CRISTALLI LIQUIDI
(XI, p. 957; App. IV, I, p. 548)
Recenti sviluppi sulla classificazione dei cristalli liquidi. − Una prima suddivisione in due classi principali può essere fatta considerando da una parte quelle sostanze che presentano le proprietà mesomorfiche in stati intermedi tra quello cristallino e quello liquido (c. l. termotropici) e dall'altra sistemi che invece possiedono tali proprietà in stati che si trovano tra il solido e la soluzione isotropa (c. l. liotropici): nel primo caso, le mesofasi liquido cristalline sono indotte da variazioni di temperatura, mentre nel secondo caso esse possono essere causate sia da variazioni di concentrazione del solvente che da variazioni di temperatura.
Cristalli liquidi termotropici. − Alla ormai classica distinzione di G. Friedel in nematici, smettici e colesterici, occorre aggiungere la presenza di nuove strutture termotropiche, alcune delle quali già predette teoricamente. In particolare, a tutt'oggi, si riconosce l'esistenza di almeno 11 fasi smettiche (A, B, C chirale o C*, D, E, F, G, H e I) che differiscono tra loro per l'ordine delle molecole all'interno degli strati (fig. 1). A tale numero si devono aggiungere strutture che presentano un ordine pseudocristallino ma che risultano fortemente correlate alle fasi smettiche, come la fase esatica e la cosiddetta B-cristallina.
Ultimamente, un grande interesse si è concentrato inoltre su c. l. organometallici, cioè composti caratterizzati dalla presenza nella molecola mesomorfa di un atomo metallico: tali sistemi possiedono caratteristiche strutturali e dinamiche tali e un così particolare e ricco polimorfismo termotropico da far prevedere nuove possibili applicazioni. Un cenno meritano inoltre i cosiddetti discotici, costituiti da molecole che presentano un nucleo centrale a forma di disco (costituito in genere da residui aromatici) e da una serie di catene laterali idrocarboniche disposte simmetricamente (fig. 2). In funzione della temperatura, tali molecole assumono differenti organizzazioni strutturali, generalmente caratterizzate dall'impilamento dei nuclei centrali e quindi dalla formazione di colonne che possono essere disposte in reticoli esagonali o rettangolari (fasi colonnari).
Cristalli liquidi liotropici. − Sistemi stabili da un punto di vista termodinamico e che presentino le stesse caratteristiche liquido cristalline già descritte (quali per es. l'anisotropia ottica ed elettrica, la fluidità e l'incapacità di sopportare sforzi di taglio) si possono ottenere anche per penetrazione di solvente all'interno di un reticolo cristallino. Tali sistemi, in cui le proprietà mesomorfiche appaiono nella regione intermedia tra lo stato cristallino e la soluzione propriamente detta (o soluzione isotropa), prendono il nome di c. l. liotropici. I liotropici sono tipicamente formati da due componenti; i più comuni costituenti sono l'acqua e sostanze anfifiliche (come per es. i lipidi e i detergenti, ma va sottolineato che strutture di tipo liotropico sono comunemente osservate anche in soluzioni acquose di acidi nucleici o di polinucleotidi). Una molecola è anfifilica quando in essa è possibile individuare una porzione idrofilica, cioè una parte che possiede molta affinità per l'acqua, e una porzione idrofobica, cioè una parte che non sia solubile in acqua. In genere, come in molti detergenti e nei lipidi, la parte idrofilica è costituita da una testa polare (sono polari per es. residui di acidi carbossilici, residui ammonici, fosforici, alcolici, ecc.), mentre la parte idrofobica è costituita da residui di catene idrocarboniche (paraffine); a causa di questa particolare struttura molecolare, tali sostanze, una volta messe in acqua, tendono ad aggregarsi in maniera tale da nascondere all'acqua le regioni paraffiniche e da offrire al contatto con il solvente solo le parti polari. In funzione del contenuto in acqua (ed eventualmente degli altri componenti della miscela, quali proteine, acidi organici o minerali, sali, ecc.) e naturalmente in funzione della temperatura, il numero di differenti strutture che possono essere osservate risulta piuttosto ampio, andando da fasi fortemente ordinate a strutture disordinate come le fasi micellari. Le differenti fasi liotropiche sono identificate da lettere latine e greche, che specificano la simmetria della struttura e la conformazione delle catene paraffiniche, cioè, rispettivamente, l'ordine a lungo e a corto raggio.
Per quanto riguarda le possibili conformazioni delle catene idrocarboniche (cioè le parti idrofobiche), ricordiamo che esse possono assumere un ordine di tipo cristallino, presentandosi cioè rigide e completamente estese (fig. 3). Rispetto al piano contenente le parti polari, che corrisponde all'interfaccia acqua-paraffine, le catene possono essere orientate perpendicolarmente o più o meno inclinate: tali conformazioni vengono indicate rispettivamente con le lettere β e β′. A più alta temperatura o per l'effetto combinato del solvente e della temperatura, le catene idrocarboniche possono assumere una conformazione molto simile a quella liquida (indicata con la lettera α): naturalmente, dato che un estremo della catena è comunque ancorato alla parte polare, il disordine non sarà mai completo, risultando sempre un'orientazione media delle catene in direzione perpendicolare all'interfaccia polare-apolare. A seconda della composizione delle catene paraffiniche nel composto anfifilico, e in particolare nel caso di miscele naturali di lipidi (come nel caso di lipidi estratti da membrane biologiche), le catene possono assumere conformazioni di tipo intermedio tra quella cristallina e quella liquida, mostrando cioè in differenti domini diverse conformazioni (tipi αβ e γ).
Le varie strutture che si osservano nei sistemi liotropici vengono classificate mediante criteri cristallografici formali, cioè in base alla simmetria del gruppo spaziale a cui appartengono. Una classificazione molto più semplice può essere tuttavia fatta basandosi sulla forma dei cosiddetti ''elementi di struttura''. Infatti, considerando la particolare molecola degli anfifili, in tutte le strutture liotropiche possiamo sempre individuare due regioni ben distinte, quella occupata dalle paraffine e quella occupata dall'acqua, mentre l'interfaccia tra i due mezzi è completamente ricoperta dai gruppi polari: la forma di tali regioni è in genere facilmente riconoscibile e permette quindi una più facile descrizione.
Gli elementi di struttura appaiono come dei piani infiniti a forma di lamelle, sovrapposte una sull'altra a formare un reticolo monodimensionale, nelle fasi lamellari (tali strutture sono indicate con la lettera L ovvero con la P quando, in particolari condizioni, le lamelle presentano una distorsione periodica così da apparire ondulate. A seconda della conformazione delle catene paraffiniche avremo quindi fasi Lβ, Pβ′, Lα, ecc.). Tali strutture sono quindi di tipo smettico: le lamelle sono equidistanti e parallele, senza tuttavia nessun'altra correlazione che riguardi la posizione e l'orientazione delle molecole nei diversi piani (fig. 3). È interessante notare che le normali membrane cellulari presentano questo tipo di struttura mentre nei liposomi (sistemi che sempre di più sembrano interessare l'industria farmaceutica e cosmetica) tali lamelle sono sovrapposte una sull'altra come i vari strati di una cipolla (fig. 4).
Gli elementi di struttura sono invece dei nastri di lunghezza infinita organizzati secondo un reticolo a due dimensioni nella fase rettangolare bidimensionale (fase P) o dei bastoncelli di sezione circolare, di lunghezza infinita, paralleli tra loro e sistemati secondo un reticolo bidimensionale esagonale nella fase esagonale (H). Possono inoltre essere descritti come dei bastoncelli più corti, sempre di sezione circolare ma collegati tra loro (a tre per tre, a quattro per quattro, a sei per sei) per dare origine a reti più o meno complicate che si espandono nelle due o tre dimensioni, come nelle fasi romboedriche (R), rettangoli tridimensionali (T) e cubiche (Q). Per fare un esempio, la fase cubica denominata Q230 (il numero deriva dal gruppo spaziale di simmetria) è comunemente descritta in termini di due reti tridimensionali di bastoncelli legati tra loro a tre per tre, mutualmente intrecciati e non connessi tra loro (fig. 5).
Le molecole anfifiliche possono inoltre aggregarsi tra loro per dare origine a elementi di struttura con forma globulare: tali aggregati possono essere tuttavia di forma molto differente, andando da quella sferica (ed è il caso delle soluzioni micellari, che non possiedono propriamente le caratteristiche proprietà mesomorfiche) a quella allungata o a quella a disco osservata rispettivamente nei nematici liotropici calamitici e discotici.
È interessante osservare che quando in una fase liotropica è possibile fare una distinzione topologica tra l'interno e l'esterno degli elementi di struttura (per es. nel caso dei bastoncelli è possibile parlare di cosa c'è all'interno e di che cosa c'è all'esterno dei cilindri, fig. 6), si possono separare le strutture di tipo I (olio-in-acqua) da quelle di tipo II (acqua-in-olio): tornando al nostro esempio, quindi, parleremo di una struttura di tipo I, se i bastoncelli presentano all'interno le catene paraffiniche e sono ricoperti dalle parti polari e separati uno dall'altro dall'acqua. Viceversa, se i bastoncelli sono dei canali di acqua, contenuti all'interno di tubi formati dalle parti polari, e se tali tubi sono separati dalle catene idrocarboniche, parleremo di fase di tipo II.
Nuovi materiali mesomorfici. − Polimeri liquido cristallini. − Composti polimerici che presentino proprietà liquido cristalline risultano molto interessanti e promettenti da un punto di vista sia teorico che tecnologico. Ricordiamo qui che un polimero è in genere caratterizzato, quando viene riscaldato, da due transizioni di fase: la prima, a più bassa temperatura, è la cosiddetta transizione vetrosa, mentre la seconda corrisponde alla fusione del polimero (ciò avviene alla temperatura di chiarificazione, in cui il polimero diventa isotropo). Quando i monomeri che costituiscono il polimero sono gruppi mesogeni, si possono osservare fasi liquido cristalline nell'intervallo di temperatura tra le due transizioni: si può quindi facilmente comprendere come macromolecole che possiedano un ricco polimorfismo termotropico o eventualmente liotropico, debbano presentare una serie di proprietà nuove e interessanti. Per es., si possono avere polimeri che presentino fasi colesteriche indotte; film che mantengono invariate queste proprietà ottiche caratteristiche possono essere facilmente ottenuti mediante ''congelamento'' del polimero nella fase vetrosa e utilizzati per ''colorare'' tessuti o carte.
I polimeri mesogeni sono classificati in base al loro caratteristico comportamento di fase e anche in base alla loro struttura molecolare (fig. 7). Il monomero, in particolare, può avere caratteristiche anfifiliche oppure no: avremo quindi polimeri mesogeni di tipo liotropico (in cui le mesofasi appaiono per variazione del contenuto di un particolare solvente, che può non essere necessariamente acqua) e polimeri mesogeni di tipo termotropico (in cui le mesofasi compaiono quando viene variata la temperatura). Legando insieme questi monomeri, si può ottenere una lunga catena: questi sono i cosiddetti polimeri mesogeni a catena principale. Tale catena, a seconda delle caratteristiche chimico-fisiche desiderate e a seconda del polimorfismo che si vuole ottenere (è infatti possibile ''scegliere'' l'intervallo di temperatura e il tipo di fase liquido cristallina mediante delle semplici regole di ''architettura molecolare'') può essere rigida o flessibile ''giocando'' sulla natura chimica e sulla lunghezza degli ''spaziatori'' che vengono introdotti per separare gruppi mesogeni. I monomeri, d'altra parte, possono essere anche legati lateralmente alla catena principale, presentandosi cioè come dei ''pendenti'': tali sistemi prendono il nome di polimeri mesogeni a catena laterale o a pettine. Di nuovo, la catena principale che supporta i gruppi mesogeni può essere flessibile o rigida; è da sottolineare che, nello stato mesomorfico, solo i gruppi mesogeni sono responsabili dell'ordine liquido cristallino, che risulta praticamente indipendente dalla conformazione della catena principale (fig. 8).
Cristalli liquidi ferroelettrici. − Se un materiale, e quindi un c. l., può essere ferroelettrico o no è deciso da considerazioni di simmetria: infatti il vettore di polarizzazione elettrica spontanea P, che rappresenta una proprietà intrinseca del composto mesomorfo, deve risultare invariante sotto operazioni di simmetria per cui il c. l. è invariante. In particolare, tali richieste di simmetria sono soddisfatte nel caso della struttura delle fasi smettiche C chirali (smettici C*) che quindi presentano proprietà ferroelettriche. Da un punto di vista strutturale, le fasi smettiche C* sono caratterizzate da molecole che possiedono un centro chirale e che si presentano inclinate rispetto ai piani smettici: la struttura naturale per tale fase, cioè quando il cristallo liquido è libero dall'influenza di campi esterni o forze di superficie, è caratterizzata dal fatto che il direttore n si muove secondo un andamento elicoidale quando ci si sposta lungo una direzione perpendicolare ai piani smettici (fig. 9A). Questo ordine orientazionale elicoidale del direttore è naturalmente associato con un analogo ordine orientazionale elicoidale del vettore P. Tale struttura elicoidale può essere soppressa utlizzando per es. un campo elettrico di opportuna intensità: tutti i vettori P ed n saranno quindi orientati in maniera uniforme, cosicché risulteranno anche modificate le caratteristiche elettriche della struttura liquida cristallina (fig. 9B). Numerosi dispositivi elettro-ottici recentemente sviluppati sono basati appunto sulle proprietà ferroelettriche dei cristalli liquidi smettici C chirali.
Applicazioni di cristalli liquidi. − Dato l'elevato numero di possibili applicazioni, diventa sempre più difficile trovare un'area tecnologica dove non si usino o dove non si preveda l'impiego di tali materiali. Per semplicità e chiarezza, abbiamo provato a dividere le possibili applicazioni dei c. l. in due gruppi, considerando prima i casi in cui la fase mesomorfa è soggetta all'azione di un qualsiasi fattore esterno (che può essere per es. un campo elettromagnetico o la temperatura) e poi quelli in cui invece è il c. l. stesso che modifica il comportamento di un sistema sotto osservazione: tale divisione è espressa nella tabella.
Presentiamo qui in dettaglio alcuni esempi di applicazioni.
Display a cristalli liquidi. − I displays a c. l. (LCD; Liquid Crystal Displays) sfruttano le proprietà elettro-ottiche e di allineamento dei c. l.: tali dispositivi possono funzionare per trasmissione o per riflessione della luce. Una tra le configurazioni più frequentemente utilizzate (TN-FE: Twisted Nematic Field Effect LCD) è schematizzata in fig. 10. Ogni cella è costituita da due vetrini rivestiti nella parte interna con materiale trasparente che funge da elettrodo; tra i due elettrodi si trova uno strato di qualche micron di un composto che presenti una fase nematica a temperatura ambiente. Grazie a un particolare trattamento delle superfici interne, le molecole del c. l. sono orientate parallelamente alla superficie stessa: i due vetrini sono tuttavia montati in modo tale che le direzioni di allineamento siano perpendicolari l'una rispetto all'altra. Quindi, passando da un elettrodo all'altro si osserva una variazione graduale della direzione di orientazione delle molecole. Due polarizzatori lineari si trovano inoltre sulle superfici esterne della cella, messi in modo tale che il loro asse di polarizzazione coincida con la direzione di allineamento dei c. l. sulla superficie interna. In condizioni normali, la luce che entra nella cella viene polarizzata dal primo filtro in modo tale che la direzione del vettore campo elettrico sia parallela a quella delle molecole del nematico che si trova a contatto della superficie del primo elettrodo. La luce polarizzata si propaga all'interno della cella, ruotando gradualmente il piano di polarizzazione, seguendo l'andamento del direttore nematico. In conseguenza di ciò, la luce raggiunge il secondo polarizzatore con una direzione di polarizzazione tale che lo può attraversare, per poi essere riflessa da un piano riflettente, attraversarlo di nuovo e intraprendere il cammino inverso fino a raggiungere l'osservatore, passando di nuovo attraverso il primo polarizzatore. Quando tra i due elettrodi è applicata una differenza di potenziale, le molecole tendono a riorientarsi: se il potenziale applicato è superiore al valore soglia, il direttore nematico sarà completamente allineato rispetto al campo elettrico. In queste condizioni, la direzione di polarizzazione della luce che ha attraversato il primo polarizzatore non verrà più deviata dall'interazione con il c. l. nematico e quindi la luce non potrà attraversare il secondo polarizzatore per essere riflessa: la cella apparirà buia all'occhio dell'osservatore. Quando il potenziale applicato è interrotto, le forze intermolecolari costringono il c. l. a restaurare le condizioni iniziali, permettendo così di nuovo la trasmissione della luce. Si può facilmente intuire come si possano costruire immagini e parole applicando un potenziale elettrico a differenti segmenti opportunamente accoppiati tra loro. È particolarmente interessante notare che la potenza necessaria per ''accendere'' una cella è minore di 1 μW/cm2.
Le proprietà di birinfrangenza dei c. l. vengono invece sfruttate per ottenere displays a colori. In tali celle, controllando la differenza di potenziale applicata, si può cambiare in maniera continua la lunghezza d'onda della luce trasmessa.
Interessanti caratteristiche sono inoltre presentate da dispositivi che sfruttano le proprietà ferroelettriche dei c. l. smettici: tali displays mostrano in particolare una così elevata velocità di funzionamento (dell'ordine di microsecondi) che ne ha permesso l'impiego commerciale come modulatori a basso costo e, per es., come micro-interruttori per comunicazioni ottiche.
Liposomi. − I liposomi sono strutture costituite da vescicole multilamellari che si formano quando molecole anfifiliche vengono disperse in acqua (fig. 4): come precedentemente indicato, le differenti lamelle possono essere caratterizzate, in funzione della temperatura o della composizione, da differenti conformazioni delle catene paraffiniche. I liposomi hanno una notevole importanza biologica, dato che la serie di lamelle che li costituiscono può essere considerata come un semplice modello della membrana cellulare: tali strutture possono essere studiate con relativa facilità utilizzando differenti tecniche sperimentali, valutando nello stesso tempo l'effetto di quei parametri chimico fisici (tra tutti per es. la composizione), che possono non essere controllabili in sistemi in vivo. Si deve inoltre sottolineare che i liposomi stanno assumendo sempre maggiore importanza nell'industria cosmetica e farmaceutica, dato che possono essere utilizzati come trasportatori di principi attivi: in questo modo, i farmaci possono essere per es. protetti dall'azione di agenti esterni (quali enzimi e acidi minerali) o essere trasportati preferenzialmente in certe zone dove deve avvenire il rilascio del farmaco. Un ruolo importante possono inoltre assumere nella terapia quando, marcando la superficie esterna dei liposomi con particolari molecole che permettono il riconoscimento mediante reazioni di tipo ''antigene-anticorpo'' da parte di tessuti o cellule, si determinerà la concentrazione e il rilascio del farmaco solo dove è richiesta l'azione farmacologica.
Cristalli liquidi come solventi con proprietà catalitiche. − Se una reazione chimica è caratterizzata da un'elevata richiesta orientazionale, un solvente fortemente anisotropo dovrebbe determinare una modifica dei parametri cinetici della reazione. In effetti, aumenti della velocità sono stati osservati all'interno di solventi smettici altamente ordinati (tipo smettici B o C) nel caso di reazioni caratterizzate da stati di transizione con una specifica richiesta orientazionale dei reagenti. Utilizzando come solventi c. l. chirali (smettici C*) si sono inoltre evidenziati effetti sulla purezza dei prodotti in caso di reazioni che portano alla formazione di centri chirali. Tuttavia, contrariamente alle aspettative e all'interesse che tali risultati lasciavano intravedere, a tutt'oggi le ricerche in questo campo non hanno portato ad applicazioni industriali di particolare rilievo.
Bibl.: Smectic liquid crystals, a cura di G. W. Gray e J. W. Goodby, Glasgow 1984; Lipids and membranes, a cura di J. A. F. Op Den Kamp, R. Roelofsen e W. A. Wirtz, Amsterdam 1986; Thermotropic liquid crystals, a cura di G. W. Gray, Chichester 1987; Liquid crystal TV displays, a cura di E. Kaneko, Tokyo 1987; Progress in microemulsions, a cura di S. Martellucci e A. N. Chester, New York 1989.