CRISTOFANO di Michele, detto il Robetta
Figlio di Michele di Cristofano di Martino, nacque a Firenze il 17 nov. 1462. Fu incisore e orafo. Dalla continuità delle sue portate al catasto nel gonfalone Lion d'Oro., nel quartiere di S. Giovanni, sembra che non si sia mosso di frequente dalla città. Queste scarse notizie documentarie (Minucci del Rosso, 1879) possono riferirsi al Cristofano di Michele di Cristofano che Vasari (1569) nomina nella vita di Giovan Francesco Rustici, quando si dilunga a parlare della "Compagnia del Paiuolo" ("il che racconto volentieri perché è quasi del tutto dismesso l'uso di queste Compagnie"). Radunava non più di dodici amici - tra i quali oltre al Rustici erano Andrea del Sarto, il Puligo, Aristotele da Sangallo - e lo scopo era mangiare cibi che venivano presentati in modo mirabotante; C. "fece d'una testa di vitello con acconcime d'altri untumi, un'incudine; che fu molto bello e buono ...". Morì dopo il 1535, anno in cui Cosimo dei Medici comperò da lui e dai suoi fratelli un podere con casa (Minucci del Rosso, 1879, pp. 478 s.).
Nel 1480 lavorava nella bottega del padre, che era "calzolaio" (ibid., p. 479). Nulla sappiamo invece del suo apprendistato di orafo, non risultando immatricolato all'arte di Por Santa Maria. In più luoghi, però, dichiara di esercitare quel mestiere, anche se nessuno degli oggetti eseguiti da C. è stato finora individuato. Conosciamo assai meglio la sua opera di incisore.
Il Bartsch (1811) e il Passavant (1864) gli attribuiscono trentotto incisioni, mentre Hind (seguito dalla critica anche più recente) gli assegna, oltre alle diciassette firmate col nome per intero - "Robetta" o "Robeta" -, oppure con la sigla "Rbta", altre diciannove opere quasi sicuramente di sua mano e otto incerte. Solo il Bellini (1974) ha ridotto a sei incisioni quelle appartenenti a quest'ultimo gruppo.
C. fu fortemente influenzato, oltre che dai maestri italiani contemporanei (Pollaiolo, Finiguerra, Lippi), dalle incisioni tedesche, in particolare da quelle dello Schongauer, dal quale copiò fedelmente almeno cinque soggetti, e dal Dürer, sui cui paesaggi modellò gli sfondi delle scene da lui raffigurate. Trasse inoltre dalla scuola d'Oltralpe alcune soluzioni tecniche (tra cui l'uso dei tratti incrociati), mentre dai pittori fiorentini assunse volentieri interi brani, spesso anche molti anni dopo l'esecuzione degli originali, riadattandoli al nuovo contesto. Così è probabile che le frequenti imitazioni delle pitture di Filippino Lippi siano avvenute dopo la morte dell'autore nel 1505, quando era sicuro di non dover subire le critiche del maestro per le sue rozze interpretazioni.
Al di fuori di queste ipotesi non conosciamo alcuna data certa. L'unica incisione databile con una certa sicurezza è quella con S.Tommaso d'Aquino davanti al Crocifisso, che fa da frontespizio all'opera spuria di s. Tommaso De modo confitendi de puritate conscientiae pubblicata a Firenze nel 1512, ma dalla maggior parte della critica giudicata di incerta attribuzione. Per ragiont stilistiche lo Hind ritiene che appartengano alla sua prima produzione Le storie della Genesi, S. Sebastiano e s. Rocco, S. Francesca Romana e L'adorazione dei Magi. Più tarde appaiono, Il battesimo di Cristo, La Madonna con il Bambino e s. Giovannino, Le Allegorie dell'Invidia, dell'Abbondanza e della Giovinezza libera e prigioniera. Alla maturità appartengono invece il secondo Battesimo di Cristo, La Madonna e il Bambino, Adamo ed Eva con Caino e Abele bambini.
Complessivamente C. appare una personalità discontinua, sia perché è troppo legato ai modelli che imita di volta in volta, sia perché spesso, dal punto di vista tecnico e compositivo, mostra delle carenze e delle imprecisioni di tratto non sempre giustificabili con la difficoltà del mezzo espressivo. L'uso spesso incoerente di figure di riempimento rende squilibrata la struttura della scena; mentre gli errori di prospettiva diminuiscono e distorcono la spazialità. Ciò non toglie che alcune incisioni, in particolare quelle che mostrano una loro specifica individualità, riescano ad elevarsi al di sopra di una semplice abilità di maniera, permettendogli di giungere a risultati del tutto apprezzabili.
Fonti e Bibl.: Oltre alla bibl. in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XXVIII, p. 433 (sub voce Robetta) e in Bellini, 1973. si veda: G. Vasari, Le Vite... [1568], a cura di G. Milanesi, VI, Firenze 1881, pp. 609, 611; P. Minucci del Rosso, Di alcuni personaggi ricordati dal Vasari nella Vita di Gio. Francesco Rustici, in Arch. stor. ital., III (1879), pp. 475-480; A. Bartsch, Le peintre graveur, XIII, Wien 1811, pp. 392-407; P. Zani, Encicl. metodica ... delle Belle Arti, II, 2, Parma 1819, p. 269; J. Heller, Praktisches Handbuch für Kupferstichsammler oder Lexicon, Leipzig 1850, pp. 602 s.; J. D. Passavant, Zur Kunde der ältesten Kupferstecher ..., in Deutsches Kunstblatt, I (1850), pp. 291-93; Id., Le peintre-graveur, V, Leipzig 1864, pp. 57-61; G. Duplessis, Les merveilles de la gravure, Paris 1869, pp. 25 s.; Id., Über Robetta, in Repert. für Kunstwissenschafr, III (180), p. 118; C. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes, III, Paris 1888, p. 342; M. Lehrs, Italien. Kopien nach deutschen Kupferstichen des XV Jahrhunderts,, in Jahrbuch der Königlich. Kunstsammlungen, XII(1891), p. 249; F. Lippmann. Der Kupferstich, Berlin 1893, p. 62; P. Kristeller, La Gall. naz. di Roma. 2 stampe, in Gallerie nazionali, II (1896), pp. 139-144; H. P. R., A group of prints by Schongauer, the Master E. S., and other Fifteenth Century German Artists, in Museum of Fine Arts Bulletin, XXI(1923), p. 4; A. M. Hind, C. Robetta, in The Print's Collector's Quarterly, X (1923), pp. 368-402; M. Pittaluga, L'incisione ital. nel Cinquecento, Milano 1928, pp. 82-84, 126; R. Van Marle, The development of the Italian Schools of Painting, XI, The Hague 1929, pp. 366, 380, 385, 470; A. Reichel, Bemerkungen zu Robettas "Allegorie des Neides", in Die Graphischen Künste, LV (1932), pp. 46 s.; J. Walker, A note on C. Robetta and Filippino Lippi, in Bulletin of the Fogg Art Museum, II(1932-33), pp. 33-36; A. M. Hind. Early Italian Engraving, I, London 1938, pp. 197-209; J. 8. Newbury, Chr. Robetta and his "Adoration of the Magi" in Bull. of the Detroit Institute, XIX(1939), pp. 22-24; A. Petrucci, L'incisione italiana. Il Quattrocento, Roma 1952, pp. 33-35; D. G. Carter. Additions in the graphic arts, in Bull. of the Art Assoc. of Indianapolis (Indiana). XLIII (1956), pp. 13-15; 1. A. Levenson-K. Oberhuber, J. L. Sheeman, Early Italian Engravsngs from the National Gallery of Art, Washington 1973, pp. 289-306; P. Bellini, Robetta, in I Quaderni del conoscitore di stampe, IV (1973), 19, pp. 34-37; M. Kolasinsky, La collezione de Rothschild, ibid., V (1974), p. 51; P. Bellini, Catalogo completo dell'opera grafica di Robetta ..., Milano 1973 (con ampia bibl.); Aggiornamenti ai catal.: C. Robetta, in IQuaderni del conoscitore di stampe, V (1975), n. 28, p. 28; Diz. encicl. Bolaffi ..., IX, Torino 1975, pp. 432 s. (sub voce Robetta).