MARRONI, Cristoforo
MARRONI (de Marronibus), Cristoforo (Cristoforo de Urbe). – Nacque intorno al 1345, probabilmente a Roma, da Niccolò di Giovanni di Stefano, che nel dicembre 1360 fu uno dei sette reformatores Reipublicae ad Urbis regimen deputati. I Marroni facevano parte della recente nobiltà municipale romana. Il M. ebbe almeno quattro fratelli: Matteo, uno dei tre conservatores Camerae Urbis nel 1399, Lorenzo, Sabba e Giovanni.
Nel 1371 il M. studiava da tempo diritto canonico: il 13 marzo 1372 sostenne a Bologna la licenza in diritto canonico su presentazione di due canonisti, a nome di Giovanni da Legnano (Chartularium, pp. 117 s.). Infatti nel 1375 il M., nella lettera papale con la quale gli fu conferito un canonicato a S. Pietro in Vaticano, è menzionato come «licentiatus in decretis» (Arch. segr. Vaticano, Reg. Aven., 178, c. 44r).
Il M. ricompare nelle fonti nel 1378 a Roma, dove probabilmente svolgeva qualche incarico di Curia, a breve distanza dall’elezione di Bartolomeo Prignano al soglio pontificio come papa Urbano VI (8 aprile).
Degli avvenimenti turbolenti intorno all’elezione di Urbano VI, che dettero il pretesto per la defezione dei cardinali francesi e l’elezione di Roberto di Ginevra, papa scismatico con il nome di Clemente VII, parlò il M. in due interrogatori, che riportano come egli visse quei drammatici giorni. Il testimone, Bernardo «de Virididunio», un sacerdote francese viceregente dell’uditore della Camera apostolica Pierre Vilain, nelle sue due deposizioni, del maggio del 1380 e dell’estate del 1386 (Parigi, Bibliothèque nationale, Fonds lat., 11745, c. 57v; Arch. segr. Vaticano, Arm., LIV, 16, c. 57v), definisce il M. un suo amico, un fatto che fa ipotizzare che, in qualità di canonista, anche il M. avesse trovato un impiego alla Camera apostolica o alla Rota.
Preoccupato per i rischi che correvano gli stranieri in quel momento di grande tensione, il M. aveva dato rifugio a Bernardo in una delle sue case. La mattina dell’8 aprile, prima che la sede del conclave fosse invasa dalla folla, Bernardo e il M. andarono al Palazzo vaticano per vedere la situazione ma, per via del rumore e del tumulto del popolo, non osarono avvicinarsi. A casa del M. arrivò la notizia, poi smentita, che i cardinali avevano eletto il cardinale Francesco Tebaldeschi. Quando infine giunsero le voci sull’elezione di Prignano, la notizia – se si vuole credere a Bernardo testimone di fede clementista – suscitò il malcontento del M., che reputava Prignano un uomo cattivo e superbo. Tuttavia, data la perdita di gran parte dei registri di Urbano VI e degli atti personali del M., non si può attribuire a questa iniziale e presunta sua antipatia verso il pontefice il fatto che le fonti tacciano negli anni successivi nei riguardi del Marroni.
Nel 1387 Urbano VI nominò il M. vescovo d’Isernia; solo con la morte di papa Prignano e l’elezione di Bonifacio IX (2 nov. 1389) egli poté fare un grande passo in avanti nella carriera, dovuto con tutta probabilità alla reputazione di giurista e al suo radicamento negli strati decisivi delle élites comunali romane: in occasione del primo concistoro, il 18 dicembre, il M. divenne cardinale con il titolo di S. Ciriaco. L’anno successivo egli rinunciò forse al suo vescovado mantenendo però l’appellativo «cardinalis Iserniensis».
Con tutta probabilità il M. non si allontanò quasi mai dalla Curia, dove assistette regolarmente a concistori, nomine di prelati e consegne di pallia. Fu un giudice esperto e stimato, chiamato ripetutamente a pronunciarsi come uditore nelle cause dibattute in Curia in materia di benefici. Sono rari invece gli impegni del M. in affari politici e amministrativi della Chiesa. L’8 nov. 1390 Bonifacio IX concesse la facoltà di vendere beni di chiese e conventi di Roma fino al valore di 15.000 fiorini d’oro ai cardinali Stefano Veneranieri, Francesco Carbone, Marino Bulcano nonché al M., per far fronte alle spese determinate dallo scisma. L’11 nov. 1396 lo nominò protettore e riformatore dell’Ordine benedettino e delle sue dipendenze. La nomina includeva la facoltà di correzione «in capitibus quam in membris» (Arch. segr. Vaticano, Reg. Lat., 50, c. 249), ma non sembra che questo atto abbia avuto una concreta risonanza nel mondo benedettino. Nel 1401 il M., in quanto arbitro accanto al cardinale Carbone e al priore giovannita di Roma Bartolomeo Carafa, fu coinvolto nella conclusione di una lunga vertenza della Camera apostolica con Paolo di Luca Savelli e i suoi eredi.
Le fonti illustrano diffusamente le strategie, alcune delle quali rimaste senza esito, perseguite dal M. per aumentare le sue entrate ecclesiastiche.
Nel 1390 gli fu attribuito in commenda il monastero premonstratense dei Ss. Alessio e Bonifacio sull’Aventino a Roma, mentre fra i suoi benefici eccelleva l’arcipresbiterato di S. Pietro in Vaticano assunto nel 1397. In tale veste il M. fece copiare l’antico Liber anniversariorum della basilica vaticana (Biblioteca apost. Vaticana, Arch. del Capitolo di S. Pietro, H.57, c. 172r). Il 3 giugno 1398 il M. ottenne ad Agrigento e Palermo canonicati resisi vacanti per la promozione dell’uditore di Rota Niccolò de Burellis a vescovo di Agrigento.
Nell’Impero germanico il M. mirò al possesso della prepositura di S. Ciriaco a Neuhausen vicino Worms (1390) e rivendicò l’arcidiaconato di Altenweddingen nella diocesi di Magdeburgo (1394). Quello stesso anno sperò di subentrare nei ricchi benefici, nelle Fiandre e nella diocesi di Aquileia, vacanti per la morte di Pietro Camillo Colonna, che ammontavano a ben 1500 fiorini. Nell’aprile 1398 si fece conferire i benefici del capitolo e della diocesi di Spira, resisi vacanti per la morte di Albert von Erenberg. In Inghilterra il M. prese possesso dell’arcidiaconato di Berkshire (1390-95), rivendicò il canonicato e la prebenda a Twiford a Londra (1391) e divenne arcidiacono a East Riding a York (1396-1400).
Sono poche le tracce pervenute del mecenatismo del M.: commissionò affreschi dedicati soprattutto alla vita dell’apostolo Giacomo nella chiesa-ospedale di S. Giacomo al Colosseo, distrutta nel 1816.
Questo complesso apparteneva alla Società del Ss. Salvatore «ad Sancta Sanctorum» alla quale il M. e la sua famiglia – come tutti i vertici della società romana – erano molto legati. Le pitture includevano immagini di santi particolarmente cari al M. (s. Benedetto, s. Cristoforo) e un ritratto di papa Bonifacio IX.
Alla morte di Bonifacio IX (1° ott. 1404) il M. fu uno dei nove cardinali riunitisi per eleggerne il successore e al pari degli altri anch’egli, il 14 ottobre, firmò la solenne promessa di impegnarsi, qualora uno di loro fosse stato eletto papa, di far cessare lo scisma anche se ciò avesse richiesto la propria rinuncia al soglio papale. È noto che questo passo non ebbe conseguenze concrete e lo scisma si risolse soltanto nel 1417, con l’elezione di Martino V al concilio di Costanza.
Le fonti non concordano sulla data della morte del M., avvenuta a Roma nel dicembre 1404. Nel necrologio della basilica vaticana la notizia della sua morte si trova registrata sotto il 5 dicembre. La data 6 dicembre è ricordata nel Diario di Antonio Dello Schiavo, mentre secondo la Hierarchia catholica, più attendibile, il M. morì il 4 dicembre.
Nel necrologio della basilica vaticana sono registrati i suoi preziosi lasciti per l’altare di s. Gregorio, dove il M. fu sepolto, cioè un messale, una patena e un calice; per il suo anniversario donò 200 ducati d’oro (P. Egidi, Necrologi e libri affini della provincia romana, I, Roma 1908, pp. 169, 277, 332). Presso il detto altare gli fu eretto un monumento marmoreo che andò distrutto nel 1578. Il gisant del monumento del M. fu identificato da Sarti e Settele – pur con riserve – nella statua conservata nelle grotte vaticane che mostra un prelato mitrato con splendidi paramenti. La critica moderna ritiene però che questa opera sia databile solo al secondo quarto del XV secolo. L’iscrizione funebre, un esametro più volte pubblicato (Die mittelalterlichen Grabmäler…, pp. 153 s.), celebra le virtù, la fermezza in tempi difficili per la Chiesa e la venerazione del M. per s. Ciriaco.
Fonti e Bibl.: Arch. segr. Vaticano, Camera apostolica, Obligationes et Solutiones, 47, c. 44v; 51, cc. 7v s.; 54, cc. 1 s.; Indici, 494, c. 107v; 555, c. 30v; Reg. Lat., 13, c. 287; 25, c. 104; 32, cc. 111 s.; 50, cc. 274 s.; 56, cc. 92v-93v; 58, cc. 46v-48r; 60, cc. 328 s.; 61, cc. 203v-204v; 106, cc. 67, 150v-151v; Reg. Vat., 313, c. 247; 316, cc. 49 s.; 317, cc. 212v-215: 213; 333, cc. 199v-200; Biblioteca apost. Vaticana, Arch. del Capitolo di S. Pietro, capsa III, f. 6, n. 1; capsa XLI, f. 333; Mss., H.1, cc. 86-88; H.57; Vat. lat., 8039 B-1, cc. 25-26; 12123, cc. 221-222; Il diario romano di Antonio di Pietro Dello Schiavo, a cura di F. Isoldi, in Rer. Ital. Script., 2a ed., XXIV, 5, p. 6; Acta Innocentii VII, Gregorii XII, Alexandri V., Iohannis XXIII…, a cura di J. Ersil, Praha 1980, nn. 1, 45, 49, 129, 186; A. Ciaconius, Vitae et res gestae pontificum Romanorum…, II, Roma 1602, p. 810; E. Martène - U. Durand, Thesaurus novus anecdotorum…, II, Lutetiae Parisiorum 1717, col. 1274; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, VI, Venetiis 1720, col. 400; A. Albani, Collectio bullarum… basilicae Vaticanae, II, Romae 1750, pp. 46-48; L. Martorelli, Storia del clero vaticano, Roma 1792, p. 205; E. Sarti - G. Settele, Ad Philippi Laurentii Dionysii opus de Vaticanis cryptis appendix…, II, Romae 1840, p. 112; A. Theiner, Codex diplomaticus Dominii temporalis S. Sedis, III, Romae 1862, pp. 35, 57; E. Müntz - A.L. Frothingham, Il Tesoro della basilica di S. Pietro in Vaticano dal XIII al XV secolo…, in Arch. della Società romana di storia patria, VI (1883), pp. 66, 69; Calendar of entries in the papal registers…, a cura di W.H. Bliss - J.A. Twemlow, IV-V, London 1893-95, ad indices; V. Capobianchi, Le immagini simboliche e stemmi di Roma, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XIX (1896), p. 410; P.M. Baumgarten, Untersuchungen und Urkunden über die Camera Collegii cardinalium…, Leipzig 1898, pp. 232 s.; Monumenta Vaticana res gestas Bohemicas illustrantia, a cura di C. Krofta, V, 2, Praha 1905, n. 14689; T. Amayden, La storia delle famiglie romane, II, Roma 1914, pp. 58 s.; T. Alpharani, De basilicae Vaticanae antiquissima et nova structura, a cura di M. Cerrati, Roma [1910], pp. 84, 87, 155 s., 191; Chartularium Studii Bononiensis, IV, a cura di L. Frati, Bologna 1919, pp. 117 s. n. 174; Repertorium Germanicum, II, a cura di G. Tellenbach, Berlin 1933-38, ad ind.; Fasti Ecclesiae Anglicanae 1300-1541, III, V-VIII, X, London 1964-86, ad indices; G. Grimaldi, Descrizione della basilica antica di S. Pietro in Vaticano. Codice Barberini 2733, a cura di R. Niggl, Città del Vaticano 1972, p. 380 tav. 233; Suppliques et lettres d’Urbain VI (1378-1389) et de Boniface IX…, a cura di M. Gastout, II, Bruxelles-Rome 1976, nn. 467, 795; G. Fouquet, Das Speyerer Domkapitel im späten Mittelalter (ca. 1350-1540), II, Mainz 1987, pp. 461, 655 s.; R. Montel, Les chanoines de la basilique St-Pierre de Rome…, in Riv. di storia della Chiesa in Italia, XLIII (1989), p. 45; A.M. Mattei, Isernia, una città ricca di storia, II, Cassino 1989, p. 388; Die mittelalterlichen Grabmäler in Rom und Latium vom 13. bis zum 15. Jahrhundert, II, a cura di J. Garms et al., Wien 1994, pp. 153-155; G. Capitelli, «L’ignobile massa»: la perduta chiesa di S. Giacomo al Colosseo…, in Roma moderna e contemporanea, VI (1998), 1, pp. 70 s., 75; A. Rehberg, Die Kanoniker von S. Giovanni in Laterano und S. Maria Maggiore im 14. Jahrhundert. Eine Prosopographie, Tübingen 1999, pp. 304, 451; Id., «Roma docta»? Osservazioni sulla cultura del clero dei grandi capitoli romani nel Trecento, in Arch. della Società romana di storia patria, CXXII (1999), p. 150; Hierarchia catholica, I, pp. 25, 287.