CRISTOFORO da Padova
Nacque nel 1500 a Padova dove a circa dieci anni entrò nel convento agostiniano dei SS. Filippo e Iacobo. Il 2 giugno 1523 ebbe la prima carica, quella di cursor dello studio teologico del convento. Prosegui divenendo lettore nel 1524, baccalaureatus nel giugno del 1525 e magister nel luglio del 1528. Due anni più tardi si trasferì nel convento di Bologna, dove, nel settembre, fu eletto reggente dello studio, rimanendovi con ogni probabilità fino al 1537. Il 13 giugno di quell'anno infatti fu inviato a Roma. Dopo più di un anno di soggiorno nell'Urbe sempre con la medesima carica e prima del gennaio 1539. fu eletto reggente dello studio del convento di Padova. Relativa a questa sua attività è l'Expositio in epistolas ad Galatas, conservata manoscritta nella Biblioteca universitaria di Padova (ms. 831), divisa in ventiquattro lectiones, da lui lette nel 1544, mentre è andata perduta l'Expositio in epistolas d. Pauli ad Corintios, che era conservata nella Biblioteca agostiniana della stessa città.
Il 12 maggio 1542 era stato creato provinciale per la Marca Trevigiana per due anni. Con il giugno del 1544 egli divenne priore del convento padovano. Il 17 gennaio dell'anno seguente il padre generale dell'Ordine, Gerolamo Seripando, lo designò, fino al successivo capitolo, suo procuratore. C. si mise allora in viaggio alla volta di Roma, passando prima a Vicenza, dove visitò il cardinale Niccolò Ridolfi, protettore dell'Ordine. La carica gli fu confermata nel capitolo del 1547 ed egli fu fatto anche membro della commissione che aveva il compito di procedere alla revisione delle costituzioni dell'Ordine.
Il Seripando, che lo definì "altera nostra manus", lo stimava anche come teologo e lo consultò quando nella prima convocazione del concilio tridentino si trattò del problema della giustificazione nel giugno 1546 e di quello dei battesimo agli inizi del 1547. Un testo di C., che risponde a cinque questioni sulla giustificazione, conservato dal Scripando, è stato edito in Concilium Tridentinum, XII, a cura di V. Schweitzer, Friburgi Brisgoviae 1930, pp. 603-10, mentre il suo De Iesu Christi baptismo et eius praecursoris Iaonnis Baptistae, in due parti, in cui si confrontano i due battesimi e si discetta se quello del Battista conferiva la grazia, è edito nel medesimo volume alle pp. 760-763.
Quando il 12 sett. 1549 il cardinale Scripando partì per Napoli, delegò C. ad occuparsi di quanto concerneva l'Ordine a Roma e gli commise soprattutto di mantenere i rapporti con il cardinale protettore, che allora era ancora il Ridolfi.
Era divenuto invece protettore dell'Ordine il cardinale Marcello Cervini allorché il 31 genn. 1551 Seripando decise di rinunciare al generalato a causa delle sue non buone condizioni di salute. Manifestando al Cervini questa sua decisione, il Seripando lo invitò a sollecitare il papa a nominare un presidente per il prossimo capitolo. Il cardinale, rendendosi conto che "verosimilmente" colui che fosse stato "fatto presidente" sarebbe riuscito generale, pregò il Seripando di comunicargli i nomi di quello o quelli che egli riteneva degni di tanto onore. I nomi che fece il generale furono quello di Fabiano da Genova e quello di C., definito "huomo da bene, di buona dottrina, amato universalmente da tutti et assai instrutto nelle cose dell'ordine". Il Cervini però non si dimostrò entusiasta della possibilità che C. fosse fatto generale, sembrandogli "huomo da poco..., buono, ma non... atto a tal governo". Tuttavia in pochi mesi cambiò opinione, favorevolmente impressionato dall'atteggiamento assunto da C. quando aveva saputo che Seripando intendeva rinunciare al generalato, acconsentendo che egli fosse fatto presidente. C. infatti aveva sorpreso il cardinale per la sua modestia, perché aveva rinunciato ad ogni briga e perché aveva suggerito che Seripando mantenesse la carica di generale, delegando tutti i pesi dell'ufficio ad un vicario.
Secondo le p revisioni C., dal capitolo che si tenne a Bologna nella settimana di Pentecoste del 1551, fu nominato generale con voto unanime degli intervenuti. Il 4 luglio c., che prima di tornare a Roma: era passato per Venezia e per Padova, riceveva l'annunzio dal Cervini che il papa, desiderava egli si recasse a. Trento per il concilio "con 4 o 6 dei più dotti della religione", avvertendo "di far elettione di persone... di dottrina theologica e di vita esemplare". Ottenuto il permesso di lasciar trascorrere i giorni di maggior calura e postosi quindi in viaggio, arrivò il 12 settembre a Trento e prese alloggio nel convento di S. Marco.
Unico superiore degli Ordini mendicanti, fu molto attivo in questo secondo periodo del concilio, durante il quale si presero in esame le dottrine dell'eucarestia, della penitenza e dell'estrema unzione. Intervenne ai lavori con osservazioni e proposte, sempre improntate a spirito conciliativo, anche se impregnate di ardore riformistico. Negli ultimi quattro mesi dell'anno scrisse anche alcuni trattati sulle questioni di cui si discuteva. Il Tractatus de sanctissimo eucharistiae sacramento, scilicet: an sub specibus. panis et vini vere et realiter sit Christi corpus, in tre capitoli, e il Tractatus de sacramento ordinis, in cui refuta sei articoli eretici sull'Ordine, sono ambedue editi in Concilium Tridentinum, XIII, a cura di H. Jedin, Friburgi Brisgoviae 1938, rispettivamente alle pp. 130-138 e 139-145, mentre i suoi voti De poenitentia et de extrema unctione, sono rimasti manoscritti (Roma, Bibl. Angelica, cod. 425, cc. 30b-47b).
Conclusisi i lavori del secondo periodo del concilio il 29 apr. 1552, da Trento C. tornò a Roma, dopo esser passato per Verona. Naturalmente non cessò di interessarsi di problemi teologici e nel 1555, anno in cui fu confermato come generale nel capitolo tenuto a Rimini, scrisse il Tractatus de residentia episcoporum, manoscritto nel già citato codice 425 della Biblioteca Angelica (cc. 119b-130b). Nel medesimo 1555 uscì a stampa a Roma, a cura di C., il Prinius tomus operum d. Aegidii Romani..., nella dedica del quale al cardinale M. Cervini C. esprimeva l'intenzione di curare l'edizione delle opere di altri dotti agostiniani. Secondo D. Gutiérrez, sempre nel 1555 uscivano, anch'essi a Roma, i Canones verbi Dei concionatoribus Ordinis fratrum eremitarum s. Augustini, in cui in trentasei canoni C. esorta i predicatori a rivolgersi ad argomenti consoni ad una "sana" dottrina lontana dalla peste dell'eresia. I Canones ebbero notevole fortuna e furono riediti a Roma tre anni dopo e a Venezia nel 1592 e nel 1603.
C. collaborò inoltre con gli altri teologi che si occuparono per ordine di Paolo IV dell'indice delle opere proibite. Su questo argomento scrisse un De modo conficiendi cathalogi de authorum libris taxandis vel interdicendis ab Ecclesia e un De reformatione indicis, librorum editi a Paulo IIII. An scilicet reformari debeat et quomodo, rimasti inediti nel solito codice 425 dell'Angelica.
Riconfermato generale dell'Ordine nel capitolo di Venezia del 1559, il 5 nov. 1561 C. si portò a Trento, dove si apriva l'ultimo biennio dei lavori del sinodo.
Avendo partecipato alle prime sessioni nel gennaio e nel febbraio del 1562, fu aggregato alla commissione costituita per stendere il decreto sull'indice dei libri proibiti. I suoi voti An libri haereticorum haeresim non continentes sint abolendi e An libri haereticorum omnium tam haeresim continentes quam non continentes prohibendi sunt? sono editi in Concilium Tridentinum, XIII, pp. 595-599 e 599-602. Nella primavera partecipò attivamente alle sessioni durante le quali si trattò della residenza dei vescovi, aderendo alla tesi secondo cui questa doveva essere considerata de iure divino e nel luglio fu ascritto alla commissione incaricata di compilare il decreto sull'eucarestia. Il 26 agosto parlò della messa, aderendo alla concezione che considera questa un vero sacrificio. Trattò, entro la fine dell'anno, il problema de calice e, l'anno successivo, dell'ordine e del matrimonio. I suoi voti su questi argomenti sono conservati nel cod. 425 della Biblioteca Angelica di Roma.
Il 4 dic. 1563 sottoscrisse tutti i decreti conciliari. L'anno successivo era confermato generale nel capitolo tenuto a Milano, così come lo fu quattro anni dopo a Padova. Mori a Roma il 4 febbr. 1569, dopo venti giorni di malattia, lasciando il ricordo di un trapasso serafico.
Come generale, C., annoverato fra i teologi della "scuola agostiniana tridentina", anche se la sua figura risulta al confronto molto più pallida, fu un degno successore del Seripando, di cui continuò l'opera di riforma delle province e delle congregazioni. Pur operando senza visitare personalmente mai le province fuori d'Italia e non tutte quelle italiane, si adoperò perché fossero applicate le direttive dei concilio. Avviò indagini capillari che potessero servire all'agiografia dell'Ordine. Di lui G. Lanteri (Eremi Sacrae Augustinianae pars prima, Romae 1874, p. 306) sostiene che "fece molto bene alla famiglia eremitana: aboli gli abusi, restituì la disciplina regolare, inviò a. dirigere la religione ottimi uomini".
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. gener. O. S. A., Reg. Dd24-Dd30 (Acta et epistolae del suo generalato); Madrid, Bibl. Nac., ms. 8435; Monaco, Bayer. Staatsbibl., Cod. Lat. Mon. 8423; V. Forcella,. Iscriz. delle chiese... di Roma, V, Roma 1874, p. 58; per i mss. conservati nella Bibl. Angelica di Roma: E. Narducci, Catalogus codicum..., I, Roma 1892, ad Indicem; D. A. Perini, Bibliographia Augustiniana, III, Firenze 1935, pp. 73 ss.; D. Gutiérrez, Patres ac theologi augustiniani qui concilio Tridentino interfuerunt, in Analecta Augustiniana, XXI(1948-1949), pp. 85-91; Id., Testi e note su l'ultimo quadriennio del generalato di Seripando, ibid., XXVIII(1965), pp. 285, 302 ss., 325, 328 s., 334, 336 s., 340, 344, 352-55, 368-72, 377; H. Jedin, Storia del concilio di Trento, II, Brescia 1962, pp. 200, 437; III, ibid. 1973, pp. 357, 500; D. Gutiérrez, Historia de la Orden de san Agustin, II, Roma 1971, pp. 53-58, e ad Indicem.