CRESCENZIO de Theodora
Nacque presumibilmente a Roma nella prima metà del X secolo. Secondo l'epigrafe sepolcrale, fonte preziosa per questa e per altre notizie, ancora visibile nel chiostro della chiesa di S. Alessio all'Aventino, era figlio di Giovanni e di Teodora, ed è con tale matronimico che viene ricordato dai cronisti.
Sull'identificazione dei genitori sono state avanzate svariate ipotesi, alcune dei tutto prive di fondamento. Già il Gregorovius (II, p. 66) aveva definito un "ozioso studio di fantasia" voler riconoscere in C., com'era già stato fatto in precedenza, il frutto degli illeciti amori della senatrice Teodora con il pontefice Giovanni X. Ampio credito trova invece fra gli studiosi (Bossi, Kölmel, Duchesne, Toubert) l'ipotesi che vuole la madre di C. essere Teodora II, la figlia di Teofilatto e di Teodora, anche se altri (Gerstenberg, Brezzi) hanno sollevato a questo proposito diverse perplessità. Per quanto riguarda poi il padre Giovanni, si tratta probabilmente di un personaggio non di primissimo piano, appartenente alla famiglia dei Crescenzi, forse un fratello di Crescenzio de Caballo marmoreo.
Sua moglie fu Sergia, di nobile famiglia, morta prima del 989, ricordata con lui in un documento (Vat. lat. 8043, cc. 36r-39r) dell'ottobre di quell'anno che ha per protagonisti i figli Giovanni e Crescenzio, entrambi personaggi di primo piano nella vita politica della città. Il primo fu patrizio di Roma nel 985 mentre il secondo, il famoso Nomentano, ebbe invece il titolo di senator e fu conte di Terracina.
Al nome di C. è legata la rivolta che nella primavera del 974 depose il pontefice Benedetto VI, eletto più di un anno prima. Nel 972 era morto infatti Giovanni XIII, sui cui legami con i Crescenzi si è molto ipotizzato per la sua politica a loro favorevole. Se poi si accetta la genealogia che lo vuole figlio di Teodora, Giovanni XIII sarebbe stato addirittura fratello di C. stesso. Alla sua morte, comunque, C. si batté perché venisse eletto il diacono Franco di Ferruccio; ma Ottone I, resosi forse conto del pericolo di un ulteriore indebolimento della sua influenza in Roma, dopo cinque mesi di vacanza impose Benedetto VI.
La morte dell'imperatore, avvenuta nel maggio del 973, aveva creato una precaria situazione in Germania, distogliendo l'attenzione di Ottone II da Roma. Di tale stato di cose approfittò appunto C. il quale, nel giugno del 974, insorse con la sua fazione contro Benedetto VI che venne deposto ed imprigionato in Castel Sant'Angelo. In sua vece fu incoronato Franco di Ferruccio che prese il nome di Bonifacio VII. Ottone inviò allora a Roma il conte Siccone per liberare il papa deposto, ma Bonifacio VII lo fece strangolare in carcere, secondo la tradizione, da un prete di nome Stefano. In alcune fonti si attribuisce, peraltro senza alcun fondamento, l'esecuzione materiale del delitto allo stesso C. ricordato come "Cinthio" o "Cincio". La morte di Benedetto VI non si risolse certo a favore di Bonifacio VII, ma servì piuttosto ad isolarlo all'interno della città. Il conte Siccone infatti ristabilì l'ordine senza incontrare resistenza da parte della fazione di C. mentre Bonifacio si rifugiava a Bisanzio con cui aveva forti legami (Michel, p. 12). A conferma dell'isolamento creatosi attorno a Bonifacio VII dopo la morte di Benedetto VI e della volontà da parte della fazione di C. di non inasprire i rapporti con l'Impero, venne eletto un papa di compromesso, Benedetto VII, gradito sia ad Ottone che ai Romani.
La pace sembrò dunque ristabilirsi a Roma. C. stesso poté continuare ad occuparsi indisturbato dei suoi possedimenti, restando in buoni rapporti con Benedetto VII. In un documento del 977, giuntoci in copia molto tarda ed edito dal Morghen, stipulava infatti un contratto con l'abate Giovanni di S. Andrea in Silice, presso Velletri, il quale concedeva a lui ed ai suoi, per tre generazioni, il castrum vetus;in cambio, oltre ai consueti oneri, C. si impegnava a combattere ad mandatum summi pontificis et praedicti abbatis. Il documento riveste notevole importanza se in esso si è voluto riconoscere "il più antico esempio di concessione conforme al tipo feudale... tra le carte relative al ducato romano" (Brezzi, p. 153).
C. moriva il 7 luglio 984, ricorda ancora l'epigrafe conservata in S. Alessio, alcuni anni dopo essersi fatto monaco di quel monastero. Il comando della fazione era ormai passato nelle mani del figlio Giovanni e da queste poi in quelle dell'altro figlio, Crescenzio (II) Nomentano, tragico protagonista della resistenza del 998 contro i soldati di Ottone III.
Fonti e Bibl.: Il documento del 989 si conserva in Bibliot. Apost. Vaticana, Vat. lat. 8043, cc. 36r-39r. Per l'epigrafe di C. si veda C. Baronio, Annales ecclesiastici, Lucae 1744, p. 348; Annales Beneventani, in Mon. Germ. Hist., Script. III, a cura di G. H. Pertz, Hannoverae 1839, p. 176; Herimanni Augensis Chronicon, ibid., V, a cura di G. M. Pertz, ibid. 1844, p. 116; Martini Oppaviensis Chronicon, XXII, ibid. 1872, p. 431; Chronicon Farfense di Gregorio da Catino, a cura di U. Balzani, Roma 1903, 11, p. 244, ediz. e comm. della carta del 9 apr. 977 a cura di R. Morghen in Statuti della Provincia Romana, a cura di V. Federici, Roma 1930, in Fonti per la storia d'Italia, LXIX, pp. 3-9; Monum. Epigraphica Christiana, a cura di A. Silvagni, Città del Vaticano 1938, I, tav. XVII, n. 4; Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, Paris 1955, pp. 252-257; F. Gregorovius, Storia della città di Roma nel Medioevo, Roma 1900, II, pp. 64, 67, 116; A. Silvagni, Note d'epigrafia medievale, in Archivio della R. Soc. rom. di storia patria, XXXII (1909), pp. 452, 460 s.; P. Fedele, Ricerche per la storia di Roma e del Papato nel secolo X, ibid., XXXIV(1911), p. 411; G. Bossi, I Crescenzi. Contr. alla storia di Roma e dintorni dal 900 al 1012, in Dissertazioni della Pontificia Accademia romana di archeologia, s. 2, XII (1915), pp. 63 s.; Id., I Crescenzi di Sabina Stefaniani e Ottaviani, in Archivio della R. Soc. rom. di storia patria, XLI (1918), p. 158; G. Falco, I Comuni della Campagna e della Marittima nel Medievo, ibid., XLII (1919), pp. 538, 543 s.; A. Michel, Humbert und Kerullarios. Studien...., Paderborn 1924, pp. 12 s.; O. Gerstenberg, Die polit. Entwicklung des römischen Adels im 10 und 11. Jahrhundert, Berlin 1933, pp. 3 s.; W.Kölmel, Rom und der Kirchenstaat im 10. und 11. Jahrhundert bis in die Anfänge der Reform..., Berlin 1935, pp. 25 s.; C. Cecchelli, Note sulle famiglie romane fra il IX e il XII secolo, in Archivio della R. Soc. rom. di storia patria, LVIII (1935), pp. 76 s.; Id., I Crescenzi. I Savelli. I Cenci, Roma 1942, pp. 9 s.; P. Brezzi, Roma e l'Impero medievale, Bologna 1947, pp. 146, 148, 150-153, 157, 160; C. G. Mor, L'età feudale, Milano 1952, I, pp. 361 s., 374, 422, 499 n. 66; II, pp. 114, 179 n. 8, 220; P. Toubert, Les structures du Latium médiéval, Roma 1973, I, pp. 322, n. 1, 433; II, pp. 1021, 1028, 1098 n. 2, 1101.