MARTIGNONI, Cristoforo
– Nacque a Brescia, presumibilmente agli inizi del secolo XV. Non si hanno notizie sulle origini familiari, né esattamente a quando risalga l’entrata nell’Ordine carmelitano, avvenuta nel convento di S. Maria del Carmine della sua città, dove emise la sua professione religiosa.
Il convento era confluito nel 1459 nella Congregazione mantovana, costituita da un insieme di case riformate dalle quali aveva preso avvio il movimento dell’Osservanza tra i carmelitani, ufficialmente con il diretto intervento, nel 1442, di papa Eugenio IV e seguito nel 1462 dall’emanazione delle costituzioni da parte del priore generale Giovanni Soreth.
Fin dai primi anni di vita religiosa il M. fu avviato agli studi di teologia, compiuti a Bologna; il suo nome è ricordato fra i maestri che insegnarono teologia in quello Studium, ma della sua attività non si hanno testimonianze (cfr. Sorbelli). Con tutta probabilità, proprio grazie alla sua preparazione filosofico-teologica e alle sue capacità di governo egli poté affermarsi nell’Ordine e presso le più alte gerarchie ecclesiastiche. Segno di questa ascesa fu la nomina, durante il capitolo generale di Brescia del 1466, alla carica di reggente degli studi a Mantova, ma a questa data il M. appare già come provinciale di Terrasanta, ossia dei conventi carmelitani dell’isola di Cipro, ultime sopravvivenze dell’Ordine in Oriente dopo la fine dei regni crociati. Questo incarico gli fornì un’ampia conoscenza delle problematiche dell’area, che indussero papa Sisto IV a inviarlo, nel 1472, presso l’imperatore Federico III quale suo legato, allo scopo di programmare una crociata contro i Turchi ottomani, che non vide mai la luce.
Nel frattempo il M. fu nominato da Soreth, nel 1469, procuratore generale dell’Ordine, sicché quando Soreth morì, il 25 luglio 1471, il M. fu indicato come uno dei più accreditati candidati alla successione. In vista di tale soluzione Sisto IV, su consiglio del cardinale protettore Guglielmo d’Estouteville, lo nominò il 13 nov. 1471 vicario generale. In realtà, secondo le costituzioni tale ruolo sarebbe spettato al provinciale di Francia Pietro di Lalu, essendo stato il capitolo programmato a Bourges, ma il pontefice intendeva premere affinché l’assemblea fosse convocata in Italia per favorire l’elezione del M., ma anche per avviare la riforma delle case italiane. In tale prospettiva il 12 marzo 1472 il M., facendosi forte del documento papale, ristrutturò l’organizzazione delle province carmelitane della penisola portandole da 5 a 12, in particolare separando Genova dalla Lombardia e costituendo la nuova provincia di Venezia, con case sottratte a quella di Bologna. Non tutte queste decisioni furono però confermate dal capitolo generale, che si radunò ad Asti, che mantenne Genova unita alla Lombardia, mentre Pisa e Firenze tornarono a costituire una sola provincia. Sempre ad Asti il M. fu eletto all’unanimità priore generale (16 maggio 1472) e poté così avviare la riforma, i cui obiettivi erano soprattutto quelli di ristabilire l’uniformità di abito – a cui si opposero per lungo tempo i membri della Congregazione mantovana –, di vita e di dottrina tra i carmelitani. Nel settembre 1473 era a Brescia dove assistette alle disposizioni testamentarie di Antonio Martinengo.
Il M. proseguì la sua attività riformatrice sulla linea tracciata da Soreth e svolgendola su diversi piani. Per quanto attiene all’Ordine carmelitano nel suo complesso, il priore ottenne da Sisto IV, il 28 nov. 1476, la bolla Dum attenta meditatione, conosciuta pure con il nome di Mare Magnum. Con essa si confermavano innanzi tutto la regola dell’Ordine approvata da Onorio III il 30 genn. 1226 e la successiva bolla di Eugenio IV (16 febbr. 1432), che moderava alcune norme relative all’astinenza e al digiuno; quindi fu concessa al priore generale la facoltà di attenuare ulteriormente la prassi in materia. Il 1° apr. 1477 a questo documento seguì una nuova bolla dall’identico incipit, la quale rispondeva positivamente alla richiesta del M. di vedere confermate tutte le indulgenze riconosciute ai carmelitani dai predecessori di Sisto IV. Il 23 agosto, poi, il M. ottenne dal papa la bolla Sacer Ordo vester, che sottraeva i carmelitani dalla giurisdizione dell’Inquisizione.
Il M. favorì il culto dei santi carmelitani, ottenendo il 31 maggio 1476 con la bolla Coelestis aulae militum la conferma papale della decisione assunta oralmente da Callisto III in favore del culto di Alberto degli Abati; nel capitolo di Brescia del 10 maggio 1478 si presero iniziative per ottenere la canonizzazione di Angelo Martire (Angelo di Sicilia) e Andrea Corsini, di fatto già venerati come beati nell’Ordine.
L’importante assise, rimasta memorabile anche nelle cronache cittadine, vide un larghissimo concorso di frati provenienti da tutta Europa e sancì lo stretto legame del M. con la sua città, che contribuì con elargizioni economiche alle spese dell’incontro capitolare, mentre le cospicue offerte consentirono di mettere mano al restauro del convento e, auspice il priore Angelo Caprioli, di accelerare la fabbrica della chiesa di S. Maria, che lo stesso M. dotò di preziose reliquie e opere d’arte (fra cui l’icona bizantina, con l’immagine mariana nota come Madonna di s. Luca, ancora oggi venerata con il titolo di Madonna delle Brine).
Sempre in occasione di questo capitolo il convento bresciano, che apparteneva alla Congregazione di Mantova, maggiormente legata ai Gonzaga, fu staccato da questa e posto, per decisione del M., sotto la giurisdizione del provinciale di Venezia per ragioni di maggiore coerenza politica: una scelta che provocò molte critiche e opposizioni, cessate solo nel 1495 con il ripristino della situazione iniziale.
Un secondo ambito d’intervento del M. riguardò i conventi italiani, in ossequio alle ragioni che avevano mosso Sisto IV a favorirne la nomina a priore. La sua azione fu diretta anche a espandere la presenza dell’Ordine nella penisola: tra il 1473 e il 1474 è attestata una sua corrispondenza con Pellegrino dei Corsini e il papa in ordine all’erezione, per iniziativa di Pellegrino, di un convento a Revere, tra Mantova e Ferrara, legato all’Osservanza e del quale Pellegrino divenne priore. Il 20 giugno 1475 il M. ottenne dal papa la licenza per fondare tredici nuove case nel Mezzogiorno.
Nella diocesi bresciana sotto suo impulso presero avvio i conventi di S. Quirico di Brescia (1475), S. Girolamo di Gottolengo (1479) e quello urbano femminile di S. Girolamo (1480). Ciò dà conto altresì della particolare attenzione avuta dal M. per il ramo femminile dell’Ordine e, più in generale, per la spiritualità femminile, come attestano i rapporti intrattenuti dal M. con Illuminata Bembo e le suore del convento francescano osservante del Corpus Domini di Bologna, da lui evidentemente conosciuto durante il periodo degli studi. Nel 1473 il M. intervenne a favore del monastero delle Tre Marie, fondato a Bon-Don nei pressi di Vannes da Francesca d’Amboise, vedova del duca di Bretagna Pietro (II), e prediletto anche da Soreth, per ribadirne la diretta soggezione al priore generale. A Francesca concesse inoltre, nel 1477, di potere scegliere i confessori da qualsiasi provincia carmelitana per il monastero benedettino di Les Couëts, affidatole l’anno precedente da Sisto IV. In Italia il M. conferì nel 1479 lo scapolare, e di conseguenza l’obbligo alla vita claustrale di clausura, alle pinzochere professe del monastero di S. Maria degli Angeli presso borgo S. Frediano di Firenze.
Un ultimo aspetto del governo del M. riguardò i conventi carmelitani d’Oltralpe, soffermandosi sui problemi della provincia portoghese.
Alla guida di quest’ultima era stato per un certo periodo Giovanni Emanuele, figlio del re Edoardo. Divenuto vescovo, Giovanni Emanuele pretendeva di esercitare ancora le sue prerogative di provinciale sui carmelitani del Portogallo. Il M. ottenne da Sisto IV un primo intervento il 31 ott. 1476 contro tale abuso, regolando in seguito definitivamente la questione nel ricordato capitolo di Brescia, durante il quale furono annullati le grazie e i privilegi concessi dal vescovo ai conventi lusitani, che configuravano una sorta di loro dipendenza dal presule.
Nel 1479 il M. si recò in visita alla provincia della Germania Superiore e presiedette il capitolo provinciale celebrato a Norimberga. È possibile che avesse riscontrato delle irregolarità, perché espresse l’intenzione di tornare per l’assemblea successiva, nonostante un certo malumore dei frati causato dalla sua abitudine di fermarsi in un convento anche due o tre settimane, cosa che aveva caricato di debiti la provincia. In ogni caso il M. non poté dare seguito al proposito, perché morì a Roma il 17 maggio 1481; la sua salma fu tumulata nella chiesa del convento carmelitano di S. Martino ai Monti, dove lo ricorda una semplice epigrafe funeraria (edita in Guerrini, p. 72).
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