CREDITO.
– Cartolarizzazione dei mutui e traslazione di paradigma. La crisi e la dottrina della liquidità. Prospettive della disintermediazione bancaria. Bibliografia
La relazione debitore-creditore costituisce il fondamento di ogni altra relazione economica, ma è costantemente messa in pericolo dalle forme che il c. assume nell’ambito del capitalismo finanziario, soprattutto dopo la crisi del 2008. La finanziarizzazione dell’economia è passata essenzialmente attraverso una rescissione sistematica del rapporto fra debitori e creditori. La forma estrema di tale rescissione, la cartolarizzazione dei mutui ipotecari, ha innescato la crisi del 2008.
Cartolarizzazione dei mutui e traslazione di paradigma. – A questo proposito si è opportunamente parlato di una traslazione di paradigma (paradigm shift). I mutui ipotecari rappresentavano la forma più durevole che la relazione debitore-creditore potesse assumere. La banca che finanziava l’acquisto di una casa rimaneva creditrice dell’acquirente per anni, se non per decenni. Il paradigma corrispondente a tale attesa è stato definito originate and hold: l’ente all’origine della concessione di c. si teneva in rapporto con il debitore, tenendo a bilancio il proprio c. per tutta la durata del suo rimborso.
La cartolarizzazione ha permesso di trasformare il c. ipotecario posto a bilancio delle banche in un titolo negoziabile contro moneta sul mercato finanziario. In tal modo è cambiato radicalmente, e forse definitivamente, il ruolo delle banche: da intermediari fra risparmiatori e debitori a venditrici di prodotti finanziari su un mercato strutturalmente speculativo. Tuttavia, proprio perché tale mercato deve la sua eventuale stabilità alla speculazione, esso è esposto a un’instabilità tendenzialmente incontrollabile.
La traslazione di paradigma ha fatto sì che i mutui fossero ‘originati’ non per essere tenuti, ma per essere ‘distribuiti’ (originate to distribute), ossia venduti sul mercato. Tuttavia tale traslazione ha l’effetto di trasformare compiutamente in merce la relazione debitore-creditore.
La riduzione della relazione a merce ha effetti anche sul significato del debito. Se all’interno della relazione il debitore è tenuto a dare garanzie della propria solvibilità, una volta rescissa la relazione, ciò che conta per i debiti è la loro vendibilità. Ossia la loro liquidità. Definibile come la sistematica interscambiabilità di moneta e c., la liquidità non è affatto neutra rispetto alla loro natura, giacché implica una tendenziale dissoluzione di ogni differenza fra moneta e credito. Nel sistema della liquidità, la moneta (v.), in quanto riserva di valore, gioca il ruolo centrale di quel titolo di c. la cui appetibilità è massima semplicemente perché, mentre tutti gli altri titoli per trovare il rispettivo prezzo monetario devono passare per il mercato, il suo valore è per definizione espresso in termini di moneta.
In questo quadro, la moneta può divenire, e diviene, di fatto, il debito di quel soggetto economico (la banca centrale di emissione) con cui tutti gli altri soggetti pagano, o liquidano, ogni altro debito. Questa è la definizione tecnicamente precisa di ciò che si chiama abitualmente fiat money, ossia la moneta emessa senza obbligo di convertibilità in oro.
Nella General theory of employment interest and money (1934), John Maynard Keynes aveva insistito particolarmente su un punto per lui cruciale: una distinzione fra moneta e c. è necessaria, sia per comprendere sia, di conseguenza, per fare funzionare l’attività creditizia in modo tale che la sua stabilità non dipenda esclusivamente dalle aspettative che si formano in seno a un mercato speculativo (v. finanza).
La crisi e la dottrina della liquidità. – La strada che ha condotto alla crisi, e che nonostante ciò si è continuato a percorrere nella speranza di porle un termine, è stata invece quella di non fissare più alcun limite preventivo alla creazione di debiti delle banche centrali: iniezioni di liquidità, quantitative easing, rifinanziamenti a tasso prefissato, senza limiti alle richieste; nella speranza che l’aumento della liquidità messo a disposizione degli intermediari finanziari dal ‘prestatore di ultima istanza’ e dal suo vaso di Pandora determinasse un incremento della liquidità dei mercati, e quindi una ripresa della negoziabilità dei titoli, e conseguentemente della concessione di c. all’economia reale.
Tuttavia, proprio la ripresa del c. all’economia reale si sta rivelando l’anello debole della catena. Mentre i mercati finanziari si sono ripresi, il c. a famiglie e imprese stenta a riavviarsi. Nella visione ortodossa del capitalismo finanziario si può ritenere che le iniezioni di liquidità siano ancora insufficienti. Viceversa, la constatazione di tale mal-funzionamento può indurre a un ripensamento critico del c. ridotto a merce.
Il premio Nobel per l’economia (2014) Jean Tirole ha formulato il seguente paradosso: gli unici due modi di non correre il rischio connesso al c. consistono o nel non prestare mai, oppure nel non chiedere mai ai debitori di pagare, rifinanziandoli indefinitamente. Tale paradosso sembra essersi inverato nell’operatività delle banche e da entrambi i lati dei loro bilanci: in quanto debitrici dei propri depositanti, le banche restano in posizione di forza nel chiedere e ottenere rifinanziamenti da parte delle banche centrali; in quanto creditrici degli operatori dell’economia reale, le banche tendono a restringere l’offerta di credito.
Là dove vige il paradigma della liquidità, aumento della quantità di moneta e riduzione del c. possono coesistere.
Questa è la lezione della crisi. Ciò che in letteratura era noto come trasmissione della politica monetaria, dalle banche centrali alle banche commerciali, e che prima della crisi era essenzialmente rappresentata come una sorta di black box di cui si dava per scontato il (buon) funzionamento, rischia ora di trasformarsi in un buco nero pratico e teorico.
Prospettive della disintermediazione bancaria. – La concezione del c. come merce e la rescissione sistematica del rapporto debitore-creditore sono i convitati di pietra del dibattito sul c. e sulla riforma del sistema bancario. Molte voci si sono levate per criticare il processo di sistematica de-specializzazione degli istituti bancari, reso possibile, in tutto il mondo, dalle leggi bancarie degli anni Novanta del 20° secolo. Altre voci si sono levate per sostenere la necessità di una rispecializzazione delle funzioni bancarie, reintroducendo la distinzione fra banche commerciali e banche d’investimento.
Il nodo è la nozione di intermediario creditizio, che porta con sé, oltre al tema della rispecializzazione, quello della dimensione ottimale degli operatori bancari. Tale questione ha a che fare sia con la possibilità che le banche non siano ‘troppo grandi per fallire’, sia con l’opportunità economica del radicamento territoriale dell’attività bancaria.
Sullo sfondo permane l’urgenza di riannodare il rapporto di fiducia e di collaborazione fra debitori e creditori. Stanno emergendo pratiche economiche di disintermediazione bancaria, sempre più consapevoli delle loro potenzialità, anche se ancora di dimensioni non sufficienti per rappresentare una minaccia al monopolio bancario-finanziario del c.: sistemi di crowdfunding, di peer to peer lending e di mutual credit.
I primi due sono accomunati dal fatto di fondarsi su piattaforme web che consentono di costruire metodi alternativi di valutazione del merito creditizio e di abbattere i costi di concessione del credito. Una ‘folla’ di risparmiatori è messa in contatto diretto con progetti d’investimento e ciascun membro del gruppo si assume proporzionalmente il rischio dell’insuccesso dell’investimento. Il terzo prende spesso la forma di circuiti di credito commerciale in compensazione. In questo caso sono i partecipanti stessi a farsi c. reciprocamente, grazie a una camera di compensazione. La camera registra, a favore dei venditori di beni e servizi, attivi che non possono essere convertiti in moneta contante, ma che devono essere spesi all’interno del circuito; correlativamente, essa registra a carico degli acquirenti passività da saldare non in moneta contante, ma con la vendita di beni e servizi all’interno del circuito. Poiché la camera di compensazione concede linee di c. per acquisti all’interno del circuito, il ciclo degli scambi può iniziare con un indebitamento, ma senza che a esso corrisponda l’anticipazione di somme di moneta in contanti. D’altra parte, poiché non ha senso accumulare attivi inconvertibili, la loro spesa da parte dei creditori consente ai debitori di saldare i loro debiti con la vendita dei propri beni o servizi. La multilateralità delle relazioni di debito e c. all’interno del circuito non fa sparire il rischio inerente al c., ma porta a una sua mutualizzazione.
Il paradigma di riferimento degli schemi di mutual credit è la clearing union proposta da Keynes nel 1944 per finanziare il commercio internazionale. Presentata dallo stesso Keynes come uno «strumento di disarmo finanziario», la clearing union incarna una concezione del c. che vive del rinsaldamento cooperativo del rapporto debitore-creditore e non della sua dissoluzione competitiva attraverso il principio della liquidità. Il rischio non è dissolto, ma affrontato solidalmente.
Bibliografia: J.M. Keynes, Activities 1940-1944: shaping the post-war world. The clearing union, London 1980 (trad. it. Eutopia. Proposte per una moneta internazionale, a cura di L. Fantacci, Milano 2011); M. Amato, L. Fantacci, Fine della finanza. Da dove viene la crisi e come si può pensare di uscirne, Roma 2009, 20122; A. Orléan, Dall’euforia al panico. Pensare la crisi finanziaria e altri saggi, Verona 2010; D. Graeber, Debt: the first 5000 years, New York 2011 (trad. it. Milano 2012); Le banche e il credito alle imprese durante la crisi, a cura di A. Zazzaro, Bologna 2014.