CRIPTA
Il termine c. deriva dal gr. ϰϱύπτη e, più direttamente, dal lat. crypta, impiegato nell'Antichità a indicare un ambiente naturale o artificiale, sotterraneo o semisotterraneo o comunque appartato, che poteva essere sia confinato (caverne naturali, cantine, piccoli magazzini) sia a sviluppo lineare anche per notevole lunghezza (cunicoli naturali o gallerie voltate, oppure portici chiusi o seminterrati, detti perciò anche cryptoporticus).Nell'architettura religiosa si definisce c. una struttura architettonica accessibile, in forma di cappella, galleria, o ambiente più articolato, che si trova nel sottosuolo delle chiese generalmente in corrispondenza del presbiterio e/o del transetto ed è destinata sia alla protezione sia al culto di sepolture venerabili, di reliquie e di sacre memorie e quindi dotata di accessi anche multipli.
L'uso più specifico del termine c. in età classica è in riferimento a gallerie di deambulazione e/o di ricreazione, annesse ai teatri, ai circhi e, in ambito privato, alle ville più lussuose; nella Tarda Antichità e nella prima età medievale prevalsero, invece, i significati di caverna e, soprattutto, di galleria di tipo catacombale (scavata nella roccia) e si accentuò gradualmente la specificità in ambito cristiano: nel senso di caverna, infatti, il termine è usato assai spesso nelle narrazioni agiografiche o comunque religiose e, come galleria o parte di gallerie e di cunicoli, ricorre quasi esclusivamente in riferimento alle sepolture cimiteriali cristiane e soprattutto a quelle dei martiri.Soltanto più tardi il termine latino assunse una precisa valenza architettonica. Sembra infatti che l'uso più antico in tal senso si possa far risalire al tardo sec. 6° e in particolare a Gregorio di Tours, che più volte impiegò il termine c. per indicare ipogei sepolcrali o sacelli sotterranei costruiti ex novo per custodire sante reliquie (Du Cange, 1937; Vieillard-Troïekouroff, 1976). Tuttavia, il significato di galleria o zona catacombale restò prevalente negli scrittori di area romana almeno fino a tutto il sec. 9° (solo in tal senso compare per es. nel Lib. Pont.). Una insolita allusione a una struttura architettonica, presente già nel sec. 7° nella Notitia ecclesiarum, in riferimento alla c. semianulare di S. Pietro ("pervenies per cryptam ad caput beati Petri principis apostolorum, et exinde pervenies ad altare maius eiusque confessionem"; Valentini, Zucchetti, 1942, p. 97), potrebbe facilmente essere attribuita a uno scrittore transalpino; proprio in tutta quell'area, infatti, il termine è di uso frequente nell'accezione ereditata da Gregorio di Tours, forse in dipendenza diretta dai suoi scritti: compare non solo nella letteratura storico-religiosa (Du Cange, 1937; De Bernardi Ferrero, 1976), ma anche in un fondamentale documento grafico, il piano di San Gallo (San Gallo, Stiftsbibl., 1092; Jacobsen, 1992), in collegamento a strutture ben precise. Nell'età ottoniana l'uso più generalizzato è ormai nel significato di vasta struttura architettonica inserita sotto il presbiterio o altre aree preminenti, come il transetto o il Westwerk, oppure posta all'esterno dell'abside.La c., almeno da un punto di vista concettuale, nacque già nell'età costantiniana, con le prime basiliche della cristianità. Luoghi sotterranei messi in evidenza in corrispondenza o in prossimità dell'area presbiteriale sono infatti nelle basiliche romane di S. Pietro e di S. Paolo (tombe apostoliche) e in quelle palestinesi della Natività di Betlemme e del Santo Sepolcro di Gerusalemme (sacre grotte) e sono a loro volta anticipate dai nuclei devozionali delle sotterranee tombe dei martiri romani, alle quali pure Costantino (o comunque la sua dinastia) volle accostare, piuttosto che sovrapporre, grandi basiliche funerarie 'circiformi', come quelle di S. Lorenzo f.l.m., S. Agnese, Ss. Marcellino e Pietro e S. Sebastiano. In tutti questi casi si trattò comunque di adattamenti o inglobamenti di strutture preesistenti per lo più scavate nella roccia o addirittura del tutto naturali e non sono quindi prospettabili soluzioni architettoniche specifiche e codificabili da un punto di vista tipologico.Lo stesso si può dire per altre grandi basiliche costruite su sacre memorie o su tombe in epoche immediatamente successive, cioè nei secc. 4° e 5°, come in Egitto la basilica di S. Menna ad Abū Minā (tomba di s. Menna), a Gerusalemme quella della tomba di Maria a Getsemani (vani scavati nella roccia) e quella di Eleona sul monte degli Ulivi (sacra grotta), a Efeso quella di S. Giovanni (tomba) e quella dei Sette Dormienti (galleria con loculi), a Meryamlık quella di S. Tecla (sacra grotta). Strutture architettoniche specifiche ma in realtà assai semplici e di dimensioni ridottissime compaiono nel pieno sec. 5° a Costantinopoli, nelle basiliche di S. Giovanni di Studios, della Theotokos Chalkoprateia, di S. Giovanni all'Hebdomon e in un'altra basilica per la quale si è proposto (Müller-Wiener, 1986) il nome di S. Agatonico, e in Grecia, per es. nel S. Demetrio di Salonicco e nella basilica A di Filippi (De Bernardi Ferrero, 1976; Restle, 1991). Si tratta di piccoli ambienti cruciformi o, talvolta, rettangolari (Filippi), coperti da volte a botte che si congiungono in crociera e dotati di una stretta scalinata che li rendeva accessibili solo dall'area presbiteriale più arretrata e quindi da una zona non praticabile per i fedeli. L'evidente funzione di ripostiglio non aperto al culto generalizzato, e quindi non soggetto a visite frequenti e numerose di devoti, e la diffusione piuttosto limitata, sia dal punto di vista cronologico sia da quello geografico, permettono comunque di considerare marginali questi spazi rispetto alla definizione di cripta. Sempre in muratura ma con strutture più facilmente agibili e di dimensioni decisamente maggiori sono invece le c. rinvenute sotto l'area presbiteriale di quattro basiliche di Djemila, che hanno pianta analoga a quella delle strutture soprastanti (cioè absidata) ma con braccio rettilineo trasversale di accesso e talvolta con pilastri di sostegno di una volta probabilmente piana (Gui, Duval, Caillet, 1993). La datazione incerta non permette di attribuire a tali strutture la funzione di prototipi, ma se fosse vera l'ipotesi, per ora più attendibile, che le colloca più vicino all'inizio del sec. 5° che all'inizio del 6°, esse sarebbero da considerare, insieme alla c. a camera absidata della basilica Maiorum di Cartagine e a pochi altri esempi africani (Restle, 1991), importanti riferimenti per la formazione delle c.; tuttavia la relativa rarità di tali strutture in Africa e la scarsa osmosi con i paesi più a N non incoraggiano molto a cercare in quest'area le radici delle più tarde c. occidentali.Un precedente più convincente per le c. altomedievali dell'Occidente si potrebbe semmai individuare a Costantinopoli nella chiesa di S. Polieucto, costruita da Anicia Giuliana tra il 524 e il 527, ove sussiste ancora, nel superstite livello di fondazione, in corrispondenza della zona presbiteriale, una camera rettangolare, articolata con pilastri e coperta con volte, che si innestava su un grande braccio trasversale di accesso, anch'esso voltato e decorato da due grandi nicchie (Harrison, 1986). Un braccio assiale, ritmato da nicchie, correva sotto tutta la navata centrale, dividendosi in due rami ellittici solo in corrispondenza del presumibile nucleo di fondazione dell'ambone, e sboccava poi nel portico anteriore, fornendo quindi un accesso diretto dall'esterno alla camera principale, che probabilmente conteneva le reliquie di s. Polieucto. Questa grande e complessa c., se sicuramente attribuibile alla fase originaria del S. Polieucto, si potrebbe considerare il primo esempio coerente con la definizione proposta in generale. Essa, che peraltro non ebbe seguito né a Costantinopoli né nell'area orientale, potrebbe aver avuto notevole influenza sulle c. che si riscontrano più tardi in area occidentale poiché contiene, già da sola, molte delle soluzioni che in seguito si trovano applicate in esse. D'altronde, se si tiene presente che la chiesa di S. Polieucto restò probabilmente agibile fino al sec. 13° e che Costantinopoli fu continuamente visitata da religiosi, diplomatici e uomini di cultura dell'Occidente, non si può escludere che essa possa aver fornito qualche spunto formale o, meglio, funzionale per le esperienze sviluppatesi poi più intensamente in Occidente.È a Roma, comunque, che già allo scorcio dello stesso sec. 6° si incontra un tipo di c. che, in parte per cronologia e in parte per la venerabilità del monumento in cui fu costruita, si può con buoni motivi indicare come modello e prototipo di una serie relativamente numerosa: è la c. semianulare fatta costruire con ogni probabilità da papa Gregorio Magno (590-604) nella basilica vaticana di S. Pietro in corrispondenza della tomba apostolica. Essa si componeva di un corridoio semicircolare coperto (ricavato a contatto della fondazione dell'abside) sul quale si innestava, al centro, un altro corridoio rettilineo che procedeva lungo l'asse della chiesa fino a raggiungere il monumento apostolico ancora esistente sotto l'altare maggiore. Le due sezioni del corridoio semianulare portavano a due accessi, corrispondenti agli attacchi dell'abside, che potevano essere usati l'uno per l'entrata e l'altro per l'uscita e potevano quindi assorbire un notevole flusso di devoti visitatori senza impegnare l'area presbiteriale assai più elevata, che era accessibile anteriormente e restava quindi indipendente dalle visite alle reliquie. La creazione di Gregorio Magno sembra del tutto originale, ma non si può escludere che il papa, che si recò più volte a Costantinopoli come legato del suo predecessore, abbia preso qualche spunto dalla citata c. di S. Polieucto, del tutto diversa dal punto di vista icnografico da quella di S. Pietro, ma che aveva in comune con essa la funzione di allontanare dall'area di svolgimento della sinassi eucaristica i pellegrini che sempre più numerosi volevano accostarsi alla veneratissima tomba, posta inevitabilmente in corrispondenza dell'altare principale. La c. semianulare di S. Pietro dovette rispondere molto bene alla sua funzione anche in seguito, quando i pellegrinaggi, perduta la meta fino allora più desiderata, cioè la Terra Santa, che nel 637 fu occupata dagli Arabi di Maometto, si rivolsero sempre più intensamente alla città dei martiri e degli apostoli.La semplice soluzione gregoriana fu subito imitata: sorsero così a Roma nel sec. 7° la c. di S. Pancrazio e nell'8° quella di S. Crisogono, che anticipa la serie foltissima delle c. semianulari del sec. 9° certamente collegate con le radicali traslazioni dei corpi santi dalle catacombe alle chiese urbane. In particolare sono ancora conservate o ben documentabili le c. semianulari di Pasquale I (817-824) a S. Cecilia e S. Prassede, quella di Gregorio IV (827-844) a S. Marco, quella di Sergio II (844-847) a S. Martino ai Monti e quelle di Leone IV (847-855) a S. Stefano degli Abissini e ai Ss. Quattro Coronati (Krautheimer, 1937-1980). Il modello fu peraltro precocemente esportato in area transalpina: basti ricordare in proposito la c. dell'abbazia di Saint-Denis presso Parigi (775), quelle di Saint-Maurice d'Agaune e del St. Luzius di Coira (fine sec. 8°), quelle delle chiese abbaziali di St. Emmeram a Ratisbona (dopo il 791), di Seligenstadt (828-830) e, più tardi, in Inghilterra quelle di Canterbury, Cirencester, Wing e Brixworth dei secc. 9° e 10° (Taylor, Taylor, 1965-1978; Vorromanische Kirchenbauten, 1966; Heitz, 1987; Vorromanische Kirchenbauten, 19912).Tuttavia l'eccessivo schematismo che ha voluto considerare questo tipo di c. quasi l'unico esistente a Roma e comunque quello caratteristico del sec. 9° deve essere ormai abbandonato. Infatti se da un lato si constata che le c. semianulari sussistono nel Basso Medioevo romano, come dimostrano gli esempi di S. Nicola dei Cesarini, di S. Saba (Krautheimer, 1937-1980) e di S. Adriano (Bartoli, 1963), dall'altro si riscontrano anche altri tipi di c. precedenti al 9° secolo. Alla c. a corridoio trasversale con due rampe angolari estreme di S. Valentino, della prima metà del sec. 7°, e a quella a pianta basilicale absidata con tre navatelle divise da colonne di S. Maria in Cosmedin, del tempo di papa Adriano I (772-795), entrambe notissime e da molti ritenute prototipi di altre due tipologie assai diffuse più tardi, si possono aggiungere la c. a camera, adattata in strutture precedenti, di S. Stefano sulla via Latina, quella a singolo ambiente absidato di S. Angelo in Pescheria, forse ancora del sec. 8°, e quella a camera irregolare dei Ss. Cosma e Damiano. Pur se in dimensioni e articolazioni ridotte, Roma presenta dunque nel periodo protocarolingio una gamma di c. piuttosto ampia, nell'ambito della quale, però, un solo gruppo, quello delle c. semianulari, è sufficientemente attestato per poter condurre a una solida tipologia. La stessa varietà di esperienze si ritrova d'altronde anche oltralpe.Alla relativa semplicità delle c. di età precarolingia, come quella merovingia del Saint-Paul di Jouarre, quella visigota di San Antolín nel duomo di Palencia e quelle sassoni di Hexham e Ripon, subentrò, a partire dalla fine del sec. 8° e per tutta la prima metà del 9°, una notevole varietà di c., che si svilupparono anche su scale assai più vaste di quelle indicate nell'ambito romano. Alla c. polilobata di Saint-Oyand nella chiesa di Saint-Laurent a Grenoble (ultimo quarto del sec. 8°) seguono quella a camere affiancate della collegiata di Saint-Quentin (iniziata nell'816), quella anulare di St. Michael di Fulda (820-822), quella rettangolare a tre navate della cattedrale di Fulda (818-819), quella a quattro ambienti cruciformi posti agli estremi di un corridoio a croce costruita da Eginardo a Steinbach in Assia (nell'827 ca.), quella a camere multiple di Saint-Médard di Soissons (817-841), quella esterna aggiunta alla precedente semianulare in Saint-Denis (832), quella a tre camere affiancate, di cui la centrale absidata, dell'abbazia di Petersberg presso Fulda (836 ca.), quella di poco successiva e articolatissima, con corridoio a U che immette in una serie multipla di ambienti cruciformi, di Saint-Philbert-de-Grand-Lieu (Bretagna), quella assai complessa, con corridoio a U che immette in una struttura a tre navate con colonne, di Saint-Germain ad Auxerre (841) e infine quelle indicate nel piano di San Gallo, con corridoio a U che immette al centro in una camera forse quadrata con volte e pilastri.Soprattutto intorno alla metà del sec. 9° si incontrano varianti assai creative della c. semianulare, che resta immersa in più complesse articolazioni e sussiste più come citazione che come struttura funzionale. È il caso della c. dell'abbaziale di Werden presso Essen (839-850, oppure 850-875), con c. assiale esterna e articolazione interna a tre absidi, di quella della parrocchiale di Vreden, in Vestfalia (839), e di quelle dell'abbaziale di Corvey (822-844). Sulla stessa linea si pongono c. di datazione non sempre definita, come quella di Sainte-Gertrude di Nivelles, nel Brabante (sec. 9°), assai simile, e forse coeva, a quella di Werden, e quella della cattedrale di Hildesheim (852-872). Gli esempi della seconda metà del sec. 9°, pur se più rari e meno precisamente datati, non sembrano mostrare particolare energia creativa. Così la c. della fase carolingia del duomo di Colonia (860-870), semianulare con cappellette frontali, oppure quella a camera quadrata con accessi multipli di Esslingen, nel Baden-Württemberg (sec. 9°), e quella a camera con colonne di St. Othmar di San Gallo (867), rettangolare con quattro sostegni centrali. In area più occidentale si può registrare una situazione analoga con le c. dell'abbaziale di Saint-Pierre di Flavigny, in Borgogna (864-878), di complessità paragonabile a quella di Saint-Germain ad Auxerre, quella, ancora semianulare con piccola aula inclusa, della chiesa di Sainte-Aphrodise a Béziers, in Linguadoca (fine sec. 9°), e quella ad aula rettangolare a tre navate, forse del sec. 9°, della chiesa rinvenuta a Lanmeur, in Bretagna. Tra i rari e semplicissimi esempi della penisola iberica si ricordano a Oviedo il piano inferiore di Santa Maria de Naranco (metà del sec. 9°), in forma di aula a tre navate, le c. a camera rettangolare, come la Cámara Santa (sec. 9°) sempre a Oviedo o quella più tarda di Santa Coloma presso Nájera (923 ca.), e, unico punto di originalità, la c. trilobata del Sant Miquel di Terrassa (inizio del sec. 10°); infine, in ambiente britannico, è da segnalare per l'originalità degli accessi obliqui la c. a camera rettangolare a colonne del St Wystan di Repton (850-875).L'Italia non offre particolari elementi di originalità in questo periodo. Relativamente numerose sono innanzitutto le ripetizioni dello schema semianulare testimoniate al di fuori di Roma e cioè, per es., a Ravenna in S. Apollinare Nuovo, in S. Apollinare in Classe e, forse, in S. Martino in Ciel d'Oro (Mazzotti, 1957), a Luni nella basilica altomedievale (Lusuardi Siena, 1987), a Farfa nell'abbaziale carolingia, a Vescovìo nella cattedrale sabina di S. Maria (Apollonj Ghetti, 1947-1948) e a Spoleto nella c. di S. Primiano. Sicuramente datata è poi la c. dell'abbaziale di S. Lorenzo a San Vincenzo al Volturno (826-843), a croce irregolare con absidiole su due bracci contigui (Mitchell, 1993). Interessanti suggestioni possono venire dalla c. originaria precarolingia di S. Eusebio a Pavia, di cui restano solo i numerosi capitelli a dimostrare una possibile articolazione multipla (Romanini, 1980). Particolarmente variate sono le c. dell'Italia settentrionale e centrale (Magni, 1979), come per es. quelle pavesi di S. Maria delle Cacce (di datazione controversa tra i secc. 8° e 10°) e di S. Felice (prima metà del sec. 9°), entrambe a tre ambienti absidati affiancati, quella del S. Salvatore di Sirmione, del tutto analoga al S. Felice, quella, a camera absidata con due colonne assiali, forse più tarde, del S. Severo di Bardolino (sec. 9°-10°), quella, pure a camera absidata ma con quattro colonne, del S. Salvatore di Montecchia di Crosara (sec. 9°) e soprattutto quella del S. Salvatore di Brescia, forse protocarolingia (fine del sec. 8°), ad aula absidata con quattro o sei pilastri e con due accessi curvi ai lati che ricordano concettualmente le strutture semianulari (Magni, 1979).L'insieme delle c. di età carolingia mostra, specialmente in ambito transalpino, una varietà eccezionale di forme che sembra inutile ricondurre, come si è tentato e si tenta ancora di fare (Claussen, 1957; Sanderson, 1966; Taylor, 1969; Kubach, 1972; Magni, 1979) a tipologie rigide, inevitabilmente composte quasi esclusivamente di eccezioni e di varianti e comunque in genere povere di esempi canonici, tranne nel caso delle c. semianulari. Sembra ovvio che in un momento culturale come quello carolingio, in cui a un'intensa creatività si affiancava un'altrettanto incisiva avidità di citazioni del passato, gli schemi risultanti potessero essere dispersi entro una gamma pressoché infinita di possibilità geometriche, funzionali e tecniche.Così non si può escludere che siano appunto citati esempi romani come la c. di S. Valentino, la cui struttura nacque probabilmente solo per il condizionamento fisico del terreno (l'abside era poggiata sulla roccia e quindi la c. semianulare non era facilmente realizzabile), oppure come quella di S. Maria in Cosmedin, che deve la sua forma rettangolare e i suoi sostegni architravati al fatto che fu ricavata asportando blocchi di peperino dal nucleo dell'ara maxima Herculis. In ogni caso tali esempi erano legati a funzioni quasi esclusivamente sacrali (custodia di reliquie o di sacre memorie) e potevano quindi costituire solo per quell'aspetto un punto di riferimento per le c. d'oltralpe, le quali nelle prime realizzazioni mostrano un'attenzione specifica ed evidente anche e soprattutto per la funzione sepolcrale, poiché erano destinate a ricevere tombe di riguardo (abati, regnanti, notabili, ecc.) e non solo reliquie. Da qui la necessità di schemi articolati, con vari ambienti differenziati e con estensione ben diversa da quella delle c. di Roma, nelle quali le tombe vere e proprie non erano quasi mai previste poiché si collocavano di preferenza in monumenti addossati alle pareti delle chiese oppure erano interrate in esse e quindi non accessibili. Per interpretare come 'citazione' romana questa funzione mista, sacrale e sepolcrale, si dovrebbe pensare che la ricerca di modelli non fosse limitata alle vere e proprie c. di area romana, ma fosse estesa anche alle numerose sacre basilichette o cappelle catacombali, come quella dei Ss. Nereo e Achilleo nelle catacombe di Domitilla, quella anonima sull'Ardeatina, quella di S. Ermete, oppure a semplici camere affiancate o a veri e propri cubicoli, ove erano venerati ancora alle soglie del sec. 9° i più famosi martiri romani (Testini, 1966; Carletti, 1972), circondati da una fitta schiera di sepolture di devoti di ogni genere (talvolta anche di papi).Tutti questi modelli furono letti probabilmente nel periodo carolingio e specialmente in area transalpina in chiave monumentale e il linguaggio architettonico venne differenziato sulla base delle esigenze strutturali degli edifici superiori, dai quali la c. ovviamente dipendeva, e delle particolari necessità funzionali o 'culturali'. Emblematico in tal senso è il caso delle due c. costruite da Eginardo per le reliquie romane dei ss. Pietro e Marcellino prima a Steinbach (827), a quattro cappelle cruciformi collegate da corridoi angolari, e poi a Seligenstadt, con struttura semianulare più 'romana' (828-840): è evidente che la varietà era la regola anche quando il committente era lo stesso. Uno studio delle c. carolinge sembrerebbe dunque più corretto se svolto in chiave funzionale e nel contempo stilistica, con l'abbandono dei criteri tipologico-evolutivi finora seguiti e purtroppo inficiati assai spesso dall'incerta cronologia delle c., che, per essere talvolta inserite in edifici precedenti e talvolta sussistenti in edifici successivi, offrono il fianco a problemi non indifferenti di datazione, come dimostrano le recentissime revisioni cronologiche di Jacobsen (qui accettate almeno per l'area tedesca), che ha spostato dall'età carolingia a quella ottoniana le c. di Echternach, di Halberstadt, di Paderborn, della St. Maria di Schlüchtern, in Assia, di St. Pantaleon di Colonia, di St. Michael di Rohr, in Turingia, ecc. (Vorromanische Kirchenbauten, 19912) e ha proposto analoghi ribassamenti (qui non accettati) anche per le c. di Saint-Médard di Soissons e di Saint-Germain di Auxerre (Jacobsen, 1983).Un'analisi tipologica delle c. del periodo carolingio urta comunque contro una varietà spontanea che, essendo sperimentale, non portava necessariamente alla ripetizione delle soluzioni; una pur se parziale schematizzazione può semmai essere affrontata per il periodo successivo, cioè in quello ottoniano in senso lato, in cui sembra che le produzioni si raccolgano e si focalizzino più spesso su particolari strutture ormai in parte acquisite o comunque già sperimentate nell'età carolingia. Già nella prima metà del sec. 10° sembrano affermarsi le c. ad aula semicircolare allungata con una o tre absidi e spesso divise in tre o più navate da colonne che sostengono volte a botte o a crociera. Tali c. sono talvolta circondate dal corridoio semianulare, che è in genere collegato ancora alle scale d'accesso, e quindi di fatto corrispondono a una c. semianulare con dilatazione sostanziale del braccio assiale fino alla contiguità con il corridoio stesso: così in particolare la c. di Saint-Pierre di Mozac, in Alvernia (915 ca.), e la grande c. della cattedrale di Clermont-Ferrand (946 ca.), con numerose colonne e con cappellette radiali nel corridoio esterno. Lo stesso schema su scala ridotta (aula senza navate) e semipoligonale piuttosto che semicircolare si ritrova nella cattedrale di Thérouanne, nei Pays-du-Nord (sec. 10°), e in quella di Wing, in Gran Bretagna (seconda fase, della fine del sec. 10°). Un corridoio doppio si trova invece intorno alla c. di St. Severin a Colonia (fine sec. 10°). Dopo il Mille lo schema resta diffuso e sempre più esteso, con tre o più navate centrali o con cappelle radiali, come in Saint-Aignan (prima del 1029), in Saint-Avit a Orléans (prima del 1030) e nella cattedrale di Saint-Etienne ad Auxerre, forse della stessa epoca. È evidente però la tendenza verso l'abolizione del corridoio avvolgente, e cioè verso le semplici e diffusissime aule semicircolari più o meno allungate, con tre o più navate separate da colonne che sostengono volte a crociera, come nella cattedrale di Saints-Geniès-et-Fulcran di Lodève, in Linguadoca (poco prima del 975), nella seconda fase dell'abbaziale di Cluny (poco dopo il 981), nell'abbaziale di Saint-Martin-du-Canigou, nel Rossiglione (1001-1009), con tre absidi, nella cattedrale di Saint-Etienne a Metz (prima del 1040), a Saint-Géosmes presso Langres, nella Champagne (prima metà sec. 11°), in Saint-Mexme di Chinon, nel Centre, all'incirca della stessa epoca, e in Spagna in Sant Vicenç di Cardona (1019-1040). Aule rettangolari a tre navate con doppi accessi laterali si trovano nel St. Peter di Worms-Hochheim (1000-1010) e nella cattedrale di Costanza (1000 ca.), ove due altre camere affiancate a quella principale costituiscono lo snodo per i corridoi di accesso secondo lo schema già noto a S. Valentino a Roma e nel piano di San Gallo. Reminiscenze, talvolta anche assai creative, di altri schemi carolingi di minor seguito si trovano comunque nel Fraumünster di Zurigo (sec. 10°), nel St. Pantaleon di Colonia (964-980 e 984-997) e nell'abbaziale di St. Maria a Schlüchtern (1018), con corridoi angolari e camere quadrate o cruciformi, nella cattedrale di Bourges (prima del 1030, ma forse del sec. 9° e in seguito rimaneggiata), nel St. Maximin a Treviri (885-934), nell'abbaziale di Echternach (1016-1034), con tre o più camere parallele, in St. Georg di Oberzell, nella Reichenau (1000 ca.), a camera rettangolare con quattro colonne centrali e corridoio unico, in S. Servazio a Maastricht (1000 ca.), di analogo schema semplificato, nell'abbazia di St. Michael a Rohr (975), con camera semicircolare a nicchie e quattro pilastri centrali, e in Saint-Gervais a Rouen (fine sec. 10°-inizi 11°), a camera absidata con anticamera e corridoio assiale. Altrettanto semplice è la seconda fase della c. del duomo di Palencia (prima del 1035), che ingloba in parte la già citata struttura visigota.Le reminiscenze tangibili delle c. semianulari diventano sempre più rare, ma sussistono comunque in forma quasi canonica nella collegiata di St. Walburga a Meschede, in Vestfalia (900 ca. o prima metà sec. 10°), e in St. Peter a Beuel-Vilich, in Renania (1020-1050), o in forma più articolata (del tipo di Corvey), con grande sviluppo longitudinale, a Halberstadt (974) e a Paderborn (1016-1022); ma le forme più promettenti restano le c. esterne come quella di St. Maximin a Treviri (952), a due piani, quella aggiunta in St. Emmeram a Ratisbona (980 o, comunque, sec. 10°), pure a due piani, e quella a cinque navate dell'abbaziale di Essen (965). Caso di estremo interesse ma piuttosto singolare, pur se poi in parte imitato, resta quello di Saint-Bénigne a Digione (1018), di fatto una chiesa circolare a tre piani, dei quali l'inferiore si deve considerare una cripta.Il panorama diventa dunque più omogeneo nel periodo ottoniano, che tende a indicare con intensità sempre maggiore la c. ad aula absidata con navate a colonne e volte a crociera come soluzione preferita: gli esempi numerosissimi della prima metà del sec. 11° sono stati raccolti da Burke (1976) anche per l'Italia, ove il 'messaggio' venne recepito in forma attutita e tradotto in un più contenuto e più classicistico stile romanico. La c. di S. Vincenzo a Galliano, solidamente ancorata agli anni intorno al Mille, può ben esemplificare la linea che venne sempre più ampiamente sviluppata; ma anche gli esempi di diversa articolazione (Magni, 1979) mostrano una varietà che fu sviluppata su scale diverse, sia nelle cattedrali sia nelle numerosissime pievi del sec. 11° (Martelli, 1966). Tra esse si segnalano in particolare la c. a tre tricore susseguenti dell'abbazia di S. Maria di Farneta (fine 10°-inizi 11°), quella a corridoio angolare con dilatazione semicircolare nella zona centrale della pieve di Sestino, in Toscana (sec. 11°), quella del S. Michele ad curtim a Capua (sec. 10°-11°), quella biabsidata di S. Antimo presso Montalcino, in Toscana (sec. 11°), e quella di S. Giovanni domnarum di Pavia (metà sec. 10°), con anticamera e articolazioni sulle pareti. Ma altre se ne debbono aggiungere, come la c. della cattedrale di Ravenna (terminata nel 974), a colonnato semicircolare in un grande ambiente semianulare, che sembra assorbire in una matrice ormai decisamente preromanica il prototipo della basilica vaticana.
Bibl.:
Fonti. - Du Cange, III, 1937, p. 639; R. Valentini, G. Zucchetti, Codice topografico della città di Roma, II (Fonti per la storia d'Italia, 88), Roma 1942.
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Fino all'età gotica è possibile seguire il percorso evolutivo della struttura della c., che si definisce attraverso numerose varianti, dovute sia allo sviluppo proprio delle forme architettoniche dell'edificio religioso sia alle esigenze liturgico-funzionali. Per quanto riguarda le chiese romaniche, l'andamento di tale evoluzione si trova di regola in stretta relazione con le dinamiche costruttive elaborate nello svolgimento del corpo presbiteriale, uno tra gli elementi chiave dello sviluppo architettonico dell'edificio religioso, che ne accoglie le modifiche più sensibili: dalla semplice terminazione absidata, a quella a deambulatorio con cappelle radiali, ai profondi cori rettilinei, il coro condiziona fortemente l'impianto della c., che a sua volta, imponendone la sopraelevazione, determina le linee prospettico-strutturali dell'intero edificio. Il dato costruttivo risulta comunque la traduzione di un'esigenza liturgica: la mutata funzione della c., da confessio a oratorium, compiutasi nella prima età romanica, imponeva una nuova concezione spaziale che prevedeva lo sfondamento dei percorsi a galleria altomedievali, determinando la configurazione dell'impianto in un unico ambiente 'a sala' (Kubach, 1972).Lo schema delle prime c. romaniche 'a sala' è il più semplice: una piccola struttura a pianta quadrata voltata a crociera (gli esempi più precoci sono di norma privi di sottarchi), dotata generalmente di quattro colonne, ricalca il quadrato del coro soprastante. L'origine di questa configurazione è ravvisabile negli ambienti voltati a piano terra dei Westwerke carolingi (Minden, Corvey), situati tuttavia pressoché allo stesso livello del corpo longitudinale della chiesa e tali, quindi, da non poter rientrare nella definizione di c.; uguale impianto si mantiene anche nei Westbauten successivi, che talvolta incorporano una c. vera e propria, come testimoniano alcuni esempi del primo Romanico in territorio mosano (Saint-Hadelin a Celles-les-Dinant, 1010-1020; duomo di Liegi, 1015; duomo di Treviri, 1040; St. Aposteln a Colonia, secondo quarto del sec. 11°; Kubach, Verbeek, 1989) e bavarese (Wolfgangskrypta di St. Emmeram a Ratisbona, 1052; duomo di Augusta, prima metà del sec. 11°). Questa tipologia, nella sua forma più ridotta a una sola colonna (per es. a Gerpinnes, in Belgio, e in alcuni esempi italiani degli inizi del sec. 11°, o in St. Nikola a Passau, 1070 ca.), può quindi considerarsi il modulo base della c. romanica, ripetibile in ciascuna delle quattro direzioni, così da ottenere numerose varianti, articolate inoltre dall'inserzione di absidi, nicchie e rincassi man mano che si procede verso l'età tardoromanica. Malgrado queste possano essere considerate le cifre essenziali della forma più semplice del tipo 'a sala', alcuni elementi architettonici o plastici ne individuano e circoscrivono ulteriormente l'ambito cronologico e l'area geografica di appartenenza.In Italia il passaggio dal tipo semianulare a quello ad oratorium avvenne quasi direttamente, scavalcando la struttura 'a corridoio'; la c. della cattedrale di Ravenna, generalmente assegnata alla fine del sec. 10°, rimane l'esempio dove è meglio riconoscibile questa trasformazione: i sostegni, infatti, si dispongono seguendo l'andamento curvilineo dell'abside, quasi fossero resti della parete interna dell'ambulacro della c. semianulare (una simile configurazione è ravvisabile pure nella c. occidentale della cattedrale di Colonia, del sec. 10°). Nei primi esempi di c. ad oratorium, attestati intorno al Mille e caratterizzati da una struttura muraria piuttosto irregolare che sale senza soluzione di continuità a formare la volta, il numero delle colonne contribuisce notevolmente alla definizione della tipologia, come attestano le c. di S. Severo a Bardolino, a due colonne, di S. Gervasio di Mondolfo e di S. Maria di Lamoli, nelle Marche, di S. Maria di Sitria e di S. Crispolto di Bettona, in Umbria, della pieve di Sestino, in Toscana, e di S. Michele ad curtim a Capua, a sostegno centrale, a cui si aggiungono in territorio assisiate esempi triastili, dapprima in S. Maria Maggiore ad Assisi, del sec. 10° (Martelli, 1966), quindi a S. Silvestro di Collepino e a S. Benedetto al Subasio. Tale tipologia trovò rapido sviluppo e diffusione nelle regioni settentrionali della penisola nei primi decenni del sec. 11° (S. Vincenzo in Prato a Milano, S. Michele a Oleggio, S. Pietro a Civate, S. Vincenzo a Galliano, S. Secondo ad Asti e S. Orso ad Aosta; Magni, 1979), con l'aggiunta di campate verso O e sostegni addossati lungo la parete. Seguendo gli itinerari delle maestranze lombarde è possibile individuare, all'incirca negli stessi anni (Hubert, 1966), l'affermazione di questo modello lungo una direttrice che dall'Italia settentrionale giunge fino alla Catalogna (Sant Vicenç di Cardona, cattedrale di Vic, Sant Martí di Ix, Sant Esteve d'Olius), attraverso la Savoia (Saint-Martin-d'Aime, Saint-Jean-de-Maurienne), la Provenza (Levens, Saint-Dalmas-de-Valdeblore, Saint-Gervais-de-Vilhosc) e la Guascogna (Madiran), con l'aggiunta in alcuni casi di ambienti laterali absidati, voltati a crociera, che comunicano con la zona centrale soltanto attraverso strette aperture (Saint-Dalmas-de-Valdeblore). I prolungamenti verso O del corpo centrale e delle navate minori, aperte sulla navata principale da pilastri o colonne, possono costituire delle vere e proprie chiese inferiori, come nel caso di Saint-Martin-du-Canigou, nel Rossiglione (sec. 11°). A una chiesa inferiore deve essere pure comparata la c. di Saint-Gilles-du-Gard, nell'Ardèche-Cévennes, estesa al di sotto delle prime sei campate, a partire dalla facciata, e iniziata nel 1116, come recita un'iscrizione posta sulla prima pietra di fondazione.Oltre all'Italia centrosettentrionale e alla fascia d'influenza franco-catalana, il tipo ad aula unica monoabsidata ebbe una vasta diffusione nelle regioni dell'Europa centrale fino al principio del Duecento. In Germania questo modello compare nella c. su due livelli di St. Zeno a Isen, in Baviera (sec. 11°), in quella occidentale di St. Ciriakus a Gernrode, in Sassonia-Anhalt (1130), nel monastero premostratense di Jerichow, nel Brandeburgo (1144), nel duomo di Frisinga, in Baviera (metà del sec. 12°) - dove risalta la decorazione di un fusto di colonna interamente scolpito a figure e animali -, e nella c. orientale del duomo di Bamberga (1215 ca.). Un dato costruttivo comune alle c. dell'Europa centrale entro la metà del sec. 12° è individuabile nell'adozione di robuste colonne sormontate da capitelli a cubo scantonato - per es. c. orientale di Celles-les-Dinant (prima metà del sec. 11°); duomo di Cracovia (primo quarto del sec. 11°), duomo di Nordhausen (metà del sec. 12°) - benché non manchino alcune eccezioni, come la c. del duomo di Naumburg (1170), a leggere colonne scanalate e capitelli decorati; inoltre a sostegno di coperture a botte o a crociera, marcate da grossi sottarchi che evidenziano il quadrato della campata (per es. c. orientale e occidentale del duomo di Verdun, 990-1024; c. della cattedrale di Metz, secondo quarto del sec. 11°), possono essere preferiti pilastri quadrangolari semplici o polistili (duomo di Merseburg, 1015-1042), oppure sistemi alternati (coro della c. orientale della cattedrale di Strasburgo, 1015 ca.). Caratteri analoghi a quelli dell'architettura romanica tedesca, dai capitelli a cubo scantonato al forte rilievo dei sottarchi, presentano in Boemia le c. ad aula rettangolare monoabsidata del monastero di Břevnov (primo quarto del sec. 11°) e di S. Giorgio a Praga (1142), di Stará Boleslav (1150) e di Třebitč (1230-1240), al cui corpo centrale si collegano lateralmente tramite stretti passaggi due ambienti absidati. Il medesimo schema compare nelle c. ticinesi di S. Nicola a Giornico - aperta sulla navata della chiesa per mezzo di tre arcate - e di S. Vittore a Muralto (entrambe della metà del sec. 12°), e in quelle più arcaiche di Amsoldingen e Spiez, in Svizzera (prima metà del sec. 11°), assai vicine agli esempi della Francia meridionale e della Catalogna. Quest'impianto inoltre si presenta a terminazione piatta, per es., nella c. del duomo di Costanza, ampliata per la seconda volta tra il 995 e il 1018, sotto il vescovo Lamberto, in quelle di Saint-Mélar a Lanmeur, in Bretagna, con pilastri scolpiti e grossi sottarchi (fine del sec. 11°-inizi del 12°), e della chiesa abbaziale di Andlau, in Alsazia - composta da due ambienti quadrati realizzati in due fasi (1030-1040 e 1080-1110) -, nelle c. occidentale e orientale del duomo di Brema (seconda metà del sec. 11°), dove lavorarono maestranze lombarde al seguito dell'arcivescovo Adalberto, e in quella lorenese di Norroy-le-Veneur (1050), la cui terminazione tripartita viene evidenziata solo internamente. In Italia lo stesso schema si ritrova nelle c. calabresi di S. Donato a Umbriatico (metà del sec. 12°), orientata trasversalmente e costruita in laterizio con accessi autonomi esterni, e in quella di S. Nicola in Plateis a Scalea (1167), a tre navate. Una maggiorazione dimensionale di questo semplice schema, fino a ottenere un vasto ambiente quadrangolare e triabsidato, si verifica nel duomo di Gurk, in Carinzia (1174), dove la volta è sorretta da nove pilastri e cento colonne. Analogo impianto, ma ridotto e con absidi meno profonde, in precedenza si era presentato a Rosstal, in Baviera (sec. 11°).L'inserimento nel vano absidale della c. di una serie di sostegni lungo la curva dell'abside, in modo tale da creare un deambulatorio intorno a un ambiente 'a sala' diviso in due o più navate da file di sostegni, individua un'ulteriore tipologia. Tale soluzione, presente già nel sec. 10° in forme limitate al solo spazio absidale (duomo di Ivrea; S. Stefano a Verona), fu ripresa e sviluppata al principio del Mille nella c. di St. Wiperti a Quedlinburg, in quella di St. Michael a Hildesheim (1015), a basse colonne con capitelli schiacciati, e in quella della cattedrale di Auxerre (1035-1045) e diffusa in seguito in alcune c. inglesi di fine secolo (Winchester, 1079; Worcester, 1084; Gloucester, con l'aggiunta di cappelle radiali, 1089), per le quali è stata ipotizzata una mediazione dall'impianto della cattedrale di Rouen (Clapham, 1934; Webb, 1956). Una cappella centrale comunicante attraverso cinque aperture con il deambulatorio circolare presenta invece la c. di Le Dorat, nel Limosino (sec. 12°), il cui impianto richiama quello più articolato della c. dell'abbaziale di Montmajour, in Provenza (sec. 12°). Lungo il deambulatorio si potevano aprire piccole cappelle seguendo la configurazione del coro soprastante; l'origine di questa soluzione è da rintracciare, con probabilità, in Saint-Martin a Tours (Kubach, 1972; Heitz, 1987) e, a partire dai primi esempi (cattedrale di Clermont-Ferrand, 946; Saint-Aignan a Orléans, 1029 ca.) e per i secc. 11° e 12°, risulta evidente una sua diffusione soprattutto nelle regioni francesi, come documentano nel Poitou le c. di Saint-Savin-sur-Gartempe (sec. 11°) e di Notre-Dame-la-Grande di Poitiers (secondo quarto del sec. 12°), nel Maine quella di Château-du-Loire, in Alvernia le c. di Issoire e Orcival (entrambe del primo quarto del sec. 12°), in Provenza quelle di Apt e di Montmajour (sec. 12°), in Borgogna la c. orientale del Saint-Philibert di Tournus (ultimo quarto del sec. 11°), nel Berry quella di Saint-Benoît-sur-Loire (1131) e, infine, presso Parigi, la c. di Saint-Denis, dell'epoca di Suger (1140-1143). L'impianto a tre cappelle, ma con un deambulatorio chiuso verso l'interno, compare nella c. della cattedrale di Chartres, appartenente al cantiere romanico e terminata tra il 1020 e il 1024.La varietà di modelli espressa nelle c. durante il sec. 11° consente di trovare associati, come nel caso di Saint-Eutrope a Saintes, nella Charente, il modello a deambulatorio con cappelle al tipo c.d. a coro allungato (Langchorkrypta); quest'ultima tipologia poteva derivare sia da successivi ampliamenti della terminazione orientale della chiesa - come per es. nella cattedrale di Bonn, in St. Gereon a Colonia e in S. Servazio a Maastricht, della metà del sec. 12° - sia dall'originaria estensione del coro (collegiata di Nivelles, 1046; Saint-Ursmer a Lobbes, in Belgio, della fine del sec. 11°).Non sempre la c. era ipogea, in taluni casi era possibile che questa, ugualmente impostata su sostegni, emergesse all'interno della zona presbiteriale come una sorta di 'palcoscenico' aperto lateralmente sulla chiesa - per es. la c. a cinque navate di Deutz, presso Colonia, del secondo quarto del sec. 12°, e quella del coro orientale del duomo di Treviri (1152-1169) -, determinando, tuttavia, una sostruzione piuttosto che una c. vera e propria (Kubach, Verbeek, 1989).Rispetto alle c. inserite all'interno dell'edificio religioso al di sotto del coro orientale o di quello occidentale, esiste un'ulteriore tipologia, la c. detta esterna (Aussenkrypta), dotata di una struttura 'a sala' generalmente addossata all'abside del coro, ma più bassa di questo, talvolta elevata su due piani; già presente nel sec. 10° (St. Maximin a Treviri, 940-952; duomo di Essen, 965; Erhardi-Krypta di St. Emmeram a Ratisbona, 980), la c. esterna si affermò principalmente nell'11° e soprattutto nella regione mosana, come testimoniano l'abbaziale di Werden, presso Essen, Saint-Barthélemy e Saint-Laurent a Liegi, Saint-Feuillen a Fosses, Saint-Sauveur a Susteren, Saint-Pierre a Malmédy e gli esempi, ormai distrutti ma noti da ricostruzioni, di Sainte-Begge ad Andenne e della collegiata di Saint-Pierre a Lovanio (ca. 1100), la cui struttura era costituita da un ambiente circolare a due piani. Anche l'impiego di questa tipologia, che si esaurisce entro il sec. 11°, sembrerebbe sostenuto da una necessità cultuale anziché da ragioni di ordine tecnico o economico (Genicot, 1979). L'interpretazione data da Sanderson (1971), infatti, vede la c. esterna come un fenomeno legato ai monasteri riformati dell'Ordo Gorziensis (Hallinger, 1977), piuttosto che come una forma architettonica sviluppatasi all'interno di una specifica regione (Verbeek, 1950).Al semplice impianto rettangolare absidato delle c. interne si possono aggiungere lateralmente altre campate, mantenendo la stessa quota pavimentale, così da ottenere una sorta di transetto sporgente. Questa tipologia (Querschiffkrypta) appare per la prima volta nella c. del duomo di Spira I - possente struttura a colonne con capitelli a cubo scantonato e sottarchi a conci bicromi, iniziata da Corrado II nel 1024 e proseguita fino al 1041 - e si diffuse tra i secc. 11° e 12° nell'Europa occidentale seguendo le caratteristiche architettoniche locali e articolandosi ulteriormente nell'impianto. L'esempio precoce di Spira influenzò soprattutto la zona limitrofa tra Reno e Mosa, come si osserva sia nelle c. di St. Maria im Kapitol a Colonia (ante 1049) e di Brauweiler (1061), dove appare in entrambe una maggiore articolazione dovuta alle tre profonde nicchie ricavate in spessore di muro lungo la parete absidale, sia nelle c. di Siegburg (1066), di Saint-Trond (1055-1082), di Oberpleis (prima metà del sec. 12°) - a colonne serrate e forti sottarchi - e di Mönchengladbach (1100 ca.), queste ultime due con un impianto più rigido rispetto a quelle di St. Georg a Colonia, a tre navate e con piccole absidi aperte sui bracci del transetto (Kubach, Verbeek, 1989). In Inghilterra la formula a transetto è presente, con l'aggiunta di un deambulatorio a cappelle radiali, nella vasta c. appartenente alla prima fase di ampliamento a E della cattedrale di Canterbury, dovuta al priore Ernulf (1096-1130). In Francia l'inserzione di uno spazio trasversale fortemente sporgente rispetto al corpo della c. non appare molto diffusa: tra i pochi esempi l'impianto originario del priorato di Saint-Maur a Bleurville, in Lorena (sec. 11°, nei secc. 15°-16° ridotto alla sola parte centrale), le c. di Cruas, nell'Ardèche-Cévennes (ca. 1095), di Montmajour, qualora si consideri tale il passaggio a corridoio con piccole absidi orientate situate alle estremità, di Saint-Nicolas di Neufchâteau, in Lorena (sec. 12°), e di Ham, nei Pays-du-Nord (inizi del sec. 13°). Lo spazio è talvolta articolato in modo da costituire degli ambienti laterali fiancheggianti la zona centrale della c. e a essa collegati tramite singole aperture - per es. nella c. di Notre-Dame-de-Ronceray ad Angers - oppure chiusi e separati del tutto dal corpo principale, come nel caso di Vertus, nella Champagne (1120-1135), dove i bracci laterali si presentano quasi come cappelle indipendenti. Tuttavia alcune c. mostrano un'apertura degli spazi tale da creare un unico ambiente 'a sala' triabsidato, dove spesso la crociera centrale è volutamente evidenziata da grossi pilastri cruciformi, come a Vilhosc, in Provenza, o nell'alsaziana Sélestat (fine del sec. 11°), oppure nelle c. mosane della collegiata di Huy (1066) e di Orple-Grand (metà del sec. 11°) e nell'esempio navarrino di San Salvador de Leira (inizi del sec. 11°): qui possenti muri divisori ricadono su basse colonne a formare tre navate 'a sala' coperte a botte, secondo l'impronta peculiare dell'architettura locale. Nel settentrione della penisola iberica il tipo di c. più comune rimane, tuttavia, quello a pianta rettangolare monoabsidata, come si osserva ancora negli esempi di Palencia (primo quarto del sec. 11°), di Roda de Isábena (1018) e nella cappella del castello di Loarre (metà del sec. 11°); la sostruzione della parte occidentale della cattedrale di Santiago de Compostela (1168), spesso indicata come chiesa bassa, può essere invece definita una c. 'a transetto', con abside articolata internamente da quattro nicchie più una sporgente in asse, forti sottarchi, capitelli decorati a foglie e grossi pilastri polistili (Whitehill, 1941). Legati allo schema più rigido della Querschiffkrypta sono gli esempi scandinavi di Lund (1112) e di Viborg (sec. 12°), caratterizzati da un'esaltazione di quei valori plastici propri delle strutture centroeuropee, evidenti nell'apparecchio murario a grossi conci, nei capitelli a cubo scantonato e nei forti sottarchi.In Italia, a partire dai primi esempi di S. Rufino ad Assisi (1028-1035), di San Salvatore sul monte Amiata (1036) e della cattedrale di Acqui (ante 1067), questa tipologia si diffuse in maniera uniforme su tutto il territorio, giungendo nel sec. 12° a strutture organiche e complesse, che mantengono per lo più costanti le proporzioni tra il corpo trasversale e il blocco presbiteriale; negli edifici privi di transetto lo spazio si estendeva verso O a occupare l'area sottostante la terminazione orientale del corpo longitudinale della chiesa. Nell'Italia normanna devono essere citate le c. della cattedrale di Otranto (1080), di S. Nicola a Bari (1089) e della cattedrale di Trani (1097), a cui si aggiungono quelle delle primaziali di Taranto (1070), dove il corpo trasversale è diviso in due strette navate, e di Gerace (1085-1120), caratterizzate entrambe da un coro più profondo, nonché il tardo esempio della c. della Cappella Palatina di Palermo (metà del sec. 12°), addossata successivamente all'abside. Nella regione campano-abruzzese la ripresa del modello basilicale derivato dalla fondazione desideriana di Montecassino (1066-1071) influenzò, tra la fine del sec. 11° e gli inizi del successivo, l'impianto di alcune cattedrali e abbaziali, riflettendosi nella struttura della c. (Sant'Agata dei Goti, Calvi Vecchia, Alife, Scala, Casauria, Fossacesia; Carbonara, 1979). Nell'Italia centrale accanto ai numerosi esempi romanici che segnano il paesaggio architettonico - per es. duomo di Sovana, S. Miniato al Monte a Firenze, S. Michele in Borgo a Pisa, S. Gregorio a Spoleto, S. Silvestro a Bevagna, S. Felice a Giano, S. Ciriaco ad Ancona, abbazia di Rambona, duomo di Ascoli Piceno - è possibile individuare un gruppo omogeneo, per le vaste dimensioni e caratteristiche strutturali, costituito dalle c. del Lazio settentrionale (Battisti, 1953), datate tra la seconda metà del sec. 12° (Nepi, Sutri, Civita Castellana) e i primi anni del 13° (Vetralla, Norchia). Nella pianura Padana la particolare morfologia del terreno non consentiva di costruire con facilità ambienti profondamente interrati; una soluzione per la fondazione delle c. era data dunque dalla creazione di un pontile che ne sollevasse il livello delle volte, aprendo così le campate occidentali direttamente sulla navata, come nelle cattedrali di Parma e di Modena (entrambe degli inizi del sec. 12°), nell'abbazia di Nonantola (1121) e in S. Zeno a Verona (1120 ca.); divisa in cinque navate da un considerevole numero di colonne e priva di pontile è la c. della cattedrale di Piacenza (1122). La struttura 'a transetto' si adattò anche all'impianto a croce greca della basilica di S. Marco a Venezia (1086), configurandosi con un corpo centrale avanzato di tre campate verso O, su cui si aprono lateralmente corti bracci absidati in spessore di muro.Ai robusti sostegni adottati generalmente a N delle Alpi, in Italia e soprattutto nelle regioni mediterranee veniva preferito l'uso di colonne e di capitelli decorati, talvolta di recupero. Gli esempi italiani, quindi, si caratterizzano, più che per l'impianto, per la varietà del repertorio plastico e iconografico presente nelle c. (per es. episodi della Vita di Cristo, in stucco, nelle lunette della c. di S. Pietro a Civate; fusti e capitelli della cattedrale di Otranto); le condizioni microclimatiche non hanno consentito invece la conservazione di cicli pittorici, le cui testimonianze pertanto risultano numericamente ridotte (cattedrale di Aquileia, metà del sec. 12°; duomo di Anagni, secc. 12°-13°; S. Vincenzo a Galliano, sec. 13°).In un'area ristretta dell'Italia centrale si individua una tipologia di c. detta a galleria (S. Maria di Farneta, presso Cortona, Ss. Pietro e Paolo a Panicale e S. Giusto a Tuscania), proprio in quanto citazione del modello carolingio; questo tipo, infatti - il cui prototipo in Italia è da riconoscere nei resti della c. di S. Maria delle Cacce a Pavia (sec. 10°) -, ricondotto a ragione ai primi decenni del sec. 11° (Scartoni, 1991), è caratterizzato da una galleria coperta a botte su cui si aprono tre piccoli ambienti, a partitura triloba, con volta a crociera che, nel vano centrale, ricade su quattro colonne, mentre in quelli laterali può essere priva di sostegni o poggiarsi su una sola colonna, richiamando il modello monoastile e triastile diffuso nelle regioni centrali della penisola.La creazione e la varietà di modelli accertate per il sec. 11° non si manifestarono altrettanto nei secoli successivi: il perdurare delle formule romaniche portò a una sorta di cristallizzazione dell'impianto, in cui le varianti decorative o gli elementi architettonici si mostravano, ormai, gli unici segni di riconoscimento di un avvenuto passaggio di stile (Kubach, Verbeek, 1989). Se ancora durante il sec. 12° la c. era risultata un elemento comune a molti edifici religiosi, come espressione di una necessità di ordine liturgico, in età gotica l'esigenza di costruire ex novo un ambiente chiuso al di sotto dell'area presbiteriale si ridusse di molto, utilizzandosi per le reliquie gli altari del coro, così come era avvenuto in precedenza nelle chiese di pellegrinaggio; spesso nei sostanziali rifacimenti del corpo presbiteriale, operati già nel corso del sec. 12°, veniva di frequente conservata la c. della chiesa precedente, interamente (cattedrale di Chartres) o con l'addizione di nuovi spazi (cattedrali di Canterbury e di Rochester, St. Gereon a Colonia, Sainte-Madeleine a Vézelay, S. Bavone a Gand), oppure, per ovvie esigenze statiche, ne venivano ristrutturate solo le coperture; talora l'erezione di una c. nel blocco occidentale poteva determinare l'abbandono di quella orientale (S. Servazio a Maastricht).I limitati esempi nelle nuove fabbriche derivavano quasi sempre dalla necessità di livellare il terreno, che quindi obbligava alla costruzione di una c. con funzione piuttosto di sostruzione, come nella maestosa c. di Bourges (1195-1209), dove le forme gotiche si manifestano nei costoloni a sezione polilobata della volta e nei grossi pilastri polistili.Durante i secc. 13° e 14°, infine, si affermò, nei territori tedeschi e in Boemia, la c. a pianta poligonale con sostegno centrale e volta stellata, situata al di sotto del coro (parrocchiale di Most, 1273; chiesa francescana di Neuenburg, a pianta rettangolare con conclusione a tre ottavi, inizi del sec. 14°; cattedrale di Breisach, 1330); l'esempio più antico rimane quello boemo di S. Stefano a Kouřim, a pianta ottagonale con pilastro polilobato (Götz, 1968).
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