CRISI ECONOMICHE
. Nei sistemi economici anteriori al moderno capitalismo, gli spostamenti bruschi nel generale equilibrio economico, le depressioni nel generale stato di benessere economico di una data popolazione, erano spesso determinate da tre fondamentali evenienze: scarsi raccolti, guerre, epidemie. La storia mostra il frequente ripetersi di simili calamità, ma questo ricorso non assume una regolarità di svolgimento e neppure una periodicità approssimativa. In ogni modo le accennate calamità avevano per lo più un ambito territoriale relativamente ristretto. Grandi ineguaglianze esistevano inoltre da luogo a luogo nella generale dinamica economica, poiché spesso praticamente le singole plaghe erano mercati quasi chiusi, separati da barriere politiche e doganali; per la difficoltà e il costo delle comunicazioni i rapporti commerciali erano relativamente ristretti; le circolazioni monetarie si svolgevano quasi indipendenti fra loro. Ai caratteri economici e tecnici dell'attività produttiva corrispondeva una formazione ristretta di capitale fisso. Scarso era lo sviluppo del credito e presso che mancante il credito mobiliare. La prestazione del lavoro, nella forma dell'artigianato e con l'esteso irregolare lavoro a domicilio, non dava luogo a un mercato della mano d'opera, con definita formazione di prezzi a estesa applicazione e nemmeno a brusche generali variazioni nel grado di occupazione.
L'economia capitalistica, sorta fra il secolo XVII e il XVIII nell'Europa occidentale e sviluppatasi poi rapidamente, è contrassegnata invece da un andamento fortemente dinamico, specie con movimenti graduali a lungo decorso (secolari) e con movimenti ripetentisi a forma ondulare e a decorso di pochi anni (ciclici). Questi ultimi movimenti sono qui singolarmente considerati.
La dinamica economica nell'economia capitalistica non presenta più in genere la prevalenza di occasionali calamità, di catastrofi economico-sociali-politiche inizianti lunghe epoche di depressione e sofferenze, ma mostra degli alti e bassi, delle oscillazioni, dei cicli composti a loro volta di varie fasi. Poiché nella vita umana, anche collettiva, è più evidente la sensazione data dalle pene che quella data dai godimenti, così l'attenzione degli operatori e degli studiosi è specialmente rivolta alla fase di marasma, di scarsità di affari e di disoccupazione operaia che figura in ogni ciclo, e soprattutto alla crisi, la fase di precipitoso passaggio dall'effervescenza alla mancanza d'affari, dalla prosperità al disagio. La crisi è uno spostamento spesso repentino da una data posizione d'equilibrio a un'altra molto diversa; lo spostamento è di solito sussultorio, impreveduto per molti fra gli operatori, e determina bruscamente gravi diminuzioni di valore e di attività produttìva, minorazioni o cessazioni di remunerazione; è spesso accompagnato da sconcerti, da episodî drammatici. Per quanto la crisi abbia particolarità di caratteri e di manifestazioni, essa fa parte integrante dell'ondulazione ciclica. Il sistema causale della crisi è insito nel sistema causale dello svolgimento ciclico: la teoria delle crisi più propriamente si dovrebbe designare come teoria della ciclicità nel movimento degli affari.
I cicli sono poliennali. Data la particolare importanza assegnata alla crisi, si può considerarne lo scoppio come punto di partenza per la misura della lunghezza dei cicli.
A titolo esemplificativo si riporta la cronologia delle crisi fra il 1790 e il 1925 (gli anni in cui sono scoppiate crisi gravi sono indicati in corsivo), in Inghilterra e negli Stati Uniti, due paesi in cui l'economia capitalistica si è instaurata con caratteri molto spiccati:
Lungo una parte del sec. XIX sembrò delinearsi una certa regolarità nella distanza fra le crisi gravi, distanza che sembrava aggirarsi intorno ai 10 anni. Di fronte a questa regolarità cronologica, taluno ravvisò nei cicli e nella manifestazione più grave di essi, le crisi, un riflesso di fenomeni cosmici. L'approssimativa equidistanza nel ricorso delle crisi sembrò frangersi poi nell'ultima parte del sec. XIX e prima del XX. Sembra ultimamente manifestarsi una certa tendenza all'abbreviazione dei cicli. Negli Stati Uniti dal 1790 ad oggi i cicli hanno una durata media di 40 mesi, e le più recenti indagini induttive intorno alla dinamica economica assegnano una notevole importanza a quelli che si potrebbero dire i cicli minori, culminanti non già in una grande crisi molto appariscente, ma in un regresso di attività economica, meno vistoso e meno drammatico, denominato dagli autori anglo-americani recession.
La dottrina sui cicli degli affari è contrassegnata da una grande varietà di teorie (designate per lo più come teorie della crisi) che non riesce agevole classificare. Nel considerare fenomeni così complessi, quali sono le crisi, bisogna distinguere la concezione di causa da quella di occasione. Il sistema causale delle crisi non è certo semplice, e varia da ciclo a ciclo: variano anche molto, da ciclo a ciclo, le circostanze occasionali; queste influiscono indubbiamente sulla varietà di svolgimento delle singole crisi, per quanto l'importanza degli eventi occasionali non sia così decisa come spesso suppongono osservatori superficiali.
Fra le circostanze iniziali che hanno addotto a svolgimenti critici si possono ricordare, a titolo d'esempio, la speculazione ferroviaria (crisi del 1847), il riflusso di metalli preziosi in Europa per l'introduzione del corso f0rzoso negli Stati Uniti (1866), la speculazione sul rame (1907). Talora occasioni possono essere eventi che significano un grande spostamento accidentale nel movimento degli affari; per es., lo scoppio d'una guerra. Possono essere anche eventi o fenomeni che importano uno spostamento nell'indirizzo del movimento secolare, uno spostamento nel trend. Tali sono parecchi tra i fenomeni che il Pigou designa come cause reali delle fluttuazioni industriali (contrapposte alle cause psicologiche e monetarie): variazioni nei processi tecnici, nel generale sistema dei gusti, scoperta o sfruttamento di grandi giacimenti minerarî. Fenomeni di questo tipo sembrerebbero piuttosto essere causa di lunghe onde, che di ondulazioni cicliche; ma, in fatto, la dinamica secolare e la dinamica ciclica s'intrecciano fra loro e, come è artificiale il procedimento statistico di separazione dei sintomi e degli effetti, così è difficile il procedimento logico di separazione del sistema causale.
A spiegazione dell'odierna fenomenologia ciclica e critica si adducono alcuni caratteri che distinguono l'economia capitalistica dai sistemi economici anteriori.
1. Produzione per il mercato e non per ordinazione. - La produzione di beni avviene infatti generalmente in vista d'una domanda che si prevede si debba formare sul mercato in istantì futuri, talora non prossimi. Si agisce così non in vista di condizioni presenti, ma di future posizioni del mercato e la previsione economica assume nel sistema attuale un'importanza e un'efficacia molto maggiori che in regimi anteriori.
2. Psicologia degli operatori. - La teoria economica pura ipotizza degli operatori consci delle condizioni del mercato e capaci di adottare una condotta razionale. Gli operatori reali non hanno però simili capacità; essi, molto spesso, hanno cognizioni imprecise, imperfette e anche errate sulla situazione presente e così fanno induzioni infondate sulla situazione futura del mercato. Gli errori economici che così si compiono in un mercato, consideratì nella loro massa, non sono distribuiti seconde la legge degli errori accidentali, bensì, di solito, in maniera fortemente asimmetrica, e, prevalentemente svolgendosi in un dato senso, sono causa a volta a volta di spostamenti nella posizione del mercato in confronto con la posizione che sarebbe risultata ove gli errori non si fossero compiuti; così avvengono variazioni nella domanda o nell'offerta di beni, di servizî, di risparmio, ecc., variazioni nell'attività produttiva, nella concessione del credito, nella produzione di segni monetarî, nei prezzi, nelle mercedi, nei saggi di interesse e di sconto, nei costi di produzione, nei profitti, nella distribuzione dei redditi, ecc. Gli effetti degli errori non sono eliminati dalla scoperta degli errori stessi, dalla correzione; ma da questa derivano spostamenti del mercato in altro senso, non mai un automatico raggiungimento perfetto delle posizioni che si sarebbero realizzate in un ambiente dove avessero agito solo degli esseri razionali. Gli errori si compiono non solo per ignoranza, ma anche per i caratteri psicologici dei singoli operatori, caratteri che adducono a visioni divergenti in vario senso dalla realtà, a opinioni ottimiste o pessimiste sulla posizione attuale o futura del mercato. Queste opinioni, questi caratteri psicologici, non rimangono uniformi nel tempo e non si formano isolatamente presso i singoli operatori, ma mutano e si propagano talora rapidamente ed estesamente poiché l'ambiente economico è mutevole e permeabile.
3. Tecnica nella produzione manifatturiera capitalistica. - L'odierna produzione in serie secondo tipi definiti fa sì che la variazione nella dimensione dell'impresa produttrice significhi generalmente variazione nel costo unitario di produzione nel senso che aumentando la quantità di beni prodotti si realizza di solito una diminuzione nel costo unitario; da ciò deriva una prevalente tendenza alla dilatazione della produzione, all'ampliamento del mercato, alla ricerca di nuovi sbocchi.
4. Caratteri dell'impiego dî mano d'opera. - L'economia capitalistica è caratterizzata dalla produzione di fabbrica sostituita al lavoro a domicilio con un grande impiego concentrato di mano d'opera; le variazioni nella dimensione dell'attività produttiva significano quindi variazioni nell'impiego di mano d'opera, con tutte le gravi conseguenze economico-sociali e le particolari azioni politiche che ne derivano. La condotta dell'organizzazione operaia tende a limitare la variabilità, attraverso il tempo, nel saggio delle mercedi, accrescendo la variabilità nella dimensione della domanda di braccia.
5. Posizione delle industrie produttrici di beni strumentali a fecondità ripetuta. - Il largo impiego di macchine, utensili, ecc., attribuisce una particolare rilevanza alle industrie meccaniche, navali, ecc., quali produttrici dei detti beni. Tali industrie, in una società statica, produrrebbero solo beni destinati a surrogare quelli logoratisi; in una società dove variano i processi tecnici, produrrebbero anche beni di nuovo modello per surrogare quelli antiquati; in una società come è quella concreta, producono altresì beni destinati alla dilatazione delle produzioni manifatturiere in genere nelle fasi d'espansione degli affari.
6. Elasticità di offerta dei beni strumentali a fecondità ripetuta. - Particolari condizioni di elasticità presenta l'offerta dei beni strumentali, considerata attraverso il tempo, in relazione con la dinamica nella domanda dei beni (generalmente beni diretti) alla cui produzione i beni strumentali stessi concorrono. Da variazioni positive nella domanda di questi beni diretti (quali avvengono nella fase ascendente del ciclo degli affari) deriva la necessità di una maggiore disponibilità di macchine e pertanto di una maggior produzione delle medesime. Ma per l'allestimento di macchine, d'impianti industriali, di navi, ecc., occorre un tempo relativamente lungo che giunge sino a uno e talora a più anni, e tale spazio di tempo significa incremento nella produttività marginale, misurata in moneta, dei beni già prodotti, significa formazione per essi di quasi-rendita. Alle variazioni negative nella domanda di beni diretti non corrisponde poi un'effettiva riduzione nella disponibilità dei beni strumentali: poiché per questi ultimi beni l'elasticità negativa di offerta è nulla. Il disinvestimento del capitale fisso impiegato nella produzione è puramente teorico, così come lo spostamento da luogo a luogo, da industria a industria. La riduzione nella domanda di beni diretti, o anche soltanto la cessazione nell'aumento di tale domanda, non soltanto importa l'arresto nell'attività delle industrie producenti i corrispondenti beni strumentali a fecondità ripetuta, ma anche - di fronte all'irriducibilità della massa esistente di tali beni - importa l'annullamento della produttività marginale di questa massa; per una parte di questa massa il valore industriale attuale scompare; molte macchine, invece di valere come macchine, valgono solo come ferro rotto.
7. Mercato del risparmio. - L′economia capitalistica moderna, col ricordato tipo di produzione industriale da essa instaurato, importa un vasto impiego di capitale fisso e di capitale circolante; importa una crescente rilevanza nell'impiego di risparmio, nella domanda e nell'offerta di risparmio. La dinamica nell'offerta e nella domanda di risparmio non si svolge sempre in maniera analoga, coordinata. L'economia. capitalistica adduce anche a una crescente importanza nella intermediazione bancaria rispetto al mercato del risparmio: qualsiasi mutamento nell'indirizzo dell'opera bancaria determina mutamenti nelle condizioni del mercato del risparmio, e nei prezzi che su questo mercato si formano. L'indirizzo via via assunto dall'azione bancaria - attraverso variazioni nei prezzi e nella massa del credito concesso, nella cronologia della concessione di tale credito e nella distribuzione di esso fra i varî rami di attività manifatturiera e fra le varie singole imprese - influisce decisamente sulla dinamica dell'attività produttiva.
8. Mercato finanziario. - La raccolta di risparmio per la conversione in capitale fisso avviene per lo più, nell'economia capitalistica, in maniera mediata o immediata, attraverso l'emissione di titoli di credito, specialmente di azioni. Il mercato di tali titoli ha acquistato una nuova grande rilevanza ed è dotato di una grande sensibilità, non solo rispetto all'attuale condizione della domanda e dell'offerta di risparmio, ma anche rispetto alle previsioni sul risparmio avvenire e sul futuro flusso di profitti e interessi: in esso hanno inoltre molta presa i fattori psicologici. Il saggio di capitalizzazione presenta una grande variabilità attraverso il tempo e tale variabilità - anche all'infuori dell'orbita propria del mercato finanziario - significa spostamento nella distribuzione della ricchezza attraverso variazioni nel valore di molti beni-capitale. Queste variazioni nel saggio di capitalizzazione adducono pertanto a variazionl talora forti nel valore monetario di molti patrimonî e determinano in conseguenza variazioni molto notevoli nella condotta economica (nel soddisfacimento dei bisogni, nei risparmî, ecc.) dei singoli operatori, ripercuotendosi sulla domanda attuale di beni diretti e influendo grandemente sulla psicologia degli operatori.
9. Interdipendenza fra mercato monetario e mercato creditizio. - Allo svolgimento del moderno capitalismo si accompagna una crescente diffusione nell'impiego di segni rappresentativi della moneta, non solo di segni rappresentativi al portatore ma anche all'ordine. In fasi anteriori di tecnica monetaria, l'azione della banca rispetto al valore della moneta si esercitava essenzialmente attraverso variazioni nella velocità di circolazione della moneta metallica; nell'economia capitalistica moderna la creazione di medio circolante rappresentativo non è più riservata alle banche di emissione, ma è svolta anche dalle banche ordinarie attraverso il movimento dei depositi e la creazione dei depositi, effettuata questa ultima mediante la concessione del credito. L'azione bancaria è contemporaneamente creditizia e monetaria. Tale azione è variamente svolta nel tempo anche secondo le previsioni sulle condizioni future del mercato; su essa esercitano naturalmente molta influenza anche i fattori psicologici. Le variazioni attraverso il tempo dell'azione bancaria, influendo non solo sulla velocità di circolazione, ma anche sulla massa del medio circolante, importano spostamenti nel valore della moneta, cioè nel livello dei prezzi dei beni e servizî.
10. Rapporti interlocali fra i mercati. - L'economia capitalistica moderna (anche per effetto dei progressi nella tecnica dei trasporti) è contrassegnata da contatti, da rapporti fra i varî mercati territoriali, assai più numerosi, vasti, rapidi e complessi di quel che fossero in sistemi economici anteriori. Si verifica così la propagazione interlocale degli spostamenti nell'equilibrio economico generale.
11. Vischiosità. - I fenomeni monetarî determinati dalla guerra mondiale hanno messo in grande evidenza il fenomeno della vischiosità dei prezzi dei beni e servizî e le sue conseguenze, in quanto tale fenomeno deriva da grandi e rapide variazioni nella massa del medio circolante. Ma il fenomeno della vischiosità ha manifestazioni assai varie nel processo economico anche all'infuori del caso eccezionale accennato. Spostamenti nelle posizioni dei varî gruppi di operatori non avvengono contemporaneamente, anche se interdipendenti o derivanti da causa comune. Nonostante che i mercati formatisi nel sistema capitalistico moderno siano più affini al mercato perfetto e così si presenti una maggiore fluidità della domanda e dell'offerta in confronto con sistemi anteriori, tuttavia nel meccanismo economico si manifestano variamente forme di attrito, di resistenza, d'inerzia che ritardano la propagazione degli spostamenti nelle posizioni dei varî fattori determinanti la formazione dei prezzi. Ne risultano, in dati istanti, prezzi diversi da quelli che risulterebbero in ambienti in cui la vischiosità non esistesse, e così spostamenti nelle domande o offerte di beni o servizî e variazioni nella dimensione dell'attività produttiva: questi spostamenti si esauriscono o dànno luogo a movimenti in senso inverso, con l'attenuarsi o col cessare delle manifestazioni di vischiosità.
12. Diversa dinamica nell'offerta di prodotti industriali e di prodotti agrarî. - (Questo carattere non è proprio solo dell'economia capitalistica, ma ha, col capitalismo, acquistato maggiore rilevanza). L'offerta di prodotti agrarî, rispetto alla scadenza delle sue variazioni, è strettamente vincolata con la successione delle stagioni; il ciclo produttivo è quasi sempre annuale e solo in rarissimi casi è suscettibile di abbreviazioni; talvolta le variazioni positive nell'offerta possono avvenire solo dopo uno spazio di tempo anche superiore all'anno (per la formazione di nuove piantagioni, ecc.). Le dimensioni dell'offerta sono essenzialmente dipendenti da circostanze meteoriche, dalla frequenza dei parassîti e da altre variabili condizioni ambientali, propizie o avverse. Le dimensioni della produzione non sono suscettibili di pronto accrescimento o riduzione e neppure possono avvenire spostamenti di disponibilità nel tempo perché le derrate sono spesso poco conservabili. L'offerta dipende pertanto dai capricci della natura. Indagini varie sono ultimamente avvenute per accertare se questa bizzarra tradizionale dizione - che allude a una casualità nelle vicende meteoriche e nei loro effetti sulle produzioni agricole - nasconda invece un ordine: tentativi sono stati fatti (con risultati incerti) per determinare se esista una periodicità poliennale nelle condizioni meteoriche, cui sarebbe connessa una periodicità nelle produzioni agrarie, dalla quale deriverebbe l'affermata periodicità delle fluttuazioni cicliche negli affari. Per la produzione industriale la dinamica dell'offerta è generalmente regolabile in via approssimativa secondo la dinamica in atto o prevista della domanda: l'offerta varia principalmente per fatto dell'uomo anzi che per capricci della natura; questa fondamentale differenza è stata posta in evidenza già da varî economisti antichi, p. es. dal Galiani. Alla diversa dinamica delle produzioni agricole e industriali, corrisponde una diversa dinamica nei costi e nei prezzi. Le alternative nell'esito delle produzioni agrarie adducono ad alternative nel flusso dei redditi per la sezione agraria della popolazione; per quanto il tenore di vita della popolazione rurale varii sensibilmente d'anno in anno secondo l'entità dei raccolti, le sue alternative importano anche spostamenti sensibili nell'entità degli scambî fra derrate e moneta, e successivamente nella domanda di prodotti industriali da parte degli agricoltori. Così, a seconda che i raccolti agrarî sono scarsi o copiosi, si hanno nella domanda di merci industriali e nella connessa attività produttiva, variazioni che spesso destano esagerate aspettative presso i manifattori.
Per quanto il sistema causale del procedimento ciclico della vita economica sia assai complesso e variabile e variino le manifestazioni cicliche, tuttavia è possibile tracciare uno schema delle vicende più frequenti che si svolgono in un ciclo, in base alle esperienze più recenti. L'intero ciclo è divisibile in più fasi - d'ineguale lunghezza e di lunghezza non uniforme per successivi cicli - segnalate ciascuna da caratteri economici assai diversi. Non v'è accordo fra i varî economisti riguardo al numero delle fasi e riguardo ai caratteri in esse ravvisati. Il Comitato di ricerche economiche (presso l'Università Harvard, a Cambridge negli Stati Uniti), il maggiore organismo di studî sistematici sulla dinamica economica, distingue cinque fasi: ascesa, prosperità, difficoltà finanziaria, crisi industriale, depressione. Nella seguente analisi, approssimativamente cronologica, delle vicende cicliche, sono richiamate, con numeri fra parentesi, le circostanze proprie dell'economia capitalistica cui i fenomeni si riannodano.
Lo svolgimento ciclico significa fondamentalmente fluttuazione nella dimensione dell'attività produttiva. L'attività produttiva si svolge in vista d'una supposta condizione del mercato alla quale corrisponda, per le imprese produttive, un profitto (1). La previsione d'un maggiore profitto determina un ampliamento della attività produttiva (1, 3). Previsioni d'incremento nel profitto rispetto a un gruppo di imprenditori possono derivare da variazioni intervenute nelle condizioni della produzione, o (più sovente e più facilmente) da circostanze che si ritiene adducano a incrementi nella domanda, quali l'apertura d'un mercato straniero, uno spostamento nel sistema dei gusti, un'abbondante produzione agraria avvenuta o presunta (12). Queste e altre simili circostanze possono essere l'occasione che dà origine alla fase di ascesa. Ma questa fase potrebbe iniziarsi anche senza una speciale definita circostanza occasionale per il semplice esaurirsi della fenomenologia propria della fase conclusiva (depressione) dell'anteriore ciclo.
Gl'inizî della fase ascendente sono caratterizzati dalla posizione del mercato propria dell'anteriore fase di marasma: bassi prezzi dei beni diretti; bassissimi prezzi delle materie prime e discrete giacenze di esse; domanda quasi nulla di beni strumentali a fecondità ripetuta e qualche giacenza di essi, in parte di vecchi modelli; disponibilità relativamente abbondante di risparmio, bassi saggi di sconto; scarso spirito d'iniziativa, poca tendenza all'emissione di nuovi titoli, mercato finanziario depresso; scarsa velocità di circolazione sia della moneta, sia dei beni. A queste varie condizioni corrispondono costi di produzione relativamente bassi. La fase di ascesa s'inizia, dunque, con la migliore prospettiva di profitti. Si ha la tendenza all'espansione nella produzione industriale (1). Dapprima risulta più intensa l'utilizzazione degli impianti, cioè dei beni a fecondità ripetuta esistenti, la quale adduce a un'ulteriore diminuzione dei costi di produzione (3); si verifica un pronto incremento nella domanda di materie prime e un corrispondente ampliamento del capitale circolante: s'inizia un qualche maggiore impiego di mano d'opera (specialmente sotto forma di più intensa occupazione delle esistenti maestranze). Questi fenomeni inizialmente non determinano sensibili variazioni nei prezzi dei beni, né diretti né strumentali, e delle mercedi, né in altri elementi del costo (11); poi un lieve movimento rialzista si delinea sul mercato delle materie prime. All'ampliamento del capitale circolante corrisponde una superiore domanda di credito, sia sotto forma di sconti e anticipazioni, sia, poi, di apertura di conti correnti scoperti; si ha la conseguente graduale dilatazione dei depositi (7) e s'inizia la dilatazione del medio circolante (9); procedendo lo svolgimento di questa fase si verificano rialzi lievi nei saggi d'interesse per le operazioni brevi. Le prospettive di maggiori profitti industriali esercitano subito influenze psicologiche (2), sia sull'ambiente bancario, sia sul mercato finanziario; l'attesa di più alti dividendi anima movimenti speculativi (8) e provoca rialzi nelle quotazioni specialmente per le azioni; le condizioni del mercato del denaro e del mercato creditizio consentono la dilatazione del fondo dei riporti. S'inizia il ribasso del saggio di capitalizzazione e così l'incremento del valore dei beni-capitale. La dilatazione nel valore monetario di molti patrimonî (8) è strumento di diffusione dell'ottimismo fra altri nuclei di operatori (2). La sensazione di maggior ricchezza stimola a incrementi nella domanda di beni diretti e a maggiori speculazioni di borsa (2, 8): si hanno nelle borse i primi afflussi di speculatori dilettanti. Sul finire della fase il movimento rialzista dei prezzi si accentua rispetto alle materie prime e si propaga ai beni diretti, vincendone la vischiosità (8).
Nella fase della piena prosperità, dell'effervescenza degli affari, le prospettive di più lauti profitti si realizzano essendo i costi ancora bassi, la produzione ampliata e i prezzi di vendita accresciuti (3, 11). L'ottimismo si diffonde maggiormente (2) fra i produttori, stimolato dalle vicende di borsa, dal facile credito (7) e dall'effettivo largo spaccio dei prodotti (8). Si accentua vivamente la tendenza all'espansione della produzione: si creano nuovi impianti industriali e si ha un'affannosa domanda di beni strumentali a fecondità ripetuta (5); talora si forma una sproporzione di disponibilità fra questi beni e le materie prime. Già nella fase precedente si aveva una fioritura di brevetti, di progetti; l'adozione di nuovi procedimenti tecnici si presenta agevole e opportuna e promuove un'ulteriore domanda dei detti beni strumentali (5). L'attività delle industrie costruttrici di tali beni, che già riprendeva nella fase precedente, diventa ora febbrile; ma per la produzione delle macchine occorre del tempo (6). Si rialzano ancora i prezzi delle materie prime, maggiore è il rialzo che si presenta nel prezzo delle macchine, nel costo dei nuovi impianti. L'espansione generale nell'attività degli affari significa incremento nel volume degli scambî, ma relativamente più forte è l'incremento nella produzione di moneta bancaria attraverso la più larga concessione di credito (2). Si estende e diventa generale l'aumento del livello dei prezzi (9); ma il rialzo non è uniforme (11); taluni prezzi e servizî ritardano l'ascesa rendendo più marcato il movimento per altri; maggiore è sempre la mobilità dei prezzi delle materie prime e anche delle macchine; per queste ultime il rialzo include in parte il valore della quasi-rendita che si forma rispetto alle macchine e impianti esistenti in confronto con quelli in corso di produzione (6). L'occupazione di mano d'opera si estende dando luogo alfine a un rialzo nelle mercedi (4). L'azione delle leghe di resistenza diventa vivace; sono frequenti gli scioperi di offesa e spesso si chiudono con successo. Tuttavia i profitti, nella prima parte della fase, si mantengono ancora alti, integrati da quasi-rendite. Alla cresciuta altezza dei profitti e delle mercedi corrisponde un diffuso senso di benessere, una larga formazione di risparmio, una diminuzione nella mortalità e morbilità, un accrescimento nella natalità e nella nuzialità. Sono frequenti le costituzioni di nuove società e le grandi emissioni di titoli, sia di azioni, sia di obbligazioni; l'animazione del mercato finanziario si estende (8) nella diffusa aspettativa di profitti ulteriormente crescenti. L'espansione dell'attività industriale giunge talvolta a dar luogo a una vera tendenza all'accaparramento di materie prime, di macchine, di operai. L'incremento dei salarî e degli altri redditi significa maggiore domanda di beni diretti; ma questo aumento essendo stato tardivo e relativamente tenue (11), l'accrescimento nella domanda di beni diretti si presenta pur sempre inferiore alla potenzialità corrispondente alla cumulativa produzione dei beni strumentali; si ha qui una discordanza fra domanda attuale di beni diretti e potenziale offerta dei beni stessi che si accentua man mano che nuove masse di beni strumentali a fecondità ripetuta divengono disponibili, dopo decorso il tempo necessario alla loro produzione (6).
Con lo svolgersi dell'attività produttiva - sia per i beni diretti, sia per quelli strumentali - attraverso il graduale incremento degli elementi del costo, il saggio dei profitti tende a declinare. L'ascesa dei dividendi cessa e s'iniziano sporadici casi di riduzione. Questo mutamento segna il passaggio alla terza fase, quella della difficoltà finanziaria. Successive schiere di speculatori si trovano via via in condizioni meno propizie, così come successivi gruppì di imprenditori vedono via via svanire le speranze di larghi profitti e si trovano di fronte a costi superiori alle aspettative. L'estesa e sempre crescente attività di affari e vastità d'impianti, svoltasi nella precedente fase, ha trovato sempre più largamente la sua base nel credito e nella connessa produzione di moneta bancaria (9). L'aumento dei prezzi dei beni diretti significa riduzione dei redditi reali e alterazione dell'impiego dei redditi dei singoli e adduce a quel fenomeno che taluni economisti inglesi designano con l'appellativo di "risparmio forzato", cioè a una diminuzione dei consumi, non sempre percettibile chiaramente da coloro stessi che ne sono oggetto, specie di prelevamento di ricchezza operato dai banchieri attraverso l'inflazione creditizia. Il ricorso al prestito bancario s'estende anche alla provvista del capitale fisso, presentandosi deficienza di risparmio disponibile per la conversione in capitale di fronte alla crescente domanda per gl'impianti industriali. Si accentua in questa fase, e con rapidità crescente, l'aumento dei saggi d'interesse, risultandone un ulteriore incremento nei costi di produzione (7). I rialzi nel saggio di sconto sono fra i fenomeni che primi e maggiormente influiscono a mutare le sensazioni psicologiche. Presto si delineano spostamenti nella posizione del mercato finanziario, in relazione ai mutamenti nella condizione creditizia (8); si hanno minori disponibilità liquide per la speculazione di borsa e si verificano i primi accenni di un'ascesa del saggio di capitalizzazione, cioè di un ribasso nelle quotazioni dei titoli.
L'attività industriale e il mercato finanziario hanno trovato via via una larga base nel movimento creditizio; il collocamento dei titoli in forma definitiva è divenuto più difficile; si è verificato quel fenomeno che gli economisti americani designano come "svolgimento piramidale del credito" (pyramidizing of credit); l'eccessiva produzione di moneta bancaria risulta pericolosa. Una minima circostanza può essere indizio di mutamento nell'indirizzo della dinamica economica e determinare il passaggio alla fase di crisi. Strumento di mutazione dinamica può anche essere il venir meno delle condizioni ambientali che determinarono e diffusero l'ottimismo; i mutamenti psicologici sono facili a delinearsi (2); basta un dissesto più o meno casuale, qualche delusione d'imprenditori improvvisati e mal preparati. Delle voci sorgono facilmente e diffondono la sensazione che è finita l'epoca dei facili guadagni. Alla fiducia subentra la riservatezza e poi presto il pessimismo, la paura, il panico (2). La sensazione del mutamento si presenta dapprima agli uominì di banca e di borsa; ciò, non solo per la psicologia loro e la loro posizione in un plesso molto sensibile dell'organizzazione economica, ma più ancora per circostanze obiettive connesse sia con l'accentuarsi nelle esposizioni creditizie (tanto conti correnti scoperti come cambiali scontate), sia con l'impossibilità di procedere indefinitamente all'incremento della massa di moneta bancaria (9). I fenomeni attinenti alla circolazione della moneta bancaria, così come quelli attinenti al mercato finanziario, al trasferimento interlocale del risparmio, alla tendenza all'espansione del mercato dei prodotti, influiscono grandemente sulla propagazione interlocale delle fasi cicliche (10) e quindi sulla produzione di moneta bancaria. Ma esiste una vischiosità in questa propagazione degli spostamenti nella condizione del mercato, per cui zone gradualmente più remote da quella in cui l'espansione degli affari si è svolta inizialmente sono in ritardo rispetto alla dinamica discendente e questa si presenta meno marcata; differenze di grado nello svolgimento ciclico risultano anche da diverse condizioni d'ambiente. Questi dislivelli di tempo e di grado, rendono sensibile l'ineguale produzione di moneta bancaria nei varî mercati: si verificano dislivelli nel potere d'acquisto del medio circolante e quindi variazioni nei cambî, movimenti d'oro, spostamenti negli scambî internazionali di merci, fenomeni che contribuiscono a rendere necessarî inasprimenti nel saggio dello sconto nel mercato dove l'espansione ciclica del movimento degli affari è stata più marcata, con le ripercussioni già ricordate sul mercato finanziario.
Le banche sia di emissione, sia ordinarie risentono dunque, in varia guisa, la convenienza di restringere le loro esposizioni creditizie, di procedere a contrazioni nei fidi e a liquidazioni, operando all'uopo una rigorosa selezione della clientela (la quale si era molto dilatata nella fase anteriore). Il rigore che s'instaura nella condotta bancaria altera le posizioni di molti imprenditori, ne rende alcune pericolose e determina, in seguito a selezioni fondamentalmente benefiche, la caduta delle imprese meno vitali.
Gli spostamenti avvenuti nel mercato del credito, la cessazione della speranza di crescenti dividendi e il timore che i dividendi debbano declinare e cessare, provocano ribassi nelle quotazioni dei titoli e determinano facilmente fenomeni psicologici gravi (2); si estende la tendenza ai realizzi e il movimento declinante dei prezzi dei titoli facilmente si svolge rapido e grave, soprattutto per le azioni. Per molte crisi la cronaca ricorda casi clamorosi, in cui i ribassi rovinosi segnano falcidie, talora enormi, nella dimensione monetaria di molti patrimonî e gravi mutamenti nella posizione economica di molti singoli operatori, determinando un diverso indirizzo nelle scelte, una brusca grande riduzione nei consumi e nella domanda quindi di beni diretti. Nella generale diffidenza che invade tutto l'ambiente economico si ha una tendenza alla pronta liquidazione delle posizioni e un incremento nella domanda individuale di moneta: non si ha soltanto la riduzione della massa di moneta bancaria, ma anche una riduzione ancor più marcata della velocità di circolazione. Si manifesta così un grave attrito nel giro degli affari: si presenta diffusa la sensazione - inesplicabile per molti - di una misteriosa mancanza di denaro; non si compera più, cessa ogni iniziativa, domina un senso di diffidenza, si ha una riduzione generale di attività economica e un esteso ribasso del livello dei prezzi. Il perturbamento nel movimento degli affari si accentua poi paurosamente quando la diffidenza si diffonde fra i clienti delle banche e si determina il panico fra i depositanti. La storia di molte crisi narra episodî drammatici di cadute di banche, anche di banche cospicue.
Nella nuova situazione determinata dalla crisi si ha una cessazione assoluta di domanda di beni strumentali a fecondità ripetuta; dati i caratteri proprî della dinamica relativa all'offerta di tali beni (6), data la lunghezza del ciclo produttivo rispetto a tali beni, prosegue ancora la produzione e si verificano ancora consegne di simili beni rispetto a impianti in corso di allestimento; queste tardive produzioni sono, per così dire, dei figli postumi non più desiderati, che derivano da una situazione lieta disgraziatamente chiusa; la tardività nella produzione di questi beni, che prima impinguò i profitti per mezzo di quasi-rendite e accentuò l'ascesa nei prezzi, ora rende difficile la situazione delle imprese committenti e accresce la discesa dei prezzi.
Durante la fase della depressione, la domanda dei beni diretti risulta sensibilmente ridotta; è più fortemente diminuita la domanda di beni strumentali a fecondità semplice ed è cessata quasi totalmente la domanda di beni strumentali a fecondità ripetuta; è notevolmente diminuita la domanda di mano d'opera specialmente rispetto alle industrie costruttive; si presenta grave la disoccupazione operaia (4), con tutte le sue immancabili conseguenze sociali. Alla gradualità nella variazione della domanda dei varî tipi di beni corrisponde la gradualità nella discesa dei rispettivi prezzi; si verifica nella dinamica discendente una vischiosità nei prezzi e nelle mercedi analoga a quella constatata durante la fase di ascesa (11). La vischiosità dei prezzi dei beni diretti deriva anche dalla resistenza dei produttori e dei commercianti a effettuare considerevoli ribassi, dalla loro tenacia a non svendere per non rovinare il mercato, ciò che accentua la riduzione di domanda. Così la vischiosità delle mercedi è accresciuta dalla resistenza delle leghe operaie a consentire riduzioni di mercedi per non danneggiare durevolmente la classe lavoratrice; si verificano in questa fase frequenti scioperi di difesa, spesso con insuccesso, ma tuttavia questa azione delle colleganze operaie tende ad accrescere la disoccupazione. La dinamica del livello dei prezzi lungo la fase di crisi e poi di depressione è in realtà più marcata di quanto appaia dalle curve dei numeri indici consueti perché i beni strumentali a fecondità ripetuta non sono considerati in tali elaborazioni statistiche, mancando spesso per essi quotazioni di mercato.
Nella dinamica della domanda e nella dinamica dei prezzi sembrerebbe aversi una reciprocità di svolgimento tra la fase ascendente e la fase di crisi e di depressione. Ma non si ha una simmetria fra le due branche di queste curve, così come avviene per molte altre manifestazioni della ciclicità: si ha una specie di gradualità nell'ascesa e invece un andamento precipitoso nella discesa; la crisi significa per molti aspetti del processo economico passaggio brusco da una posizione a un'altra molto diversa di equilibrio. Questa asimmetria e le manifestazioni violente della crisi, corrispondono al fenomeno, bene avvertito dopo la guerra mondiale, secondo cui il meccanismo economico sopporta meglio un'inflazione non eccessiva che una deflazione anche lieve; si adatta meglio all'ascesa dei prezzi che non alla discesa. Tanto nell'uno come nell'altro caso il fenomeno accennato è connesso con la diversa posizione e la diversa psicologia degli speculatori e dei reddituarî.
Nella fase di depressione appare in tutta la sua gravità la divergenza, l'asimmetria che si presenta spesso rispetto all'elastieità di offerta dei beni e servizî, tra variazioni positive e variazioni negative: le riduzioni nell'offerta spesso avvengono solo con l'annullamento del valore di impianti, con la cessazione d'imprese, per cui cessa la domanda di braccia e di capacità umane; ciò per la poca fluidità interprofessionale e interlocale sia di uomini (lavoratori o imprenditori), sia di capitale fisso; l'elasticità negativa ha spesso manifestazioni assai gravi (6). Durante la fase della depressione si svolge il ribasso in parecchi fra gli elementi del costo, specie nelle mercedi; tuttavia con la riduzione nella domanda dei prodotti, i profitti talora declinano, talora scompaiono; talora alcune imprese lavorano in perdita; l'attività produttiva si restringe.
L'ultima sezione della fase ascendente è stata segnalata da alti livelli nel saggio d'interesse per il risparmio investito a lunga scadenza e anche da alti saggi di sconto. La crisi, con la ricordata riduzione della velocità di circolazione della moneta, accentua la domanda di prestiti brevi: la storia segnala, in talune crisi, livelli altissimi raggiunti dal saggio di sconto e specialmente dai prezzi per i prestiti brevissimi: in alcune crisi recenti l'inasprimento dei tassi è stato meno pronunciato poiché le banche hanno compreso la convenienza di dilatare i prestiti, di dilatare la massa del medio circolante per attenuare gli attriti, per lubrificare il movimento degli affari, e ridurre alquanto la frequenza delle catastrofi e dei dissesti. Trascorso il periodo più acuto della crisi e iniziata la lunga fase della depressione, del marasma, una condizione psicologica (2) poco propizia alle iniziative domina sul mercato: una specie di malinconia economica. Il rallentamento e il ristagno negli affari conducono alla riduzione nei prestiti, al ritiro della moneta bancaria. Anche dopo trascorsi gl'istanti più gravi e pericolosi, prosegue, nell'ambiente pessimista (2, 1), l'assenza di iniziative; è cessata ogni fioritura d'idee innovatrici: sono rare le proposte di nuovi processi tecnici e non trovano accoglimento: di fronte al declinare del saggio dei profitti, e del prezzo dei prodotti, non si fanno progetti per nuovi impianti; è ridotta al minimo la domanda di risparmio per lunghi investimenti: una specie di inappetenza economica domina l'industria e non è vinta dal basso livello d'interesse che gradualmente si forma sul mercato del risparmio. Sul mercato finanziario gli affari languono; le cronache delle borse lamentano l'assenza del risparmio privato, duramente provato dalle falcidie subite dai titoli: non si forma sul mercato finanziario né offerta né domanda di nuovi titoli: sono nulle o minime le emissioni e non si delinea alcun risveglio di speculazione, nell'assenza di prospettive di crescenti profitti e di crescenti dividendi (2, 8).
La fase della depressione economica è lunga. Il pessimismo solo lentamente si attenua; e le condizioni del mercato solo lentamente migliorano, per i descritti caratteri proprî dell'elasticità negativa nell'offerta di molti beni e servizî (5, 4). ll basso livello dei prezzi dei beni diretti, anche di quelli di consumo popolare, segna saggio relativamente alto dei salarî reali per la mano d'opera occupata; ma l'occupazione è ristretta e spesso si svolge con orario ridotto. La lunghezza nella fase di depressione è connessa con la gradualità ascendente o discendente con cui si svolgono i movimenti secolari: è connessa anche col presentarsi di eventi eccezionali (guerre, ecc.), e di circostanze accidentali di dinamica economica.
Le varie fasi del ciclo sono fra loro concatenate; lo svolgimento dell'una dà immancabilmente luogo al sorgere della successiva: ciascuna fase segna formazione di squilibrî sul mercato: talora fra la disponibilità attuale o la produzione in corso (disponibilità futura) di beni diretti, di beni strumentali a fecondità semplice e beni a fecondità ripetuta; talora fra capitale fisso e capitale circolante; talora fra domanda e offerta di risparmio. Il procedimento ciclico si potrebbe dire un meccanismo con cui il sistema economico tende a correggere gli squilibrî e le sproporzioni e tende a raggiungere una posizione normale di stabile equilibrio. Ma in questi movimenti correttivi, gli spostamenti - per l'impulso meccanico che li determina - sono facilmente eccessivi, si traducono in nuove sproporzioni tra i fattori che agiscono sul mercato, in nuovi squilibrî da cui derivano ulteriori movimenti.
La cronologia delle manifestazioni cicliche nei varî aspetti e sezioni del movimento economico è lungi dall'essere uniforme in tutti i successivi cicli e in tutti i paesi; i cicli non sono conformi a un unico modello. Lo schema generico (qui sommariamente tracciato) pone in evidenza taluni fra i sintomi più notevoli e più frequenti. Ma i sintomi sono molto più numerosi e varî di quanto risulti dalla nostra sommaria esposizione. Tutte quante le manifestazioni quantitative dei fenomeni che avvengono sul mercato, tutti i dati statistici attinenti al movimento degli affari, mostrano gli effetti del generale svolgimento ciclico. Così la sintomatologia della ciclicità si ritrova più o meno evidente nelle statistiche relative al volume dell'offerta e della domanda dei varî beni e servizî, al grado d'intensità di impiego degl'impianti e della mano d'opera, ai varî prezzi dei varî ordini di beni, ai salarî, all'offerta e domanda di risparmio, alla dimensione delle opere creditizie; ai saggi d'interesse del risparmio e del denaro applicato a investimenti brevi; alle quotazioni dei titoli e alla dinamica degli affari di borsa, alle compensazioni, alle emissioni di titoli, alla circolazione di segni monetarî e alla moneta bancaria; agli scambî commerciali interni ed esteri; ai trasporti; ai consumi; alla creazione, ampliamento, cessazione di imprese; ai profitti; alle migrazioni di lavoratori; ai protesti e fallimenti, al pauperismo, alla mortalità, alla morbilità, ai suicidî; a talune spese pubbliche, al gettito di molti tributi quale sintomo della dimensione raggiunta da produzioni, scambî, trasporti, consumi, remunerazioni, profitti, ecc.
Le recenti indagini di economia induttiva - svolte specialmente negli Stati Uniti, in Inghilterra e in Germania, con applicazioni anche di metodi statistici raffinati - sono prevalentemente rivolte allo studio dei sintomi delle varie fasi dei cicli economici, sia con l'intento scientifico della migliore nozione della dinamica economica, sia con l'intento utilitario della previsione delle vicende nel movimento degli affari. Talune di queste indagini si sono rivolte alla considerazione della cronologia dei sintomi, cronologia connessa con il fenomeno della vischiosità; e alla considerazione della diversa sensibilità dei sintomi, della diversa dimensione dello svolgimento ondulare. La grande varietà e variabilità nel sistema causale dei cicli sembra smentire la speranza di ravvisare delle rigorose uniformità (propizie alla previsione economica) nella successione cronologica dei sintomi.
Non sarebbe possibile svolgere qui un esame particolare delle numerosissime teorie formulate intorno alle crisi (o, meglio, intorno ai cicli negli affari). Due recenti notevoli tentativi di classificazione e analisi sistematica delle teorie - eseguiti dal prof. Warren M. Persons e da Wesley C. Mitchell - sono citati nella bibliografia. La classificazione rigorosa riesce difficile (anzi, impossibile), poiché si può dire che tutte le trattazioni siano eclettiche e che nessun economista assegni una sola causa, una sola origine a una fenomenologia così complessa e intricata quale è quella dello svolgimento ciclico degli affari.
Ricordando rapidamente solo le più notevoli analisi teoriche, abbiamo anzitutto dottrine che ravvisano nella ciclicità economica la ripercussione della ciclicità meteorica (e agraria) e vedono in questa l'effetto dei fenomeni cosmici; tali sono la teoria di W. Stanley Jevons, basata sulla periodicità approssimativamente decennale delle variazioni delle macchie solari, e quella di H. L. Moore, basata su periodi di 8 anni attinenti alla rivoluzione del pianeta Venere intorno al sole. L'economista tedesco Werner Sombart ritrova invece la causa fondamentale nella dissimilarità del ritmo secondo cui avvengono le produzioni di materie organiche e di materie inorganiche. Parecchi economisti assegnano poi quale causa prevalente delle fluttuazioni nelle attività economiche, le alternative di ottimismo e pessimismo presso la gente di affari; questo fattore emotivo è messo in primaria evidenza dal Marshall e poi dal più eminente dei seguaci della scuola marshalliana, dal Pigou, nel libro citato nella bibliografia, che è la migliore trattazione che ora si possegga sulle fluttuazioni industriali. Una ben singolare ipotesi sul fattore emotivo quale causa del ritorno delle crisi, è avanzata dall'americano M. B. Hexter, il quale crede di ravvisare una coincidenza fra le crisi e le fasi di accentuazione della mortalità e riconnette il pessimismo della gente d'affari al dolore determinato dai frequenti decessi. Alle tesi che assegnano decisiva importanza alle alternative nella psicologia presso la gente d'affari, fanno riscontro le dottrine che vedono nelle fluttuazioni cicliche gli effetti di errori di calcolo da parte dei produttori; l'economista tedesco Brentano sin dal 1878 affermava che "i casi di ristagno nello spaccio e le loro conseguenze per gli imprenditori non sono che le meritate pene per gli errori da essi commessi nei calcoli economici".
Altre dottrine attribuiscono la causa dello svolgimento ciclico alle innovazioni tecniche, all'invenzione e adozione di nuovi processi produttivi, i quali determinerebbero espansione nell'attività industriale con ampliamenti nell'impiego di risparmio, rialzi nei saggi d'interesse, nelle mercedi, nei prezzi; seguirebbe poi un periodo di raggiustamento, di crisi e depressione. Il più importante sostenitore di questa tesi è lo Schumpeter; ad essa si accosta in parte il Cassel.
Molte spiegazioni dello svolgimento ciclico s'imperniano anche sulla dinamica nella formazione e nell'impiego del risparmio, ritenendo le fasi d'insufficiente formazione di risparmio causa di limitazioni nell'attività produttiva; il più insigne elaboratore di questo principio è il russo Mentore Tougan-Baranovski. L'inglese Giovanni A. Hobson parte da una tesi opposta: l'eccessiva formazione di risparmio presso le classi ricche in date epoche, adducente a una soverchia formazione di capitale fisso e quindi alla depressione economica. La dinamica nella formazione del risparmio e nel suo impiego breve o lungo ha molta parte nella complessa e oscura teoria della ciclicità, ultimamente formulata dal prof. Dennis H. Robertson.
Numerose teorie sulle crisi si fondano sulla dinamica nella attività produttiva. Talora si afferma genericamente l'esistenza di epoche di sovrapproduzione o di sottoconsumo, cui succedono, per reazione, delle epoche di minore produzione. Più fini analisi sono state recentemente condotte intorno alle circostanze che adducono a questi eccessi o a queste deficienze di produzione. Tra le dottrine più notevoli in questo senso si possono ricordare quelle del francese Alberto Aftalion e del russo Mentore Bouniatian, basate largamente sui particolari caratteri della dinamica nella produzione dei beni strumentali a fecondità ripetuta; tale dinamica ha pure larga parte nei sistemi teorici escogitati dal Robertson e dal Pigou e da parecchi altri economisti.
Molto rilevante è infine la parte assegnata da numerosi schemi dottrinali alla fenomenologia relativa alla moneta e al credito. La rilevante parte che il credito e la moneta hanno tenuto nella dinamica economica a partire dallo scoppio della guerra, ha richiamato nuovamente l'attenzione degli economisti sull'aspetto monetario del movimento ciclico. La tesi estrema è affermata dall'economista britannico R. G. Hawtrey, che ravvisa nella ciclicità unicamente l'effetto di alternative nella condotta bancaria. Le variazioni nella massa e nel valore della moneta hanno molta parte nelle teorie formulate dall'americano Irving Fisher, dal Robertson e dal Pigou; il Pigou vede però nelle alternative della politica creditizia essenzialmente una manifestazione di alternative di ottimismo e di pessimismo. Talune dottrine, sempre ponendo in grande evidenza i fenomeni monetarî, trovano l'immediata causa delle fluttuazioni nell'attività industriale, nei ritardi con cui varia il flusso di molti redditi e quindi la domanda di beni diretti; questa tesi è stata ultimamente sostenuta negli Stati Uniti da varî economisti appartenenti alla Pollak Foundation for Economic Research.
Nella letteratura economica italiana si hanno varî contributi veramente notevoli alla teoria delle crisi. Si deve ricordare la monografia Delle crisi economiche pubblicata da Francesco Ferrara come prefazione al vol. IV (2ª serie) della Biblioteca dell'Economista, vasta analisi critica delle dottrine degli economisti classici sulle crisi. Il Ferrara distingue le crisi di difetto, di sovrabbondanza di merci, e le crisi monetarie; afferma che le crisi derivano da impedimenti sorti negli scambî delle merci, da un "inciampo alla permutazione delle utilità dall'industria umana create"; l'inciampo per necessità deriva, o da merci intempestivamente prodotte e per ciò, in un dato momento, soverchie, ovvero da merci le quali, benché rispondano all'attuale desiderio degli uomini, pure trovano difetto di quelle altre con cui dovrebbero equilibrarsi per poter penetrare in un giro di scambî; in ogni crisi si trova necessariamente implicato un vizio di produzione: merci eccedenti il bisogno dei consumatori, merci inferiori a quanto occorra per bilanciare il valore di quelle altre che debbono spostarsi girando sulla circonferenza degli scambî. Il Ferrara trova che è un pregiudizio ritenere le crisi dovute a "penuria di denaro metallico", ma ritiene che i vizî di produzione recanti crisi potrebbero essere tempestivamente arrestati mediante un buon esercizio del credito.
Un altro notevolissimo contributo recato dalla scienza italiana alla dottrina delle crisi è la relazione peritale stesa da Maffeo Pantaleoni in seguito a sentenza della corte d'appello di Roma dell'8 agosto 1912, per una controversia giudiziaria fra l'amministrazione delle Ferrovie dello stato e l'impresa francese per le costruzioni meccaniche Arbel. La perizia è una larga monografia documentata, intorno ai fenomeni ciclici svoltisi fra il 1905 e il 1907, e culminanti nella crisi del 1907; essa contiene considerazioni assai originali intorno all'azione dei varî fattori di generale dinamica economica e intorno alla sintomatologia dello svolgimento ciclico.
In uno studio dovuto a Gustavo Del Vecchio, Sulla teoria economica delle crisi (Giornale degli Economisti, giugno 1914), occasionato dalla pubblicazione dell'opera, dianzi ricordata, dell'Aftalion, sono posti in evidenza parecchi elementi determinanti lo svolgimento ciclico: "la essenza monetaria delle crisi" per cui allo svolgimento dinamico ascendente della produzione fa riscontro un aumento generale dei prezzi; il ritardo nell'ascesa dei salarî che determina un incremento nei profitti; la sproporzione fra le produzioni dei varî beni lungo la fase ascendente, specialmente fra i beni a processo produttivo lungo e breve; i fenomeni che avvengono al chiudersi della fase di prosperità con l'arresto nell'ascesa dei prezzi, per cui si rivela l'esuberanza, la sovrapproduzione avvenuta per taluni beni, specie strumentali; ne conseguono, nella fase di depressione, la minore produzione, i minori consumi e investimenti.
Bibl.: Oltre alle opere citate nel testo e ai trattati generali di economia, sono da ricordare: C. Juglar, Des crises commerciales et de leur retour périodique, ecc., Parigi 1862, 2ª ed. 1890; W. Stanley Jevons, Invetsigations in currency and finance, Londra 1884; C. Supino, Le crisi econ., Milano 1907; J. Schumpeter, Über das Wesen der Wirtschaftskrisen, 1910; id., Theorie der wirthschaftl. Entwicklung, Lipsia 1912, 2ª ed., 1926; G. H. Hull, Industr. Depressions, New York 1911; M. Pantaleoni, La crisi del 1905-07, Roma 1913 (rist. in Ann. di econ., giugno 1923); M. Tougan-Baranovski, Les crises industr. en Angleterre, Parigi 1913; A. Aftalion, Les crises périodiques de surproduction, voll. 2, Parigi 1913; R. G. Hawtrey, Good and bad trade, an inquiry into the causes of trade fluctuations, Londra 1913; H. C. Moore, Economic cycles, their law and cause, New York 1914; D. H. Robertson, A study of industrial fluctuations, Londra 1915; E. H. Vogel, Die Theorie der volkswirtschaftlichen Entwicklungsprozesses und das Krisenproblem, Vienna 1917; A. H. Hansen, Cycles of prosperity and depression in the United States, Great Britain and Germany, Madison 1921; M. Bouniatian, Les crises économiques, essai de morphologie et théorie des crises économiques périodiques et des théories de la conjoncture économique, Parigi 1922; H. C. Moore, Generating economic cycles, New York 1923; J. Lescure, Des crises générales et périodiques de surproduction, Parigi 1923; W. T. Foster e W. Catchings, Money, Boston 1923; Lavington, The trade cycle, Londra 1925; D. H. Robertson, Banking Policy and the Price Level, Londra 1926; W. M. Persons, Theories of business fluctuations: a classification of the theories, in Quarterly Journal of Economics, novembre 1926; A. C. Pigou, Industrial fluctuations, Londra 1927, 2ª ed. 1929; M. Wesley Mitchell, Business cycles, the problem and its setting, New York 1927.