BONAVINO, Cristoforo (Ausonio Franchi)
Nacque a Pegli il 27 febbr. 1821, da Giambattista e da Caterina Traverso, in una numerosa famiglia. Compiuti gli studi primari, aiutò il padre commerciante; ma nel 1836 riprese gli studi, prima commerciali in un collegio di Sestri Ponente, poi ginnasiali a Genova. Nel novembre del 1837 entrò nel locale seminario seguendo i corsi di filosofia e poi di teologia. Le sue letture di quegli anni, compiute sotto la guida di S. Magnasco, più tardi arcivescovo di Genova, "non uscirono mai dal cerchio della più pura e gelosa ortodossia romana", e "prediletti maestri furono i Santi e in capo a tutti Tomaso d'Aquino e Alfonso de' Liguori" (La filosofia delle scuole italiane, p. LXXXVIII). Trovando l'opposizione del padre al suo desiderio d'entrare nella Compagnia di Gesù, nel novembre del 1840 aderì, a Bobbio, alla Congregazione degli oblati di s. Alfonso Maria de' Liguori, da poco fondata colà dal vescovo A. M. Giannelli. Per le sue qualità nel 1842, ancora chierico, fu nominato prefetto di studio e, dopo avere pubblicamente difese tesi "in universam theologiam dogmaticam", professore di filosofia. Proseguì negli studi teologici, dedicandosi particolarmente alla lettura di Bossuet, Pascal, Arnauld, da cui derivò un eccessivo rigorismo in fatto di morale, tanto che dovette allontanarsi dal Giannelli nell'agosto del 1844. Fu ordinato sacerdote il 1º dic. 1844: dopo essere stato cappellano della chiesa di S. Martino a San Pier d'Arena e del Carmine a Genova, attratto dai problemi dell'educazione diresse in questa città fra il 1845 e il 1848 una scuola elementare, e, dall'ottobre di quell'anno, il collegio nazionale, sorto in luogo di quello dei gesuiti. Lasciato anche questo nell'aprile 1849, fondò una scuola propria, "secondo i nuovi metodi" (Marchetti, p. 13), Componendo per gli alunni degli Elementi di grammaticagenerale applicati alle duelingue italiana e latina (Genova 1849), sulla traccia del Cours éducatifde langue maternelle di J. B. Girard, che proprio in quegli anni veniva tradotto in italiano.
Interessato dal cattolicesimo liberale del Gioberti e preso dalle illusioni suscitate da Pio IX, reagì alle prime delusioni e alle speranze frustrate, pubblicando (1848) "alla macchia due opuscoletti contro i gesuiti, con intonazione giansenistica e rigorista" (Marchetti, p. 10), e nell'ottobre dell'anno seguente tradusse in anonimo il pamphlet di V. Meunier, Gesù Cristodavanti al consiglio di guerra (Genova 1849), di polemico richiamo al cristianesimo primitivo, contro il lassismo di curia. Sospeso a divinis, abbandonò l'abito sul finire del 1849 e, entrato in contatto con l'emigrazione democratica a Genova, collaborò sotto il nome di Ausonio Franchi con articoli anticlericali, ma non irreligiosi, all'Italia di M. Macchi, a Italia e Popolo e al Diritto di Torino, alla cui redazione fu chiamato poi nel maggio del 1854, dopo il successo procuratogli dalla pubblicazione della Filosofia delle scuole italiane. Lettere al professor G. M. Bertini (Capolago 1852).
In quest'opera intese confutare puntigliosamente, da una posizione che egli definì scettica, L'idea di una filosofia della vita del Bertini (Torino 1850), di indirizzo spiritualista, quale simbolo della filosofia dogmatica e cattolica imperante nelle scuole italiane, rivendicando alla "filosofia dell'umanità" la missione educatrice delle nuove generazioni italiane. L'opera appare composta sotto la suggestione della lettura della Filosofia della rivoluzione del Ferrari (1851), e lascia trasparire abbondanza di letture mal assimilate, che comprendono i primi positivisti francesi, come Comte, e poi ancora Proudhon e la sinistra hegeliana di Strauss e Feuerbach. Ma base metodologica vorrebbe essere il criticismo kantiano, di cui però il B. sembra fin d'ora aver compreso solo l'aspetto più superficiale, rimanendo estraneo alle sue vere istanze scientifiche. Giacché, nonostante il fervore e la vivacità polemica antiscolastica, antigiobertiana, antirosminiana, antireligiosa, appare chiaro che interesse costante suo siano ancora la metafisica e la religione: "ambedue versano intorno alla stessa materia... Iddio, l'universo e l'uomo; e ambedue mirano a formulare un sistema, onde spiegare la natura di quel triplice oggetto, in cui si compie ed assolve l'errare universale" (p. 99); e la filosofia, che è condotta dalla ragione, sarà ristretta nei limiti di questa se non si affida al sentimento che unico potrà penetrare proprio sotto forma di religione il senso più profondo dell'essere (p. 189). La religione, del resto, "risponde sempre allo stato morale e intellettuale di un'epoca" (p. 482) e "carattere dell'era nuova è il socialismo", sua religione "la religione dell'umanità" (p. 442).
Il consenso vastissimo che l'opera ebbe dagli uomini di parte democratica, da C. Pisacane ad A. Saffi, da F. De Boni a M. Macchi, allo stesso Mazzini, fu certamente dovuto al "grande ardimento" con cui il B. trattava "le cose di religione" - come scriveva il Cattaneo - e all'esame spregiudicato che nell'introduzione dedicava alla filosofia italiana, i cui autori fecondi erano quelli del "risurgimento" e primo fra tutti Bruno, mentre nel socinianesimo il B. vedeva il vero "principio educatore del mondo moderno" (p. LXVIII).
Le critiche alla filosofia italiana contemporanea continuavano con maggior vivacità nell'Appendicealla Filosofia delle scuole italiane (Genova 1853), in cui, oltre ad una più ampia e severa rassegna della filosofia del Gioberti, attaccava il Mantani insieme con gli altri componenti dell'Accademia filosofica italiana i cui scritti erano comparsi sugli Atti pubblicati nel 1852; unico giudizio positivo era per il discorso di B. Spaventa su G. Bruno.
Nello stesso anno con uguale successo pubblicava La religione delsecolo XIX. Lettere al conte di Montalembert (2 voll., Losanna 1853) con cui intendeva condurre l'opera critica, fin'allora rivolta alla filosofia italiana, alla religione cattolica e particolarmente al cattolicesimo liberale di cui Montalembert, per i suoi Intérêts catholiques au XIX siecle (Paris 1852), è indicato come il campione. E, mentre nella prima parte dell'opera, dopo l'invito all'accordo in nome di una rivoluzione comune, passa alla discussione delle tesi cattolico-liberali, sostenendo l'impossibilità di trovare una conciliazione fra cattolicesimo e libertà, dal momento che la libertà stessa deve essere la religione contemporanea; nella seconda parte espone i propri principi dottrinari sullo Stato e la religione: libertà repubblicana unitaria e democratica, basata sull'uguaglianza, ma non comunismo bensì socialismo; libertà religiosa e separazione di Chiesa, considerata istituto privato, e Stato. Egli consiglia tuttavia la gradualità e la moderazione, non rifiutando di raggiungere il proprio ideale democratico ed egualitario anche con l'aiuto di un "principe".
Dopo aver fatto luce sugli errori della filosofia e della religione contemporanea il B. propose una teoria della conoscenza con gli Studi filosofici e religiosi. Del Sentimento (Torino 1854). Anche qui tuttavia ciò che rimane più interessante ai fini di una storia della storiografia filosofica è l'esame, che egli conduce nell'introduzione, del rapporto, che tanto gli sta a cuore, tra filosofia e religione nella filosofia moderna.
In questo senso sono esaminate polemicamente le considerazioni di Lamaire, di Ferrari suo ispiratore, di Proudhon, di Feuerbach e dei suoi discepoli Marx e Ruge, e poi di Kant, di Lamennais, di Cousin, di Comte e di altri ancora. A Feuerbach obbietta che "se la religione è una categoria dello spirito umano" è "legge di natura e quindi indistruttibile e immortale come l'essenza stessa dell'uomo" (p. 36); e a Kant contesta l'impossibilità di fondare una morale senza aver fondato una metafisica (p. XLVII). Pronto ad accettare Lamennais la cui filosofia "è forse l'ipotesi più bella e più ingegnosa di cui la metafisica moderna possa gloriarsi" (p. LXXII), inaspettatamente, rispetto all'esame precedente, lo rifiuta in nome del criticismo; né mancano critiche al positivismo religioso dell'ultimo Comte. Rifiutati i sistemi che negano uno dei due termini da lui considerati, ritorna, ampliandoli, sugli stessi motivi accennati nella sua prima opera concludendo che filosofia e religione sono fra loro legate da un rapporto di "unione" e "distinzione", "il primo risiede nell'identità dell'oggetto principale", il secondo "sta nella differenza della funzione razionale, con cui la mente riflette su quell'oggetto stesso e trasforma quello stesso sentimento" (p. CXIX), salvo che "una vera teoria dell'Assoluto è impossibile", giacché mai potrebbe riguardare l'Ente, ma solo l'Idea, per cui "la filosofia sotto quest'aspetto potrebbe definirsi una teoria ipotetica del sentimento dell'Assoluto" (p. CXIII).
Dal 21 ott. 1854 uscì a Torino La Ragione "foglio ebdomadario di filosofia religiosa, politica e sociale diretto da A. F." che visse fino al maggio del '58, dopo esser divenuto quotidiano col numero del 12 dic. 1857. Il B. seppe raccogliere come suoi collaboratori per gli argomenti più scottanti, quali il "razionalismo filosofico", l'"anticurialismo", "la repubblica", "l'indipendenza", il socialismo, uomini impegnati nella democrazia radicale socialista, provenienti spesso dalla sua stessa esperienza spirituale quali M. Macchi, il più fedele di tutti, e poi C. Arduini, D. Levi, F. De Boni, G. Montanelli, V. Brusco-Onnis, e fra gli stranieri C. Renouvier, E. Quinet, A. De Potter (cfr. Lacaita, p. 532). La Ragione fu l'unico giornale del resto che, oltre ad affrontare le questioni sociali, riportò notizie dei congressi operai e fu ritenuto da questi un sicuro appoggio.
Il socialismo del B., pur non accettando il concetto di lotta di classe, pur non osando toccare l'istituto della proprietà privata, pur arretrando di fronte al comunismo, difende con fervore e convinzione benché senza una analisi storico-scientifica adeguata la lotta per il riscatto morale, economico e politico delle plebi, attraverso riforme e suffragio universale, al punto da rifiutarsi di scindere il problema politico da quello economico. Il B. vede se mai dilazionabile il problema dell'indipendenza rispetto a quello della libertà civile e del pauperismo. Argomenti questi che contribuirono ad allontanarlo da Mazzini, con cui però la polemica si fece accesa a proposito del movimento di "bandiera neutra" da Mazzini capeggiato (La Ragione, 8 nov. 1856) che fu giudicato troppo confusionario e pericoloso. Mentre con gli articoli intitolati Sommosse mazziniane (4-25 luglio 1857) condannava senz'altro la spedizione di Sapri, i movimenti di Livorno e più ancora quelli di Genova, compiuti, questi ultimi, in uno Stato già tutore delle libertà. Né questa con Mazzini fu la sola polemica condotta dal giornale; vivissima fu pure quella col protestante Mazzarella e poi ancora con Tommaseo.
Sulla Ragione il B. pubblicò pure una serie di articoli che formarono poi il volume sul Razionalismo del popolo (Losanna 1856 e, in trad. francese, Bruxelles 1858) con l'intento di diffondere la nuova religione della umanità dopo aver dimostrato, secondo la scuola tedesca, il carattere puramente storico del cristianesimo come di ogni altra religione.
La vitalità del giornale attirò le simpatie di quasi tutti i repubblicani dissidenti da Mazzini, e Orsini da Londra gli proponeva addirittura, nell'estate del '57, di fare della Ragione l'organo ufficiale dei repubblicani unitari (Memorie politiche di F. Orsini, 4 ed. aumentata di un'appendice per A. F., Londra 1859, p. 393; cfr. ora Lettere di F. Orsini, a cura di A. M. Ghisalberti, Roma 1936, ad Indicem).
Lasciata La Ragione nella primavera del '58, per dissensi con i democratici che gli rimproveravano l'atteggiamento eccessivamente filopiemontese assunto dal giornale specialmente dopo che era divenuto quotidiano, il B. continua, ma più stancamente, la sua lotta, specialmente attraverso la Gente latina di Milano e la Terre promise di Nizza. Compiuta l'unità, fu invitato a tenere, nel primo semestre del '60 al palazzo Durini di Milano, delle Letture sulla storia della filosofia moderna: Bacone,Des Cartes,Spinoza,Malebranche (2 voll., Milano 1863), che confermarono il successo che presso le giovani generazioni, particolarmente il B. filosofo, riscuoteva e avrebbe ancora per anni riscosso (A. Mario, I nostri filosofi contemporanei, Napoli 1862, p. 51; L. Dalle Nogare, Il carteggio F. Turati-A. Ghisleri, in Movim. operaio, VIII [1956], p. 206). Ma ai nostri occhi le Letture..., nonostante la precisione di esposizione, mettono in evidenza le scarse doti di sintesi storica del B. (cfr. F. Fiorentino, pp. 39 s.), e, segnatamente a proposito di Bacone, l'impossibilità di apprezzare qualsiasi tentativo di metodologia scientifica separatamente dalla metafisica.
A partire poi dall'anno accademico 1860-61, per interessamento del La Farina, con cui aveva stretto amicizia frequentando i circoli democratici torinesi, ottenne una cattedra di storia della filosofia all'università di Pavia, e dal '63-64 fu trasferito all'Accademia scientifico-letteraria di Milano col medesimo insegnamento. Dedicatosi allo studio e alla scuola, prese parte al dibattito politico soltanto per pubblicare l'Epistolario e gli Scritti politici del La Farina (Milano 1869-1870), su cui viva, dopo la morte, era ancora la polemica. La pubblicazione suscitò, per la rudezza di alcune lettere, rimostranze di uomini politici, e fra gli altri del Crispi, che, oltre a rispondere con l'opuscolo Furori d'oltretomba (pubbl. nel 1869), citò in tribunale il B., il quale subì una condanna, poi cancellata in seconda istanza.
Pure nel 1870 vide la luce un'altra opera storica, La teorica delgiudizio. Lettere di A. F.a Nicola Mameli (2 voll., Milano 1870), in cui, analizzata la dottrina di Kant sui giudizi, si prefigge di esaminare quali sviluppi essa avesse avuto nella filosofia seguente.
Con quest'opera il B. appare ormai fuori del criticismo kantiano, di cui non afferra né i giudizi sintetici a priori né la sintesi dell'"io penso" (cfr. D. Jaia, pp. 181-241), e tanto meno il significato che nella storia della filosofia ha avuto la Critica della ragion pura per la già accennata mancanza di interessi metodologici e scientifici, che tradisce una certa angustia di cultura. Indagando sul seguito della filosofia kantiana in Europa, si sofferma con un esame anche troppo minuzioso su nomi più noti e meno noti, che vanno, per la Francia, da Cousin a Renouvier, per l'Italia da Rosmini, Gioberti e Mamiani a G. Peyretti, P. Romano, S. Corleo, L. Barbera; e fra i tedeschi passa in rassegna le dottrine di Krug, Fries, Twesten, trascurando di considerare Fichte, Schelling ed Hegel. Ma a questo proposito già nel '63 aveva definito lo "idealismo tedesco dottrina assai più fantastica che scientifica", profetando un rapido esaurimento dell'hegelismo italiano (La filosofia delle scuole italiane, 2 ed., Firenze 1863, p. 109). Del resto una assai chiara posizione rispetto alla filosofia contemporanea egli assunse nei saggi di Critica e polemica (parte 1, Questioni filosofiche; parte II, Questioni religiose; parte III, Questioni politiche, Milano 1871-72), in cui ripubblicando i suoi articoli della carriera di giornalista tiene a precisare, oltre che le sue divergenze dalla filosofia tedesca (parte I, pp. 10 ss.), anche il proprio biasimo per il "materialismo" ("ragguaglia l'uomo ad un bruto, anzi ad un automa o ad una macchina" parte I, p. 384), che ora egli ritiene molto più negativo dello "spiritualismo teologico", che era stato l'oggetto della sua prima polemica. Si può intravedere già insomma la crisi che riporterà il B. alla più stretta ortodossia religiosa, anche se negli stessi Saggi è inserito un articolo del '70 Su la caduta del principato ecclesiastico (p. 2, pp. 340-49), di pieno assenso all'opera del governo, specialmente per i vantaggi che la religione cristiana, liberata da remore mondane, potrà trarre.
Dopo anni di silenzio rese noto il suo mutato orientamento filosofico con un opuscolo su San Tommaso d'Aquino e la suafilosofia (Genova 1888), all'esposizione della quale del resto aveva dedicato l'anno accademico '87-88, ultimo del suo insegnamento. I tre volumi dell'Ultimacritica (Milano 1889, 1891 e 1893) sono una zelante ritrattazione, da un punto di vista rigorosamente tomistico, delle tre opere che più avevano fatto "scandalo", la Filosofia delle scuole italiane,Del sentimento,Il razionalismo delpopolo. Con costante spirito polemico il B. compie una detrazione di se stesso, di Kant, troppo razionalista, del neokantismo, del positivismo, del cattolicesimo liberale, e specialmente del Rosmini, che, se prima gli era parso uno scolastico, ora giudica eretico, del Risorgimento, e con esso del liberalismo e della democrazia.
Compiuto l'atto di abiura nell'agosto 1889, fu ricevuto da Leone XIII nel maggio del '90 e, dopo essersi ritirato il 1º ott. 1892 nel monastero dei carmelitani scalzi di Genova, vi rivestì l'abito sacerdotale nella Pasqua del '93. Morì in quel convento il 12 sett. 1895.
Postume videro la luce delle Lezioni di pedagogia (con prefazione, note ed appendice di Carlo Decani, Siena 1898), che il B. aveva steso per l'insegnamento di pedagogia tenuto a partire dal 1876, insieme con quello di filosofia a Milano.
Fonti e Bibl.: Per la biografia, oltre che le notizie che il B. fornisce di se stesso nella Filos. delle scuole ital., nell'Ultima Critica e nelle Lettere intime, in Civiltà Cattolica, s. 16, IV (1895), pp. 523-538; V (1896), pp. 431-439, sono da vedere: D. Stern (M. C. S. de Flavigny, comtesse d'Agoult), Florence etTurin. Etudes d'art et depolitique, Paris 1861, pp. 182-213; A. Angelini, A. F. Conferenze, Roma 1897; O. Marchetti, Un grande convertito,A. F., Roma 1921; Id., Un grande convertito,C. B., s.n.t.; A. Colletti, A. F. e i suoi tempi (apostasia e conversione), Torino 1925. Per quanto riguarda l'attività del B. fra i democratici: C. Cattaneo, Epistolario, Firenze 1952, II, pp. 171, 199; III, p. 547; A. Saffi, Ricordi e scritti. La questione religiosain Italia, IV, Firenze 1899, p. 259, 292; Ediz. naz. degli scritti editie ined.di G. Mazzini. Epistolario, XXXV, pp. 367 s.; XXXVI, pp. 41, 161 s.; C. Pisacane, La rivoluzione. Saggi storici politicimilitari sull'Italia, Milano-Roma 1957, III, ad Indicem; A. Mario, I nostrifilosofi contemporanei, Napoli 1862, p. 51; G. Carducci, Opere (ediz. naz.), XIX, s. 2, Bologna 1937, pp. 230 s. Per un quadro riassuntivo: G. Berti, I democratici e l'iniziativameridionale nel Risorgimento, Milano 1962, ad Indicem, che considera anche l'attività della Ragione. Fondamentale per l'attività giornalistica del B. ed il suo socialismo: C. G. Lacaita, C. Cattaneo,A. Franchi e il socialismo risorgimentale, in Riv.stor. del socialismo, VI (1963), pp. 505-558; sull'argomento cfr. anche L. Bulferetti, Socialismo risorgimentale, Torino 1949, pp. 359-362. Sulle polemiche con B. Mazzarella: G. Gangale, Revival. Saggio di una storia delprotestantesimo in Italiadal risorgimentoai nostri tempi, Roma 1929, pp. 14-18; G. Spini, Risorgimento eprotestanti, Napoli 1956, ad Indicem. Per il B. filosofo, fondamentale G. Gentile, Le origini della filosofiacontemporanea in Italia, I, Messina 1917, pp. 43-64; cfr. anche F. Fiorentino, La filosofia contemporanea in Italia,risposta al professoreF. Acri, Napoli 1876, pp. 35-42; D. Jaia, Saggi filosofici, Napoli 1888, pp. 181-241; A. Franzoni, L'opera filosofica di A. F., Cremona 1899; A. Della Torre, Ilcristianesimo in Italiadai filosofisti aimodernisti, Palermo 1913, pp. 133, 155; 161; G. Alliney, I pensatori della seconda metà del secolo XIX, Milano 1942, pp. 326-330; E. Garin, La filosofia, II, Dal Rinascimento alRisorgimento, Milano 1947, pp. 589-596; M. F. Sciacca, La filosofia nell'età delRisorgimento, Milano 1948, pp. 397-399; S. Landucci, L'hegelismo in Italianell'età del Risorgimento, in Studi storici, VI (1965), p. 626. Sui giudizi della cultura laica dopo la pubblicazione dell'Ultima critica, cfr. L. Ferri, L'Ultima critica di A. F., in Nuova Antologia, 1º dic. 1889, pp. 507-518; S. F. De Dominicis, La seconda apostasiadi A. F., in Cuore e critica, III (1889), pp. 265-271, 281-284; IV (1890), pp. 2-6; B. Galletti, Critica dell'Ultima criticadel preteC. B.già A.F., Palermo 1889; F. Alessio, L'ultima critica di A. F., in Rassegna nazionale, LXII (1891), pp. 769-784; E. De Marinis, Prolusioni universitarie, Napoli 1896, pp. 52 ss. Per la reazione dei rosminiani all'Ultimacritica, cfr. G. Bozzetti, Rosmini nell'Ultima critica di A. F. Studio storico-critico, Firenze 1917; E. Passerin d'Entrèves, L'eredità della tradizione cattolicarisorgimentale, in Aspetti della cultura cattolica nell'età di LeoneXIII, a cura di G. Rossini, Roma 1961, pp. 280-82. Per la fortuna che dopo la conversione e la morte il B. trovò presso i cattolici, cfr. A. Cappellazzi, L'ultima critica di A. F.,brevemente esposta ed esaminata, I-III, Crema 1889-1893; G. Ballerini, A. F., in Rivista internazionale di scienzesociali, III, vol. IX (1895), pp. 314-319; F. Meda, Profili e schizzi, Milano 1900, pp. 73-82; Id., Universitari cattolici italiani, Milano 1928, pp. 81-112; G. Toniolo, I doveri degli studiosi cattolici. A proposito di una commemorazione di A. F., in Scritti spirituali,religiosi,famigliari e vari, Città del Vaticano 1952, I, pp. 292-313.