Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La diffusione del fenomeno della nuova spiritualità non è prerogativa del nostro tempo. Agli inizi della progressiva dissoluzione dell’Impero romano, dopo la caduta della vecchia Repubblica, Roma si trovò a dover fare i conti con la miriade di culti che invasero l’allora capitale dell’Occidente. Fu uno solo, quello cristiano, a prendere il sopravvento per l’appoggio che ricevette prima da Costantino e poi da Teodosio, che l’impose come unica religione consentita. Il blocco di potere che si è costituito da allora tra Stato e Chiesa, ha sostanzialmente retto fino al secolo razionalista per eccellenza, il Settecento.Alla secolarizzazione e alla crisi delle chiese-establishment tuttavia non è, almeno finora, succeduto l’impero della razionalità, la dea Ragione non riesce a indicare all’esistenza umana una via d’uscita da una delle più diffuse malattie che la affliggono, quella del male di vivere.
La secolarizzazione
Se il Novecento si può definire il secolo dell’incertezza e del dubbio dopo le pretese razionalistiche del secolo dei Lumi o quelle positivistiche dell’Ottocento, non è infondata l’affermazione che la crisi generale di certezze e di valori che attraversa tutto l’Occidente abbia avuto come vittima principale proprio la religione, dispensatrice di certezze e di valori per eccellenza. Quando Marx liquidò la religione come oppio del popolo e Nietzsche annunciò la morte di Dio, la Chiesa aveva già da tempo non solo perduto il peso politico preponderante che aveva detenuto per secoli, ma aveva anche visto ridimensionarsi a poco a poco l’influsso che esercitava sulle coscienze dei fedeli e di conseguenza sulla società e sulle istituzioni. Per il pensiero sociologico dell’Ottocento e del Novecento il processo storico della secolarizzazione attraversato, o piuttosto subito dalla Chiesa, è un percorso obbligato: la religione veniva considerata infatti solo una primitiva, necessaria fase di passaggio verso una forma di coscienza collettiva più evoluta, alla quale l’umanità sarebbe pervenuta in modo graduale, spogliandosi a poco a poco di riti, culti, superstizioni, fino a raggiungere la pura razionalità, in una serie successiva di Aufhebung (“superamento”). In questa prospettiva qualche filosofo si è spinto a sostenere che la storia della secolarizzazione del mondo moderno non sarebbe altro che una storia dell’espansione dell’ateismo. Ricordiamo qui che il termine secolarizzazione è proprio del lessico giuridico canonico: “secolare” è il prete che vive nel mondo, nel secolo, secolarizzazione dei beni ecclesiastici fu chiamata nel Cinquecento, tempo di riforme, scismi ed eresie, il passaggio delle terre della Chiesa nelle mani del potere statale.
In realtà “l’eclisse del sacro”, per riprendere il titolo di un vecchio libro di Sabino Acquaviva, data per scontata dagli epigoni del pensiero positivistico, è più apparente che reale: la innegabile progressiva perdita di attrazione della religione tradizionale ha lasciato un vuoto pronto a essere occupato da altre realtà spirituali, e dunque quel concetto di secolarizzazione che sembrava granitico, rivela qualche crepa e richiede qualche aggiornamento. Ciò non porta necessariamente all’accettazione definitiva del concetto dell’homo naturaliter religiosus, un tema che appassionò già il primo e il tardo Illuminismo, che trovava nell’esistenza di popoli atei o nel caso del ragazzo selvaggio allevato dai lupi dell’Aveyron la conferma della mente umana come tabula rasa, pronta a riempirsi di contenuti che solo il mondo esterno può fornire; in una prospettiva di tipo economicistico, si può semplicemente giungere alla conclusione che nel mondo attuale il mercato del sacro (l’espressione non ha nulla di irriverente ed è comunemente usata dalla sociologia) tira al pari e magari più di altri prodotti.
Non sempre la crisi religiosa del credente si risolve sic et simpliciter nell’ateismo, nel disincantato epicureismo, oppure nell’impegno al servizio di una causa quale che essa sia, dove trasferire in qualche modo la propria ansia di assoluto o il messianismo di un’utopia tutta terrena. Esiste, per esempio, ed è più diffuso di quanto si ritenga comunemente, un limbo indistinto tra la fede e la mancanza di fede che non necessariamente è lo sbocco di un travaglio interiore (infatti nasce spesso dalla semplice pigrizia), e che senza traumatiche apostasie e conversioni ad altra confessione religiosa si stabilizza in un modus vivendi più o meno comodo e gratificante (recentemente la più alta autorità cattolica ha, a questo proposito, pronunciato una esplicita condanna di quella che ha definito la “religione fai-da-te”). Comportamenti di questo genere, ai margini della religione tradizionale, e sostanzialmente agnostici, possono rimanere confinati nell’intimità della coscienza individuale, assumendo magari talora forme di confuso misticismo, dove il soggetto vive la propria Weltanschauung in modo del tutto personale e non ascrivibile ad alcun credo. Alla perdita o alla riduzione di autorità della religione tradizionale, corrisponde il rafforzamento di altri fenomeni o tipologie spirituali, che possono dar luogo a una convivenza più o meno pacifica (è il caso delle superstizioni, degli oroscopi) con la vecchia religione, ma possono anche assumere atteggiamenti ostili nei suoi confronti, irridendola, deformandola o usurpandola: è il caso delle visioni del mondo esoteriche, o di alcuni fra i più radicali dei cosiddetti nuovi movimenti religiosi, che, partendo dallo spiritismo e dall’occultismo, sfociano nei sacrifici rituali, o nelle sette sataniche. L’insoddisfazione o addirittura l’insofferenza per la religione dei padri può diventare fenomeno di costume generazionale, di moda e di emulazione, anche se spesso effimero: il non credente anziché scegliere la via d’uscita maestra classica, ma forse troppo tranchant, della ragione, della filosofia laica o della scienza, non di rado si avventura per la scorciatoia dell’“arcano incantatore”.
Se pensiamo che perfino Arthur Conan Doyle, il creatore della logica deduttiva poliziesca, l’autore dell’immortale Sherlock Holmes, vero e proprio inno al pensiero razionale, compì la sua personale parabola dal rigore cartesiano allo spiritismo dopo la perdita di una persona cara, dobbiamo concludere che la razionalità a prima vista più monolitica può sfociare nel suo opposto, e che la tentazione dell’irrazionale, del magico e del misterioso ha successo proprio per l’incapacità della ragione, e della religione insieme, di dare una soddisfacente spiegazione del mondo e dell’essere. D’altra parte religione e mistero sono strettamente intrecciati tra loro, e anzi si può leggere la storia del culto come una coesistenza di apollineo e di dionisiaco. Sotto o accanto alla religione-establishment, frutto di una lunga sedimentazione storica, sopravvive un primitivo, ancestrale, spesso confuso e anarcoide modo di rapportarsi col sacro, proprio della religiosità popolare, con culti e riti spesso tollerati a denti stretti dalla gerarchia, e considerati più che altro come una forma di espressione folkloristica.
Superstizione e magia
Il termine superstitio per gli antichi romani significava l’eccesso di religiosità (ad esempio “i superstiziosissimi Etruschi”) ed è passato poi a indicare il residuo, la sopravvivenza e la permanenza di qualcosa di ormai superato o estinto, come gli antichi culti pagani, da pagus, villaggio: la civiltà, e in primis la città che le ha dato il nome, sembrerebbe essere a uno stadio più avanzato, poiché in essa troverebbe albergo e valorizzazione la razionalità, contrapposta ai residui mitici, fabulosi e oscuramente irrazionalistici, la superstizione appunto, delle campagne e del mondo contadino. In realtà questo dualismo è ormai superato: i maghi sono oggi tra i grattacieli, per riprendere il titolo di un vecchio libro-inchiesta di Gianni Flamini, e la magia si è perfettamente adattata al tempo moderno, munendosi degli strumenti che la tecnologia offre, tanto è vero che l’oroscopo è oggi fatto mediante appositi programmi informatici.
Il sentimento religioso, come tutti i comportamenti umani, vive e realizza nella storia e secondo varie modalità le proprie forme cultuali e devozionali, nessuna delle quali è immune da residui o influssi ai limiti dell’ortodossia, che del resto è anch’essa prodotto di una selezione, codificata da un dato concilio e in un dato contesto. Credenze, pratiche e comportamenti superstiziosi, come avrebbe detto Fernand Braudel, sono fenomeni tipici della “lunga durata”, che affondano le loro radici in un’epoca in cui la religione era essa stessa magia e mistero, e le cui testimonianze si trovano nella letteratura di tutti i tempi e di tutti i luoghi, si tratti del poema di Gilgamesh, delle Upanishad o della Bibbia. Sia la religione che la magia fanno riferimento a una realtà nascosta e occulta che un giorno sarà svelata (Nunc videmus in speculum per aenigmate si legge in un celebre passo paolino): un che di mysteriosum et tremendum aleggia nel mondo e con le sue varie manifestazioni travalica culture, lingue e tradizioni, retaggio di un’antica, originaria indistinzione di tipo sciamanico e magico, poi superata dall’evoluzione delle religioni storiche. Va ricordato che le vittime del primo autodafé furono proprio i testi di magia, che furono bruciati da parte dei neofiti cristiani in un pubblico rogo a Efeso, alla presenza dell’apostolo Paolo, evidentemente consenziente (Acta Apost., XIX, V, 19); una celebre incisione di questo evento si trova nell’antiporta dell’Index librorum prohibitorum del 1670, poi riciclato anche per altri indici successivi. Del resto preti-stregoni o preti occultisti si incontrano non tanto raramente nei processi dei tribunali inquisitoriali, quando l’apparato della Chiesa, in particolare nel corso della Controriforma, ingaggiò una lunga lotta contro le superstizioni, che tanto frequentemente mescolavano sacro e profano.
Alfonso Maria Di Nola, parafrasando Voltaire, affermava che se le superstizioni non esistessero, bisognerebbe inventarle per la loro utilità nelle crisi esistenziali. Esse si presentano infatti come “particolari meccanismi di difesa e di rassicurazione”, attraverso i quali individui e gruppi riescono a forgiarsi non solo efficaci o sufficienti motivazioni dei loro fallimenti esistenziali, ma anche, aggiungiamo, prospettive di fiducia e di ottimismo per il futuro. Fra le superstizioni più diffuse degli italiani, raccolte e pubblicate da Di Nola, troviamo non solo, nel mondo etereo dei sogni o degli incubi, presagi e divinazioni, il timore di nefasti influssi astrali o la fiducia in favorevoli predisposizioni delle meccaniche celesti, ma anche un’insospettabile scansione della vita quotidiana fatta di pratiche magiche, di riti propiziatori, a cominciare dallo scendere dal letto la mattina poggiando il piede destro e mai il sinistro, e a coricarsi, come ancora fanno alcune donne in Sicilia, con il rosario avvolto sul polso, per evitare incubi e manifestazioni del demonio. La mancanza di un particolare oggetto (che può essere anche un capo di abbigliamento) può rendere nefasta la giornata. Un certo colore è da considerare tabù, mentre è d’obbligo compiere gesti scaramantici e scongiuri prima di iniziare uno spettacolo, una partita, o semplicemente dare inizio a un lavoro.
Connessi al sentimento superstizioso sono anche taluni diffusi fenomeni di esaltazione collettiva, quali le apparizioni di santi o arcangeli, o di altri presunti prodigi, come statue o quadri che piangono o trasudano sangue o sembrano muoversi, lineamenti di un volto che d’improvviso appaiono su una parete o su una pietra, e così via. Eventi del genere rientrano spesso nell’abuso della credulità popolare, dove trovano il loro tornaconto ambigui personaggi pronti a raccogliere offerte della massa di fedeli che accorre ai primi sentori del miracolo e comunque ben attrezzati a sfruttare la situazione che si è venuta a creare e che non di rado essi stessi hanno provocato. La frequenza con cui si verificarono le apparizioni delle Madonne in lacrime nell’imminenza delle elezioni in Italia, a partire dal 1948, e lo sfruttamento elettorale da parte di predicatori della destra cattolica e dei cosiddetti “microfoni di Dio” meriterebbe un discorso a parte, proprio della sociologia politica.
E, per restare in questo filone, va aggiunto che diffusa è anche la credenza nella iettatura, oggetto di innumerevoli copioni di commedie e trame di film; ma il fenomeno è tutt’altro che comico, non soltanto per la crudele emarginazione di cui sono oggetto i presunti portatori di sfortuna, ma anche perché in passato la confusione tra iettatori o iettatrici e streghe o stregoni condusse al rogo molti sventurati e soprattutto molte sventurate; una pratica che pochi spiriti liberi avevano il coraggio di condannare, fra i quali Johann Wier, il quale nella seconda metà del Cinquecento nel suo celebre De prestigiis demonorum et incantationibus, definiva le streghe misellae mulierculae dementes delusae. Tre secoli dopo Cesare Lombroso intitolava “Stregoneria e ossessione” un capitolo del suo studio La donna delinquente, in cui tentava un’analisi positivistica di fenomeni istero-epilettici.
A streghe, stregoni e maghi si ricorre il più delle volte per avere un rimedio per guarire da una malattia della carne o dello spirito. In presenza di un male che la medicina ufficiale non riesce a debellare non pochi si rivolgono a taumaturghi che non sempre sono ciarlatani. I più seri tra costoro, che sono diffusi (ma sono sempre più rari) soprattutto nei piccoli paesi e nelle zone di campagna, in ossequio alla dignità del loro ufficio che considerano una funzione sociale originariamente al servizio della comunità in cui vivono e alla quale sono legati da vincoli di parentela e di solidarietà, rifiutano ogni compenso in danaro, che renderebbe inefficace il loro intervento. Essi infatti si richiamano ad antiche pratiche terapeutiche che si tramandano di padre in figlio, o, più frequentemente, di madre in figlia, spesso invocando il patrocinio di santi. Piero Camporesi in un suo vecchio saggio sulle “erbe del sogno e della sopravvivenza” nelle campagne della Bassa Padana elencava tutta una serie di erbe con i nomi dei santi: l’erba di san Benedetto, di santa Caterina, di san Giovanni, le cui virtù terapeutiche sono poi confluite nella moderna farmacopea alternativa, riempiendo gli scaffali delle sempre più diffuse erboristerie.
L’epifania degli odierni maghi fra i grattacieli avviene via etere, dalle reti radiofoniche o televisive, moderna confutazione di quel “tramonto degli oracoli” che Plutarco (46/50 - dopo il 120) constatava melanconicamente in uno dei suoi Minima moralia sul finire della propria esistenza. Una inchiesta di ispirazione cattolica, nata al Centro Ambrosiano e curata da Giuseppe Maggioni (Movimenti religiosi magici, Milano 1995), ha appurato che il 47 percento dei maghi opera al nord, e in particolare nel triangolo industriale, e che gli Italiani che ricorrono ai maghi sono addirittura 12 milioni, con un consistente giro d’affari. Le grosse cifre che ruotano attorno al fenomeno hanno indotto gli autori dell’inchiesta a concludere, forse troppo meccanicamente, che la magia è qualcosa di costoso, e che dunque attecchisce più facilmente dove circola una maggiore quantità di denaro.
All’inizio degli anni Novanta Cecilia Gatto Trocchi scrive un testo ormai classico per ricerche del genere, Viaggio nella magia . La cultura esoterica nell’Italia di oggi, dopo aver consultato in incognito più di 200 sedicenti veggenti nel corso di cinque anni, scoprendone la crassa ignoranza, la sostanziale ciarlataneria, il diffuso affarismo: “I moderni fautori dell’astrologia sono estremamente ignoranti. Se penso a Marsilio Ficino, Cornelio Agrippa, Pico della Mirandola e lo stesso Giordano Bruno, non posso non sorridere io stessa considerando come è caduta in basso oggi la fiaccola dell’astrologia. Siamo di fronte quindi ai cascami di una visione del mondo che ha sorretto l’umanità per centinaia e centinaia d’anni”.
All’ignoranza dei sedicenti veggenti fa riscontro quella dei loro frequentatori. Basta sintonizzarsi su una qualunque emittente radiofonica o televisiva da cui un sedicente mago dialoga con i suoi ascoltatori per rendersi conto del non certo eccelso livello culturale e insieme della estrema fragilità psicologica degli interlocutori del presunto veggente. Il CICAP – Comitato di Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, che annovera tra i suoi membri Piero Angela e Margherita Hack – da anni conduce una laica battaglia contro l’irrazionalismo, la superstizione, i presunti miracoli, in una parola contro l’irrazionale e il paranormale. Ma non sempre sono solo le anime semplici a credere a fenomeni del genere. Federico Fellini non portò mai a termine il progetto del film Il viaggio di G. Mastorna perché un mago in cui aveva cieca fiducia gli aveva predetto che sarebbe morto appena ultimate le riprese. Una facile antologia di profezie di questo genere, con l’annesso elenco di personaggi famosi, convinti e ferventi adepti dell’astrologia, dell’occultismo dello spiritismo, con le presunte evocazioni di morti a tavolino riserverebbe sicuramente parecchie sorprese. L’affermazione ingenerosa di Adorno, il prestigioso esponente della scuola di Francoforte, che la parapsicologia è la metafisica degli imbecilli, liquidava troppo sbrigativamente l’insopprimibile desiderio di conoscenza che alberga nell’animo umano, che può prendere le strade più tortuose e oscure, e non la via maestra piena di luce, la “consolazione della filosofia”, che avrebbe indubbiamente preferito l’autore della Dialettica dell’Illuminismo.
Le nuove forme della spiritualità
Nelle sue ricerche dedicate ai nuovi movimenti religiosi Cecilia Gatto Trocchi ha appurato che oggi in Italia più di un terzo della gente crede nella reincarnazione, e un altro terzo nella veracità dell’astrologia, mentre una buona metà crede nelle capacità extrasensoriali di particolari persone dotate. Che tali movimenti negli ultimi anni siano in qualche modo collegati alla crisi delle speranze di palingenesi politica marxista, come è convinzione della studiosa, e che quindi costituiscano, tra l’altro, lo sbocco irrazionalistico del Sessantotto, è tutto da dimostrare, al di là di qualche caso particolare di sessantottini provenienti dai gruppuscoli e confluiti in queste confraternite sui generis. La Gatto Trocchi ha studiato più di sessanta gruppi magico-esoterici partecipandovi dall’interno sotto falsa identità ed è giunta alla tesi conclusiva che non si tratta di “residui o occasionali emergenze di una cultura arcaica”, ma di un fenomeno in rapida espansione che trae le sue origini dai più avanzati Paesi occidentali, a cominciare dagli Stati Uniti. Accanto a culti di origine orientale (tra cui le varie derivazioni dalla filosofia yoga, come il tantrismo, vero e proprio ritorno alla religione della Gran Madre), troviamo la scientologia, un incrocio tra gnosticismo e fantascienza che sconfina nei culti ufologici, il cui fondatore, Ron Hubbard, aveva appreso da uno stregone dei Piedi Neri quella che vichianamente potremmo definire la antiquissima Indorum sapientia, e ne aveva operato una sintesi con i suoi studi di ingegneria. Tema centrale delle teorie di Hubbard, comune peraltro a una molteplicità di sette e congregazioni, è la convinzione che il pensiero e lo spirito individuale abbiano potenzialità sconfinate, e che trasmigrino di vita in vita attraverso i secoli: pertanto in ognuno di noi esiste il retaggio di vite precedenti. Anche all’esistenza più miserabile dunque è offerta la speranza di un riscatto in altre vite di là da venire: ed è proprio in questa promessa di infinite possibilità che probabilmente risiede il successo dei movimenti che fanno della reincarnazione il perno della loro visione del mondo. A questo proposito non si può non sottolineare l’improbabile frequenza delle reincarnazioni di cui sono stati oggetto personaggi famosi; troppi infatti pretendono di essere stati in passato Cesare o Cristo.
Altri movimenti religiosi (dagli avventisti alle varie fraternità e fratellanze, dai rosacrociani ai neotemplari, dall’ordine del Graal agli gnostici e così via) il cui elenco occuperebbe parecchie pagine, in qualche modo si richiamano al cristianesimo delle origini, pretendendo ovviamente di esserne ciascuno il vero erede.
Di fatto, si tratta di movimenti più o meno effimeri e in rapida mutazione, caratterizzati spesso da seguaci instabili e per così dire transumanti, sempre pronti a dirigersi verso nuovi approdi, tanto che quando li si comincia a studiare, sono già diventati altro. Prendiamo, in questo frenetico panta rei, il fenomeno più noto e importante che emerge nella congerie dei nuovi movimenti religiosi degli ultimi anni, il cosiddetto new age o Età dell’Acquario (ma si ritrova spesso anche l’articolo femminile, la new age), con vari corifei, i più noti fra i quali sono David Spangler e William Irwin Thompson (1938-). Ebbene, questo Gross Denken (“pensare in grande”) a sfondo olistico, e così affollato di ingredienti da risultare privo di una sua specifica caratterizzazione, da alcuni anni già ha ceduto il posto, come un abito fuori moda, al next age, un movimento molto più pessimistico e individualistico del suo diretto ascendente.
Il new age classico – se si può usare questa espressione per un fenomeno sostanzialmente effimero – rivalutava l’astrologia, la cartomanzia, la pranoterapia, la medicina omeopatica, il magnetismo, riscopriva l’energia celata nelle pietre, nelle piramidi, nei cristalli, considerava il corpo come microcosmo in armonia con la natura, e la razionalità e la scienza soltanto come semplici modalità di rapportarsi con l’anima mundi, e nemmeno le più importanti. Nel suo eclettismo ecumenico il new age accoglieva la filosofia e la medicina orientale senza chiedere a nessuna il passaporto: erano benvenuti lo yoga e lo zen, la medicina, l’ayurvedica e la musica mantrica, l’agopuntura e i King, il buddismo e l’animismo, la teosofia e il neodruidismo, e così via, in un elenco lunghissimo e sempre disposto ad abbracciare nuovi ospiti, tanto da far ritenere che la vera essenza del new age fosse più che altro una disposizione mentale aperturista e non una serie di precetti rituali. Comunemente riconosciute come antesignane del movimento sono opere quali La vie inconnue de Jésus Christ, nota in Italia come Il Vangelo buddhista della vita di Gesù (1894) di Nicolas Notovitch o The Aquarian Gospel of Jesus Christ (1907) di Levi H. Dowling (1844-1911).
Anche la definizione di neopaganesimo, che pure gli è stata affibbiata, sembra poco felice per descrivere la complessa realtà del new age, certo più incline al panteismo misticheggiante che a una ripresa del tentativo di Giuliano l’Apostata. Tra le finalità del new age tuttavia spiccano il raggiungimento della pace universale e l’armonia di uomo e natura, in contatto per arcane relazioni, il cosiddetto channeling, una versione aggiornata del vecchio medium e che comunque designa un tramite che metta in comunicazione il microcosmo-uomo e un’altra realtà, che può essere al di fuori ma anche all’interno di lui: più poeticamente, Salvatore Quasimodo avrebbe detto “un incurvarsi d’orbite segrete / dove siamo fitti / coi macigni e l’erbe”.
Per uno dei più attenti e autorevoli studiosi dei fenomeni della nuova spiritualità, Massimo Introvigne, direttore del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) e autore di parecchie ricerche sull’argomento, il new age può essere considerato piuttosto un nuovo modello di millenarismo progressista. Le ragioni del relativo successo delle nuove forme di religiosità, di cui il new age è solo il fenomeno più diffuso e noto, sono svariate. Insofferenza generazionale, moda ed emulazione, che pure sono fattori importanti, devono necessariamente trovare riscontro in una offerta, per così dire, che risponda a bisogni specifici; e sicuramente un aspetto non trascurabile delle nuove tendenze è il diverso concetto di moralità che esse trasmettono, soprattutto nella sfera sessuale. Colpa e peccato, quei pesanti macigni che tanto hanno tormentato in passato la coscienza del cristiano, non hanno rilevanza nella tollerante visione del mondo del new age e nelle altre forme di spiritualità similari: alla condanna della esecrata concupiscenza, che la Chiesa ritiene degna della bestia e non dell’uomo, si contrappone la convinzione che la sessualità è semplicemente espressione della natura e dell’energia universale presente in ciascuno di noi, e non ha assolutamente nulla di peccaminoso. Al fosco e tormentato universo coscienzale, tanto per dire, della filosofia dell’angoscia di un Kierkegaard o di alcuni film di Ingmar Bergman, fa riscontro la Weltanschauung serena e tollerante, positiva e ottimistica del Thinking positive, a cui si richiamano tra l’altro romanzi didascalici quali La profezia di Celestino di Redfield o L’Alchimista di Coelho. Il raggiungimento dell’estasi sessuale è poi l’esplicita finalità dell’attività di propaggini tantriche del new age (ad esempio, in Italia, l’Istituto di Tantra Maithuna di Montecerignone in provincia di Pesaro).
La decadenza del new age è attestata oggi dal rapido venir meno delle strutture che a esso facevano riferimento, librerie, case editrici, centri culturali, festival ecc.; e questa crisi è sicuramente imputabile anche a un eccessivo sfruttamento commerciale delle istanze più genuine del movimento. Quando in un’impresa o in un progetto vengono investite non solo le speranze dello spirito, ma anche le risorse del capitale, la sua contaminazione è inevitabile, e spesso avviene che sono il profitto e lo sfruttamento a sopraffare la carica ideale e a soffocarla a poco a poco. Già nel 1991 Spangler e Thompson denunciavano in Reimagination of the World. A Critic of new age, la commercializzazione e la degradazione del movimento. Per rendersene in qualche modo conto basta pensare alla traduzione italiana di una delle Bibbie del new age, The Power of Positive Thinking di Norman Vincent Peale, un pastore metodista, poi presbiteriano, pubblicato nel 1952, il cui titolo è stato sic et simpliciter reso con Come acquistare fiducia e avere successo.
Il mercato del sacro non può non avere le leggi e le dinamiche proprie del mercato tout court: una inchiesta del CESNUR del 1993 ha appurato che il target della società teosofica, del buddhismo, della meditazione trascendentale è l’executive, mentre lo studente universitario è il destinatario preferito della propaganda della Chiesa dell’Unificazione, del movimento dei Sathia Sai Baba, degli Hare Krishna e di Raineesh, e infine che si rivolgono ai nuovi poveri i Testimoni di Geova, la Chiesa neoapostolica e pentecostale, la scientologia, non senza eccezioni e sconfinamenti, se pensiamo che a scientology aderiscono attori di notorietà internazionale.
Alcuni dei nuovi movimenti religiosi a sfondo millenaristico sono però, al contrario del Thinking positive, animati da un fosco cupio dissolvi. Il bollettino delle tragedie è lungo, ma ne citiamo solo alcune. Nel 1978 a Jonestown, in Guyana, novecento seguaci del cosiddetto reverendo Jones si suicidano in massa, nel 1985 a Filadelfia ci sono addirittura scontri armati tra il gruppo Move e la polizia, con una decina di morti, nel 1993 un’ottantina di davidiani sono artefici di un altro suicidio di massa a Waco, nel Texas, in un rogo a loro avviso purificatore, così come nel 1997 i 39 aderenti al culto ufologico Heaven’s Gate a loro volta si tolgono la vita tutti insieme a San Diego in California.
Nella congerie di sette che affollano il mondo dei nuovi movimenti, va sottolineata non soltanto la loro estrema frammentazione, ma anche la gelosa affermazione della propria specificità: se gli adepti della neostregoneria o Wicca (da witchcraft), hanno in comune con le sette sataniche l’odio per la Chiesa e la libertà sessuale durante i riti quando danzano nudi nella notte al chiarore del fuoco, essi tengono a precisare che si richiamano a Ecate Diana e non a Lucifero. Quest’ultimo infatti sarebbe solo un “doppio” solare da lei stessa emanato, come si legge in Aradia o il Vangelo delle Streghe, pubblicato dal radicalsocialista Godfrey Leland, nel 1899.
Alle origini delle varie sette troviamo non solo disagio sociale o protesta politica, ma anche il rifiuto della cultura dominante, e la rivalutazione di un’altra cultura, che poi sarebbe quella autentica, costretta al silenzio, schiacciata dall’establishment, vittima di ostracismo e persecuzione; il mondo dei nuovi movimenti religiosi dunque esprime soprattutto, in maniera spesso confusa e anarcoide, il tentativo di una “controcultura” che non di rado nasce dalla personale frustrazione di soggetti che, diventando corifei di queste nuove forme di spiritualità, trovano finalmente la propria realizzazione esistenziale.
Qualche cenno, infine, sull’inquietante fenomeno a suo modo religioso delle sette sataniche, che operano per definizione nella clandestinità, e dove non solo non è facile penetrare, ma anche pericoloso. Anche qui possiamo trovare riferimenti filosofici e culturali che accreditano una immagine non convenzionale del diavolo (che non sarebbe, come vuole la sua etimologia, colui che divide, ma il portatore del bene, il vero Salvatore che apre gli occhi alla marionetta Adamo e gli insegna la libertà del pensiero che è anche disobbedienza). Fu soprattutto a partire dal romanticismo che si verificò in Occidente un revival del diavolo, che perdurò per tutto l’Ottocento e il Novecento con una grande fioritura dell’occultismo e dello spiritismo. Riferimenti di questo genere – con un’immagine in qualche modo positiva di Lucifero – possono rinvenirsi qua e là nella storia della cultura europea: in primis nel Caino di Byron, per esempio, ma anche in Erhard, un discepolo di Kant che scrisse l’Apologia del diavolo, nel Demone di Lermontov, ne I masnadieri di Schiller, ne I fiori del male di Baudelaire, negli Inni a Satana del Carducci, e così via, per citare solo i primi di un elenco ben più nutrito, e che si è notevolmente arricchito negli ultimi tempi. Un discorso a parte va fatto per il Satana-Woland di Il maestro e Margherita di Bulgakov, che non era certo un occultista; nel suo capolavoro, Bulgakov descriveva la rivincita del caos, dell’irrazionale e del sentimento sulla corrotta e burocratica macchina della società staliniana. Pour cause il nome del grottesco felino aiutante di Woland era Behemoth, termine che indica la confusione; ricordiamo che il conservatore Thomas Hobbes aveva intitolato Behemoth or the Long Parliament il suo trattato sulla guerra civile inglese.
I riferimenti colti sono tuttavia più un divertissement intellettuale che una autentica professione di fede nel diavolo: la realtà delle sette sataniche in Italia, diffuse soprattutto, per quanto se ne sa, nel Centro Nord, e in particolare a Torino, è meno aulica e poetica, e ha riempito la cronaca nera con episodi di assoluta efferatezza, come i raccapriccianti delitti del mostro di Firenze, che sembrano far parte di un macabro rituale satanico. Una triste fama ha accompagnato i Bambini di Satana del Bolognese o le più recenti Bestie di Satana del Varesotto, artefici di orrendi delitti perpetrati fra gli stessi membri della setta.
Tuttavia, va anche detto che molte di queste sette, al di là degli apparati scenici di facciata, truculenti o macabri, hanno nelle loro periodiche adunanze l’unica finalità di giungere alla reciproca copula tra i presenti. Il fine orgiastico di queste sette fu confessato alla Gatto Trocchi da una delle partecipanti, insoddisfatta dai modi di procedere di questi satanisti di paese e desiderosa di evocare sul serio il demonio: “Quello che facciamo qui è solo un gioco. C. ci viene per scopare. Nessuno fa sul serio”.