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FERRETTI, Cristoforo

di Vincenzo Caciulli - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 47 (1997)
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FERRETTI, Cristoforo

Vincenzo Caciulli

Figlio del conte Oliverotto e di Flavia Mancinforte Sperelli, nacque ad Ancona il 9 sett. 1784, fratello maggiore di Gabriele, che sarà cardinale e segretario di Stato, e di Pietro, patriota e ministro "liberale" a Napoli. Entrato adolescente nell'esercito austriaco, nel 1806 diveniva capitano e due anni dopo, in seguito all'annessione delle Marche al Regno Italico, passava nelle file dell'esercito del viceré Eugenio di Beauharnais.

Sulla partecipazione alle campagne napoleoniche e sul ruolo che effettivamente svolse non c'è grande concordanza tra le affermazioni dei biografi e le ricostruzioni storiche degli avvenimenti e della partecipazione italiana all'epopea imperiale francese. Nel 1809 partecipò alla battaglia della Raab, col grado di capobattaglione della guardia reale italica, e fu insignito della Legion d'onore. Tre anni dopo era in Russia come capitano della stessa guardia. Nel 1813 partecipava alla campagna dell'Illiria.

Nel 1814, con la caduta del Regno d'Italia e l'arrivo a Milano degli Austriaci, le strutture dell'esercito italico venivano ridotte e inquadrate in quello imperiale austriaco. Sciolta la guardia reale, il maresciallo H. J. Bellegarde incaricò i generali T. Lechi e G. Villata di formare quattro reggimenti di fanteria di linea da inquadrare negli organici austriaci. Solo pochi ufficiali di grado medioalto passarono al nuovo esercito e il F. fu uno di questi. Con il grado di maggiore venne inviato di stanza in Germania dopo essere uscito indenne da perquisizione e processo dinanzi a un Consiglio di guerra, sospettato di partecipazione alla congiura militare del 1814.

Nel 1817 ottenne di essere messo in pensione. Negli anni successivi, per il biografo D. Spadoni, fu tra gli oppositori al regime austriaco e il suo nome, spesso confuso con quello del fratello Pietro, risulta nelle carte di polizia tra i sospettati di attività cospirativa.

A partire dal 1833 si occupò degli affari dell'Ordine gerosolimitano del S. Sepolcro - legato al Vaticano - del quale faceva parte da lungo tempo. Cinque anni dopo divenne ministro plenipotenziario dell'Ordine per il Lombardo-Veneto, stabilendo definitivamente la propria residenza a Milano. Nel 1847 era chiamato a Roma dal fratello, il cardinale Gabriele, diventato segretario di Stato di Pio IX.

Al F. vennero affidate le trattative diplomatiche con la corte di Vienna sulla questione di Ferrara, allora città pontificia, occupata dagli Austriaci il 17 luglio di quell'anno con un atto che intendeva essere intimidatorio verso quei sovrani italiani che lasciavano spazio ai movimenti liberali e alle riforme. Grazie anche all'abilità diplomatica del F. la vertenza si sbloccò nel dicembre con la fine dell'occupazione e il ritorno alla situazione precedente l'agosto. In quella occasione pare che il papa offrisse al F. il comando delle truppe pontificie, senza ottenerne la disponibilità.

Nel marzo 1848 il F. seguì le vicende dell'insurrezione milanese, e nel mese successivo fu tra i veterani delle campagne napoleoniche chiamati dal governo provvisorio della città ad organizzare l'esercito lombardo per impedire che i Piemontesi, prossimi ad entrare in guerra con l'Austria, gestissero i corpi volontari discriminandoli. Inserito con il grado di colonnello, il F. supplì per quattro mesi il gen. Ruggeri nel comando della piazza di Milano.

Secondo una lettera del gen. T. Lechi, comandante dell'armata lombarda, citata da D. Spadoni (1908, p. 808), il F. nel corso di quei mesi, oltre a disbrigare le incombenze del comando affidatogli, si distinse in varie azioni. Represse una insurrezione contadina nella Brianza, arrestò alcuni renitenti a Brescia, punì i rivoltosi del battaglione istruttori, sostituì infine al comando delle truppe dei montanari il gen. D. D'Apice, rifiutato dai suoi soldati. Si distinse in sostanza in attività di polizia e non partecipò a nessuna delle fasi salienti della campagna del 1848. Al momento dell'abbandono di Milano di Carlo Alberto, il F. seguì le truppe piemontesi. Inquadrato nell'esercito sardo fu nominato maggiore generale il 10 febbr. 1849 e inviato nella piazza di Genova.

La sconfitta piemontese a Novara del 23 marzo fece precipitare i delicati equilibri che ancora consentivano il mantenimento della pace in quella città. Costituitosi in Comitato di pubblica sicurezza, il Comune genovese operava per affrancarsi da Torino mentre la guardia nazionale, guidata da G. Avezzana, chiedeva di rilevare le truppe regolari nel controllo della città e dei forti. In risposta G. De Asarta concentrava i propri uomini all'arsenale e lasciava un battaglione, comandato dal F., a guardia del palazzo ducale.

Il 31 marzo la situazione precipitò. Il palazzo venne assaltato e il F. cadde prigioniero degli insorti. Con la repressione operata da A. Ferrero Della Marmora Nnsurrezione genovese fu sedata e il F. liberato.

Sul finire del 1849 il ministero della Guerra sardo lo collocava in disponibilità. Nel 1861 l'Annuario del nuovo esercito italiano lo registrava ancora in quella posizione, con l'incafico di giudice del Tribunale superiore di guerra. Il 23 marzo del 1860 era stato nominato senatore; la sua partecipazione alla vita parlamentare fu però ridotta. Dagli Indici degli Atti del Senato non risultano suoi interventi in aula; risultano invece una serie di congedi chiesti e ottenuti per motivi di salute.

Morì a Tremezzo, sul lago di Como, il 23 luglio 1869.

Bibl.: Dettagliate sono le notizie che offrono D. Spadoni, Il conte Pietro Ferretti da alcune note autobiografiche, in Il Risorg. ital., I (1908), 5-6, pp. 776-813 passim, e P. Giangiacomi, Ufficiali napoleonici marchigiani, in Napoleone, (1914), 3, pp. 71-77, peraltro debitore del primo. Una breve commemorazione del F. si trova anche in Atti parlamentari, Senato del Regno, Discussioni, tornata del 19 nov. 1869, p. 14.

Sulle vicende del F. ufficiale napoleonico cfr. tra gli altri N. Giacchi, Gli uomini d'arme nelle campagne napoleoniche, Roma 1940, pp. 120-153, 317. Sulla ristrutturazione delle forze armate italiche del 1814 e la congiura militare cfr.: F. Lemmi, La Restaurazione austriaca a Milano nel 1814, Bologna 1902, pp. 285 s.; D. Spadoni, Milano e la congiura militare del 1814per l'indipendenza italiana, II-III, Modena 1936-1937, in particolare II, La congiura militare e il suo processo, pp. 190 s.

Per i documenti relativi alla campagna nelle Province Illiriche e i fatti di Maunitz, Ministero della Guerra - Ufficio storico, Gli italiani in Illiria e nella Venezia (1813-1814), Roma 1930, ad Indicem. Sui fatti di Genova nel 1849, E. Di Nolfo, Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, VI, Il 1849, Milano 1959, pp. 663-686. Tra i repertori cfr. Enc. militare, III, p. 707; T. Sarti, IlParlamento subalpino e nazionale, Temi 1890, pp. 459vs.; Enc. biogr. e bibliogr. "Italiana"; A. Malatesta, Ministri deputati senatori dal 1848 al 1922, I, pp. 415 s.; Diz. del Risorg. naz., III, pp. 79 s.

Vedi anche
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ferrétto
ferretto ferrétto s. m. [dim. di ferro]. – 1. Nel linguaggio fam., qualunque arnese di ferro, di piccole dimensioni. In partic., filo di ferro molto sottile e pieghevole rivestito di speciali filati, che si adopera per sostenere la tesa...
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