MONTEROSSO, Cristoforo
MONTEROSSO (Monterossi), Cristoforo (Cristofaro). – Non si conosce la data di nascita di questo scultore originario di Vicenza, documentato a Napoli tra la fine del nono decennio del Cinquecento e i primi anni Trenta del XVII secolo. La provenienza vicentina è attestata nel pagamento per la sua prima opera nota, vale a dire la Tomba di Scipione Francesco Seripando nella cappella gentilizia all’interno del duomo di Napoli, eseguita nel 1588 in collaborazione con Vincenzo De Prata (D’Addosio, [1920] 1991, p. 245).
Benché il numero dei lavori conservati sia esiguo, è possibile seguire l’attività di Monterosso abbastanza nel dettaglio grazie alle testimonianze archivistiche rese note soprattutto da D’Addosio. Si ignorano, tuttavia, le circostanze del suo apprendistato, né dalle opere superstiti è consentito inferire alcuna precisa matrice stilistica. Del resto, la sua produzione, a quanto si può rilevare dai documenti, dovette essere legata prevalentemente all’ornamentazione marmorea di ambienti ecclesiastici più che a opere di scultura tout court.
Nel 1589 eseguì alcuni lavori non precisati per la cappella De Capua, sempre nel duomo di Napoli, di nuovo in società con De Prata. L’ambiente fu però alterato nel corso dell’Ottocento e i marmi vennero depositati nei cortili del palazzo vescovile (Ceci, 1906, p. 166). Lo stesso anno Monterosso ricevette otto ducati per un intervento non specificato nella cappella Mari Feola nel monastero di S. Angelo a Nola. Al 1591 risale un documento attestante la responsabilità dell’artista nella lavorazione a sbalzo di una perduta custodia per la chiesa di S. Maria della Sapienza, in cooperazione con Ceccardo Bernucci, che dà testimonianza dell’attività dell’artista anche nel campo delle arti del metallo.
Nel corso dell’ultimo decennio Monterosso prese parte ai lavori di decorazione di diversi ambienti della chiesa dei Ss. Severino e Sossio.
Al 1591 si data l’intervento nella cappella di Pomponio Maranta, all’interno della quale l’artista mise in opera l’altare in collaborazione con Salvatore Ferraro. Due anni più tardi eseguì il sepolcro e il pavimento della cappella di Giovanni Vincenzo Pisacane, mentre nel 1595 fu impegnato nella realizzazione di lavori analoghi per la cappella di Giovanni Rosso Orefice. L’anno successivo acquistò il marmo destinato probabilmente alla cornice della pala d’altare della cappella Medici, dove intervenne al fianco di Geronimo D’Auria (D’Aniello, 2005, p. 32). Nel 1598 lavorò al pavimento della cappella di Sebastiano Massa e a quello della cappella di Ascanio Tolomei. Nel 1600, infine, si occupò dell’ornamento marmoreo di uno dei bracci del chiostro.
Negli stessi anni delle commesse per la chiesa dei Ss. Severino e Sossio Monterosso ottenne diversi altri ordini. Il 20 maggio 1592 ricevette un acconto per la sistemazione dei marmi nella cappella di Giovanni Battista Rota in S. Domenico: vi lavorò per due anni circa, coadiuvando Geronimo D’Auria, cui si attribuiscono le parti scultoree. Nel 1596 è documentata l’esecuzione dell’altare nella cappella di Fabrizio Galluccio, intitolata a S. Angelo, all’interno della cattedrale di Lucera, in Puglia, scolpito insieme con Ceccardo Bernucci (Pasculli Ferrara, 1983, p. 49). Tra il 1596 e il 1598 con Mario Marasi e Andrea e Bartolomeo Sarti attese alla lavorazione di edicole in marmi policromi e al pavimento della cappella per Giovan Francesco Orefice in S. Maria di Monteoliveto. Nel corso del 1598 fece parte dell’équipe, composta da Geronimo D’Auria, Ceccardo Bernucci, Fabrizio di Guido, Scipione Galluccio, Clemente Ciottoli, Angelo Landi e Fabrizio Pagano, che fu impegnata nella scultura dei tabernacoli delle reliquie nella cappella del Tesoro della chiesa dell’Annunziata, ideati da Giovanni Antonio Dosio e scampati all’incendio che interessò l’ambiente nel 1757. Monterosso eseguì anche due cassette di marmo (D’Addosio, 1991, pp. 247 s.). All’inizio dell’anno successivo venne saldato il pagamento per la realizzazione della porta e dell’altare della cappella portata a termine con la collaborazione di Scipione Galluccio e un certo Vito scalpellino.
Tra il 1601 e il 1606 fu impegnato con Giacomo Lazzari, Clemente Ciottoli e Angelo Landi, nella realizzazione della cappella Ruffo nella chiesa dei Girolamini (D’Aniello, 2005, pp. 55 s., n. 6). Al 29 novembre 1608 risale un pagamento per alcuni lavori imprecisati in una cappella della chiesa di S. Anna dei Lombardi (Nappi, 1983).
Forse a partire dal 1609, Monterosso ricevette dalla Deputazione della cappella del Tesoro di S. Gennaro la mansione di sovrintendere alla decorazione marmorea di quello spazio sacro; la nomina ufficiale, tuttavia, avvenne soltanto nel 1615, quando fu licenziato il predecessore, Giovanni Cola Franco. Nell’ambito dell’incarico l’artista si occupò, tra l’altro, dell’acquisto dei marmi e delle colonne destinati all’arredo della cappella. A questo scopo si recò in Spagna nel 1610 dove, stando alla fitta corrispondenza conservata (Strazzullo, 1994, p. 111), dovette attendere all’ufficio per due anni circa. Tra il secondo e il terzo decennio, inoltre, fu ripetutamente consultato dalla Deputazione in qualità di esperto di materiali, intervenendo nella loro scelta nonché nel giudizio sull’operato di diversi altri artisti e artigiani impegnati nella realizzazione della cappella.
Nel 1611 fu all’opera, nuovamente con Ceccardo Bernucci, nella cappella Pisciotta in S. Maria delle Grazie a Caponapoli per lavori non precisabili. Due anni più tardi realizzò, con Giovanni Vannelli, la porta maggiore del Pio Monte della Misericordia nell’ambito del primo progetto architettonico dell’edificio dovuto a Giovan Giacomo di Conforto (Documenti estratti..., 1940, p. 265).
Il 26 marzo 1614 venne pagato per il modello di una scultura raffigurante S. Gennaro da porre sulla cupola della cappella del Tesoro nel duomo (Strazzullo, 1978, p. 97); il progetto, però, non fu mai portato a compimento. Nello stesso anno, con il figlio Giovan Domenico e Tommaso Montani, ottenne il mandato di eseguire in bronzo le statue dei Ss. Gennaro, Aspreno, Attanasio, Agnello e Tommaso d’Aquino da collocare nella medesima cappella.
Le ultime due statue non furono mai fuse, mentre i lavori per le altre terminarono nel 1621, quando le tre figure monumentali vennero accettate dai deputati e poste nella cappella. Tuttavia, solo S. Aspreno e S. Attanasio rimasero in loco, poiché il S. Gennaro fu sostituito, nel 1645, da una statua di Giuliano Finelli e collocato nel 1660 sulla guglia a lui intitolata, eretta su progetto di Cosimo Fanzago nell’attuale piazza Riario Sforza. I documenti relativi alla commessa menzionano gli artisti sempre in modo congiunto, non permettendo di individuare le singole responsabilità, né d’altra parte pare possibile discernere le autografie sulla base di riscontri stilistici, a causa della scarsità dei confronti disponibili.
Nel 1618 Monterosso eseguì dei lavori non identificati nella cappella Cimino nella chiesa di S. Francesco dei Cocchieri (Rogadeo, 1901, p. 91). Al 1621 risale una stima, effettuata con il marmoraro Nicola Carletti, dell’altare maggiore nella chiesa dell’Annunziata, andato perduto nell’incendio del 1757.
Negli anni Venti Monterosso fu ancora impiegato quale supervisore dei lavori di decorazione della cappella del Tesoro. Nel 1621 si dedicò alla selezione dei marmi per il cancello, mentre tra il 1622 e il 1624 fu inviato a Palermo e nel 1626 a Genova per l’acquisto di alcune colonne (Strazzullo, 1994, pp. 68, 123-129, 134).
Per l’ultima parte della sua carriera le notizie sono più rare e riguardano esclusivamente incarichi di consulenza. Nel 1632, per esempio, gli fu chiesto di stimare alcuni lavori di Cosimo Fanzago per la certosa di S. Martino.
Non si conosce la data di morte, che deve comunque situarsi prima del 22 settembre 1634, quando Simone de Rosa fu assunto dalla Deputazione del Tesoro di S. Gennaro in sostituzione dell’artista scomparso (Strazzullo, 1978, p. 98).
Fonti e Bibl.: N.F. Faraglia, Notizie di alcuni artisti che lavorarono nella chiesa di S. Martino e nel Tesoro di S. Gennaro, in Archivio storico per le Province napoletane, X (1885), pp. 435-461; E. Rogadeo, Nell’arte del marmo, in Napoli nobilissima, X (1901), pp. 91-93; G. Ceci, Per la biografia degli artisti del XVI e XVII secolo. Nuovi documenti. II. Scultori, ibid., XV (1906), pp. 165 s.; G.B. D’Addosio, Documenti inediti di artisti napoletani dei secoli XVI e XVII (1920), Bologna 1991, pp. 245-248; Documenti estratti dall’Archivio storico del Banco di Napoli. Dai giornali copia-polizze del Monte e Banco della Pietà. Artisti napoletani o che operarono in Napoli tra la fine del sec. XVI e la prima metà del sec. XVII. Scultori e marmorai, in Rassegna economica. Pubblicazione mensile del Banco di Napoli, X (1940), 7, pp. 264-266; O. Morisani, Saggi sulla scultura napoletana del Cinquecento, Napoli 1941, pp. 66-68, 100 s.; E. Catello - C. Catello, La cappella del Tesoro di S. Gennaro, Napoli 1977, pp. 25, 27, 56 s., 66, 70, 114, 134, 142 s.; F. Strazzullo, La real cappella del Tesoro di S. Gennaro, Napoli 1978, pp. 11, 14, 16 s., 43, 48, 58, 74, 95, 97 s., 101, 134, 149, 151 s., 153, 170; M. Pasculli Ferrara, Arte napoletana in Puglia dal XVI al XVIII secolo, Fasano 1983, pp. 15, 16, 49, 60 s., 101; E. Nappi, Documenti dell’Archivio storico del Banco di Napoli, ibid., p. 325; F. Strazzullo, La cappella di S. Gennaro nel duomo di Napoli. Documenti inediti, Napoli 1994, pp. 18 s., 68, 77, 81 s., 86, 92 s., 95, 111-129, 134, 151, 192; F. Abbate, Storia dell’arte nell’Italia meridionale. Il secolo d’oro, Roma 2002, p. 151; L.R. D’Aniello, La cappella Medici di Gragnano nella chiesa dei Ss. Severino e Sossio a Napoli, in Napoli nobilissima, s. 5, VI (2005), pp. 32, 51 s., 55 s. n. 60, 60 n. 106; R. Mavelli, Notizie dell’arredo barocco della cattedrale di Lucera, in Scritti in onore di Francesco Abbate. II, in Kronos, XIII (2009), p. 27; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXV, p. 89.