Crescita
La crescita è un'attività biologica che si esplica nei primi venti anni di vita, pur potendo proseguire anche oltre. Consiste in variazioni delle dimensioni del corpo nel suo insieme, o delle sue parti. Queste variazioni sono il risultato di tre processi di base: l'iperplasia (aumento del numero delle cellule), l'ipertrofia (incremento delle dimensioni delle cellule) e l'accumulo di materiali intercellulari. Tali meccanismi, come tutti gli altri che riguardano i diversi metabolismi cellulari e la comunicazione tra una cellula e l'altra, sono regolati da proteine, la cui sintesi, all'interno delle cellule, dipende da un messaggio contenuto nel DNA e trasmesso all'RNA (v. acidi nucleici). Al processo di crescita si accompagna quello della maturazione, che conduce appunto alla maturità biologica, risultato dell'azione dei processi cellulari di base a livello dello specifico sistema preso in considerazione. La maturità biologica è variabile a seconda del sistema corporeo considerato: per es., la maturità sessuale consiste nella piena funzionalità della capacità riproduttiva, mentre la maturità scheletrica si esplica nel completamento del processo di ossificazione. Entrambi i processi implicano un moto e una direzione, che vanno dal momento del concepimento fino al raggiungimento dello stato adulto e della maturità.
di Robert M. Malina
I.
Crescita e maturazione si svolgono lungo un periodo di tempo, mentre i risultati dei loro processi, cioè le dimensioni raggiunte o il grado di maturità dello scheletro, possono essere misurati in un preciso momento oppure a intervalli prestabiliti. Il punto di riferimento è costituito dall'età cronologica del soggetto, che è misurata in relazione al giorno della nascita. Va rilevato che l'età cronologica varia in funzione del calendario, mentre i processi biologici che sono alla base della crescita e della maturazione non seguono necessariamente questa regola: due bambini possono avere la stessa età cronologica, ma differire di parecchio per grado di maturazione, o età biologica. Questa dissociazione tra tempo cronologico e tempo biologico è particolarmente evidente nel periodo dello scatto di crescita che si verifica con la pubertà (il cosiddetto spurt puberale). Durante la prima parte della vita prenatale l'iperplasia prevale sull'ipertrofia: in una primissima fase, quella che si svolge durante le due settimane successive al concepimento, da una cellula di grandi dimensioni, lo zigote, deriva un ammasso di piccole cellule dal quale si forma l'embrione. In questo primo periodo le cellule tendono dunque soprattutto a moltiplicarsi, riunendosi in formazioni particolari (i tre foglietti embrionali primitivi: entoderma, ectoderma e mesoderma), e successivamente a migrare dalla posizione iniziale per andare a costituire l'abbozzo di strutture, organi e sistemi. Alcune di queste cellule, per es. quelle che vanno a formare la cute e il sangue, manterranno per tutta la vita questa straordinaria capacità di riprodursi. Altre, come le cellule nervose, o neuroni, perdono tale capacità già al settimo mese di vita intrauterina, dopo di che aumenteranno di volume ancora per un certo periodo e poi, per il resto della vita, potranno solo variare l'assetto dei loro prolungamenti brevi, i dendriti, che in parte tenderanno a scomparire, in parte a riformarsi. Tale prevalenza del processo di moltiplicazione cellulare sull'ipertrofia nel primo periodo dopo il concepimento è il motivo per cui un danno arrecato all'embrione o al feto nei mesi iniziali della gravidanza determina una perdita nel numero delle cellule, che può facilmente provocare la morte o gravissime malformazioni. La crescita postnatale è comunemente distinta in tre periodi: quello iniziale è relativo al primo anno di vita ed è caratterizzato da una crescita rapida. Il secondo è il periodo dell'infanzia, che va dal compimento del primo anno di vita fino all'adolescenza. All'interno di tale fase si distinguono spesso una prima infanzia, che si riferisce al periodo compreso tra il compimento del primo anno e la fine del quinto, e una seconda infanzia, che va dai 5 anni fino all'inizio dell'adolescenza. La prima infanzia è caratterizzata da un rapido sviluppo, la cui velocità tende poi rapidamente a ridursi, mentre nella seconda la crescita è relativamente costante. Nel terzo periodo, l'adolescenza, si osserva un'elevata velocità di crescita e maturazione, e in questa fase la maggior parte dei sistemi corporei raggiunge la maturità strutturale e funzionale tipica dell'organismo adulto. L'adolescenza è caratterizzata da un'ampia variabilità individuale, funzione delle differenze che si osservano relativamente al tempo di inizio e di conclusione dello scatto puberale e della maturazione sessuale. Generalmente lo scatto puberale inizia e termina prima nelle femmine che nei maschi, pur con una grande fascia di sovrapposizione. Si può ragionevolmente considerare che l'adolescenza si collochi di norma nell'intervallo compreso tra gli 8 e i 19 anni nelle femmine e tra i 10 e i 22 nei maschi.
2.
La statura (altezza) e il peso sono le due misure più comunemente utilizzate nello studio della crescita, in quanto esse forniscono un'indicazione d'insieme delle dimensioni corporee. Per ciascuna di queste due misure l'andamento generale della crescita si presenta caratterizzato da quattro fasi: crescita rapida nel primo anno di vita e nella prima infanzia, crescita piuttosto regolare nella seconda infanzia, aumenti rapidi durante l'adolescenza e, infine, piccoli aumenti e termine della crescita verso il compimento dei vent'anni o poco oltre. A differenza della statura, tuttavia, il peso continua generalmente ad aumentare nel corso della vita adulta, in parte a causa delle abitudini alimentari e della sedentarietà. La fig. 1 si limita a mostrare il grado di crescita o il peso raggiunto a una data età, ma non dà indicazioni sulla velocità di crescita, che è illustrata nella fig. 2. La crescita staturale procede con una velocità che diminuisce costantemente; ciò significa che il bambino diventa man mano più alto, ma con un ritmo sempre più lento. L'aumento ponderale, invece, è caratterizzato da una lieve ma costante accelerazione, salvo che per un rallentamento nei primi due anni di vita. Nel periodo dello scatto puberale, entrambi gli incrementi presentano una brusca accelerazione. L'andamento generale del processo di crescita è lo stesso nei maschi e nelle femmine e, fino al termine dell'infanzia, le differenze tra i sessi nelle dimensioni raggiunte e nella velocità di crescita sono di scarsa entità, se si eccettua una tendenza dei maschi ad avere in media una statura e un peso lievemente maggiori rispetto alle femmine. Lo scatto puberale si verifica, però, prima nelle femmine, che nella fase iniziale dell'adolescenza hanno, quindi, statura e peso maggiori di quelli dei maschi. Le ragazze, tuttavia, perdono questo vantaggio non appena lo scatto puberale si realizza anche nei maschi, quando essi, in media, raggiungono le ragazze sia nella statura sia nel peso, per poi superarle in breve tempo. Quanto finora esposto indica gli andamenti di media. Vi è tuttavia una notevole variabilità individuale nell'età in cui lo scatto puberale inizia a manifestarsi (l'età del cosiddetto take-off) e in quella in cui esso raggiunge la sua velocità massima (età del PVS, picco di velocità di crescita staturale), così come vi è variabilità nel valore massimo della velocità di crescita durante lo scatto puberale (picco di velocità). In alcuni bambini lo scatto puberale inizia nella seconda infanzia, molto prima di quell'età comunemente indicata come periodo di transizione tra infanzia e adolescenza. Lo scatto di crescita relativo al peso corporeo si verifica, in media, dopo che è stato raggiunto il PVS. Vi è anche una notevole variabilità nell'età in cui la crescita staturale termina.
La media dell'età in cui la statura adulta viene raggiunta cambia a seconda dei criteri impiegati, ma, generalmente, risulta che la statura definitiva è raggiunta prima nelle femmine che nei maschi. Deve essere precisato, tuttavia, che a seconda del criterio impiegato può risultare che vi siano femmine che hanno terminato di crescere già ai 14,5 anni di età, o che vi siano ragazzi ‒ più spesso maschi che femmine ‒ che continuano a crescere anche dopo i 20 anni. Oltre alla statura e al peso, vi sono altre dimensioni corporee che seguono per lo più lo stesso andamento generale, in termini sia di entità sia di velocità. Un esempio è illustrato nelle figg. 3 e 4, rispettivamente per le curve di crescita delle spalle (diametro biacromiale) e del bacino (diametro biiliaco), e per quelle della circonferenza del braccio e del polpaccio. Le misurazioni relative ai diametri servono da indicatori della robustezza scheletrica, mentre quelle relative alla circonferenza degli arti indicano il grado relativo di muscolosità (la circonferenza comprende l'osso e il tessuto adiposo, oltre alla massa muscolare, ma è quest'ultima la componente predominante). Per ciascuna di queste dimensioni, le differenze tra maschi e femmine sono minime prima dell'adolescenza. Le ragazze possono avere un temporaneo vantaggio in alcune di esse nella prima fase dell'adolescenza a causa della loro precocità nello scatto puberale, ma poi i maschi finiscono per superarle nella maggior parte di tali valori. È da notare, tuttavia, che per i valori assoluti del diametro biiliaco, il recupero dei maschi rispetto alle femmine si verifica nella tarda adolescenza e che le differenze tra i due sessi sono trascurabili rispetto a quelle che si osservano nel diametro biacromiale. Per quanto riguarda, invece, i tempi dello scatto puberale nei diametri scheletrici e nella circonferenza degli arti, le informazioni di cui si dispone sono scarse e discordanti, e ciò probabilmente riflette le differenze metodologiche nella stima dei tempi e dell'entità dello scatto stesso. Tuttavia, gli scatti che si osservano relativamente al diametro biacromiale e a quello biiliaco mostrano chiare differenze tra i due sessi: durante lo scatto puberale, i maschi crescono in media più delle femmine nel diametro biacromiale (circa 2,3 cm), mentre queste hanno un lieve vantaggio sui maschi nel diametro biiliaco (all'incirca 1,2 cm); i maschi, però, presentano un aumento del diametro biacromiale che è circa doppio di quello biiliaco, mentre l'aumento di queste due dimensioni nelle femmine mostra solo una piccola differenza.
Questa diversità di crescita dà luogo a quel dimorfismo sessuale che appare evidente nei giovani adulti quando si misurino questi due diametri scheletrici. I maschi hanno le spalle notevolmente più larghe delle femmine, mentre la distanza tra le due creste iliache è simile nei due sessi. Dati corrispondenti sulle circonferenze del braccio e del polpaccio non sono disponibili. Tuttavia, soprattutto la muscolosità del braccio, misurata radiograficamente, indica chiaramente la presenza di uno scatto puberale nei maschi, di cui non si ha traccia evidente nelle femmine. La velocità di crescita del tessuto muscolare del braccio durante l'adolescenza è infatti due volte più grande nei maschi che nelle femmine, mentre per il tessuto muscolare del polpaccio la differenza tra i due sessi non è altrettanto marcata. Benché per la maggior parte delle dimensioni corporee la conformazione della curva di crescita e, dunque, l'andamento della crescita stessa sia del tutto simile a ciò che si osserva per la statura e il peso, la velocità varia da una dimensione all'altra. Questa variabilità nella velocità di crescita tra specifici segmenti o circonferenze fa sì che le proporzioni corporee subiscano progressive modifiche: per es., come già detto, l'allargamento delle spalle in rapporto al bacino è una caratteristica dello scatto puberale dei maschi, mentre l'allargamento del bacino in rapporto alle spalle caratterizza lo scatto puberale delle femmine. L'andamento di queste differenze di rapporti nel tempo viene rappresentato attraverso il rapporto tra diametro biiliaco e diametro biacromiale (fig. 5). Nelle femmine tale rapporto presenta valori piuttosto costanti dai 6 ai 17 anni, in quanto entrambe le dimensioni aumentano più o meno alla stessa velocità. Nei maschi, al contrario, i valori del rapporto sono costanti dai 6 anni circa fino agli 11, ma poi diminuiscono. Questa riduzione è imputabile al fatto che, negli adolescenti maschi, la circonferenza biacromiale aumenta più velocemente della circonferenza biiliaca: in altri termini, il rapporto diminuisce perché il valore del suo denominatore cresce più velocemente di quello del numeratore. Analoghe differenze si riscontrano nel rapporto tra statura da seduti e altezza totale, che è un indice del contributo relativo del tronco e degli arti inferiori alla statura (fig. 6).
Tale rapporto mostra il suo valore massimo nel primo anno di vita, poi si riduce per tutta l'infanzia e fino all'adolescenza, epoca in cui raggiunge il suo valore più basso, per aumentare verso il raggiungimento dell'età adulta. Nel primo anno di vita, gli arti inferiori crescono più velocemente del tronco, per cui, all'aumentare dell'età, la statura da seduto contribuisce di meno all'altezza totale, e quindi il rapporto diminuisce. Nel corso dell'adolescenza, poi, gli arti inferiori sono interessati dallo scatto di crescita prima del tronco; per tale motivo, in questo periodo, sono riscontrabili i valori più bassi del rapporto; il minimo viene raggiunto dalle femmine prima che dai maschi, e ciò riflette le differenze che si hanno fra i due sessi nei tempi dello scatto puberale. Numerosi studi longitudinali hanno indicato per l'età di crescita massima (picco di velocità) nelle ragazze le seguenti stime: lunghezza degli arti inferiori all'età di 11,3 anni, statura da seduto a quella di 12,1. I valori corrispondenti per i maschi sono, rispettivamente, di circa 13,7 e 14,4 anni. In media, il picco di velocità di crescita staturale si verifica a 11,8 anni nelle femmine e a 14,1 nei maschi. Il lieve aumento nel rapporto tra statura da seduto e altezza totale dopo lo scatto puberale indica che il tronco continua a crescere nella fase finale dell'adolescenza, quando la crescita degli arti inferiori è invece terminata. Il rapporto tra statura da seduto e altezza totale mostra valori identici in maschi e femmine fino ai 12 anni circa, per poi assumere valori leggermente superiori nelle femmine e mantenerli per tutta l'adolescenza e fino all'età adulta. Prima dell'adolescenza, quindi, maschi e femmine sono simili in termini di proporzioni, ma durante l'adolescenza e nell'età adulta, a parità di statura, le femmine hanno gambe relativamente più corte e un tronco più lungo rispetto ai maschi. La misura della massa del corpo è rappresentata dal peso corporeo, cui contribuiscono differenti tessuti, principalmente muscoli, ossa, tessuto adiposo e i visceri. Attraverso lo studio della composizione corporea si cerca di suddividere la massa del corpo in parti, e quello che viene frequentemente usato è un modello a due componenti: peso corporeo = massa magra (FFM, Fat free mass) + massa grassa (FM, Fat mass).
Gli studi più recenti sulla composizione chimica della massa magra in bambini e giovani sottolineano che l'impiego di costanti e formule, basate sui valori dell'adulto per la stima della composizione corporea, presenta evidenti limitazioni: i valori ottenuti con tale approccio in soggetti in età di crescita risultano infatti spesso sottostimati o sovrastimati. È dunque necessario adattare le formule attualmente utilizzate per la stima della composizione corporea sulla base delle misure di densità corporea, acqua corporea totale e ⁴⁰K (potassio 40, isotopo radioattivo del potassio), in modo da tener conto della maturazione chimica dell'FFM. Durante la crescita, il contributo relativo dell'acqua all'FFM si riduce, mentre quello di proteine e minerali aumenta, così come si elevano il contenuto di potassio e la densità dell'FFM. La maturità chimica dell'FFM si raggiunge solo verso la fine dell'adolescenza, molto dopo lo scatto puberale. Nella fig. 7 sono mostrate stime delle modifiche che si verificano nella composizione corporea dal primo anno di vita all'inizio dell'età adulta. La massa magra ha una curva di crescita che somiglia a quella della statura e del peso, salvo che per essa non si verifica l'anticipazione da parte delle ragazze, riscontrabile invece per la statura. La differenza tra i due sessi si afferma durante lo scatto puberale, sicché tra la fine dell'adolescenza e l'inizio dell'età adulta i valori medi dell'FFM nelle femmine corrispondono a solo il 70% circa di quelli dei maschi. Questa differenza è dovuta alla maggiore massa muscolare e alla maggiore statura dei maschi, benché questi ultimi abbiano anche una FFM superiore in rapporto alla statura di quanto non abbiano le femmine. Quanto alla massa grassa, i valori stimati mostrano un aumento durante i primi due anni di vita circa e quindi una sostanziale stabilità fino ai 5-6 anni. Successivamente, si evidenziano chiare differenze tra i sessi, in quanto l'FM cresce più rapidamente nelle femmine che nei maschi. Questo aumento continua nelle femmine per tutta l'adolescenza e fino all'inizio dell'età adulta, ma tende a stabilizzarsi, più o meno all'epoca in cui si verifica lo scatto puberale, nei maschi. La FM, espressa come percentuale del peso corporeo, ovvero l'adiposità relativa, aumenta anch'essa rapidamente in ambedue i sessi nel primo anno di vita, per poi diminuire gradualmente nella prima infanzia. Le femmine hanno una maggior percentuale di grasso dei maschi, soprattutto dopo i 5-6 anni, e la loro adiposità relativa cresce durante l'adolescenza allo stesso modo della FM. Un certo aumento di questo valore si osserva, prima dello scatto puberale, anche nei maschi, ma poi si ha una riduzione, dovuta alla rapida crescita della FFM che si verifica in questo periodo, per cui il contributo della FM al peso corporeo tende a diminuire. È da notare, tuttavia, che dopo lo scatto puberale, e fino all'inizio dell'età adulta, l'adiposità relativa tende a elevarsi gradualmente anche nei maschi. Buona parte delle variazioni che si verificano nella composizione corporea durante la crescita sono in rapporto ai cambiamenti che hanno luogo nei muscoli e nel tessuto adiposo sottocutaneo. I mutamenti che avvengono nelle dimensioni del tessuto muscolare del braccio e del polpaccio sono indicati nella fig. 8. Durante l'infanzia il diametro trasverso dei muscoli di entrambi gli arti è leggermente maggiore nei maschi che nelle femmine. Le femmine, tuttavia, al verificarsi dello scatto puberale acquistano un temporaneo vantaggio nelle dimensioni muscolari del polpaccio, ma non in quelle del braccio, per le quali la differenza rispetto ai maschi viene solo temporaneamente a ridursi. Con il sopraggiungere dello scatto di crescita della massa muscolare anche nei maschi, la differenza tra i due sessi risulta amplificata, soprattutto per quanto riguarda la muscolatura degli arti superiori. La fig. 9 illustra le differenze di distribuzione del tessuto adiposo sottocutaneo. Lo spessore delle pliche cutanee, sia degli arti sia del tronco, si mantiene piuttosto stabile durante il periodo che va dalla prima alla seconda infanzia, tra i 4 e i 7 anni circa.
Nelle femmine, lo spessore delle pliche aumenta poi in maniera più o meno lineare con il progredire dell'età fino all'adolescenza, e la maggiore quantità di tessuto adiposo si riflette in esse nel maggiore spessore delle pliche cutanee degli arti inferiori più che per quelle del tronco. Nei maschi, invece, lo spessore delle pliche sia degli arti sia del tronco aumenta durante tutta l'infanzia e fino all'inizio dell'adolescenza, ma, con il sopraggiungere dello scatto puberale, diminuisce negli arti, mentre nel tronco continua lentamente a crescere. In tal modo è possibile illustrare le modifiche di distribuzione del grasso sottocutaneo durante la crescita, mediante il rapporto tra lo spessore delle pliche cutanee del tronco e quello delle pliche degli arti (fig. 10). Questo rapporto, che durante l'infanzia si mantiene sostanzialmente simile nei due sessi, in seguito si differenzia. Nelle femmine, nelle quali l'accumulo di grasso sottocutaneo è inizialmente maggiore sul tronco, ma poi procede alla stessa velocità sia sul tronco sia sugli arti, nel corso dell'adolescenza non si hanno modifiche apprezzabili di tale rapporto. Nei maschi, invece, il rapporto aumenta notevolmente dall'inizio alla fine dell'adolescenza, e ciò sembra essere in relazione a due tendenze. In una prima fase, nel passaggio tra infanzia e adolescenza (10-13 anni circa), l'accumulo di grasso è maggiore sul tronco rispetto agli arti, e il fenomeno del preadolescente grasso potrebbe riflettere soprattutto questo prevalente accumulo di adipe sul tronco. Successivamente, mentre il tessuto adiposo sottocutaneo del tronco resta più o meno stabile oppure aumenta leggermente, quello degli arti subisce, invece, una forte riduzione.
3.
Nel corso della crescita si verificano cambiamenti a livello di numerosi parametri fisiologici, quali le dimensioni del cuore, la potenza aerobica, la forza muscolare. Le dimensioni cardiache aumentano in proporzione al peso corporeo, ed è interessante notare che nei maschi il volume cardiaco rapportato al peso corporeo si mantiene piuttosto stabile, intorno al valore di 10 cm³/kg, per tutta l'infanzia e l'adolescenza. Dati corrispondenti per le femmine non sono disponibili, ma poiché esse sono in media più piccole, il loro volume cardiaco dovrebbe essere in proporzione minore di quello dei maschi. Durante la crescita, il cuore diviene gradualmente più adatto a svolgere una maggiore quantità di lavoro, anche in condizioni di riposo. La frequenza cardiaca diminuisce di circa il 50% tra la nascita e l'età adulta, per raggiungere all'incirca i 60-70 battiti al minuto nei giovani adulti. Tale frequenza a riposo è, in media, lievemente superiore nelle femmine sia nell'adolescenza sia all'inizio della vita adulta. A sua volta, anche la gittata cardiaca, cioè la quantità di sangue che esce dal ventricolo sinistro in un minuto, aumenta nei maschi di circa 10 volte, passando dai circa 0,5 l/min nel neonato ai circa 5 l/min nel giovane adulto. Nelle femmine i corrispondenti valori sono più bassi che nei maschi, soprattutto durante l'adolescenza e nei primi anni della vita adulta. Nel periodo della crescita, anche la resistenza vascolare sistemica aumenta, per cui la potenza di gittata del muscolo cardiaco a riposo cresce notevolmente man mano che il bambino passa dall'infanzia all'età adulta. Anche i polmoni subiscono, con l'accrescimento, notevoli modificazioni. Nell'uomo, essi pesano circa 60-70 g alla nascita e aumentano poi quasi 20 volte prima del raggiungimento dell'età adulta.
L'incremento delle dimensioni nel periodo postnatale è, invece, maggiormente proporzionato a quello della statura. La frequenza respiratoria a riposo diminuisce durante la crescita e la modifica principale si verifica nei primi due anni di vita, con il passaggio da circa 40 a 25 respiri/minuto. Tali mutamenti appaiono più in funzione della crescita staturale che dell'età e la diminuzione è poi più lenta per tutta l'infanzia e l'adolescenza, per stabilizzarsi infine intorno al valore di 16-17 respiri/minuto alla fine dell'adolescenza. Non sembrano esservi differenze tra i sessi: il volume residuo, la capacità funzionale residua, il volume di riserva espiratoria, la capacità vitale e la capacità polmonare totale aumentano allo stesso modo nei maschi e nelle femmine, con un andamento che è in relazione all'incremento staturale e che è sostanzialmente lineare, a eccezione di lievi deviazioni. La potenza aerobica assoluta, ovvero il massimo consumo di ossigeno che può essere raggiunto durante l'esercizio fisico, espresso in litri al minuto (.Vo₂max, l/min), cresce nei maschi dall'infanzia fino a tutta l'adolescenza, mentre nelle femmine tende a stabilizzarsi intorno ai 13-14 anni. In ambedue i sessi questo valore presenta uno scatto puberale, che si verifica in prossimità del picco di velocità staturale, ma la velocità di picco è maggiore nei maschi rispetto alle femmine. Durante l'infanzia, la potenza aerobica nelle femmine raggiunge in media l'85-90% dei valori medi dei maschi, ma dopo lo scatto puberale e la maturazione sessuale essa scende in media al 70% circa dei valori medi dei maschi. Tale valore, tuttavia, dipende dalle dimensioni corporee. Espresso in relazione al peso del corpo (ml/kg/min), esso si riduce con l'età tra l'inizio e la fine dell'adolescenza (più o meno dai 10 ai 18 anni), come appare da studi longitudinali effettuati su campioni sia di maschi sia di femmine (benché studi trasversali condotti sui maschi indichino che la potenza aerobica relativa si modifica di poco nel corso di questo periodo). Nelle femmine, la potenza aerobica relativa raggiunge circa il 90-95% dei valori medi dei maschi prima dell'adolescenza, per scendere poi durante il suo corso all'80%. La riduzione della potenza aerobica relativa durante l'adolescenza può essere vista come il risultato dell'effetto congiunto della diversa velocità di crescita della potenza aerobica assoluta e del peso del corpo, dei cambiamenti nella composizione corporea e, forse, dei ridotti livelli di attività fisica. La forza muscolare aumenta in maniera lineare con l'età, dall'inizio dell'infanzia alla fine dell'adolescenza, in ambedue i sessi, anche se nei maschi essa cresce molto di più durante lo scatto puberale (fig. 11). Durante l'adolescenza le differenze di forza tra i due sessi, di ridotta entità per tutta l'infanzia, vengono ad accentuarsi. I risultati di molti studi longitudinali mostrano l'esistenza di un chiaro scatto puberale nei maschi relativamente alla forza, variamente misurata come forza di trazione delle braccia, o come l'insieme dei valori della forza di prensione della mano destra e sinistra, o ancora come forza di trazione e di spinta, o infine in base alla combinazione della forza degli arti superiori e inferiori. Questo scatto si attua dopo circa sei mesi, o più, dal picco della velocità di crescita staturale. I dati relativi alle femmine mostrano una maggiore variabilità: gli studi indicano l'esistenza, anche nelle femmine, di un chiaro scatto puberale relativo alla forza; il picco nella forza di trazione delle braccia, verificatosi dopo il PVS, è risultato di un valore inferiore della metà a quello dei maschi (circa 6 kg/anno nelle femmine contro 12 kg/anno nei maschi).
4.
La maturazione biologica è determinata principalmente da tre fattori: maturazione scheletrica, maturazione sessuale e maturazione somatica. Tali fattori sono tutti correlati tra loro. Lo scheletro costituisce un indicatore ideale di maturità, in quanto esso è di natura prevalentemente cartilaginea nel periodo prenatale, mentre è totalmente ossificato in età adulta. Prendendo, dunque, la cartilagine come punto di partenza e l'osso come punto di arrivo, il processo attraverso cui la cartilagine è sostituita dall'osso è ciò che si chiama maturazione scheletrica. Il grado di maturazione scheletrica è solitamente diagnosticato attraverso l'esame radiografico della mano e del polso, che sono, nonostante una certa variabilità, strutture abbastanza rappresentative dello scheletro nel suo insieme. I metodi che si usano generalmente a tal fine sono tre, due di essi basati sullo studio di bambini americani, il metodo Greulich-Pyle e il metodo Fels, e uno basato sullo studio di bambini inglesi, il metodo Tanner-Whitehouse (Greulich-Pyle 1959; Roche-Chumlea-Thissen 1988; Tanner et al. 1983). Essi si fondano sull'analisi delle radiografie della mano e del polso del bambino in relazione a criteri di riferimento specifici per ciascun metodo, e danno valori di età scheletrica, o età ossea, da rapportare poi a quelli dell'età cronologica del bambino stesso. Così, per es., nel caso in cui a un'età cronologica di 10,5 anni corrisponda un'età scheletrica di 12,2 anni, il soggetto ha un avanzato grado di maturazione ossea per la sua età. Deve essere rilevato, tuttavia, che le stime dell'età scheletrica non sono le stesse da un metodo all'altro, poiché i metodi differiscono sia rispetto ai criteri e ai punteggi che impiegano, sia in relazione ai campioni cui si riferiscono. Il grado di maturazione sessuale è stabilito servendosi di indicatori forniti dai caratteri sessuali secondari, cioè lo sviluppo mammario nelle ragazze, lo sviluppo dei testicoli e del pene nei maschi e lo sviluppo pilifero al pube in ambedue i sessi. A tal fine, i criteri più comunemente impiegati sono quelli elaborati da J.M. Tanner (1962), che si basano, per ciascun carattere, sulla descrizione di cinque stadi di sviluppo. Lo stadio 1 indica la condizione prepuberale, ossia l'assenza di sviluppo; lo stadio 2 corrisponde a uno sviluppo iniziale; gli stadi 3 e 4 si riferiscono a fasi di maturazione di ciascun carattere; lo stadio 5 definisce il raggiungimento della maturità. L'impiego dei caratteri sessuali secondari è, ovviamente, limitato alla fase puberale della crescita e della maturazione. L'indicatore più frequentemente impiegato in rapporto allo sviluppo puberale delle ragazze è l'età del menarca, o prima mestruazione, un evento fisiologico di cui manca il corrispettivo nello sviluppo puberale dei maschi. L'impiego di misurazioni corporee quali indicatori di maturità somatica richiede la disponibilità di dati longitudinali. Se i dati coprono l'intera adolescenza, cioè vanno dai 9 ai 17 anni circa, è possibile usare come indicatori di maturità somatica le età dello scatto puberale nella crescita delle diverse dimensioni. L'indicatore che si utilizza più frequentemente è l'età del PVS, quando, nel periodo dello scatto puberale, si ha, come detto, la massima crescita in altezza. Per ricavare l'età del PVS è necessario disporre di dati longitudinali sullo sviluppo staturale dei singoli individui; le curve di crescita che se ne traggono sono poi analizzate in termini matematici o grafici, in modo da identificare l'età del PVS e la velocità di crescita staturale (picco di velocità) in tale età. Questi procedimenti permettono anche di stimare l'età di inizio (take-off) dello scatto puberale e l'entità della crescita staturale conseguita durante l'adolescenza.
Come è stato detto, esiste una buona correlazione tra i vari tipi di maturazione. I ragazzi che sono in anticipo o in ritardo rispetto alla maturazione sessuale sono anche, rispettivamente, in anticipo o in ritardo rispetto alla maturazione scheletrica e a quella somatica. Questo suggerisce che alla base dei tempi della crescita e dello sviluppo, soprattutto durante l'adolescenza, possa esservi un fattore generale di maturazione; ed è probabile che sia tale fattore a determinare le differenze tra ragazzi che maturano presto e quelli invece che hanno un processo più lento o in tempi medi. D'altro canto, benché le correlazioni tra indicatori siano elevate, vi è comunque un certo grado di variabilità, e ciò fa pensare che nessuno dei diversi indicatori, scheletrici, sessuali o somatici, sia in grado di fornire una descrizione completa dei tempi di crescita e maturazione di un ragazzo dell'uno o dell'altro sesso. Gli indicatori di maturità sono per lo più impiegati per raffrontare l'andamento della crescita e dello sviluppo fisiologico di ragazzi che, pur avendo la stessa età cronologica, hanno diverso grado di maturazione. Per es., esaminando un gruppo di individui di 10 anni, si possono raffrontare quelli che si trovano più avanti nell'età scheletrica con quelli che hanno invece un ritardo di maturazione ossea, oppure, valutando ragazze di 12 anni, si possono porre a confronto quelle che sono più avanti con lo sviluppo mammario con quelle che sono invece in ritardo. I ragazzi che maturano più precocemente hanno in genere, già dall'infanzia e fino al completamento dell'adolescenza, altezza e peso superiori alla media per il loro gruppo di età, più di quanto non avvenga per quelli che maturano invece in ritardo. Verso la fine dell'adolescenza, i ragazzi a maturazione tardiva possono poi raggiungere o superare quelli a maturazione precoce relativamente all'altezza, ma non al peso. I soggetti a maturazione precoce hanno, dunque, un rapporto peso/statura più elevato, e simili differenze legate alla maturazione si hanno anche rispetto alla composizione corporea, particolarmente nella prima parte dell'adolescenza. Tra i maschi di un dato gruppo di età, quelli che si trovano più avanti nella maturazione sessuale hanno massa magra maggiore, pur tenendo conto delle diversità di grandezza corporea tra ragazzi precoci e ragazzi tardivi, e tendono inoltre ad avere in proporzione più grasso sottocutaneo sul tronco che sugli arti. Anche nella composizione corporea delle ragazze adolescenti si notano tendenze del genere: quelle più precoci nel grado di maturazione sessuale hanno più massa magra, ma soprattutto sono più grasse delle ragazze a maturazione tardiva, mentre, diversamente dai maschi, non si hanno differenze nella distribuzione del grasso sottocutaneo. Le diversità nel grado di maturazione influiscono poi sulla potenza aerobica e sulla forza muscolare, soprattutto durante l'adolescenza. In ambedue i sessi, i ragazzi a maturazione precoce tendono ad avere una maggiore potenza degli individui a maturazione tardiva dello stesso gruppo di età. Queste differenze sono in rapporto alle maggiori dimensioni corporee dei ragazzi a maturazione precoce: infatti, se la potenza aerobica viene espressa in relazione al peso corporeo (cioè in ml/kg/min), sono i soggetti a maturazione tardiva ad avere una potenza aerobica maggiore. Gli adolescenti maschi a maturazione precoce sono notevolmente più forti di quelli a maturazione tardiva, e questa maggiore forza, pur mostrando una certa variabilità da un test all'altro, resta tale anche quando venga espressa in relazione al peso corporeo o alla statura. Nelle femmine, tuttavia, le differenze di forza tra quelle precoci e quelle tardive sono piuttosto lievi, e, una volta che si tenga conto delle differenti dimensioni corporee, le ragazze a maturazione tardiva risultano le più forti.
5.
La natura integrata dei processi di crescita e maturazione viene assicurata nel tempo principalmente da interazioni tra geni, ormoni e nutrienti. Tuttavia, la crescita e la maturazione possono essere influenzate, direttamente o indirettamente, anche da fattori relativi alle condizioni ambientali e di vita dell'individuo, quali l'attività fisica, le condizioni socioeconomiche, le dimensioni della famiglia ecc. Dal punto di vista genetico, negli studi sulla crescita e la maturazione vengono misurati i fenotipi multifattoriali, cioè caratteri complessi che si trovano ben lontano rispetto all'azione dei geni o dei gruppi di geni che li influenzano. Non è dunque possibile, in generale, distinguere l'effetto specifico esercitato su un carattere da un gene o da un gruppo di geni, anche perché i caratteri fenotipici sono influenzati anche dalle condizioni ambientali, e la sensibilità alle diverse condizioni ambientali può variare in funzione di fattori genetici non meglio determinati. Naturalmente, tutto ciò rende più difficile la valutazione di specifici effetti genetici sui caratteri presi in esame, ma è comunque possibile fare alcune osservazioni generali sulla genetica della crescita e della maturazione. Anzitutto, risulta che i geni che influenzano la lunghezza e il peso del neonato hanno scarso rilievo ai fini della statura e del peso finali dell'adulto, poiché la velocità di crescita nelle dimensioni corporee è regolata da un altro gruppo indipendente di geni. La lunghezza e la larghezza delle ossa lunghe sono anch'esse influenzate in maniera significativa dai fattori genetici, mentre la circonferenza degli arti (cioè la muscolosità relativa) lo è di meno. I fattori genetici hanno, poi, scarso effetto sulla quantità di grasso sottocutaneo (cioè sulle dimensioni delle pliche cutanee) e un'incidenza maggiore sulla distribuzione relativa delle masse adipose. Infine hanno un'influenza moderata, ma significativa, sulla potenza aerobica e sulla forza muscolare. Il genotipo individuale svolge un ruolo fondamentale nella determinazione dei tempi e della sequenza della maturazione scheletrica, di quella sessuale e di quella somatica, ma l'influenza che i fattori genetici esercitano sui picchi di velocità di crescita durante l'adolescenza è inferiore a quella che esercitano sulle età corrispondenti a tali picchi. Anche la crescita, la maturazione delle ghiandole endocrine e la stessa produzione di ormoni sono notevolmente condizionate dai fattori genetici, e, come agenti dei processi di regolazione dell'organismo, gli ormoni svolgono una funzione importante nei processi di crescita e maturazione. La produzione ormonale delle diverse ghiandole endocrine risente delle rispettive interazioni di ciascuna ghiandola con l'ipotalamo e con l'ipofisi anteriore e degli effetti regolatori dei meccanismi di retroazione (feedback). Poiché la regolazione dei processi di secrezione endocrina vede direttamente impegnato il sistema nervoso, è più appropriato parlare di regolazione neuroendocrina della crescita e della maturazione. I progressi compiuti nel campo della fisiologia endocrina hanno, inoltre, dimostrato l'esistenza di recettori specifici per ciascun ormone. Ciò vuol dire che, affinché un ormone possa avere il suo effetto fisiologico, è necessario che nella membrana cellulare, nel citoplasma o nel nucleo delle cellule bersaglio siano presenti dei recettori specifici per l'ormone in questione.
La regolazione dei tempi dello scatto puberale e della maturazione sessuale comporta modifiche a livello dell'ipotalamo, dell'ipofisi anteriore e delle gonadi. L'ormone GnRH (Gonadotropin releasing hormone), secreto dall'ipotalamo, stimola l'ipofisi anteriore alla secrezione di gonadotropine (ormone follicolostimolante e ormone luteinizzante). Queste, a loro volta, attivano la maturazione delle gonadi, i cui ormoni (cioè gli steroidi sessuali, principalmente testosterone nei maschi ed estradiolo nelle femmine) dirigono lo scatto puberale e la maturazione sessuale. Contemporaneamente, e a seguito dell'aumentata produzione di steroidi sessuali, si verifica una maggiore produzione di ormone della crescita e di somatomedina C. I cambiamenti che si verificano nell'ipotalamo sono attivati a opera del sistema nervoso centrale; il processo è graduale e inizia a metà dell'infanzia, prima che appaia alcun chiaro segno di maturazione sessuale. Relativamente ai processi di crescita, mantenimento e riparazione dei tessuti, hanno un importante ruolo anche i fattori nutrizionali, soprattutto per quanto riguarda il fabbisogno in termini di energia e di nutrienti, principalmente proteine. I bisogni energetici per i processi di crescita sono più elevati durante l'infanzia, per poi ridursi gradualmente con l'età. La crescita (in termini di aumento ponderale) tra la nascita e i 4 mesi ha un costo energetico che può essere stimato in circa il 33% dell'apporto energetico totale. Questa percentuale diminuisce poi progressivamente, scendendo al 7% dell'apporto energetico totale tra i 4 e i 12 mesi, e a circa l'1% tra i 24 e i 36 mesi. Durante l'adolescenza, il costo energetico della crescita può essere stimato pari all'1-2% circa del fabbisogno energetico giornaliero. Solo una piccola percentuale dell'apporto energetico quotidiano è dunque necessaria per sostenere l'aumento ponderale durante l'infanzia e l'adolescenza, mentre la maggior parte dell'energia assunta è impiegata per far fronte alle altre componenti della spesa energetica complessiva, principalmente il metabolismo basale e quello di riposo (comprensivi dei processi di mantenimento e riparazione dei tessuti), oltre all'attività fisica. Le proteine forniscono aminoacidi, necessari alla sintesi delle nuove proteine proprie dell'organismo, processo, questo, che presenta le maggiori esigenze. Il fabbisogno di proteine va visto in termini di incrementi del contenuto proteico corporeo in rapporto al fabbisogno complessivo, e questi sono massimi durante i primi mesi di vita postnatale (circa il 60% del fabbisogno totale), per poi ridursi al 40% intorno ai 4 mesi di età, al 25% a 1 anno, e al 12% a 2 anni e mezzo. La crescita durante la prima infanzia deve quindi essere sostenuta da un elevato apporto proteico. Nei bambini più grandi e negli adolescenti, la maggior parte del fabbisogno proteico è invece in relazione al riciclaggio di proteine che l'organismo deve regolarmente compiere ai fini dei processi di mantenimento dei tessuti, e solo una piccola parte è impiegata per i processi di crescita. L'organismo non può accumulare proteine per lunghi periodi; quelle che non sono immediatamente utilizzate per la sintesi delle nuove proteine dell'organismo o di tessuti vengono sfruttate come fonte di energia.
L'importanza di una nutrizione adeguata, ai fini della crescita e della maturazione, appare evidente quando si osservino le condizioni di bambini che soffrono di carenze alimentari: sono bambini piccoli rispetto alla loro età, di peso inferiore alla media, con una minore quantità di tessuto adiposo, muscolare e osseo, con poca forza muscolare e scarse capacità di svolgere lavoro fisico, e possono più facilmente contrarre malattie infettive. Un altro elemento generalmente ritenuto capace di svolgere una positiva influenza sui processi di crescita e maturazione è un'attività fisica regolare. Anche se le ipotesi sul ruolo di tale fattore si basano sostanzialmente su osservazioni a breve termine, è comunque possibile dare alcune indicazioni generali. L'attività fisica, infatti, così come praticata regolarmente negli allenamenti sportivi durante l'infanzia e l'adolescenza, non sembra esercitare alcun particolare effetto sullo sviluppo staturale o sui diversi indici di maturazione, dall'età ossea a quella del picco di velocità di crescita staturale, o all'età del menarca; riguardo, poi, alla sua influenza sulla maturazione sessuale, i dati longitudinali disponibili sono estremamente scarsi. Il tema dei rapporti tra attività fisica e maturazione sessuale è essenzialmente basato sull'osservazione secondo cui le giovani atlete avrebbero la loro prima mestruazione più tardi rispetto alle altre ragazze della popolazione generale, e sulla conseguente ipotesi secondo cui l'allenamento sportivo ritarderebbe il menarca. I dati, tuttavia, che indicano soltanto l'esistenza di un'associazione tra i due fenomeni, sono di natura retrospettiva, basati su piccoli campioni, e non tengono conto degli altri fattori che possono influire sul menarca. Inoltre trascurano il fatto che le giovani atlete con alte prestazioni rappresentano evidentemente un gruppo molto selezionato rispetto alla popolazione generale, dalla quale differiscono per molte delle variabili relative alla crescita, alla maturazione e alla prestazione. L'attività fisica è, comunque, ritenuta un fattore importante nella regolazione del peso e della composizione corporea.
La variabilità che si osserva nella composizione del corpo in relazione alla presenza o assenza di attività fisica riguarda principalmente la massa grassa, in ambedue i sessi, che varia in maniera inversa rispetto all'intensità dell'allenamento. Nonostante ciò, si osservano talvolta, particolarmente nei maschi, aumenti della massa grassa con l'allenamento; tuttavia è difficile stabilire una relazione tra i due fenomeni, anche perché gli incrementi di massa grassa fanno, comunque, parte del processo di crescita e maturazione, particolarmente all'inizio dell'adolescenza. Benché i dati disponibili su bambini e ragazzi non siano molti, da alcune indicazioni sembra comunque che l'attività fisica regolare si associ ad aumenti di mineralizzazione, densità e massa ossea. D'altra parte, riduzioni di questi parametri ossei si possono talora avere in ragazze già mestruate, a seguito delle alterazioni del ciclo mestruale associate all'allenamento e forse di una dieta poco equilibrata. Una regolare attività fisica può, dunque, avere un effetto benefico sull'integrità del tessuto scheletrico, ma fino a un certo punto; se l'attività è eccessiva e comporta modifiche ormonali in relazione al ciclo mestruale, essa può avere, al contrario, conseguenze negative. Gli effetti dell'attività fisica sul tessuto muscolare variano a seconda dello specifico programma di allenamento. I programmi finalizzati allo sviluppo della forza si associano a ipertrofia muscolare, mentre quelli mirati allo sviluppo della resistenza sono accompagnati da una maggiore efficienza dei processi del metabolismo ossidativo. Tuttavia, non vi sono molti dati su bambini e adolescenti, e va aggiunto che, in genere, le variazioni del tessuto muscolare prodotte da un allenamento di breve durata non sono permanenti, potendo essere mantenute solo mediante un'attività costante. Un allenamento regolare comporta un aumento della forza muscolare, della resistenza e della potenza aerobica. Le variazioni dipendono dai livelli iniziali della prestazione e dall'intensità e dalla durata dei programmi di allenamento. La mancanza di dati longitudinali su un certo numero di anni rende, tuttavia, difficile distinguere le variazioni legate all'allenamento da quelle che fanno invece parte del normale processo di crescita e maturazione, particolarmente durante l'adolescenza, dato che sia la forza sia la potenza aerobica mostrano un evidente scatto puberale.
Benché i criteri con cui si definisce lo stato socioeconomico differiscano da un paese all'altro, si può comunque dire che anche questo è un fattore che tende a influenzare i processi di accrescimento. I bambini appartenenti alle fasce socioeconomiche superiori tendono ad avere, in media, statura, peso e massa grassa maggiori rispetto a quelli delle fasce inferiori. Tuttavia, in molti paesi sviluppati, le ragazze adolescenti delle fasce inferiori tendono a essere più grasse di quelle delle fasce superiori, e ciò probabilmente riflette l'importanza che queste ultime attribuiscono alla linea snella. Rispetto agli indicatori di maturazione somatica e sessuale, al contrario, l'influenza dello stato socioeconomico è alquanto minore rispetto a quanto si riscontra per la statura e il peso. Queste differenze di crescita e maturazione tra individui di fasce socioeconomiche diverse sono accentuate da fattori quali le condizioni generali, sanitarie e nutrizionali in cui si trovano le categorie più deboli, e la mancanza di adeguati servizi sanitari e sociali nei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Esse sono inoltre legate alle condizioni generali di vita, tra cui vanno compresi il grado di istruzione e l'attività lavorativa dei genitori, il potere di acquisto di beni alimentari, l'accesso a servizi e programmi sanitari ecc. Nella valutazione dell'influenza dello stato socioeconomico sui processi di crescita e maturazione, un fattore sviante è costituito dal numero di figli per famiglia. I ragazzi che provengono dalle famiglie più numerose (cinque figli e oltre) tendono a essere più bassi di quelli che provengono da famiglie con meno figli, e questo vale in misura maggiore nelle famiglie appartenenti alle fasce socioeconomiche più basse. Un effetto analogo si riscontra anche per l'età del menarca, che è più tardiva nelle ragazze provenienti dalle famiglie più numerose rispetto a quelle provenienti da famiglie con un minor numero di figli. Con quali meccanismi specifici le dimensioni della famiglia possano influenzare i processi di crescita e maturazione di un bambino non è noto, è presumibile tuttavia che questa influenza sia principalmente legata a differenze tanto nelle cure quanto nell'alimentazione che il bambino riceve.
Un altro fattore in grado di avere effetti sui processi di crescita e maturazione è costituito dal luogo di residenza, se in area urbana o rurale, industriale o non industriale. In alcuni paesi, i bambini delle aree rurali crescono meno bene di quelli delle aree urbane, e ciò è probabilmente dovuto alla disparità di risorse disponibili. Il rapido sviluppo dei centri urbani industrializzati può, però, comportare nuove costrizioni nei riguardi della crescita dei bambini, derivanti, per es., dal sovraffollamento, dal rumore, dall'inquinamento atmosferico e da piombo, e dall'esposizione ad altre sostanze tossiche. Le differenze che, nei processi di crescita e maturazione, si hanno a livello di geni, di condizioni ambientali e naturalmente di interazioni tra geni e ambiente danno luogo a una variabilità relativamente all'altezza, alle proporzioni corporee, alla distribuzione del grasso sottocutaneo e alla maturazione tra le diverse popolazioni umane. Quando si vogliono raffrontare popolazioni diverse, è necessario limitare l'analisi a bambini di condizione piuttosto agiata, in modo da evitare l'effetto sviante di disuguaglianze economiche o nutrizionali o di altri fattori analoghi. Le principali diversità esistenti tra popolazioni possono essere illustrate con alcuni esempi. I ragazzi americani di origine africana e quelli di origine europea non differiscono tra loro in termini di statura, ma si distinguono nelle proporzioni corporee: a parità di statura, gli afroamericani hanno gli arti inferiori più lunghi. D'altra parte, i ragazzi di origine giapponese sono più bassi degli americani bianchi di età corrispondente, e la differenza di statura è dovuta esclusivamente alla diversa lunghezza degli arti inferiori, poiché l'altezza da seduto è la stessa nei due gruppi. L'età del menarca è più precoce nelle popolazioni dell'area mediterranea rispetto a quelle dell'Europa nordoccidentale, così come lo è nelle ragazze americane nere rispetto alle bianche. Anche il clima, con le differenti condizioni di temperatura, o l'altitudine, possono influenzare i processi di crescita e maturazione, per quanto sia piuttosto difficile isolare l'effetto specifico di questi fattori da quelli derivanti da altre variabili ambientali. Non vi sono, infatti, dati disponibili sull'effetto delle variazioni di temperatura sulla crescita staturale e sulle proporzioni corporee, e la situazione è complicata dal fatto che, in molte regioni del mondo, a un clima tropicale o subtropicale si accompagnano anche condizioni di vita caratterizzate da povertà, carenze alimentari, malattie infettive e parassitarie.
Per quanto riguarda l'effetto dell'altitudine, i bambini che vivono nelle regioni elevate del Perù, della Bolivia e del Nepal sono più bassi e maturano più tardi rispetto ai loro coetanei delle regioni più a valle, e ciò è probabilmente dovuto all'effetto congiunto della minore concentrazione di ossigeno atmosferico e di situazioni di carenza nutrizionale. La statura media dell'uomo è risultata anche variare nel corso dei secoli: a partire dalla metà del 19° secolo in Europa, e più recentemente in Giappone e in regioni del mondo abitate da popolazioni di ascendenza europea (USA, Canada, Australia), si sono verificati progressivi aumenti della statura media nell'infanzia e nell'adolescenza e continue anticipazioni nell'età del menarca, complessivamente denominate trend secolari. In termini più specifici, questi fenomeni rappresentano indicatori di trend secolari positivi e riflettono, in larga misura, i progressivi miglioramenti sanitari e nutrizionali verificatisi nel tempo nelle società moderne. Il trend secolare relativo all'aumento staturale e all'anticipo della maturazione si è ormai arrestato in molti paesi, e ciò sembra indicare che alcune popolazioni potrebbero aver raggiunto il loro massimo potenziale genetico relativo all'altezza e ai tempi della maturazione sessuale. D'altra parte, in alcuni paesi in via di sviluppo, per es. in Africa, in India o in Sudamerica, bambini e adulti sono più bassi e la maturazione è più tardiva, rispetto a una o due generazioni fa, e ciò sta a indicare la presenza di un trend secolare negativo. Queste variazioni possono essere dovute a gravi problemi, come carenze alimentari legate alla guerra, aumento dei prezzi, disastri e carestie ecc. Dati recenti relativi ad alcuni paesi dell'Europa orientale sembrano mostrare un'analoga inversione nell'età del menarca, fatto, questo, che potrebbe essere in rapporto alla caduta economica verificatasi in questi paesi negli anni Novanta del 20° secolo. In alcune regioni meno sviluppate o in via di sviluppo non si sono invece verificate variazioni nel tempo. In molte popolazioni dell'Africa, dell'Asia o dell'America Latina non si ha alcuna indicazione di un aumento secolare della statura nei bambini o negli adulti, né di un'anticipazione nell'età del menarca. I dati sembrano indicare che queste popolazioni vivono in condizioni ambientali che non sono migliorate in maniera tale da dar luogo a un trend secolare, o che sono, comunque, inadeguate a sostenere un trend secolare positivo, pur non essendosi deteriorate al punto da indurre un trend negativo.
di Ivan Nicoletti
I.
Dagli inizi del Regno d'Italia alla fine del 20° secolo la statura degli italiani è notevolmente aumentata, analogamente a quanto è avvenuto nella seconda metà del secolo in tutti i paesi industrializzati. I dati conosciuti si riferiscono alle misurazioni dei coscritti alla visita di leva, quindi solamente al sesso maschile. La statura media è passata da cm 163,3 dei nati nell'anno 1876 a cm 173,9 dei nati nel 1972 con un aumento corrispondente a circa 1 cm ogni 10 anni, analogo a quello che si è osservato negli altri paesi dell'Occidente. La statura degli italiani varia fra le regioni, in particolare fra quelle del Sud-Isole e quelle del Centro-Nord, mentre ci sono maggiori corrispondenze fra le regioni appartenenti al medesimo ambito territoriale. I fattori genetici e quelli ambientali, che concorrono a determinare la statura, hanno influenzato direttamente le diverse popolazioni regionali nel tempo. In tutte le regioni si osserva un aumento della statura con il passare degli anni, indicativo di un progressivo miglioramento delle condizioni socioeconomiche in tutto il territorio nazionale. Questo trend secolare è più accentuato nelle aree del Mezzogiorno: ciò vuol dire che esiste una tendenza della statura delle popolazioni del Sud-Isole ad avvicinarsi a quella delle popolazioni del Centro-Nord. Si sta andando verso un equilibrio, per il duplice effetto dei fattori genetici (dato il rimescolamento prodotto dall'elevata mobilità interna) e di quelli socioeconomici. Da una differenza fra le stature medie pari a cm 4,6 nei nati nel 1931 si è giunti a una di cm 2,6 nei nati nel 1972. Negli ultimi anni il trend è rallentato in misura maggiore nel Centro-Nord, dove probabilmente si è annullato. Per quanto riguarda il sesso femminile, i dati sono molto più scarsi, ma non sembra che il trend secolare si presenti in maniera diversa rispetto ai maschi: la differenza media fra i due sessi, all'inizio dell'età adulta, si è mantenuta nel tempo, con ogni probabilità, intorno a cm 13. A fine 20° secolo in Italia la statura adulta viene raggiunta dalla maggioranza dei maschi all'età di 16-16,5 anni e dalle ragazze intorno ai 15 anni, molto prima di quanto avveniva una volta. Tuttavia, una minoranza di soggetti raggiunge lo stadio adulto prima di queste età o dopo, e la crescita si può protrarre anche fino ai 20 anni od oltre. L'età media in cui la crescita ha termine è presumibilmente analoga nelle varie regioni italiane, considerando che non si notano differenze evidenti nella maturazione (nell'età del menarca come nella maturazione scheletrica).
Analogamente, la statura alla nascita non differisce fra una regione e un'altra, né, d'altra parte, tra gruppi etnici diversi. Ciò perché essa è influenzata, più che dalla variabilità genetica, dall'ambiente uterino, che tende a essere costante, tranne che in condizioni generali particolarmente disagiate. Negli anni successivi alla nascita la statura va invece differenziandosi in relazione al patrimonio genetico e all'ambiente in cui il soggetto si sviluppa, e la statura adulta risulta infine notevolmente correlata con quella dei genitori. L. Terrenato e L. Ulizzi (1986) hanno rilevato che in Italia, dopo un lungo periodo di incrementi annui più o meno costanti, si è verificato un progressivo netto aumento di tali incrementi riguardante i nati tra il 1945 e il 1955, e quindi una loro progressiva diminuzione, più marcata al Nord che al Sud. Lo studio indica per i nati nel 1960 un'accelerazione prossima allo zero in Toscana e in Liguria e un aumento di statura superiore allo 0,1% annuo nel Meridione. Esaminando la distribuzione, gli stessi autori hanno notato che, rispetto al passato, tutte le regioni presentano oggi una minore variabilità nella statura adulta, con una distribuzione che va approssimandosi a quella normale, e una statura media che si avvicina progressivamente a quella nazionale. Ciò può essere interpretato come conseguenza del miglioramento delle condizioni socioeconomiche, sanitarie e nutrizionali e di una maggiore omogeneizzazione fra le regioni, che avrebbero ridotto la variabilità delle influenze ambientali. La distribuzione delle stature è, quindi, più uniforme e vicina alla normale, mentre il trend secolare tende ad annullarsi, poiché si raggiunge la soglia in cui le potenzialità genetiche possono esprimersi completamente. Non è facile prevedere se in futuro le popolazioni delle diverse regioni italiane avranno una medesima statura media. Se è vero che gruppi geneticamente diversi, vissuti a lungo in un medesimo ambiente, come alcune popolazioni americane di origine europea e africana, presentano oggi una stessa statura media, ma non analoghe proporzioni corporee, in altre popolazioni, invece, si hanno ancora notevoli differenze, come nel caso degli americani di origine asiatica, che hanno una statura media inferiore a quella degli americani di origine europea e africana.
Quello che si è detto sulle differenze regionali rende evidente che per la statura in Italia servono due standard di riferimento: uno per il Centro-Nord e un altro per il Sud-Isole. Gli standard costruiti utilizzando, per i bambini da 0 a 3 anni, dati rilevati su un campione comprendente soggetti di varie regioni italiane (Milani-Cortinovis-Bossi 1988; Milani et al. 1990) e, per le età da 3 a 18 anni, ricerche sulla popolazione toscana e confronti fra i dati forniti da queste indagini e quelli rilevati in varie altre regioni (Nicoletti-Milani-Bossi 1996) mostrano che i valori staturali della popolazione toscana sono piuttosto simili a quelli dei soggetti delle altre regioni dell'Italia centrale e settentrionale, ma superiori a quelli riscontrati nelle regioni meridionali e insulari. Nei primi anni di vita le differenze fra una regione e l'altra appaiono irrilevanti; al di sopra dei 3 anni, invece, le differenze sono tali che il 50° percentile delle popolazioni meridionali e insulari si approssima mediamente al 25° percentile di quelle centrosettentrionali. Un confronto con alcuni standard di altri paesi europei (francesi, inglesi, olandesi, svedesi, ungheresi, spagnoli) indica che la statura dei toscani è inferiore solo a quella di olandesi e svedesi. Nei paesi africani che si affacciano sul Mediterraneo è invece tuttora molto elevata la differenza di statura fra gli appartenenti a classi sociali diverse. In Algeria, la statura media degli studenti (classi abbienti) è di cm 172,5 per i maschi e cm 160,8 per le femmine, valori prossimi a quelli delle nostre popolazioni del Sud-Isole. Valori analoghi si riscontrano in Turchia nelle classi sociali elevate, mentre le classi povere risultano più basse di circa 4 cm. Un po' meno alte sono le popolazioni di altri paesi nordafricani, quali gli egiziani (i maschi sono intorno a cm 169-167, le femmine cm 157-155, rispettivamente per le classi elevate e quelle contadine).
2.
Il peso si valuta in relazione alla statura, anche attraverso appositi indici, che prendono in considerazione anche l'età. Il più usato è l'indice di massa corporea, che è un rapporto tra peso e statura al quadrato (IMC = kg/m²). L'analisi dei dati relativi alla popolazione italiana non mostra differenze significative tra regioni, mentre appaiono esserci differenze tra classi sociali. In Campania, per es., i soggetti con peso basso o in eccesso per età e statura sono meno numerosi tra i bambini delle classi privilegiate che in quelli delle altre classi sociali. Oltre alla relazione fra statura e peso, le proporzioni corporee più studiate riguardano il rapporto fra il segmento superiore del corpo (statura da seduto) e la statura globale.
3.
La maturazione scheletrica nella popolazione italiana è lievemente accelerata rispetto a quella britannica, che è stata utilizzata per la costruzione di uno dei più noti metodi di valutazione della maturazione scheletrica, il Tanner-Whitehouse (TW2). L'anticipo, a partire dall'età di 6 anni, è da considerarsi intorno ai 6 mesi in termini di età ossea. Per quanto riguarda invece la maturazione sessuale, l'età media del menarca varia relativamente poco da una regione italiana a un'altra. In un campione di soggetti toscani degli anni Settanta-Ottanta essa è stata valutata in 12,05 anni (± 1,1), con un minimo di 9,5 e un massimo di 16,2. Non molto diversi appaiono i valori relativi al Piemonte (12,58 ±1,19), e alle Puglie (12,66 ± 1,27). Se si considera quanto siano complesse le condizioni che influenzano l'età del menarca, non si possono trarre deduzioni attendibili, da un confronto peraltro fra ricerche diverse su campioni non perfettamente confrontabili, per composizione sociale ecc. Ci si può quindi limitare ad affermare che in Italia oggi l'età media del menarca è fra i 12 anni e i 12 anni e mezzo. Questa media è inferiore a quella dei paesi dell'Europa centrale e settentrionale e di alcuni paesi dell'Est europeo come Ungheria e Russia (generalmente un po' superiore a 13 anni), analoga a quella della Grecia (circa 12 anni e mezzo), e anche a quella di Spagna, Stati Uniti d'America, Argentina, Brasile e Venezuela, mentre i paesi nordafricani hanno una media decisamente più elevata.
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