CRISTOFORO da Lavello
Nato probabilmente a Lavello, presso Potenza, all'inizio del sec. XV, apparteneva a una famiglia di condottieri, il più famoso dei quali fu Angelo Broglio da Lavello, detto il Tartaglia. Non conosciamo il grado esatto di parentela che li legava: è da escludere che C. fosse suo fratello, come è stato affermato talvolta dalla storiografia, mentre è probabile che fosse suo nipote. Secondo alcune fonti il padre di C. si chiamava Pier Paolo, del quale - peraltro - non si ha alcuna notizia; sembra, inoltre, certo che C. fosse imparentato con gli Orsini, in particolare con Iacopo Orsini, conte di Tagliacozzo.
C. cominciò ad esercitare in giovane età il mestiere delle armi, combattendo sotto il comando del famoso Broglio. Nell'anno 1419 assistette a Sangemini, insieme con Paolo delle Catene, alla riconciliazione del Broglio con Muzio Attendolo Sforza. Dopo la morte del Broglio, giustiziato perché accusato di aver intrattenuto rapporti segreti con Braccio da Montone, C. dovette restituire alla Chiesa il "castrum" di Sipicciano (presso Viterbo): il 12 febbr. 1422 il cardinale Giordano Orsini incaricò Ulisse Orsini di Monterotondo di riportare il castello sotto il dominio della S. Sede.
L'anno successivo C. era in Umbria al servizio della Repubblica fiorentina. Notizie su questa condotta troviamo nelle Commissioni di Rinaldo degli Albizzi, il quale conosceva la fama di C. come "buono guerriere" e apprezzava le sue qualità militari, la sua capacità di resistere in situazioni di emergenza o comunque difficili. Era anche al corrente della rivalità di C. con Iacopo Orsini, rivalità che si era estesa alle rispettive truppe, e quindi si adoperò per mettere pace tra i due capitani. Riuscì, inoltre, a convincere C. a rinnovare la condotta con Firenze: C. firmò nell'ottobre 1423, impegnandosi a servire la repubblica con sessanta lance per un periodo di sei mesi. Nel luglio successivo aveva già lasciato, comunque, il servizio fiorentino ed era passato al soldo del duca di Milano: - insieme con i capitani milanesi Agnolo della Pergola, Niccolò Guerriere e Belmamolo, assediò il castello di Zagonara - ove si era rinchiuso Alberico da Barbiano - e il 28 dello stesso mese sconfisse presso Lugo, insieme con Agnolo della Pergola, il capitano fiorentino Carlo Malatesta.
In seguito si unì alla spedizione viscontea contro Firenze, guidata da Niccolò Piccinino, e operò in Romagna mentre il Piccinino continuava a combattere in Toscana. La sua rivalità con Francesco Sforza rendeva difficile a Filippo Maria Visconti la scelta di un comandante delle truppe milanesi in Romagna, perché C. non era disposto a rimanere al servizio milanese se la scelta fosse caduta sullo Sforza (Osio, II, p. 165). In seguito C. si adoperò, insieme con l'agente milanese Ottolino Zoppo, per stabilire una tregua con gli Svizzeri, tregua che fu conclusa grazie alla mediazione dell'arcivescovo di Kalocsa ed amministratore dei vescovato di Sion, Andrea Benzi, e approvata dal duca di Milano il 29 nov. 1425. In base a questa tregua mercenari svizzeri dovevano essere messi a disposizione del duca per un periodo di un anno ("usque ad festum Sancti Martini" 1426).
Quando Brescia passò a Venezia C. partecipò alla lotta contro questa città, assalendo tra l'altro audacemente nel 1427 il campo del comandante veneziano Francesco Bussone, detto il Carmagnola, e assediò il borgo di Orago presso Brescia. Nel 1431 egli combatté, con l'aiuto di Niccolò da Tolentino, contro il marchese di Monferrato, alleato di Venezia, occupando, grazie anche all'intervento di Ardizzone da Carrara e Belmamolo, gran parte del territorio monferrino. L'anno successivo fu incaricato dal duca di Milano, insieme con Bernardino della Carda, di scortare, con quattrocento cavalli e con il concorso di Ardizzone da Carrara e Ludovico Colonna, il re dei Romani Sigismondo che si stava recando a Roma per l'incoronazione imperiale. Nel 1435 lo troviamo di nuovo in Romagna, dove insieme con Niccolò e Francesco Piccinino e altri condottieri fidati combatteva contro le truppe del papa Eugenio IV alleato di Firenze contro Milano.
A partire dal 1433 C. fu anche consigliere ducale e operò come persona di fiducia del Visconti in Toscana e in Lunigiana, dove si appoggiò su Siena e Lucca (città dove risiedevano i suoi familiari), le quali intrattenevano buoni rapporti con il duca di Milano. Le due repubbliche non soltanto parteciparono alla difesa di Pontremoli, bene fortificata, ma tentarono anche di riconquistare le piazzeforti di Albenga (Savona) e Pietrasanta (Lucca), occupate e difese da Firenze, di cui soprattutto l'ultima era di particolare interesse strategico.
A Lucca si sapeva bene che la conquista di Pietrasanta avrebbe completamente isolato Genova, l'alleata di Firenze. Perciò i Lucchesi ripetevano sempre a C. che "ogni altra impresa... non vale una paglia, perché chi ha Pietrasanta ha La Spezia e tutta la Riviera, e chi perde Pietrasanta perde Lucca..." (Regesti, IV, p. 132, n. 768). Per questo motivo i Lucchesi erano anche molto interessati a stipulare una condotta con C. contro Pietrasanta. Ma poiché all'inizio non volevano impegnare troppi soldi in questa impresa, pensando che C. avrebbe combattuto per la loro causa "pro honestate" gli mandarono a questo proposito un ambasciatore nella persona di Benedetto da Moncigolo; C. tacque e non rispose alle offerte. Preoccupati di questo silenzio, i Lucchesi si rivolsero quindi al duca di Milano, sollecitando il suo intervento. Fu invocato anche l'aiuto dei marchesi Malaspina affinché Pietrasanta potesse essere riconquistata alla "propria madre e fondatrice". Alla fine i Lucchesi riuscirono, forse anche grazie all'intervento del duca e a un regalo di duecento ducati d'oro, più la promessa di un ducato a ciascuno dei suoi soldati, ad avere al proprio servizio C. come condottiero per la durata di un mese (18 maggio 1436).
L'impresa fallì prima di iniziare per la morte improvvisa di C., avvenuta il 1° giugno 1436, "a due ore di notte", a Camaiore (Lucca). Pietrasanta, per la cui difesa Firenze aveva mandato 1.200 uomini al comando di Francesco Sforza, l'antico avversario di C., non poté essere riconquistata.
Nulla di preciso sappiamo della famiglia di Cristoforo. Si ha notizia soltanto di un suo fratello e, di un suo nipote, anch'essi condottieri al servizio di Milano. L'ipotesi dei Solimene, secondo cui un certo Antonello Tartaglia, ricordato nel 1474, era figlio di C., non può essere provata.
Fonti e Bibl.: Arch. Segreto Vaticano, Reg. Vat. 353, f. 326v; Platynae historici Liber de vita Christi ac omnium pontificum, in Rer. Ital. Script., 2 ed., III, 1, a cura di G. Gaida, p. 311; Corpus chronic. Bononiensium, ibid., XVIII, 1, a cura di A. Sorbelli, p. 575; Braccii Perusini vita et gesta... auctore L A. Campano, ibid., XIX, 4, a cura di R. Valentini, p. 182; P. C. Decembrii Opuscula histor., ibid., XX, 1, a cura di A. Butti-F. Fossati G. Pettaglione, pp. 517, 628; J. Simonetae Rerum gestarum Trancisci Sfortiae Mediolanensium ducis, ibid., XXI, 2, a cura di G. Soranzo, pp. 29, 31, Cronaca di ser Guerriero da Gubbio, ibid., XXI, 4, a cura di G. Mazzatinti, pp. 43 s.; Matthei Palmerii Liber de temporibus, ibid., XXVI, 1, a cura di G. Scaramella, p. 143; Commissioni di Rinaldo degli Albizzi per il Comune di Firenze, a cura di C. Guasti, Firenze 1867-1873, ad Indicem; L. Osio, Docum. diplom. tratti dagli Archivi milanesi, II, Milano 1869, ad Indicem; III, ibid. 1872, ad Indicem; Un'inedita cronachetta degli Sforza (scritta da Leonardo Botta cremonese), in Arch. stor. per le prov. napoletane, XIV(1894), p. 734; C. De Cupis, Regesto degli Orsini, Sulmona 1903, p. 430; L. Fumi, R. Arch. di Stato in Lucca: Regesti, IV, Lucca 1907, ad Indicem (sub voce Avello); B. Corio, L'historia di Milano, Vinetia 1565, p. 734; G. M. Mecatti, Storia cronol. della città di Firenze, Napoli 1755, pp. 369 s.; G. Giulini, Continuazione delle Memorie di Milano ne' secoli bassi, III, Milano 1771, p. 442; C. De' Rosmini, Dell'historia di Milano, Milano 1820, II, p. 310; A. Battistella, Il conte Carmagnola, Genova 1889, p. 266; A. Bozza, La Lucania, II, Rionero in Vulture 1890, pp. 158 s., 298 s.; A. Pesce, Sulle relaz. tra la Republica di Genova e Filippo Maria Visconti, Torino 1921, p. 76; G. Solimene, Gaspare Broglio Tartaglia e l'importanza della sua cronaca inedita manoscritta dei sec. XV, Napoli 1953, pp. 12 ss.; F. Cognasso, Il ducato visconteo da Gian Galeazzo a Filippo Maria, in Storia di Milano, VI, Milano 1955, pp. 287, 310, 319; P. Partner, The Papal State under Martin V, London 1958, p. 74. n. 2.