianischen Kunst, in Repertorium für Kunstwissenschaft, XVIII (1895), pp. 188, 190 s. (per Francesco); P. Paoletti-G. Ludwig, Neue Beiträge zur Gesch. der venezianischen Malerei, ibid., XXII (1899) p. 451 (per Francesco); G. Lehnert, IllustriereGeschichte des Kunstgewerbes, Berlin 1907, I, p. 467; F. Apollonio, La chiesa e il convento di S. Stefano in Venezia, Venezia 1911, pp. 27-30; G. Fogolari, I Frari e i SS. Giovanni e Paolo, Milano 1931, p. 6; G. Mariacher, I cori lignei di S. Maria Gloriosa dei Frari e del duomo di Spilimbergo, in Ateneo veneto, CXXVI (1939), 1-2, pp. 69 ss.; G. Otto, Die Reliefe am Chorgestühl der Frarikirche in Venedig, das Werk eines Deutschen, in Mitteil. des Kunsthistor. Institutes in Florenz, V (1939), pp. 173-82; G. Marchetti-G. Nicoletti, La scultura lignea nel Friuli, Milano 1956, pp. 36, 123; A. Sartori, S. Maria Gloriosa dei Frari, Padova 1956, p. 72; D. Gioseffi, Problemi di st. d. arte lignea in Friuli, in Arte in Friuli, Arte a Trieste, I (1975), pp. 8 s.; M. Caufin Mattiuzzo, Il coro ligneo del duomo di Spilimbergo, in Studi spilimberghesi, Udine 1980, pp. 57-64; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VIII, p. 39, ad voces.