CACCIANEMICI, Cristoforo
Discendente da un'illustre famiglia bolognese di ormai remote tradizioni guelfe, nacque probabilmente nei primi anni del sec. XV da Braiguerra; non è nota, invece, l'ascendenza materna. Risiedette quasi ininterrottamente in Bologna nel palazzo di famiglia situato nel centrale quartiere di porta Ravegnana, nei pressi delle chiese di S. Bartolomeo e di S. Barbara, dove in tempi e in circostanze imprecisati costituì una famiglia, formata dai figli Alessandro, Cesare e Pellegrino. Ebbe anche un figlio naturale di nome Bartolomeo.
Dotato presumibilmente di una non comune preparazione giuridica e di una specifica competenza in materia finanziaria - ma pressocché nulla ci è dato sapere della sua educazione giovanile - il C. figurò quasi sempre nelle prime posizioni fra le famiglie della nobiltà senatoria bolognese. Con una di esse poi, la famiglia Malvezzi, si imparentò mediante il duplice matrimonio dei figli Alessandro e Cesare rispettivamente con Lucrezia e Isabella, figlie del potente Virgilio. Per capacità personali e prestigio sociale, ricevette ripetutamente incarichi rappresentativi della municipalità bolognese in un lungo arco di tempo che procede almeno dal 1442 per concludersi attorno al 1472: un trentennio, questo, particolarmente travagliato nella storia della maggiore città emiliana e dei suoi istituti autonomistici, insidiati ed esautorati da un lato dalla sovranità pontificia, dall'altro dai ripetuti tentativi, fatti ora dall'esterno, ora dall'interno della città, di sottoporre Bologna al regime tirannico; tentativi che finirono per sfociare durante il secondo Quattrocento nella signoria di Giovanni II Bentivoglio.
La prima testimonianza dell'attività del C. nell'ambito della municipalità bolognese risale al 1442, quando egli fu destinato a succedere al defunto Tommaso Gozzadini nell'ufficio di depositarius introytuum Camere Bononie (Arch. di Stato di Bologna, Reg.Mand. 1441-1443, f. 96v, 29 ott. 1442.); da questo momento la sua ascesa a cariche di sempre maggiore prestigio e responsabilità nella vita politica cittadina non fece quasi più registrare pause di qualche rilievo. Già l'anno successivo, nel 1443, fu designato a far parte della magistratura dei XVI Riformatori dello Stato; ufficio nel quale non restò impegnato a lungo, ma di cui fu richiamato a far parte appena due anni dopo, nel 1445. Nello stesso torno di tempo, per la sua esperienza in materia finanziaria, venne incaricato di rendere esecutivi i provvedimenti fiscali deliberati di recente dal Consiglio dei seicento. Successivamente entrò a far parte del Consiglio degli anziani (1446) e vi fu riconfermato anche nel 1449. Fu, appunto, in qualità di anziano che venne investito di responsabilità politiche anche gravose, come quando prese parte alla delibera di bandire i Canetoli, irrequieti rivali dei Bentivoglio, e fu pure esecutore della sentenza di confisca dei loro beni.
L'ascesa del C. a posizioni sempre più prestigiose nella vita cittadina e nel patriziato bolognese fu sottolineata e riconosciuta ad un tempo dall'investitura cavalleresca che gli fu conferita solennemente in S.Petronio nel 1452 dal re dei Romani Federico III, allora di passaggio a Bologna. Poco dopo, con uno speciale decreto (Arch. di Stato di Bologna, Schede Provvigioni e Riformazioni diverse, 30 genn. 1452), il cardinale legato Bessarione gli confermava la carica vitalizia di arcidiacono e cancelliere dello Studio bolognese.
Già nel 1446 gli erano stati affidati delicati incarichi di rappresentanza esterna del Comune di Bologna: infatti, quest'anno, fu inviato ambasciatore alla Serenissima, fra l'altro per assumere informazioni sulle contese egemoniche fra Veneziani e Visconti, giunte allora a un punto decisivo. In tali incarichi il C. fu riconfermato negli anni seguenti, il più delle volte col mandato specifico di rappresentare la cittadinanza bolognese presso l'autorità sovrana dei papi: ciò si verificò soprattutto in occasione dell'elevazione al soglio pontificio di nuovi papi: Callisto III (1455), Pio II (1458) e Paolo II (1464). In queste circostanze il C. si faceva anche portavoce delle istanze di autonomia della sua città, ma non sempre le sue ambasciate - come ad es. quella indirizzata nel 1466 dal Senato bolognese a Paolo II - ebbero esito positivo sotto tale profilo; anzi, in questo caso il papa pretese il dominio assoluto sulla città.
Con l'affermarsi della signoria bentivolesca in Bologna il C. fu incaricato di rappresentare Giovanni II nei rapporti cogli Sforza, duchi di Milano, e di trattare la politica matrimoniale e gli interessi dinastici comuni alle due famiglie principesche dal 1454 almeno, dal tempo, cioè, delle nozze fra Ginevra Sforza e Sante Bentivoglio. Ma, nonostante questo nuovo corso della sua carriera diplomatica e sebbene nel frattempo fosse stato eletto senatore in soprannumero nel 1460 e rieletto a tutti gli effetti per il primo semestre del 1466, stava per iniziare, ormai, il declino politico suo e del suo casato. Esso si compì in circostanze tragiche nel 1472, quando Bartolomeo, figlio illegittimo del C., contravvenendo alla fede data dal padre al Bentivoglio, si lasciò coinvolgere in una catena di gelosie e vendette ed uccise un protetto del signore: Antonio del Lino, ritenuto responsabile della morte del fratello Cesare. La repressione del Bentivoglio, che colse l'occasione per liquidare nel C. un potenziale oppositore della sua tirannide e un convinto fautore delle tradizionali autonomie comunali, fu durissima: il C. fu privato di ogni dignità e carica cittadina, ebbe un nipote ucciso, la casa incendiata e distrutta, i beni confiscati e dovette subire coi famigliari superstiti la condanna all'esilio. Con l'immissione nei seggi del Senato e dei Consigli cittadini lasciati vacanti dai Caccianemici di uomini di fiducia dei Bentivoglio si strinse ulteriormente il cerchio della tirannide bentivolesca su Bologna.
Da questo momento si perde ogni traccia del C. e tale circostanza induce a ritenere che la sua morte non dovesse tardare a seguire questa irreparabile tragedia familiare.
Fonti e Bibl.: Matthaei de Griffonibus Memoriale historicum de rebus Bononiensium, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., XVIII, 2, a cura di L. Frati e A. Sorbelli, p. 111; H. de Bursellis Cronica gestorum ac factorum memorabilium civitatis Bononie,ibid., XXIII, 2, a cura di A. Sorbelli, pp. 90-99, 102; C. Ghirardacci, Della Historia di Bologna parte terza,ibid., XXXIII, I, a cura di A. Sorbelli, ad Indicem;G. Nadi, Diario bolognese, a cura di C. Ricci e di A. Bacchi, Bologna 1886, pp. 72 s.; G. N. Pasquali-Alidosi, Li Riformatori dello Stato di Libertà della città di Bologna, ibid. 1614, p. 22; G. Gozzadini, Memorie per la vita di Giovanni II Bentivoglio, Bologna 1839, pp. 20 s.; S. Muzzi, Annali della città di Bologna, IV, ibid. 1842, pp. 415, 427, 457, 466, 468, 486, 491, 497; V, ibid. 1843, pp. 35-37; G. Gozzadini, Delle torri gentilizie di Bologna, ibid. 1875, p. 218; G. Guidicini, I Riformatori dello Stato di libertà della città di Bologna dal 1394 al 1797, I, Bologna 1877, pp. 22, 25-29, 33-37, 40, 47, 58-60; L. Breventani, Supplemento alle cose notabili di Bologna, ibid. 1908, I, pp. 419-424; III, p. 130; IV, pp. 247 s.; V, p. 143; Miscellanea, pp. 45, 65, 318 s.; M. Longhi, Niccolò Piccininoin Bologna (1438-1443), in Atti e memorie d. R. Deput. di storia patria per le prov. di Romagna, s. 3, XXV (1906-1907), p. 303; E. Nasalli Rocca, Il card. Bessarione legato pontificio in Bologna (1450-1455),ibid., s. 4, XX (1929-1930), pp. 45, 63; G. Orlandelli, Note di storia economica sulla signoria dei Bentivoglio,ibid., n.s., III (1951-1952), p. 314; C. M. Ady, I Bentivoglio, Varese 1965, pp. 47 ss., 234 s.