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CRISTINA di Svezia

di Rosario Russo - Enciclopedia Italiana (1931)
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CRISTINA di Svezia

Rosario Russo

Figlia di Gustavo Adolfo e di Maria Eleonora di Brandeburgo, nacque l'8 dicembre 1626. A 6 anni salì sul trono di Svezia. Ebbe, per volontà del padre, educazione virile. Allo studio del latino, del greco, dell'italiano, del francese, del tedesco, dello spagnolo, alla lettura dei classici che svilupparono esageratamente la sua fantasia, si aggiungevano le informazioni sugli affari di stato e sugli avvenimenti della guerra dei trent'anni. Cresceva, così, alla scuola politica di Axel Oxenstierna, il più intimo collaboratore di Gustavo Adolfo. A 18 anni, divenuta maggiorenne, C. poté dirigere con rara competenza gli affari di stato, mentre acquistava un posto preminente nella cultura. Con la pace di Brömsebro (1645), otteneva per la Svezia varie provincie danesi; tre anni dopo, con quella di Vestfalia, coronava i sacrifici di Gustavo Adolfo e gli sforzi durissimi del paese.

Ma la regina, esaltata dalle lunghe letture e dai successi politici, priva d'un affetto che la dominasse (un idillio tra lei e il cugino Carlo Gustavo era presto finito), subì i suoi favoriti. Gli antichi ministri non erano più ascoltati; gli interessi di stato cedettero agl'intrighi; alla parsimonia subentrò la mania delle grandi spese e dei doni; le cariche e gli onori furono assegnati ai meno degni. Il malcontento popolare non tardò a farsi sentire. Ma la passione di C. sempre più si volgeva alle lettere e alle arti. Chiamò a Stoccolma i più celebri letterati, filosofi e scienziati: Voss, Grozio, Cartesio, Brochart e altri. Cominciò anche ad accentuarsi la sua crisi religiosa. Cartesio, fervido cattolico, esercitò un influsso decisivo sull'animo della regina, che si confidò allora al confessore dell'ambasciatore portoghese, Antonio Macedo. Roma fu informata della cosa. C. sperava che il papa potesse autorizzarla a restare luterana agli occhi del mondo e cattolica nel suo intimo: ma ebbe risposta negativa. Le faceva paura l'esasperazione dei protestanti. E allora, stanca dei doveri di sovrana, non legata da alcun vincolo sentimentale col suo popolo, sorda ai richiami della tradizione gloriosa della sua casa, desiderosa di dare al suo nome una risonanza nuova, il 6 giugno 1654 abdicava in favore del cugino Carlo Gustavo.

Per non abbassarsi al rango di suddita e disporre di rendite adeguate al suo tenore di vita, si riservò la provincia di Norrköping, le isole di Gotland, d'Öland e di Ösel, Wolgast e i dominî dei duchi di Pomerania. Nessun sacrificio risparmiò al paese, di cui aveva rovinato le finanze, portando, alla vigilia dell'abdicazione, la sua lista civile al 20% delle entrate pubbliche. Timorosa della vendetta dei protestanti, si mise sotto la protezione di Filippo IV. Il 24 agosto 1654, C. fece un ingresso trionfale in Bruxelles, e, la sera, in segreto, fece la prima professione di fede. Ma il papa pretese che ciò avvenisse in forma solenne, prima che C. mettesse piede in Italia. Così, il 3 novembre 1655, nella chiesa della Hofburg di Innsbruck, alla presenza del legato pontificio, essa pronunziò la professione di fede nei termini indicati dal concilio di Trento. Trionfale il suo viaggio in Italia. La sera del 20 settembre 1655 giunse a Roma, accolta cordialmente da Alessandro VII che la ospitò in Vaticano. Il giorno di Natale ricevette la comunione dalle mani del papa e aggiunse al suo nome quello di Alessandra. Principi e cardinali le fecero omaggio, le offersero ospitalità nei loro palazzi. Ella accettò l'offerta che le faceva il duca di Parma e prese stanza nel palazzo Farnese.

Ma ben presto, Roma e l'elemento cattolico provarono una grande delusione. C. proclamava che intendeva essere cattolica, ma non bigotta; e anzi all'occasione non esitava a deridere alcune pratiche di devozione. Esasperata dalla tutela sotto la quale pretendeva di tenerla il re di Spagna, incline a un accordo con la Francia, chiamò presso di sé cardinali del partito neutro, quindi nemici della Spagna, tra i quali il giovane elegante e colto cardinale Decio Azzolino. Con lui, i rapporti divennero intimi. Un viaggio a Parigi (settembre 1656) la mise in contatto, per la prima volta, col Mazarino, al quale ella espose il suo disegno di diventare regina di Napoli. Ma il Mazarino le diede molte promesse e poco denaro. Si reeò una seconda volta in Francia, nell'estate del 1657. A Fontainebleau, radunò attorno a sé i fuorusciti napoletani, tra i quali il duca di Castelnuovo, che entrò al suo servizio. Ma l'uccisione del Monaldesco, voluta da C., perché, pare, aveva rivelato il disegno agli Spagnoli, minacciò di compromettere la corte francese, la quale fu larga soltanto di promesse. C. lasciò la Francia e s'incontrò a Sassuolo col duca di Modena, col quale concluse un accordo per l'invasione del regno di Napoli (7 maggio 1658). Poi tornò a Roma. Il suo atteggiamento non rigidamente cattolico, gl'intrighi intorno a lei, le voci di armamenti che C. intendeva fare a Roma per l'impresa di Napoli, indignarono Alessandro VII, che la considerava una barbara e la trovava intrattabile per il suo orgoglio. Ma il cardinale Azzolino procurò la riconciliazione col papa, agevolata dalla morte del duca Francesco di Modena, col quale tramontò il disegno su Napoli. Comincia un'altra vita per C., dominata dal cardinale Azzolino.

C. tornò nella sua patria, quando già Carlo Gustavo si era spento (1660). La nazione la accolse con deferenza, ma non le permise di fare propaganda cattolica nelle sue provincie. Ella sperò, allora, di ottenere dalla Danimarca la libertà religiosa che il suo paese le aveva negato. Riprese il disegno di procurare a Venezia aiuti da tutti gli stati cristiani nella lotta contro i Turchi. Tanto zelo e l'attività del cardinale Azzolino le guadagnarono di nuovo la simpatia del papa, a favore del quale ella intervenne presso Luigi XIV, nella questione della guardia còrsa. Il Re Sole teneva molto all'amicizia di C., perché dal prossimo conclave potesse uscire eletto un papa meno ostile alla Francia e meno tenero di Alessandro VII per l'Austria, che la Francia voleva attaccare. C. non deluse le speranze di Luigi XIV. Il 20 giugno 1667, fu eletto papa il cardinale Rospigliosi che prese nome di Clemente IX. Azzolino divenne segretario di stato. Il papa e il segretario aumentarono il credito della regina in Italia. E infatti la Santa Sede, pur conoscendo le grandi difficoltà dell'impresa, appoggiò la candidatura di C. al trono di Polonia. Ma i Polacchi non vollero saperne di avere per sovrano una regina. Questa delusione si aggiunse all'amarezza che a C. aveva inflitta il governo del suo paese, vietandole di mettere più piede nella Svezia. A Roma, poté trovare finalmente un po' di pace. Ma, sotto Innocenzo XI, sorsero di nuovo dissapori col Vaticano per la soppressione della pensione di 12 mila scudi concessale da Clemente IX.

Mentre perseguiva piani fantastici, dimostrando poca conoscenza della situazione europea, nelle lettere e nelle arti provava quelle soddisfazioni che in politica invano cercava. Bene al corrente del movimento letterario dell'Italia, fin da quando era sul trono di Svezia, a questo movimento essa prese parte notevole. Il suo palazzo alla Lungara divenne un cenacolo di letterati e artisti, che costituirono il nucleo dell'Arcadia. Notevole il contributo dato agli studî con la sua biblioteca. Non minor cura dimostrò per la pinacoteca, nella quale Raffaello, Tiziano, Tintoretto, Palma il Vecchio, Andrea del Sarto, il Parmigiano, Bronzino il Vecchio, il Perugino figuravano accanto a Rubens e Van Dick. Poco più di un anno era passato dalla sua morte (19 aprile 1689) e il 5 ottobre 1690, dalle conversazioni che C. aveva tenute nel palazzo della Lungara fin dal 1656, sorse l'Arcadia.

Il carattere e la condotta di C. si rispecchiano nelle opere che ha lasciato: l'Opera d'ozio o massime e sentenze; Le memorie della sua vita dedicate a Dio; le Riflessioni sulla vita e sulle azioni di Alessandro; l'Endimione, favola pastorale in italiano, della quale ella comunicò il disegno e alcune strofe al Guidi, che fece il resto. Erede di tutti i beni della regina fu il cardinale Azzolino, che si spegneva due mesi dopo la morte di C. La regina fu sepolta a S. Pietro. La sua ricca biblioteca passò alla Vaticana.

Bibl.: G. Gualdo Priorato, Historia di Christina Alessandra, Roma 1656; Histoire des intrigues galantes, Amsterdam 1697; J. Arckenholtz, Mémoires concernants Christine, reine de Suède, 4 voll., Amsterdam 1751-60 (opera fondamentale per uno studio su C.; contiene anche circa 400 lettere e quasi tutte le opere di C.); C. Pallavicino, Descriz. del primo viaggio fatto a Roma dalla regina di Svezia, ecc., ed. post., Roma 1838; C. de Bildt, C. de Suède et le cardinal Azzolino, Parigi 1899; Grottanelli, C. di Svezia in Italia, Firenze 1908; G. Claretta, C. di Svezia in Italia, Torino 1892; C. de Bildt, C. di Svezia e Paolo Giordano II duca di Bracciano, in Arch. Soc. rom. di storia patria, XXIX, pp. 10-32; G. Monticolo, Codici della biblioteca di C. di Svezia, ibid., XVI, p. 505 segg.; R. Arcel, Le tableau de la reine C. de Suède, in Mélanges d'archéologie et d'histoire, XXV, pp. 223-242; A. Belloni, Il Seicento, Milano s. a., passim.

Vedi anche
Arcadia (o Accademia dell’A.) Accademia letteraria, fondata a Roma (1690) da G.V. Gravina, G.M. Crescimbeni e altri 12 letterati, dopo la morte di Cristina di Svezia, nel cui salotto erano soliti riunirsi. Il nome fu scelto con riferimento alla regione greca, simbolo fin dall’antichità di vita innocente e serena. ... Benedetto Menzini Scrittore (Firenze 1646 - Roma 1704). A Roma fu al servizio di Cristina di Svezia; da Innocenzo XII ebbe la cattedra di eloquenza (è autore di un trattato sulla Costruzione irregolare della lingua italiana, 1679) e fu protetto anche da Clemente XI; fece parte dell'Arcadia, dell'Accademia fiorentina e ... Gian Lorenzo Bernini Architetto, scultore, pittore (Napoli 1598 - Roma 1680), figlio di Pietro. È il massimo protagonista della cultura figurativa barocca. Esordì giovanissimo, attirando su di sé l'attenzione del card. Scipione Borghese, che gli commise quattro gruppi statuarî (ora tutti conservati nella Galleria Borghese, ... Giacomo Carìssimi Musicista (Marino 1605 - Roma 1674). Nel 1623 cantore al duomo di Tivoli, nel 1625 organista; dal 1628 al 1629 maestro di cappella a S. Rufino di Assisi, dal 1629 in poi a Roma, maestro di cappella a S. Apollinare presso il romano Collegio germanico-ungarico. Tra le sue composizioni rimaste, si trovano ...
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Vocabolario
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