cristallino
L'epiteto di c. (latino crystallinus; greco χρυστάλλινος, " che ha la purezza e la trasparenza del ghiaccio ", da χρύσταλλος, " ghiaccio ", " gelo ") compete a ogni cielo, in quanto nella cosmologia aristotelica ogni cielo è costituito da una sfera solida e diafana, del tutto invisibile, cui sono infissi i corpi celesti (stelle, sole, pianeti).
A un'osservazione a occhio nudo soprattutto il cielo stellato appare come un'immensa sfera in cui siano fissate le stelle che con essa girano da oriente a occidente. Così appariva ai primi astronomi, i quali inoltre per lungo tempo credettero che la sfera stellata, girando lontanissima attorno alla terra, trascinasse con sé le altre sfere sottostanti (quelle dei pianeti) e desse la misura del tempo con la sua rotazione giornaliera. Ma quando per la scoperta della precessione degli equinozi si capì che il Cielo stellato si muoveva di un altro movimento - quello precessionale - sorse la necessità di postulare un altro cielo, più alto, dotato del solo movimento diurno, che trasmettesse tale movimento a tutti gli altri: questo fu detto Primo Mobile (v.) o nono cielo o nona spera (Cv II III 5, XIII 8).
Il Primo Mobile, a differenza di tutti gli altri cieli che recavano sull'equatore della loro sfera un pianeta (Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno) oppure su tutta la superficie le stelle (Cielo stellato), non recando nessun corpo celeste, era assolutamente uniforme e invisibile. Lo stesso D. dice di non saper precisare in che punto di esso Beatrice lo fece approdare, perché le parti sue... / sì uniforme son (Pd XXVII 100-102; cfr. Quaestio 68).
Orbene, l'attribuzione del termine c. o ‛ acqueo ' al Primo Mobile derivava dalla contaminazione fatta dai teologi medievali tra il nono cielo di Tolomeo e Alpetragio con la sua uniformità e diafaneità e le bibliche acque " quae erant super firmamentum " (Gen. 1, 7), alle quali la primitiva cosmologia cristiana non sapeva se attribuire valore reale o metaforico. Dice Alberto Magno (In II Sent. 14 A 1): " Unde aquae quae super caelum sunt, est caelum crystallinum, quod non a natura crystalli, sed a similitudine sic vocatur ", e Tommaso (In II Sent. 14 1 1): " sed tamen melius possumus dicere quod intelligatur de firmamento quod est caelum sidereum, supra quod sunt aquae, non quidem de natura huius aquae quae apud nos est, sed de natura quintae essentiae, habentis similitudinem cum hac aqua, ratione cuius nomen aquae scriptura eis attribuit, occulta per sensibilia nota manifestans... ita... caelum crystallinum vel aqueum dicitur, in quantum convenit cum aqua in hoc quod est diaphanum ".
Se c. è un epiteto applicabile a tutti i cieli, compete soprattutto al Primo Mobile che ne è caratterizzato e definito. Nei tre passi in cui chiama c. il nono cielo D. mette in evidenza: la sua trasparenza (Cv II III 7); il fatto che i suoi poli coincidano coi poli del mondo e siano fermi in assoluto, a differenza dei poli di tutti gli altri cieli sottostanti (§ 13); il suo presiedere al movimento diurno di tutti i cieli intorno alla terra, e come tale, lo paragona alla filosofia morale (XIII 8) che ordina noi a l'altre scienze (XIV 14-15). Il cielo c., anche detto da D. Primo Mobile (Cv II XIV 14, Pd XXX 107 reflesso al sommo del mobile primo), è dotato di velocissimo movimento perché muovendosi entro l'Empireo, che è cielo immobile uniforme e perfetto in tutte le sue parti, desidera congiungersi con ciascuna parte di quello divinissimo ciel quieto e acquista così una velocità quasi incomprensibile (Cv II III 9), mosso dal desiderio di conformarsi ad esso (cfr. B. Nardi, Nel mondo di D., Roma 1944, 65-75). Il Primo Mobile è quello che trae tutti gli altri nel moto universale diurno (Cv II V 17 rapina del Primo Mobile, Mn 1 IX 2, Cv II XIV 15, If IX 29 ciel che tutto gira, Pd XXVII 106-108, XXVIII 70-71 costui che tutto quanto rape l'altro universo seco), ed è il corpo celeste più largo che, compreso nell'Empireo, in sé comprende tutti gli altri (Pd I 123 'l ciel sempre quieto [l'Empireo] / nel qual si volge quel c'ha maggior fretta; XXIII 112 Lo real manto di tutti i volumi / del mondo; XXVII 112-113 Luce e amor [l'Empireo] d'un cerchio lui [il Primo Mobile] comprende, / sì come questo li altri), e di tutti il più veloce (Pg XXXIII 90 il ciel che più alto festina; Pd XIII 24 il ciel che tutti li altri avanza; I 123, XXVII 99 ciel velocissimo, Cv II III 9).
L'Empireo, che non è corpo ma luce e formato fu solo ne la prima Mente (Cv II III 11), è il cielo in cui si trova il dove, il τόπος, del Primo Mobile, e da cui esso trae la virtù dell'essere e la potenza (Pd XXVII 109-112 e questo cielo [il c.] non ha altro dove / che la mente divina, in che s'accende / l'amor che 'l volge e la virtù ch'ei piove; XXX 107-108 il mobile primo / ... prende quindi [dalla luce del Verbo] vivere e potenza). Il cielo c. è presieduto dai Serafini (Pd XXVIII 71-72) e ad esso accedono D. e Beatrice (XXVII 78-99). Qui Beatrice (vv. 100-120) spiega a D. la funzione della nona sfera e i suoi effetti sull'intero universo, e qui si svela a D. l'ordine dei cori angelici e la loro concordanza con i cieli (XXIX 1-XXX 39); v. inoltre PRIMO MOBILE.
Il suo moto, assoluto perché non ha altra misura fuori di sé, è misura di tutti gli altri sia celesti che terrestri, e da esso prende origine il tempo: Non è suo moto per altro distinto, / ma li altri son mensurati da questo, / si come diece da mezzo e da quinto; / e come il tempo tegna in cotal testo / le sue radici e ne li altri le fronde, / omai a te può esser manifesto (Pd XXVII 115-120; cfr. Cv IV II 6).
Dottrina, quest'ultima, presente in Cv II XIV 15-17, ove sono esaminati i disastrosi effetti dell'interruzione del moto del nono cielo. Il moto universale cesserebbe e, con esso, l'alternarsi del giorno e della notte, il variare delle stagioni, il combinarsi degl'influssi celesti, l'ordinato processo della causalità universale e quindi il generarsi della vita animale e vegetale. Peraltro, aggiunge D., la terza parte del cielo [stellato] sarebbe ancora non veduta in ciascun luogo de la terra (§ 16), e gran parte del corso degli astri ci rimarrebbe nascosto. Difatti, arrestandosi il nono cielo, verrebbe a cessare il moto di rotazione diurno e rimarrebbe il solo lentissimo moto da occidente in oriente del Cielo stellato, di un grado ogni cento anni. Sicché, essendo passati nel 1300 circa 6500 anni dal principio del mondo, la sfera celeste avrebbe percorso appena 650 dell'intero cerchio di 3600. Tali 650, sommati ai 1800 corrispondenti all'orizzonte celeste sempre visibile dalla terra, danno 2450 di sfera celeste veduta; pertanto rimarrebbero nascosti ancora 1150 di sfera celeste (3600-2450=1150) corrispondenti appunto a poco meno della terza parte (1200) del Cielo stellato non ancora veduto. Inoltre, i pianeti rimarrebbero invisibili per una lunga durata di tempo, calcolata da D. in un periodo equivalente alla metà della rivoluzione del loro epiciclo sul deferente. Tale calcolo è basato su Alfragano (Liber de aggregationibus cap. 17).
Il termine (in analogia con l'etimo) è usato per indicare la durezza e la trasparenza dell'acqua gelata, in Rime CII 26 tu sai che per algente freddo l'acqua diventa cristallina petra.