CREDITO (XI, p. 814; App. II, 1, p. 722)
Legislazione creditizia. - In questo dopoguerra sono state apportate varie integrazioni alla legge bancaria del 1936, tanto nel settore del credito commerciale (a breve termine) quanto in quello industriale (a medio e lungo termine). L'innovazione più importante riguarda la riorganizzazione delle riserve bancarie obbligatorie al fine di farne un valido strumento di politica creditizia.
Le riserve obbligatorie furono istituite nel 1926, con lo scopo di garantire i depositanti contro i rischi che potevano derivare dall'attività bancaria. A tale fine, una legge del novembre 1926 stabilì che quando i depositi superavano 20 volte il patrimonio dell'azienda di credito, l'eccedenza doveva essere depositata presso l'Istituto di emissione, in contanti o in titoli emessi o garantiti dallo stato. Dato che a quell'epoca il patrimonio delle banche era relativamente elevato, raramente si verificavano eccedenze di depositi: perché vi fosse eccedenza, occorreva che il patrimonio scendesse al disotto del 5% dei depositi, mentre, nella media di tutte le banche, il rapporto si manteneva attorno al 15%. Per effetto della svalutazione monetaria provocata dalla seconda guerra mondiale si ebbe un capovolgimento della situazione; i depositi si svilupparono, adeguandosi in parte all'evoluzione dei prezzi, mentre il patrimonio rimase pressoché invariato, e quindi il rapporto scese sotto l'i %. In tale situazione, poiché l'osservanza della norma avrebbe assorbito larga parte dei depositi e messo in difficoltà le banche, l'eccedenza non veniva depositata. Per ovviare all'inconveniente, al principio del 1947, il rapporto patrimonio-depositi fu elevato da 20 a 30 volte, ma la sproporzione era tanto forte che non si ottenne alcun risultato pratico apprezzabile.
Nel frattempo, gli impieghi commerciali, che durante la guerra si erano mantenuti bassi, avevano segnato una sensibile ripresa e si incrementavano con un ritmo molto veloce; inoltre, era in atto un movimento inflazionistico che ebbe vistose manifestazioni nel mercato finanziario e fece moltiplicare per 10 il corso delle azioni nel giro di un anno. Le autorità monetarie dovevano contrastare il processo inflazionistico e, poiché eventuali limitazioni della circolazione monetaria avrebbero avuto scarsa efficacia se non fossero state accompagnate da limitazioni al potere delle banche di creare mezzi di pagamento attraverso la concessione di crediti, si provvide, per prima cosa, a riorganizzare le riserve bancarie obbligatorie. Il ricostituito Comitato del credito, nella sua prima seduta nell'agosto 1947, fissò le nuove regole della riserva bancaria obbligatoria nel modo seguente: a) libera disponibilità dei depositi fino a 10 volte il patrimonio; b) accantonamento del 20% dell'eccedenza sul decuplo del patrimonio, secondo la situazione al 30 settembre 1947, con un massimo del 15% dei depositi; c) accantonamento del 40% degli incrementi a partire dal 30 settembre 1947; d) limite massimo della riserva obbligatoria complessiva pari al 25% dei depositi. Dato che il punto b) aveva carattere contingente, si può dire che le riserve obbligatorie si applicano nella misura del 40% dell'eccedenza dei depositi sul decuplo del patrimonio, e poiché il limite massimo è stato raggiunto dalla maggior parte delle banche, in pratica le riserve si commisurano a circa il 25% dei depositi. L'applicazione delle riserve obbligatorie riorganizzate, che sottrasse alle banche cospicue disponibilità, ebbe il merito, insieme ad altri provvedimenti di carattere economico e alla politica di bilancio seguita dal governo, di arrestare l'inflazione pur consentendo lo sviluppo della produzione, del reddito e dell'occupazione.
Dall'obbligo della riserva furono esentati le casse di risparmio e i monti di credito di prima categoria, nonché le casse rurali e artigiane; i primi perché, pur operando in modo simile alle banche commerciali, investivano largamente in titoli dello stato e in operazioni a favore dei comuni e delle opere pubbliche, e le seconde perché già soggette a particolari vincoli. La legge del 1932, riguardante l'attività delle casse rurali ed artigiane, aveva già imposto infatti alle casse di depositare, presso l'Istituto di emissione o presso determinati enti bancarî, titoli di stato o di istituti speciali di credito per un importo pari al 10% dei depositi raccolti; la percentuale è stata elevata nel 1955 al 20% per le casse rurali e artigiane costituite sotto forma di società a responsabilità limitata. A partire dal 10 settembre 1958, anche le casse di risparmio e i monti di credito su pegno di prima categoria sono stati obbligati a costituire una riserva pari al 20% degli incrementi dei depositi; la riserva, in contante o in titoli, può essere costituita presso la Banca d'Italia o presso l'Istituto di credito delle casse di risparmio; in quest'ultimo caso, l'Istituto deve depositare la metà della riserva presso la Banca d'Italia e osservare determinate regole per l'investimento dell'altra metà.
Le percentuali della riserva obbligatoria possono essere variate con provvedimento amministrativo del Comitato del credito, ma in effetti sono rimaste quelle fissate al momento della loro introduzione. Ciò è avvenuto perché, sebbene le riserve obbligatorie costituiscano il principale strumento di una efficiente politica creditizia, esse si affiancano ad altri strumenti come il tasso di sconto, la concessione di crediti alle banche da parte dell'Istituto di emissione, l'utilizzo di valute dell'Ufficio italiano dei cambî e di linee di credito di banche estere, l'autorizzazione dei fidi eccedenti, l'autorizzazione all'emissione di titoli sul mercato finanziario nonché la collaborazione tra banca centrale e dirigenti bancarî che si concretizza in scambî di vedute, suggerimenti e raccomandazioni. Attraverso l'opportuna manovra di tutti questi strumenti è possibile adeguare, con sufficiente flessibilità, la politica creditizia alle mutevoli situazioni del mercato.
Per quanto riguarda il settore del credito a medio e lungo termine, si sono avute alcune innovazioni di carattere strutturale, per soddisfare le esigenze di finanziamento degli investimenti fissi delle imprese, che si sono manifestate notevoli, specialmente in questo dopoguerra. Dopo la seconda guerra mondiale, per la ricostruzione, l'ammodernamento e lo sviluppo degli impianti delle imprese di produzione, furono rafforzati infatti gli istituti già esistenti con assegnazione di fondi statali, per operazioni a tassi di favore, e furono creati nuovi organismi, specialmente a carattere regionale, per il credito alle medie e piccole imprese e all'esportazione. A tal fine fu creato l'Istituto centrale per il credito a medio termine alle medie e piccole industrie (Mediocredito), al quale furono assegnati fondi mediante stanziamenti sul bilancio dello stato. Tali fondi. sono impiegati, a tassi più bassi di quelli di mercato, tramite i mediocredito regionali e alcuni istituti speciali autorizzati.
Gli istituti di credito fondiario, che nel 1949 furono autorizzati ad effettuare operazioni di credito edilizio, nel 1958 sono stati autorizzati ad istituire speciali sezioni per il finanziamento delle opere pubbliche e delle imprese di pubblica utilità.
A soddisfare i bisogni di capitale, di rischio e di credito, delle imprese a partecipazione statale provvedono l'Istituto per la ricostruzione industriale, che coordina le imprese del settore siderurgico, meccanico, elettrico, telefonico, chimico, bancario e dei trasporti aerei e navali, e l'Ente nazionale idrocarburi, che opera nel settore del metano, del petrolio e della gomma sintetica. Al fabbisogno finanziario delle imprese suddette si provvede in misura limitata con fondi statali, ma la maggior parte dei mezzi sono attinti al mercato mediante emissioni di titoli da parte delle imprese o degli enti coordinatori. Con il sistema ora descritto, le imprese a partecipazione statale ricorrono al sistema creditizio solo in via sussidiaria e per importi non rilevanti.
Per quanto riguarda in particolare l'Italia meridionale, lo stato è intervenuto con la creazione della Cassa per il Mezzogiorno, alla quale sono stati assegnati fondi, tratti dal bilancio statale, per l'esecuzione di opere pubbliche e per assistere finanziariamente le imprese che operano nel Mezzogiorno sia direttamente sia tramite gli istituti regionali di credito.
In Italia non esiste ancora una regolamentazione degli investment trusts e degli enti per il finanziamento delle vendite rateali, che in altri paesi operano accanto e in armonia con gli istituti di credito. Vi sono però alcuni enti che svolgono una certa attività in tale settore e vi sono studî e iniziative tendenti a promuovere una speciale legislazione che regoli l'attività di questi nuovi organismi, in analogia a quanto avviene all'estero.
Per il finanziamento delle operazioni di borsa, non vi sono particolari norme, ma le banche operano con molta cautela in tale campo. Esistono invece speciali disposizioni legislative per frenare gli eccessi speculativi di borsa, sulla base delle quali il ministro del Tesoro può disporre che le operazioni a termine fermo o a premio e di riporto su titoli non possano essere effettuate se non contro deposito dei titoli stessi o della relativa copertura, nella misura di volta in volta determinata e per il periodo di tempo ritenuto necessario. Di questa facoltà si è più volte avvalso il ministro del Tesoro, ma dal 1949 non vi sono restrizioni alle operazioni di borsa, essendo stato abolito, in tale anno, l'obbligo del deposito preventivo del 25% allora esistente.