CROAZIA-SLAVONIA (in croato Hrvatska-slavonija; A. T., 77-78)
La Croazia-Slavonia non formava una regione naturale nel senso geografico, bensì aveva avuto per secoli confini naturali (mare, monti, fiumi), che avevano finito con il dare una propria unità alle due parti costituenti la regione: la Croazia, montuosa, all'ovest, e la Slavonia, prevalentemente pianeggiante, a est. Dopo la riforma amministrativa del 1929, essa è passata a costituire il nuovo Banato della Sava. Nel 1910 la Croazia-Slavonia comprendeva 41.895 kmq. con 2.619.000 ab.; nel 1921 essa era aumentata a kmq. 43.822 con 2.739.000 ab.; mentre, con la nuova ripartizione del 1929, il corrispondente Banato della Sava si ridusse a kmq. 36.897 eon 2.320.000.
I limiti dell'attuale Banato della Sava riproducono, a un dipresso, quelli dell'antica Croazia e Slavonia, con l'aggiunta del circondario sloveno di Čakovec, ma con la riduzione di quello di Čabar sopra Sušak; a ovest gli fu aggregato il Carso fiumano - meno le città appartenenti all'Italia - e le isole di Veglia, Arbe e Pago con le circonvicine, già appartenenti all'Austria, ma tolto il circondario di Dvor sull'Una, passato al Banato del Vrbas. La Slavonia fu ridotta della sua estremità orientale, il Sirmio (Srem), fra Sava e Drava, che si spingeva sino di fronte a Belgrado, e che fu diviso fra il Banato del Danubio, quello della Drina e il territorio della capitale iugoslava.
La Croazia propriamente detta è nel complesso una regione di alte terre fra le pendici sud-orientali delle Alpi e il Carso istriano. A oriente la regione submontana, fra la Drava e la Culpa (Kupa), è zona collinare di calcari triassici e paleozoici ricoperti da marne e arenarie eo-miceniche, che costituiscono le depresse catene del Bilo Planina (m. 294), del Kalnik (m. 643), dell'Ivančica (m. 1061), dei Zagrebačka Gora (m. 1035) e dei Gorjanci (m. 1181), disposte secondo l'andamento delle pieghe alpine, normali quindi a quelle delle Dinariche. Al centro di questi rilievi si apre la conca alluvionale di Zagabria. Altre zone alluvionali, chiuse tra i colli e talora paludose, sono quelle di Bjelovar (Česma, m. 115) e di Prigorje: (Krapina) a oriente, e quella di Karlovac (m. 112) a occidente; mentre sul lato esterno, lungo la Drava, v'è la pianura di Varaždin (m. 173). Sul lato ovest della Croazia predominano gli alti pianori a morfologia carsica, dovuti a una larga piega di calcari cretacei ed eocenici, disposta in direzione SE.-NO. secondo l'andamento dinarico e quindi normalmente alle pieghe alpine. Il contatto fra le due direzioni tettoniche e orografiche è segnato dai corsi superiori della Culpa, affluente della Sava e dei suoi affluenti D0bra e Korana, ed è zona sismica per eccellenza (terremoto di Zagabria del 1880, di Brežice o Rann del 1917). Questi pianori carsici degradano a scaglioni sul lato interno, mentre sul Golfo del Quarnaro scendono a picco con un solo uniforme gradino e con limitatissima fascia costiera sul Canale della Morlacca per cui solo verso nord la Croazia può avere un limitato sbocco sul mare. Le conche interne di questo altipiano (Polje di Lika e Krbava), a inghiottitoi e laghi carsici, si elevano da 500 a 800 m. s. m., e sono orlate dalle due catene parallele dei Velika (m. 1533) e Mala Kapela (m. 1280), sul lato orientale, e del Velebit Planina (m. 1758) sullo strapiombo occidentale, per cui sono trasversalmente impervie.
Il clima della Croazia è nettamente continentale: a Zagabria la temperatura media del gennaio è −1°,7, quella del luglio 20°,7 con massimi che arrivano a 34°. Molto bruciate sono anche le estati sugli altipiani carsici, mentre d'inverno stagna entro le conche l'aria fredda fino a −4°, quando sul sottostante Canale della Morlacca si hanno temperature di 0°,6. Sugli altipiani allora domina violentissima la bora. Le precipitazioni, soprattutto primaverili, che superano i 1400 mm. annui sul lato occidentale, per la natura carsica del territorio, non bastano a togliere l'aspetto desolato al Carso croato; mentre pur diminuendo a 800 mm. a E. di Zagabria, ma con massimo estivo, sono sufficienti a rendere verdeggiante la regione marnosa orìentale.
La Croazia è attraversata per 70 km. del corso medio della Sava, fra lo sbocco dalla stretta di Brežice (m. 112) al confine con la Carniola, fino alla confluenza della Culpa a Sisak. Ma il fiume croato per eccellenza è la Culpa che proviene da una ricca risorgenza carsica ai piedi degli altipiani occidentali sotto il monte di Rišnjak (m. 1528), segue per lungo tratto il confine meridionale della Carniola e riceve acque abbondanti dalla Dobra e dalla Korana, fiumi perenni, pure di risorgenza carsica.
La flora pannonica erbacea si estende su tutte le basse terre croate; mentre quella arborescente illirica abbraccia i colli intorno a Zagabria, verdeggianti di carpini, frassini, querce e castagni, e trapassa, con qualche insinuazione di elementi mediterranei, ai cedui del Carso croato nettamente separati dalla ricca flora mediterranea della strettissima fascia costiera.
Mentre l'economia è prevalentemente pastorale sui magri pascoli degli altipiani occidentali, con limitate colture estensive di cereali entro i polje carsici, è invece prevalentemente agricola nella Croazia orientale, dove i campi costituiscono il 35 e il 50% dell'area totale e superano il 50% nelle zone alluvionali, con colture prevalenti di frumento e mais e con estesi vigneti sulle pendici collinari. La popolazione croata è quindi in grandissima parte agricolo-pastorale, mentre la mancanza di zona costiera e la scarsità di minerali utili, fa sì che in Croazia sia scarsa la popolazione marinara e industriale. La densità della popolazione, che è di circa 20 ab. per kmq. nella regione carsica, sale a 60 nei colli orientali, a 109 sulle fertili alluvioni lungo la Drava nel circondario di Varaždin e a 67 nella piana di Zagabria, esclusa la città. Notevole è l'emigrazione transoceanica.
La Slavonia è la parte orientale della regione, vera mesopotamia, compresa fra i corsi della Sava e della Drava e un tratto del Danubio. Zona prevalentemente pianeggiante presenta nella parte occidentale una serie di depressi poggi marnosi (Požeška Gora), che raggiungono al massimo i 984 m. (Psunj), ma che in gran parte stanno sotto ì 600°. La parte estrema, il Sirmio, di cui una parte oggi è aggregata al Banato della Drina, è tutta pianeggiante, meno la Fruška Gora (m. 539), brevi colline di rocce antiche che si appoggiano al Danubio.
Il clima è qui ancora più nettamente continentale che nella Croazia, con altissime temperature estive e piogge inferiori ai 600 mm. annui. Ma la ricchezza del mantello alluvionale e delle acque freatiche rendono fertili le sponde dei grandi fiumi, che però spesso, specialmente quelle lungo la Drava, sono inondate e paludose. Il paesaggio botanico è nettamente pannonico, con estese zone a prato-steppa e scarso ceduo sulle zone collinari.
La Slavonia è la regione caratteristica delle colture dei cereali, che occupano il 54% della superficie totale, il resto essendo dato al pascolo, con allevamento equino. La popolazione, quasi esclusivamente agricola, ha una densità di 46 ab. per kmq. nei circondarî più occidentali, e di 54 nel Sirmio.
Entro i limiti territoriali del censimento iugoslavo del 1921, la Croazia-Slavonia, nel complesso, è diminuita dal 1910 al 1921 di 5359 abitanti, cioè del 0,2%: la diminuzione è causata dalle perdite dovute alla guerra (vi sono in media 1043 donne su 1000 uomini), non compensate ancora dall'eccedenza delle nascite (1,7% annuo). Secondo il censimento ungherese del 1890 in Croazia-Slavonia parlavano il serbo-croato l'87,9%, il tedesco il 5,4, il magiaro il 3,1, il ceco l'1,3, lo sloveno il 0,9, lo slovacco il 0,6, il ruteno il 0,2, l'italiano il 0,2 e altre lingue il 0,4. Il censimento croato del 1911 dà: 89,3% di Croati e Serbi; 0,8 di Sloveni; 2,4 di altri Slavi; 0,1 di Romeni; 0,2 di Italiani; 4,5 di Tedeschi; 2,6 di Magiari; o,1 di altri. Tedeschi e Magiari si addensano maggiormente nel circondario di Virovitica, presso la Drava, e nel Sirmio (rispett. 12,8 e 13,7; 6,0 e 15,4%); i Cèchi invece nel circondario di Požega e a Bjelovar (5,8 e 3,6%). I cattolici costituiscono il 73% circa; gli ortodossi il 24%. L'economia e la civiltà di tutta questa popolazione sono essenzialmente centro-europee; la Culpa e la Sava rappresentando il limite fisico e culturale della penisola balcanica.
La Croazia-Slavonia, prima della guerra, si divideva in 8 comitati e 4 città autonome (Zagabria, Varaždin, Osijek, Semlino). Oggi il Banato iugoslavo della Sava è distinto nei 4 kotari (circondarî) di Ogulin, Zagabria, Varaždin e Osijek. Zagabria (Zagreb, Agram) è la capitale della Croazia (v. zagabria). Altre città importanti sono Varaždin presso la riva destra della Drava, centro agricolo con 13.645 ab.; Karlovac, sulla Culpa, mercato fra il Carso e il piano croato, con 16.826 ab.; Brod, sulla Sava, con 10.621 abitanti, importante nodo ferroviario; Zemun, sul Danubio di fronte a Belgrado, con 18.524 ab.; Osijek, capoluogo della Slavonia, la Mursa maior romana, mercato agricolo sulla riva destra della Drava, con 34.412 abitanti, fra i quali parecchi Tedeschi.
Bibl.: Kroatien und Slavonien, in Die österreichisch-ungar. Monarchie in Wort und Bild, Vienna 1902; J. Cvijič, La Péninsule Balkanique, Parigi 1918; Z. B. Milojevič, The Kingdom of the Serbs, Croats and Slovenes, in The Geograph. Rev., New York 1925; N. Krebs, Die Ostalpen und das heutige Österreich, Stoccarda 1928; K. Baedeker, Dalm. u. die Adria, Westl. Südslavien, Lipsia 1929; Résultats prél. du recens. de la popul. dans le Royaume des S., C. et S. du 31 janvier 1921, Sarajevo 1924.
storia.
La storia della Croazia (biz. ἡ Χρωβατία, lat. Chroatia, sl. Hrvatska; nel Medioevo prevale però il nome generico lat. Sclavonia, partes Sclavoniae e it. Schiavonia), come terra abitata dalla stirpe slava dei Croati, comincia nel 602 d. C. Fu in quest'anno che le popolazioni slave, incontrate e asservite dagli Avari e da essi insediate nell'odierna Ungheria, cominciarono a irrompere e a stabilirsi nei territorî bizantini oltre il Danubio. I Croati occuparono il territorio tra la Drava e la Sava (Croazia pannonica) e il triangolo mediterraneo tra la Culpa, il Cetina e il Vrbas (Croazia dalmatica). Nel 626, rotta sotto Costantinopoli la potenza avara, la Croazia dalmatica riesce a scuotere il giogo del khagan, ma lo stato che ne deriva ha impronta avara, come certamente avari ne sono i primi reggitori e guerrieri. Ancora nel 950 v'erano in Croazia nuclei avari non assimilati. Lo stato formatosi dopo il 626, e prima della morte di Eraclio (641), entrò nella compagine dell'impero bizantino, nella quale, accettando in parte il cristianesimo portato da evangelizzatori del tema di Dalmazia e vivendo d'agricoltura e pastorizia, rimase sino all'800. L'avanzata di Carlomagno verso oriente ebbe per la Croazia due importanti conseguenze: la liberazione del giogo avaro e la sottomissione della Croazia pannonica (797) e la conquista della Croazia dalmatica (800). L'uno e l'altro territorio fu messo alle dipendenze dei margravî del Friuli. Intanto il patriarca di Aquileia compiva in essi amplissima opera di evangelizzazione e fondava il vescovado di Nona. Al sec. IX appartengono i primi nomi noti di reggitori croati: i duchi Visseslavo (800 circa), Borna (810-121), Vladislavo (821-835), Mislavo (840), Terpimiro (845-864). Dopo la soppressione del margraviato del Friuli la Croazia dalmatica sottostette al regno d'Italia, mentre la pannonica che nel 819 s'era inutilmente ribellata e che dal 829 al 838 era stata conquistata dai Bulgari, fu incorporata ai territorî tedeschi dell'impero. Durante le lunghe lotte tra i Franchi e i Bizantini, nel secolo IX i Croati, specialmente i Narentani, fattisi navigatori, tennero spesso l'Adriatico infestandolo più spesso come pirati che dominandolo come guerrieri. Va però ricordato che nell'871 aiutarono validamente i Franchi a cacciare i Saraceni da Bari. S'era frattanto andato formando in Croazia un partito antifranco favorevole a Bisanzio. Capeggiatore ne è il duca Zdeslavo che, dopo la morte di Lodovico il Germanico, riesce a impadronirsi del potere. Il suo breve governo (878-879), oltre che la fine del dominio franco, segna una potente ripresa dell'influenza bizantina in Croazia. Roma continua, è vero, ad aver parte notevole nella vita politica e religiosa dello stato, ma Bisanzio si fa sentire contrapponendo all'azione degli uomini e dei missionarî aquileiesi e franchi (S. Orso di Vicenza) l'opera di sacerdoti slavi, scolari dei tessalonicesi santi Cirillo e Metodio. La lingua liturgica slava da essi introdotta si diffonde con impressionante prestezza e blandisce e stimola la coscienza nazionale della popolazione. Lo stato, senza potersi dire ancora indipendente, si rinsalda e acquista un certo carattere nazionale: amplia nel sec. X le sue frontiere con l'acquisto della Croazia pannonica, si sviluppa demograficamente sino a raggiungere quasi due milioni di abitanti e guadagna in prestigio conducendo a favore di Bisanzio alcune fortunate campagne contro i Bulgari. Tutto questo determina, è incerto se sotto il duca Tomislavo (910-928) o sotto Dircislavo (969-995), la sua trasformazione da ducato in regno. I re risiedono a Nona, Belgrado al mare (oggi Zaravecchia) o, più spesso, a Tenin (Knin); il seguito, il cerimoniale e l'organizzazione della corte sono d'impronta franca. Il regno è diviso in županije (lat. iuppa) con a capo uno župan (iuppanus), originariamente un anziano, in seguito un nobile che spesso sta a corte. A lato del re sta il bano, capo militare di più županije. La popolazione è divisa in dodici tribù (lat. tribus, genus, cr. pleme) i maggiorenti delle quali tendono a formare una specie di nobiltà. Ma nel sec. XI l'affermarsi di Venezia come potenza adriatica, la decadenza di Bisanzio e la grandiosa ascesa della Chiesa di Roma determinano in Croazia una crisi fortissima. Nel 1000 la spedizione del doge Pietro Orseolo piega la potenza croata sul mare. Le città dalmate, angariate dai Croati e umiliate da Bisanzio, cominciano a orientarsi verso Roma, a costellarsi di monasteri benedettini e a diventare un'importante testa di ponte per la penetrazione romana nello stato croato. La resistenza opposta dal clero glagolitico determina una lotta, religiosa in apparenza, ma che in sostanza impegna e assorbe tutte le forze della nazione. I re (Cressimiro III, 1000-1030; Stefano, 1030-1058; Cressimiro IV, 1058-1073) in massima propendono verso Roma, ma devono lottare contro fortissimi partiti avversi capeggiati da dinasti concorrenti al trono. La lotta entra nella fase risolutiva sotto Cressimiro IV, dopo la morte del quale, Gregorio VII, nel 1076, riesce a ottenere un completo trionfo, ponendo sul trono di Croazia e Dalmazia, come vassallo di Roma, il duca Zvonimiro, ligio alla sua politica. Ma le lotte non cessano. Nel 1089 il partito nazionale uccide Zvonimiro e mette sul trono il duca Stefano che i legati di Gregorio VII avevano rinchiuso in un monastero. Dopo due anni di anarchia interviene, come cognato dell'ucciso Zvonimiro, il re Ladislao d'Ungheria, che nel 1091 conquista la Croazia pannonica e fonda nel 1094 il vescovado di Zagabria. La conquista della Croazia dalmatica è compiuta dal suo successore Colomano, che nel 1098, sulle alture della Petrova Gora, sconfigge Pietro, l'ultimo regolo croato, e nel 1102, dopo aver concessi alcuni privilegi alla popolazione, s'incorona re di Croazia a Belgrado al mare.
Finisce così per la Croazia il periodo della vita nazionale più o meno indipendente. Dal 1102 al 1526 essa fa parte del regno d'Ungheria, col quale divide e confonde la sua storia. Avvengono sotto il regime ungherese forti mutamenti nella struttura sociale, economica ed etnica della regione. Il governo ne è affidato a un duca e a un bano. Il primo è membro della casa reale, l'altro appartenente alla nobiltà regionale. Dal 1260 i bani sono due: l'uno di Croazia e Dalmazia, l'altro di Slavonia. I più importanti affari amministrativi sono discussi in diete (sabori), le cui decisioni vengono poi approvate dal re. Tra il 1180 e il 1270, per impulso di Béla III, Andrea II e Béla IV, la Croazia si feudalizza completamente: i maggiorenti di tribù diventano nobili e signori feudali, le županije feudi, il basso popolo, per lo innanzi libero e possessore, vassallo. Si forma a poco a poco, come in Ungheria, un gruppo di famiglie magnatizie, vassalle sì del re, ma potentissime e influentissime e nei periodi d'indebolimento del potere reale, addirittura indipendenti e rivali regie. Sono questi i Subich di Bribir, i Babonich di Slavonia, i Nelepich di Tenin, i Curiacovich di Corbavia, i Frangipani di Segna, ecc. Profondi mutamenti etnici porta l'invasione tartara del 1242. Le città e le campagne desolate vengono ripopolate di Tedeschi, specialmente artieri, che, favoriti da speciali privilegi regali, dànno origine alle città libere di Zagabria, Križevci e Bihać. Nel 1260 circa cominciano ad afluire forti e continue ondate di Morlacchi (v.), pastori seminomadi di ceppo latino che formano nuclei (cantoni) ben differenziati dalla popolazione croata, anzi con spiccata tendenza a costituire repubblichette autonome (Poglizza, Rogosnizza, ecc.). Il regime ungherese segna poi per la Croazia una progressiva diminuzione territoriale: dal 1167 al 1180 Emanuele Comneno tiene il territorio tra il Cherca e il Cetina; intorno al 1325 il bano di Bosnia s'impadronisce di alcune županije; nel sec. XV Venezia, oltre che di territorî propriamente dalmati, fa acquisto anche di territorî croati. Ma soprattutto i Turchi, dopo la conquista della Bosnia (1463), esercitano sulla Croazia tale una pressione da dominarla in breve quasi tutta. Comincia un periodo di terrore. I Croati abbandonano in massa la loro terra e si trasferiscono in Dalmazia, in Istria, nelle Marche, negli Abruzzi, ma specialmente oltre la Una e la Sava. La migrazione è tanto forte che determina un cambiamento dei concetti geografici di Croazia e Slavonia: Croazia si chiamerà nel sec. XVI e successivi la parte occidentale della mesopotamia croata, Slavonia la parte orientale. E tutto il territorio negli atti ufficiali del tempo sarà detto reliquiae reliquiarum regnorum Dalmatiae, Croatiae et Sclavoniae.
Questo stato di cose, che riflette la situazione non solo croata, ma anche ungherese, condusse alla disfatta di Mohács (29 agosto 1526). Caduto in essa Lodovico II, la nobiltà della Slavonia, che il lungo dominio ungherese aveva profondamente magiarizzata, elesse a re Giovanni Zápolya, mentre la nobiltà e gli stati croati, nella dieta di Cetin del 1 gennaio 1527, appoggiarono con i loro suffragi Ferdinando d'Asburgo che, assieme a Venezia e al Pontefice, aveva validamente concorso a difendere la Croazia dai Turchi. Prevalse nel 1530 Ferdinando, col regno del quale, e col passaggio della Croazia sotto lo scettro degli Asburgo, s'inizia il terzo periodo della storia croata che va fino al 1918. La doppia elezione e le lotte che ne seguirono spianarono ancora meglio la via ai Turchi. Nel 1527 cade Obbrovazzo, nel 1528 Jajce, nel 1537 Clissa e nel 1592 Bihać. A difendere la regione, continuamente corsa e minacciata, Rodolfo II organizzò nel 1578, affidandone il governo all'arciduca Carlo, i Confini militari, striscia di territorio lungo il pascialato di Bosnia, amministrativamente staccata dalla Croazia, governata militarmente da due generali e dipendente da Vienna. Nei confini militari, oltre a truppe regolari, venivano in gran massa insediati cristiani, per lo più serbi, fuggiti alla schiavitù turca, i quali per il servizio militare che prestavano godevano di speciali privilegi, tra i quali quello di eleggersi i capivilla, i giudici e di essere considerati "liberi soldati" per quanto le terre che godevano appartenessero alla nobiltà feudale croata (diploma del 1630 di Ferdinando II). Le pretese della nobiltà di riavere le terre e della dieta di avervi giurisdizione, riuscirono inutili; appena nel 1881 i Confini militari furono definitivamente reincorporati alla Croazia. Oltre ai "confinarî" in perpetua guerra con i Turchi erano gli uscocchi, e gli aiducchi, questi ultimi bande d'irregolari che spesso degenerarono sino a farsi volgari briganti. Nella Croazia civile intanto, verso la metà del sec. XVI, le diete di Croazia e di Slavonia s'erano fuse in una, con un bano solo. Le relazioni con l'Ungheria, alle cui camere andavano anche rappresentanti croati, erano buone. Cattive invece quelle con l'Austria. Il malumore originato dalle decisioni per i Confini militari divenne sorda ostilità, quando, sotto Ferdinando III e Leopoldo I, Vienna prese a svolgere una politica fortemente centralizzatrice. Fu ordita in Ungheria e Croazia una congiura antiasburgica, alla testa della quale stavano, per i croati, il bano Nicolò Zrinyi, suo fratello Pietro, Cristoforo Frangipani e sua sorella Caterina, moglie di Niccolò Zrinyi. Scoperti, furono giustiziati a Wiener-Neustadt il 30 aprile 1671 e i beni confiscati. Sul finire del sec. XVII, dopo la fallita impresa su Vienna del 1683, comincia le decadenza dei Turchi in Europa. La pace, conchiusa a Carlowitz nel 1699 dopo le magnifiche vittorie di Eugenio di Savoia, allontanò i Turchi dalla Slavonia, dalla Lika e dalla Corbavia. Le regioni conquistate non tornarono però alla Croazia, ma furono parte aggregate ai Confini militari, parte infeudate a nobili dei quali ricorderemo gli Odescalchi, i Carafa e i Colloredo. La pace di Passarowitz (1718) liberò tutta l'Ungheria e il Sirmio. Cessato così il pericolo turco, la resistenza croata e ungherese alla politica assolutista e centralizzatrice degli Asburgo si fa più forte. Comunanza d'interessi e identità di aspirazioni fanno sì che, nella maggior parte dei casi, i Croati si tengano stretti, e, fino a un certo punto, si riconoscano dipendenti dall'Ungheria; ma insopprimibile è in essi la tendenza a differenziarsi dai Magiari e ad affermare sempre la parità di diritti tra Croazia e Ungheria. Di questa tendenza l'Austria, con un abile giuoco, approfitta per dominare meglio gli uni e gli altri. Maria Teresa, Giuseppe II e Francesco lo ripetono innumerevoli volte. Nella prima metà del sec. XIX, durante la quale anche la Croazia era soggiaciuta al dominio napoleonico appartenendo dal 1809 al 1813 alle "Provinces Illyriennes", s'era cominciato a delineare in Croazia, promosso dall'Austria, un movimento di rinascita nazionale, in antagonismo, naturalmente, all'analogo movimento ungherese.
La rivoluzione ungherese del 1848 offrì ai Croati l'occasione di affermarsi di fronte alla casa d'Asburgo. Si costituì a Zagabria un Comitato nazionale e Ferdinando I nominò bano della Croazia il colonnello barone Giuseppe Jelačić, comandante di uno dei reggimenti croati dei Confini militari, il quale cominciò col vietare a tutte le autorità del paese di obbedire agli ordini non provenienti da lui e, malgrado la proibizione del governo di Pest, permise alla dieta croata di riunirsi il 5 giugno. La dieta acclamò il progetto di costituire un grande stato iugoslavo, membro di una confederazione austriaca. Ma si notarono subito sintomi di disgregazione. La stessa dinastia cercava di bordeggiare: per non spingere i Magiari agli estremi, finché la situazione in Italia rimaneva minacciosa, essa sconfessò e sospese dalle sue funzioni Jelačić, il quale si recò a Innsbruck e riuscì fino a un certo punto a giustificarsi presso Ferdinando I. Dopo la rottura completa coi Magiari, questi favorì invece apertamente i Croati. Il 9 settembre Jelačić riebbe tutte le dignità, e due giorni dopo, alla testa di 40.000 Croati, passò la Drava per avanzare in territorio ungherese, ma fu respinto presso il lago Balaton: dopo la campagna del 1849 e la presa di Buda fu nominato comandante in capo dell'armata meridionale, ma il 14 luglio 1849 fu battuto a Hegyes e ricacciato oltre il Danubio.
La costituzione del 1849 proclamò la completa separazione dall'Ungheria della Croazia che, con l'annessione di Fiume e del Litorale, doveva rimanere alla diretta dipendenza della Corona. Tale situazione durò fino alla "patente di febbraio" (26 febbraio 1861) che avrebbe dovuto dare all'Impero un ordinamento centralista. La dieta croata protestò contro la patente, ma non raggiunse l'accordo nella questione dell'unione nazionale: fu disciolta e fino al 1865 nessun'altra ne fu eletta. Nel periodo fra il 1865 e il 1867 i nazionalisti, capitanati da monsignor Strossmayer che, divenuto vescovo di Gjakovo nel 1848, aveva destinato i redditi ingenti della sua mensa alla creazione d'istituti culturali croati, si adoperarono ancora per la formazione di un regno di Croazia-Dalmazia-Slavonia, comprendente anche le isole del Quarnero. Ma il compromesso austro-ungarico del 1867 frustrò tutti i loro sforzi e disperse le loro speranze. Nell'aprile del 1867 Francesco Giuseppe convocò la dieta e l'invitò a mandare i proprî delegati alla sua incoronazione come re d'Ungheria; la dieta protestò e si rifiutò di dar seguito all'invito. Per poter giungere a un accordo, che fu concretato nel compromesso ungaro-croato del 1868, fu necessario che il governo di Pest concedesse una limitata autonomia e che l'imperatore imponesse alla Croazia una legge elettorale, mediante la quale poté essere eletta una dieta più remissiva.
In forza del compromesso del 1868 la Croazia-Slavonia, che riconosceva il compromesso austro-ungarico, formava una comunità statale con l'Ungheria. Essa aveva un regime autonomo, che riguardava specialmente l'amministrazione locale, la giustizia e la pubblica istruzione: oltre agli affari comuni di tutta la Monarchia, erano affari comuni dell'Ungheria e della Croazia il commercio e le comunicazioni. Capo del potere esecutivo era il bano, che, nominato dal governo ungherese, rimaneva il vero arbitro della situazione. Dal 1867 al 1871 fu bano il barone Rauch, un fervente magiarista, che cercò in tutti i modi di spezzare la resistenza dei Croati, ma dovette dimettersi quando fu coinvolto in uno scandalo finanziario. La dieta, eletta nel 1871, ebbe una forte maggioranza nazionale (51 contro 13 partigiani dell'unione); fece un manifesto contro il compromesso e i poteri del bano: disciolta, fu rieletta nel 1873 con una maggioranza solo poco diminuita.
Nel 1875 si stabilì una specie di tregua fra i varî partiti. Fu nominato bano Mažuranić, il primo bano non appartenente alla nobiltà, il quale governò pacificamente, introducendo importanti riforme. Ma la crisi balcanica (1876-1878) ravvivò le passioni nazionali. Nel 1878 la dieta chiese a Francesco Giuseppe di unire la Dalmazia e la Bosnia alla Croazia-Slavonia. Poco dopo Antonio Starčević iniziò un movimento pancroato, contrario ai Serbi, che considerava inferiori come civiltà, e favorevole agli Sloveni: tale movimento fu sostenuto da scrittori e pensatori e formò il programma politico del "partito del diritto". Nel 1883 il direttore delle Finanze di Zagabria fece mettere ai suoi uffici insegne bilingui (croate e magiare); la folla le abbatté e il bano conte Pejačević, un croato, si rifiutò di farle rimettere a posto; si ebbero sanguinosi conflitti. Il conte Koloman Tisza, presidente del consiglio ungherese, sospese la costituzione croata, fece ristabilire l'ordine dalle autorità militari, e nominò poi bano suo cugino, il conte Khuen-Héderváry, il quale per venti anni (1883-1903) sottomise la Croazia-Slavonia a un duro regime d'oppressione.
Freddo, calcolatore, energico, Khuen-Héderváry combatté con ogni mezzo i capi del movimento nazionale per far entrare alla dieta una maggioranza di croati dediti a lui, i cosiddetti mamalucchi. Seppe abilmente sfruttare e aizzare le rivalità e le diffidenze fra Croati e Serbi, fra cattolici e greci scismatici: la minoranza serba lo secondò per molto tempo. Dopo la morte di Starčević (1896), l'opposizione si scisse: il dott. Frank, sospettato di connivenza con Khuen-Héderváry, assunse la direzione del "partito del diritto puro", che accentuò il carattere cattolico e le tendenze ostili ai Serbi.
Il malumore, provocato dal regime arbitrario del bano, si acuì, a un dato momento, per conseguenza di una prolungata crisi economica. Nel maggio 1903 si ebbero disordini a Zagabria, in alcune altre città e nelle campagne contro i latifondisti magiari. Khuen-Héderváry, nominato presidente del consiglio in Ungheria, fu sostituito come bano dal croato conte T. Pejačević, il quale riuscì a ristabilire una relativa tranquillità, promettendo libertà di stampa e di riunione.
L'agitazione nazionale dei Croati e dei Serbi fu in seguito fomentata dal conflitto fra Francesco Giuseppe e i Magiari per la lingua di comando nell'esercito e dal ritorno sul trono di Belgrado della dinastia dei Karagjorgjević, in sostituzione di quella degli Obrenović, servile verso Vienna. Nel 1905, mentre nelle elezioni generali ungheresi il partito dell'indipendenza conquistava la maggioranza, il partito unionista (magiarofilo) perdeva la sua in quelle croate. Francesco Supilo, capo del partito croato in Dalmazia, convocò a Fiume (ottobre 1905) una conferenza di deputati serbi e croati della Croazia-Slavonia, della Dalmazia e dell'Istria, la quale decise di appoggiare l'opposizione ungherese, chiedendo in compenso l'unione della Dalmazia col "Regno uno e trino", il "cambiamento radicale delle condizioni intollerabili della Croazia" (riforma elettorale; libertà di stampa, di riunione e di associazione; indipendenza dei giudici) e la revisione del compromesso del 1868. Tutti i partiti d'opposizione della Croazia aderirono alle "decisioni di Fiume" meno quello antiserbo di Frank e quello "dei contadini croati", capeggiato da Stefano Radić, il quale si rifiutava di rompere con Vienna. Supilo si mise in contatto con Francesco Kossuth. Nelle elezioni del 1906, dopo l'avvento al potere dell'opposizione in Ungheria, la coalizione serbo-croata, che si basava sulle decisioni di Fiume, riportò la maggioranza nella dieta croata e assunse il governo, ma fu paralizzata dall'opposizione dei frankisti. Nel 1908 un nuovo periodo di repressione, simile a quello di Khuen-Héderváry, fu inaugurato dal governo ungherese in Croazia, con la nomina a bano del barone Paolo Rauch, figlio di colui che aveva imposto l'approvazione del compromesso del 1868. La dieta fu successivamente sciolta più volte, ma, siccome la coalizione ottenne sempre la maggioranza, non poté mai sedere. Nel 1908 sulla base di un opuscolo, intitolato "Finale" e redatto da un losco individuo, Giorgio Nastić, agente provocatore del governo di Vienna, 53 serbi e croati furono accusati di alto tradimento per aver, come membri del comitato rivoluzionario panserbo Slovenski Jug di Belgrado, attentato all'unità della Monarchia. Gl'imputati furono arrestati nell'estate del 1908: i dibattiti, cominciati a Zagabria il 3 marzo 1909, durarono fino al 5 ottobre: nessuna prova seria fu prodotta, ma, malgrado ciò, 31 persone furono riconosciute colpevoli e condannate ai lavori forzati da 5 a 12 anni. L'iniqua sentenza, che produsse in tutta l'Europa una viva indignazione, dovette però essere cassata e la nuova procedura non fu mai iniziata. Viceversa i capi della coalizione serbo-croata querelarono per diffamazione lo storico Friedjung, il quale in un articolo, pubblicato dalla Neue freie Presse il 25 marzo 1909, li aveva accusati di essere agli stipendî della Serbia per provocare un'insurrezione fra i Serbi e Croati dell'Austria-Ungheria: il processo, fatto a Vienna nel dicembre 1909, dimostrò che le accuse-del Friedjung si basavano su documenti falsi, comunicatigli dal ministero degli Affari esteri. In seguito a questi scandali il bano Rauch dovette lasciare il suo posto. Il 3 aprile 1912 la costituzione croata fu completamente sospesa e il bano Cuvaj fu investito di poteri dittatoriali. Ma ciò non fece che esasperare l'agitazione nazionale, alimentata anche dai successi dei serbi nelle guerre balcaniche. Alla fine del 1912 Cuvaj dovette ritirarsi e il 30 novembre 1913 furono abrogati i poteri eccezionali, che erano stati conferiti al bano. S'indissero le elezioni generali, in cui la coalizione ebbe di nuovo la maggioranza, mentre il partito governativo ottenne appena 10 seggi: la dieta si riunì, ma nulla fu fatto per dare soddisfazione alle aspirazioni nazionali dei serbo-croati.
Al momento in cui, in seguito all'eccidio di Sarajevo, scoppiò la guerra mondiale, la coalizione serbo-croata, che conservava la maggioranza, vagheggiava la costituzione di un grande stato iugoslavo indipendente; invece il partito starčeviciano del diritto, quello radiciano dei contadini e quello frankista, per quanto antimagiari, propendevano ancora per una soluzione nell'interno della Monarchia austro-ungarica con carattere prevalentemente croato e cattolico. I più autorevoli personaggi della coalizione (F. Supilo; A. Trumbić; l'avv. Hinković) si recarono nei paesi dell'Intesa e formarono il Comitato nazionale iugoslavo, che mediante il patto di Corfù (20 luglio 1917) si intese col governo serbo.
Quando il crollo della Monarchia danubiana apparve inevitabile, un consiglio nazionale iugoslavo, costituitosi in Austria, si trasferì a Zagabria, si trasformò in governo provvisorio e proclamò il 29 ottobre 1918 il distacco dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni dall'Austria-Ungheria. Con la convenzione di Ginevra (9 novembre 1918) il governo provvisorio di Zagabria si accordò col governo serbo e col comitato nazionale; il 24 novembre fu decretata l'unione dei paesi iugoslavi dell'ex-Monarchia asburgica con la Serbia.
fonti: Le fonti cronistiche per la storia croata sono quasi tutte raccolte in I. Lucii, De Regno Dalmatiae et Croatiae, Amsterdam 1666; le documentarie, in Monumenta spectantia historiam Slavorum meridionalium, voll. 39, Zagabria 1868-1916; Monumenta historico-iuridica Slavorum meridionalium; voll. 11, Zagabria 1877-1926; Codex diplomaticus regni Croatiae, Dalmatiae et Slavoniae, II-XIV, Zagabria 1904-1916; F. Šišić, Enchiridion fontium historiae croaticae, I, Zagabria 1914.
Bibl.: D. Farlati, Illyricum sacrum, voll. 8, Venezia 1751-1819; T. Smičiklas, Povjest Hrvatska (Storia croata), voll. 2, Zagabria 1879-1882; V. Klaić, Povjest Hrvata (Storia dei Croati), voll. 6, Zagabria 1899-1922; R. Horvat, Najnovije doba hrvatske povjesti (Il periodo più recente della storia croata), Zagabria 1906; T. Peisker, The Expansion of the Slavs, in The Cambridge Medieval History, II: The Rise of the Saracens and the foundation of the western Empire, Cambridge 1913, cap. xix; F. Šišić, Pregled povijesti hrvatskoga naroda od najstarijih dana do 1° decembra 1918 (Sommario di storia del popolo croato dai tempi più antichi sino al 1° dicembre 1918), Zagabria 1920 (solo il vol. I che arriva all'anno 1790); id., Povjiest Hrvata u vrijeme narodnik vladara (Storia dei Croati al tempo delle dinastie nazionali), Zagabria 1925; H: Wendel, Kampf der Südslaven um Freiheit und Einheit, Francoforte 1925. - Per il periodo dal 1848 ad oggi, v. anche: L. Palma, Studi sulle costituzioni moderne, Torino 1892; E. Wertheimer, Graf Julius Andrassy, Stoccarda 1910-13; A. Dudan, La monarchia degli Asburgo, Milano 1915; C. Gayda, L'Italia d'oltre confine (Le provincie italiane d'Austria), Torino 1913; Les persécutions yougoslaves, Parigi 1916; F. Supilo, Le procès de Friedjung-Reichspost et de la coalition croato-serbe, Fiume 1910; H. W. Steed, Mes souvenirs, Parigi 1926; R. W. Seton-Watson, German, Slav and Magyar, Londra 1916; O. Randi, La Jugoslavia, Napoli 1922; L. Südland, Die Südslavische Frage und der Weltkrieg, Vienna 1918; V. Zagorski, François Racki et la renaissance scientifique et politique de la Croatie, Parigi 1909; A. Tamaro, La lotta delle razze nell'Europa danubiana, Roma-Bologna 1920; E. Haumant, La formation de la Yougoslavie (XVe-XXe siècles), Parigi 1930.
Arte.
Dal Medioevo quasi nulla ci è giunto dei monumenti d'arte in Croazia, mentre nella vicina Dalmazia (per i supposti primitivi monumenti croati v. dalmazia: Arte) si trovano in quel tempo numerose opere d'arte, in cui sono evidenti diverse influenze, e nella Serbia medievale si sviluppa un'arte magnifica. Senza dubbio una gran parte dei monumenti croati fu distrutta dalla grande invasione dei Tartari (1242), ma quel poco che ne resta non attesta una grande arte. La cattedrale e le chiese dei francescani e di S. Marco a Zagabria, la chiesa del monastero di Topusko, che risalgono all'epoca romanica, sono state poi troppo alterate. Meglio conservati sono i monumenti religiosi di stile gotico. Dal sec. XlII al XIV troviamo la chiesa di Petrova Gora, presso Lobor, le badie benedettine di S. Elena Podborska, Bijela (nella regione di Križevci), e Rudina (nella regione di Pozega), oggi in miserevoli rovine. Al principio del sec. XV i conti di Cilli costruirono il monastero di Lepoglava, che divenne centro di scienza, di poesia e d'arte in Croazia; la sua chiesa gotica è stata poi restaurata. Della stessa epoca è la chiesa del convento di Remete (presso Zagabria).
Dopo il sec. XV furono erette le chiese gotiche di Krapina, Mihovljan, Hrašćina, Belac, Kuzminac, Budinšćina, Remetinac, Krašić, Križevci, Taborsko, Očura, ecc., tutte a tetto. Nel secolo XVII si cominciò a costruire chiese in stile barocco; e tali sono a Zagabria Santa Maria e la chiesa gesuitica di S. Caterina (sul modello del Gesù, a Roma), le chiese di Varaždin, Požega, Bedekovčina, Vukovina, Kutina, Sela (presso Sisak), Vinagora. Capolavori in stile barocco sono la chiesetta di S. Giorgio a Purga (presso Lepoglava) e la nuova chiesa di Belac. Nel sec. XIX si distinguono nel campo dell'architettura religiosa diverse influenze. La chiesa a Pregrada (1818) mostra forma neoclassica, la cattedrale di Gjakovo, costruita dagli architetti Roesner e Schmidt, torna alla forma romanica. La chiesa di San Biagio di Zagabria, costruita dall'architetto Kovačić, ha cupola bizantina e campanile italiano. Nell'architettura profana predomina lo stile del Rinascimento tardo come nel palazzo dell'Accademia, nel Teatro nazionale, nella nuova biblioteca universitaria.
Nella scultura medievale non si trova alcuna opera interessante. Più importanti sono gli oggetti delle arti minori. Il Barocco ci ha lasciato qualche nome d'artista: G. Altenbacher, M. Cussa, T. Jurjević, Pavle Belina, Giovanni Komersteiner, F. Robba, morto nel 1757, stabilitosi verso la metà del sec. XVIII a Zagabria dove eseguì per la chiesa di S. Caterina a Zagabria l'altare di San Ignazio, S. Barbara e Santa Caterina. Fra gli scultori odierni emerge la figura di Ivan Meštrović (v.), in un'individualità fortemente espressa e con un grande spirito creativo. Tutti gli altri scultori croati passano in ombra accanto a lui; T. Rosandić imita il Meštrović, ma gli resta molto lontano; Rudolf Valdec (nato nel 1872) seguace della corrente accademica si è soprattutto distinto nel ritratto; Robert Frangeš (1872) segue le stesse direttive e si distingue per precisione e accuratezza di particolari; Ivan Rendić (1849) è principalmente scultore di monumenti pubblici e sepolcrali.
Della pittura medievale restano a Zagabria nella sagrestia della cattedrale affreschi del sec. XIII, che ricordano i bizantini, e in S. Marco affreschi del sec. XIV. Avanzi pittorici del sec. XV e XVI si trovano nella chiesa di Belac a Prozor presso Dugo Selo, a Zajezda e Očura. Nell'epoca del Barocco dipinsero Gladić (1635) e Ivan Gaiger-Felder (1659). Appartengono più al sec. XVIII i pittori L. Markgraf, Fr. Bobić, I. Ranger.
Nel sec. XIX si sono distinti nella pittura Nikola Mašić (1852-1902) che cercò di uscire dal convenzionalismo; il dalmata, scolaro del Cabanel, Vlaho Bukovac (1855-1920), buon disegnatore e colorista, rinomato anche per ritratti; Celestin Medović (1859-1920); Bela Cikoš, nato nel 1864; Klemans Črnčić, nato nel 1866 e Emanuel Vidović, nato nel 1872, non sono rimasti immuni dall'influenza dell'impressionismo. Ferdo Kovačević, nato nel 1870, e Miroslav Kraljević (1885-1913) parteciparono delle tendenze della fine del sec. XIX. Risentono l'arte del Meštrović Ljubo Babić (1890), Mirko Rački, nato nel 1879 (serie di quadri della Divina Commedia) e Jozo Klaković (1889). I più giovani pittori - Vilko Gecan (1893), Marijan Trepše (1897), Milivoj Uzelac e altri - operano nella piena influenza delle tendenze più moderne.
Nell'arte croata odierna ha massimo impulso l'incisione. Vi si distinguono specialmente Tomislav Krizman (1882), Marko Rašić (1883), Vladimir Kirin (1894), Milenko Gjurić (1894) e i pittori sopra ricordati, Rački, Gecan e Trepše.
Bibl.: Josip Mal, Zgodovina umetnosti pri Slovencih Hrvatih in Srbih (Storia dell'arte presso gli Sloveni, Croati e Serbi), Lubiana 1921; J. Strzygowski, Statohvatska umjetnost, 1927; id., Die altslavische Kunst, Augusta 1929; M. Abramić, Altkroatische Denkmäler, in Jugoslovenski turizam, 1929; Lj. Karaman, Iz. kolijevke hrvatske prošlosti. Historijsko-urnjetničke ertice o sta-rohrvatskim spomencima (Intorno alle origini del passato croato. Studi storico-artistici sui monumenti croati antichi), Zagabria 1930.
V. tavv. CLXXVII-CLXXX.