CRISTOFORO da Parma
Nacque a Parma probabilmente nell'ultimo decennio del sec. XIII. Il primo dato cronologicamente certo della sua vita è del 10 sett. 1323, quando le fonti a noi note menzionano la sua presenza a Firenze. Allora aveva già da alcuni anni scelto di seguire la sua vocazione religiosa tra i frati servi di Maria, a ciò indotto dall'esempio e dalle parole di uno degli esponenti di maggior rilievo di quell'Ordine, il beato Francesco da Siena. Proprio a Siena, anzi, si deve ritener avvenuta la sua conversione, anche se sfuggono, per il silenzio delle fonti, i motivi che lo avevano portato in quella città; così come sfuggono le motivazioni profonde che lo avevano spinto ad abbandonare il mondo. A una sua aspirazione ad una "vita santa" allude genericamente la Legenda beati Francisci de Senis, da lui composta dopo la morte del beato (12maggio 1325). Poiché nella Legenda Francesco da Siena si rivolge a C. chiamandolo "filius", la storiografia servita ha creduto di poter dedurre che lo stesso C. fosse stato discepolo del beato: a sostegno di questa tesi, tuttavia, non vi sono in realtà altre testimonianze attendibili.
C. dovette guadagnarsi ben presto fama di uomo meritevole e degno, se nel 1330fu eletto provinciale per la Toscana: in tale servizio dimostrò di possedere buone capacità organizzative, tanto che pochi anni più tardi fu scelto quale vicario del priore generale dell'Ordine, Pietro da Todi. Desta dunque meraviglia che un suo confratello, Niccolò Mati da Pistoia, nei suoi scritti (Ricordi..., p. 140) alluda a C. come al "prioris generalis pessimo consiliario" e lo accusi di essere, grazie al suo comportamento dissennato, la causa prima delle difficoltà che l'Ordine incontrava in quegli anni. È un fatto, comunque, che Benedetto XII con una lettera del 31 dic. 1341 da Avignone sollevò dall'incarico ("ab officio absolvit") sia C. sia il fratello di questo, Paolo, allora vicari del priore Pietro da Todi. Il provvedimento mirava a punire, come risulta chiaramente dalla lettera, l'atteggiamento dei due, i quali si comportavano "partialiter" e "deterius" dello stesso Pietro (Arch. Segr. Vat., Reg. Vat. 129, f. 315v, anno VII, Epistola DIIII).
Parte della storiografia servita ha negato che il vicario destituito da Benedetto XII sia da identificare con l'autore della edificante Legenda beati Francisci de Senis, sottolineando il fatto che fra' Benedetto Gerij, quando compose intorno al 1360 le sue aggiunte al testo del pio libello, ne definì l'autore come "domini generalis Ordinis nostri praelibati dignus vicarius". L'esistenza contemporanea di due serviti con lo stesso nome di religione è circostanza che non trova però riscontro nella tradizione dell'Ordine servita. Per spiegare sia il duro giudizio di Niccolò Mati, sia il deciso intervento papale, si può, con la più recente letteratura storica, avanzare l'ipotesi di una crisi spirituale o di uno "sbandamento" di C.; "sbandamento" e crisi, che potrebbero essere avvenuti effettivamente in quegli anni, ma che potrebbero essere anche stati presunti od esagerati dall'invidia dei confratelli o dei contemporanei.
Dopo un periodo di penitenza trascorso nel "deserto Ansani" e dopo alcuni anni, nei quali fu tenuto lontano da cariche di responsabilità, C. venne di nuovo eletto vicario del priore all'epoca di Vitale Avanzi o di un suo successore. Si ignora la data esatta della morte, che dovette comunque avvenire dopo il 1360.
Molti scritti adespoti relativi alla storia dei primi tempi dell'Ordine dei frati servi di Maria sono stati con maggiore o minore attendibilità attribuiti a C.: tra gli altri, la Legenda de origine Ordinis, la LegendabeatiPhilippi, la Legenda beati Ioachini Senensis. In realtà, l'unica attribuibile con un buon grado di certezza è, come si è detto, la Legenda beatiFrancisci deSenis, composta verisimilmente tra il 1355 e il 1360. Nata, come le altre, in un clima di rinnovato fervore spirituale (l'Ordine aveva superato allora la sua prima grave crisi interna grazie a una riforma che introduceva nuove precisazioni alla regola originaria, sostanzialmente modellata su quella agostiniana), e particolarmente interessante per lo studio e la conoscenza sia della spiritualità sia delle vicende dei movimento servita tra i secc. XIII e XIV, l'operetta narra la vita di uno dei più insigni rappresentanti dell'Ordine, il beato Francesco da Siena (1263-1328). Questi costituì senza dubbio un modello di vita per il suo più giovane biografo.
Alcune peculiarità distinguono C. dagli altri scrittori e cronisti dell'Ordine a lui coevi: l'uso di parlare in prima persona e l'abitudine a rivolgersi, nel racconto, direttamente ai lettori; una notevole preziosità dello stile; il frequente ricorrere, ad indicare la Madonna, della locuzione "virgo gloriosa", appellativo raro a trovarsi nelle altre legendae.
La Legenda beati Francisci de Senis, che è stata utilizzata in tutte le storie dell'Ordine, fu pubblicata per la prima volta, ma non integralmente, solo nel 1743; dopo quella completa del 1895, che teneva però conto di un unico manoscritto, la prima edizione critica è stata pubblicata nei Monumenta ServorumS. Mariae, V, Bruxelles 1902, pp. 22-45.
Fonti e Bibl.: Ricordi del p. Niccolò Mati…, a cura di A. Morini, Roma 1883, p. 140; P. M. Soulier, Introd. critica all'ediz. della Legenda, in Analecta Bolland., XIV(1895), pp. 167-174; Id., Monum. Serv. S. Mariae, V, Bruxelles 1902, pp. 20-22; A. M. Rossi, Manuale di st. dell'Ordine dei servì di Maria, Roma 1956, pp. 39, 72-75; A. M. Del Pino, Note iconografiche sul b. Giovacchino da Siena e la sua "legenda", in Studi stor. dell'Ordine dei servi di Maria, VIII(1957-58), p. 162; P. M. Suarez, Spiritualità mariana dei frati servi di Maria nei docum. agiografici del sec. XIV, ibid., IX (1959), p. 134; P. M. Graffius, The "Corona Gloriosae Virginis Mariae". An Historical Study..., ibid., XIII(1963), p. 7; A. M. Serra, Niccolò Borghese (1432-1500) e i suoi scritti agiogr. servitani, ibid., pp. 171, 188; Uffici e Messe proprie dei santi e beati O. S. M.: testi ufficiali con note critiche e bibl., ibid., pp. 36, 116.