Cratete di Tebe
Filosofo (368/365 - 288/285 a.C.). Fu dapprima allievo dell’Accademia, poi, attratto dal fascino di Diogene, si sbarazzò delle sue considerevoli sostanze e si convertì al cinismo. Sposò Ipparchia, sorella del suo seguace Metrocle di Maronea. Restano frammenti di sue composizioni poetiche ispirate alle stesse concezioni. Il suo cinismo era schietto e rigoroso: svalutazione totale della realtà di fronte alla coscienza di sé, unico punto fermo in mezzo al divenire; negazione di ogni valore politico e sociale; adiaforia e autarchia. A questo spirito negativo erano intonate anche le sue composizioni poetiche, di carattere satirico e parodistico, di cui restano alcuni frammenti. In una tazza del tesoro di Boscoreale (età augustea), raffigurante una danza macabra, il suo nome compare, con quello di Monimo, a indicare due scheletri circondati da cani urlanti. La tradizione lo vuole maestro di Zenone di Cizio, il fondatore dello stoicismo.