CROAZIA
(serbo-croato Hrvatska; Chroatia nei docc. medievali)
Regione storica dei Balcani settentrionali che, unitamente ai territori della Slavonia, della Dalmazia e alla penisola istriana, fa parte dell'omonima repubblica, fino al 1991 compresa nella confederazione iugoslava e oggi indipendente.Le attuali frontiere della C., che confina a N-O con la Slovenia, a N-E con l'Ungheria, a E con la Vojvodina e la Serbia, a S-E con la Bosnia-Erzegovina, a S con il Montenegro e a S-O con il mare Adriatico, non corrispondono a quelle che il regno croato aveva raggiunto nell'11° secolo. Il primo nucleo dello stato croato si costituì nell'entroterra dell'antica provincia romana della Dalmatia, corrispondente alle od. regioni di Dalmazia e di Lika, dopo che al principio del sec. 9° i Croati ebbero soggiogato le popolazioni slave che dal sec. 7° vi si erano stabilite. Nel sec. 9° si formò il ducato di C., che venne riconosciuto sia da Costantinopoli sia dalla Chiesa romana nell'879, al tempo del duca Branimiro; la C. divenne regno nel 925 ed estese la sua influenza fino al corso della Drava, includendo entro le nuove frontiere altre tribù slave; i confini orientali verso la Bosnia subirono invece continui mutamenti durante il Medioevo. Dal 1102 fino al 1526 il regno croato divenne parte integrante del regno d'Ungheria.
Le indagini archeologiche in C. e in Slavonia (serbo-croato Slavonija; Sclavonia nei docc. medievali) non hanno finora portato alla luce complessi monumentali di età paleocristiana; è tuttavia possibile supporne l'esistenza nell'area delle città romane di Siscia (Sisak), Cibalae (Vinkovci) e Mursa maior (Osijek). Sono stati rinvenuti importanti siti del periodo delle grandi migrazioni, in particolare la necropoli paleocroata di Čadjavica, da dove provengono numerosi reperti e monili del sec. 7° (Zagabria, Arheološki muz.); sono da datare ai secc. 9° e 10° i corredi funerari di Bijelo Brdo (Zagabria, Arheološki muz.), località della Slavonia nei pressi Osijek, il cui toponimo qualifica un gruppo di oreficerie che costituisce la 'cultura di Bijelo Brdo'. Si conservano inoltre la Bibbia detta di Radon, redatta intorno all'800 (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 1190), un dittico eburneo del sec. 11°, già placca di rilegatura, il mantello del sovrano magiaro Ladislao I il Santo, del 1043-1095 ca. (entrambi a Zagabria, Riznica Zagrebačke katedrale), e infine un reliquiario di manifattura bizantina in rame dorato con figure in smalto cloisonné (Berlino, Mus. für spätantike und byzantinische Kunst).Soltanto nel 1094 venne costituita la diocesi di Zagabria e fu avviata la costruzione della cattedrale romanica, di cui peraltro si è perduta ogni traccia. Pezzi di arredo liturgico altomedievale sono stati rinvenuti a Sisak e a Marija Gorska, presso Lobor (Zagabria, Arheološki muz.); a Volarica, nella regione di Lika, si conserva un rilievo del sec. 12° (Karaman, 1948) con un'ornamentazione a intreccio ancora di impronta altomedievale. Un gruppo di sculture protoromaniche, arredo di un edificio di culto, è stato rinvenuto a Ilok (Zagabria, Arheološki muz.).L'architettura religiosa romanica è ridotta in C. a un modesto gruppo di monumenti. Nella cittadina costiera di Senj, la cattedrale, innalzata nei secc. 12°-13°, conserva parte della facciata in laterizi partita da arcatelle cieche. Il campanile di S. Giorgio a Belec, a N di Zagabria, ingloba al piano terreno un ambiente voltato appartenuto a una cappella romanica. Chiese di limitate dimensioni si trovano a Križovljani e a Koprivna, in Slavonia; la prima abbaziale cistercense di S. Maria di Topusko (Toplica), fondata nel 1208 e scavata nel secolo scorso, era a tre navate provvista di blocco orientale triabsidato. Le indagini svolte negli anni 1986-1989 sulle sopravvivenze monumentali del monastero benedettino di Rudine, vicino Pozega, in Slavonia, hanno consentito di ricostruire sia l'impianto dell'abbaziale a tre navate sia le fabbriche claustrali; inoltre la scultura architettonica risulta a Rudine di notevole qualità: capitelli e mensole sono lavorati a figure umane stilizzate oppure ornati da protomi antropomorfe e zoomorfe concepite con originalità all'interno di uno spiccato espressionismo primitivo.Tra i prodotti suntuari di piccolo formato si distingue il crocifisso in bronzo (sec. 11°-12°) custodito nella chiesa di Martinšćica. Tra i codici miniati coevi vanno ricordati: un Passionario, della fine del sec. 11°, prodotto da uno scriptorium dalmata, il Sacramentario di s. Margherita, di origine ungherese e a Zagabria dal 1094, le Exceptiones moralium Gregorii papae, del sec. 12°, provenienti dall'Italia meridionale, e il Breviario di s. Giustina, opera patavina della prima metà del Duecento (Zagabria, Metropolitanska Knjižnica, MR 164; MR 126; MR 138; MR 72/II).Nel corso dei secc. 12° e 13° città, borghi e castelli si arricchirono di architetture in pietra, mentre in precedenza il patrimonio edilizio era stato prevalentemente in legno e il sistema difensivo era costituito da terrapieni; abitati fortificati si insediarono su colline (per es. Grič a Zagabria), sopra rialzi naturali del terreno (Kaptol a Zagabria, Križevci), in vallate solcate da tracciati viari (Samobor, Krapina, Požega) oppure in pianure paludose (Varaždin, Virovitica). A questo periodo risalgono i nuclei più antichi dei castelli di Medvedgrad e di Susedgrad, nel circondario di Zagabria, di Kalnik, di Cesargrad, di Grebengrad, di Kostelgrad, di Samobor e di Okić, nella C. settentrionale, e, inoltre, i castelli di Pakrac, di Cernik, di Kamengrad e di Požega, in Slavonia.In C. l'impresa architettonica di maggiore prestigio è la cattedrale gotica di Zagabria, che, nonostante il restauro in stile operato nell'Ottocento, conserva ancora la veste medievale acquisita nel tardo Duecento e nel Trecento. Dopo la distruzione della cattedrale romanica al tempo dell'invasione tartara (1242), il vescovo Stefano ne avviò subito la ricostruzione edificando accanto al complesso diruto, tra il 1242 e il 1247, la cappella gotica di S. Stefano, oggi inserita nel palazzo arcivescovile. Il vescovo Timoteo, cappellano di papa Urbano IV, fece gettare le fondamenta della nuova primaziale sul sito della basilica romanica; durante il suo governo furono realizzati nel 1272 la sagrestia e nel 1284 il coro. L'impianto della cattedrale risulta affine a quello della collegiata di Saint-Urbain a Troyes (1262-1266), voluta da Urbano IV, nativo di quella città; si è ritenuto quindi che Timoteo avesse potuto ricevere il progetto dallo stesso pontefice. Nel Trecento vennero innalzati i muri perimetrali della fabbrica; sulla facciata, che prevedeva in origine un doppio campanile, furono apposte le insegne del re ungaro-croato Ludovico (1342-1382).Al Duecento sono da riferire le parti gotiche della Santa Croce a Križevci e il coro della chiesa minorita di Zagabria. L'abbaziale cistercense di Topusko venne ricostruita tra la fine del sec. 13° e gli inizi del seguente in sostituzione di quella romanica, di cui si mantenne la facciata decorandola con un finestrone gotico. La chiesa di Remete, nei dintorni di Zagabria, e quella di Remetinec, a settentrione della capitale croata, risalgono al principio del Trecento; più tarde sono le sculture del portale di S. Marco a Zagabria (seconda metà del sec. 14°), che si apparentano ai prodotti usciti dalla bottega praghese dei Parler (Horvat, 1960). Il castello di Brinjie era dotato di cappella castrale gotica, mentre una piccola chiesa a pianta centrale con portale di impronta ancora romanica si conserva tra le rovine della fortezza di Medvedgrad.L'abbaziale di Bijela presso Duravar (1300) costituiva l'esempio più rappresentativo dell'architettura gotica in Slavonia. Attualmente ne sopravvivono resti irrilevanti; la sua veste medievale è comunque tramandata da disegni ottocenteschi e fotografie d'epoca: la chiesa era a navata unica con abside poligonale e una galleria correva in controfacciata. La chiesa francescana di S. Maria di Ilok, fondata alla metà del Trecento, ha subìto rifacimenti neogotici nel secolo scorso.Gli affreschi croati più antichi e al tempo stesso di più alto livello artistico decorano la sagrestia della cattedrale di Zagabria (1270 ca.). Allo stato attuale sono leggibili solo figure isolate di santi, mentre è andata perduta, nella ricostruzione ottocentesca, la scena di Giudizio universale. Esse presentano, oltre a stilemi ancora tardoromanici arricchiti da elementi bizantini, anche un forte allungamento dei corpi quasi a prefigurazione del Gotico; il ciclo è attribuibile a un maestro di ambiente romano-laziale, giunto al seguito del vescovo Timoteo, sulla base dei rapporti che intercorrono tra questi affreschi e le pitture quasi coeve della cripta del duomo di Anagni e del Sacro Speco a Subiaco.La cappella di S. Stefano nell'arcivescovado di Zagabria venne affrescata in pieno sec. 14° da artisti di scuola riminese; pitture di età gotica si conservano inoltre nel S. Giorgio di Belec, nel S. Brixio a Kalnik, nella chiesa di S. Elena nei pressi di Čakovec e nel S. Giacomo a Ocura. A partire dal Trecento è documentata anche l'attività di diversi pittori, tra i quali Paolo Veneziano (1355-1389), Stefano (1356) e Domenico pictor gallicus (1382). Codici miniati gotici di produzione francese sono conservati a Zagabria, come per es. la Biblia pulchra et solemnis (Metropolitanska Knjižnica, MR 159), così menzionata nell'inventario del sec. 14°, una Bibbia di piccolo formato e due pontificali.
Gli attuali confini della Dalmazia (serbo-croato Dalmacija), regione costiera del medio Adriatico quasi interamente compresa nella C. attuale, corrispondono al territorio che la repubblica di Venezia acquisì nel 1718 dopo le guerre contro i Turchi, inclusa l'antica città di Ragusa (Dubrovnik) e il suo circondario.A seguito delle invasioni degli Avari e degli Slavi soltanto poche città marittime e insulari della provincia romana di Dalmatia - Osero (Osor), Veglia (Crk), Arbe (Rab), Zara (Zadar), Traù (Trogir), Spalato (Split), Dubrovnik e Cattaro (Kotor) - rimasero sotto il controllo bizantino; nell'entroterra le popolazioni slave, immigrate nel sec. 7°, costituirono alcuni piccoli stati, il più grande dei quali era quello croato. A partire dal sec. 12° i centri della costa - ai quali si unirono le isole di Lesina (Hvar) e di Curzola (Kurčula) - e più tardi la città di Sebenico (Šibenik) divennero liberi comuni sotto la protezione dei re ungaro-croati e operarono in continua lotta con Venezia, cui in vari periodi furono soggetti. Tra il 1409 e il 1420 i Veneziani si impadronirono definitivamente della fascia costiera (con l'eccezione di Dubrovnik), che tennero fino al 1797. I contatti commerciali e politici intessuti dalle città dalmate con diversi centri italiani e del bacino del Mediterraneo durante il Medioevo costituirono la premessa per una profonda influenza anche sulla produzione artistica. Per quanto riguarda l'epoca paleocristiana i resti delle basiliche urbane e cimiteriali di Salona (Solin) - città di origine romana distrutta nel 614 - mostrano un'ampia varietà tipologica (per es. la cattedrale doppia, secc. 4°-6°; S. Anastasio a Salona-Marusinac, 426 ca.). A Zara, invece, sono state indagate archeologicamente tre basiliche del sec. 5°; sotto la cattedrale romanica sono state rinvenute, oltre a resti di pavimenti musivi, anche le fondazioni di un'abside appartenuta a un edificio paleocristiano, accanto al quale è stato localizzato il battistero a pianta esagonale, scandito internamente da sei grosse nicchie e coperto da volta esapartita. Della basilica intitolata a s. Tommaso si è mantenuto l'impianto architettonico, mentre la basilica di S. Stefano (od. S. Simeone) conserva parte del sistema di colonne con relative arcature e un fianco provvisto di finestratura.Nell'edilizia religiosa altomedievale si diffusero in Dalmazia tipologie che non hanno riscontri in altre regioni europee; fra gli esempi di architettura monumentale di età carolingia si distingue la rotonda di S. Donato a Zara (inizi del sec. 9°), che è il risultato, in forme originali, di una variazione del modello a pianta centrale a doppio involucro. Tra le chiese di modeste dimensioni e a impianto circolare esaconco, che dovevano costituire un gruppo piuttosto numeroso, l'unica conservata è la Santa Trinità a Spalato. Nella Dalmazia meridionale è invece presente un tipo di piccola chiesa oblunga, a una navata, coperta da volte a botte con cupola nel centro, di cui l'esempio più rappresentativo è costituito dal S. Pietro a Omiš.Nell'entroterra dalmata occupato dai Croati non mancano edifici di culto direttamente influenzati dall'architettura carolingia, che tuttavia presentano una propria peculiarità nella pianta - a una o a tre navate - e nell'impiego di contrafforti cilindrici: per es. la chiesa del Salvatore alla sorgente del fiume Cetina o i resti della chiesa a Biskupija, nei pressi di Knin. L'arredo liturgico in pietra mostra, nei caratteristici rilievi, stringenti affinità con la produzione dell'Italia settentrionale di età longobarda, quantunque nella scelta del repertorio ornamentale essi palesino formulazioni originali; talvolta è possibile ricostruire anche l'attività di alcune botteghe. Al sec. 8° si possono assegnare i frammenti venuti alla luce nella cattedrale zaratina (Zara, Arheološki muz.), simili ai modi della lastra di Sigualdo nel battistero di Callisto a Cividale (Mus. Cristiano). Al secolo seguente appartiene il maggior numero di manufatti, la cui datazione si àncora ai nomi dei duchi croati riportati nelle iscrizioni; di notevole interesse è un gruppo di sculture provenienti da Cattaro e dintorni - per es. un frammento di ciborio (forse da S. Maria in Fiumara) attualmente conservato nella sagrestia della cattedrale di S. Trifone a Cattaro, nel Montenegro -, assegnabili alla metà del 9° secolo.Tra le opere di oreficeria di particolare interesse sono i reliquiari di età carolingia, lavorati a sbalzo, conservati a Nona (Nin; Riznica župne crkve), e un incensiere trovato a Vrlika, di importazione renana (Spalato, Muz. hrvatskih arheolŏskih spomenika; Vinski-Gasparini, 1958). I corredi funerari femminili rinvenuti negli scavi delle necropoli paleocroate sono costituiti in massima parte da gioielli prodotti da officine locali influenzate dall'oreficeria bizantina, mentre da sepolture maschili provengono speroni e spade di manifattura carolingia (Spalato, Muz. hrvatskih arheoloških spomenika).Nel panorama piuttosto ristretto dell'architettura protoromanica si distinguono alcune abbaziali benedettine; si tratta di modeste basiliche a tre navate triabsidate, esemplate sul modello della chiesa di S. Pietro a Supertarska Draga nell'isola di Arbe. Nella prima metà del sec. 11° furono edificate due piccole chiese a Zara, a tre navate e coperte con volte, intitolate a s. Domenica (oggi scomparsa) e a s. Lorenzo; pressoché identica alla prima, ma di maggiori dimensioni, era la chiesa dei Ss. Pietro e Mosè a Salona, venuta alla luce durante le campagne archeologiche degli anni Trenta. Dalle chiese zaratine provengono plutei di notevole interesse, con scene cristologiche di grande originalità rispetto al contemporaneo repertorio plastico europeo (plutei provenienti da S. Domenica; Zara, Arheološki muz.); un gruppo di manufatti molto simili a quelli zaratini fu reimpiegato nel fonte del battistero di Spalato, dove si conservano anche lastre protoromaniche rinvenute negli scavi dei Ss. Pietro e Mosè a Salona. Al tardo sec. 11° sono da riferire gli affreschi nella chiesa di S. Michele a Stagno (Ston), nella regione di Dubrovnik, dove sono rappresentati, a ripresa di modelli occidentali, alcuni santi e un re che reca il modello dell'edificio religioso. Coeve, ma di stile dichiaratamente bizantineggiante, sono le pitture murali scoperte a Dubrovnik (resti della cattedrale primitiva) e nella chiesa di S. Giovanni sull'isola di Lopud. Ai secc. 11° e 12° sono da riferire tre reliquiari lavorati con tecnica a sbalzo di cui due, la cassetta di s. Oronzo e la capsella di s. Giacomo, conservati a Zara (tesoro della cattedrale) e a Nona (Riznica župne crkve).Il sec. 12° si distinse soprattutto per un'intensa attività edilizia che coinvolse tutta la Dalmazia. A Zara, a lato della chiesa benedettina di S. Maria Minore (1105), furono fatti costruire dalla badessa Vichenega (1111 ca.) il campanile e la sala capitolare con capitelli a cubo scantonato; inoltre si avviarono i cantieri dell'abbaziale di S. Crisogono, consacrata nel 1175, e della nuova cattedrale di S. Anastasia, eretta sulle rovine della basilica paleocristiana del sec. 5°; ad Arbe vennero innalzati le facciate e i campanili della cattedrale di S. Maria e delle abbaziali benedettine di S. Andrea e di S. Pietro, mentre la chiesa di S. Giovanni Evangelista venne dotata anche di un coro con deambulatorio; a Veglia si realizzarono il S. Michele (inizi sec. 12°) e la cattedrale e dinanzi a quest'ultima la chiesa di S. Quirino (inizi sec. 13°), a due piani, di cui il superiore conserva lo schema a tre navate divise da colonne con capitelli cubici. Nel campanile di S. Maria Minore a Zara e nel piano inferiore di S. Quirino a Veglia fu inserito un sistema di volte a crociera romaniche sostenute da grosse nervature; identiche coperture si trovano in due piccole chiese extraurbane a impianto triconco: S. Nicolò nei pressi di Nona e S. Crisogono sull'isola di Veglia. La fronte della cattedrale di Zara, organizzata su quattro ordini di arcatelle cieche, palesa chiari influssi dell'architettura pisana. Sempre nel sec. 12° si costruirono le chiese vescovili di Dubrovnik e di Cattaro, non immuni da dipendenze con l'architettura romanica dell'Italia meridionale, ed edifici di culto a navata unica sormontati da cupola come la chiesa di S. Maria sull'isola di Meleda (Mljet) e S. Luca a Cattaro. Nel corso del Duecento venne operato il prolungamento della cattedrale di Zara e la sua facciata fu ricomposta con l'aggiunta di nuovi elementi nei portali; i lavori vennero portati a termine soltanto nel 1324. Nel 1213 era già in fase avanzata la costruzione della cattedrale di Traù, a pianta basilicale scandita da possenti pilastri; all'esterno l'ornamentazione risulta alquanto modesta, a eccezione del portale principale. Negli stessi anni a Spalato venne innalzata gran parte del campanile della cattedrale, riccamente decorato da elementi scultorei architettonici.La scultura romanica del sec. 12° si conserva principalmente a Zara (cattedrale di S. Anastasia; Arheološki muz.) e a Dubrovnik (Dubrovački muz.); nel Duecento primeggia invece Traù con il portale della cattedrale: la lunetta e gli stipiti sono opera dello scultore Radovan, prossimo ai modi della corrente antelamica, e sono datati da un'iscrizione al 1240. Lontani dalla maniera di Radovan, ma comunque di buona fattura, sono due bassorilievi con l'Annunciazione e la Natività murati al piano terreno del campanile della cattedrale di Spalato; un terzo, opera del magister Otto, risulta invece di lavorazione più primitiva. Una bottega di artisti attivi nell'orbita di Radovan scolpì i pulpiti per le cattedrali di Spalato e di Traù, eseguendo per quest'ultima anche il ciborio. Nella cattedrale di Spalato si conservano i battenti in legno della porta maggiore, con episodi della Vita di Cristo, lavorati da Andrea Buvina nel 1214, e gli stalli duecenteschi del coro.Il più antico resto di pittura murale romanica in Dalmazia è degli inizi del sec. 12° e si conserva nella cappella ricavata alla base del campanile di S. Maria Minore a Zara; esso palesa stilemi dichiaratamente occidentali, tali da essere avvicinati alla coeva produzione lombarda. Gli affreschi conservati in un'altra chiesa zaratina, quella di S. Crisogono, presentano due fasi sovrapposte: nella prima, datata al 1175, si colgono riflessi della pittura cassinese, mentre la seconda, attribuibile al principio del sec. 13°, mostra caratteristiche venetobizantine. Le pitture nelle absidi laterali della cattedrale di Zara, anch'esse legate alla corrente veneto-bizantina, sono da collocare intorno al 1285, quando la chiesa venne riconsacrata dopo l'avvenuto prolungamento; gli affreschi in controfacciata sono del 1324, contemporanei alla costruzione del portale principale. L'affresco rappresentante la Déesis nella chiesa rurale a Donji Humac sull'isola di Brazza (Brač) palesa invece influssi della cultura pittorica basiliana. Sono inoltre da ricordare due Crocifissioni e tre tavole rappresentanti la Madonna con il Bambino (Zara, Stalna izložba crkvene umjetnosti; Riznica samostana svetog Frane; chiesa di S. Michele), opere da mettere in rapporto con la produzione veneziana documentata tra il 12° e gli inizi del 14° secolo.Numerosi sono i manufatti dell'oreficeria romanica in Dalmazia: tre coperte di codici in argento con immagini cesellate sono conservate a Spalato (Riznika katedrale) e a Traù (Riznika Trogirske Katedrale i Pinacoteka Zbirka Crkvene Umjetnosti); i reliquiari in argento di s. Gregorio (Zara, Stalna izložba crkvene umjetnosti) e di s. Cristoforo (Arbe, tesoro della cattedrale) mostrano composizioni figurate lavorate a sbalzo. Inoltre il reliquiario di s. Isidoro in forma di braccio (Zara, tesoro della cattedrale) è ornato da arabeschi in filigrana e pietre dure; più rappresentativo è il reliquiario di s. Biagio a Dubrovnik (Riznika katedrale), con figure di santi in smalto, filigrana e pietre preziose.L'architettura gotica fu introdotta in Dalmazia nella seconda metà del Duecento e si manifestò, in forme molto ridotte, soprattutto nelle chiese francescane e domenicane, tutte ad aula, voltate esclusivamente nel presbiterio, provviste di semplici finestre ogivali e di un modesto apparato decorativo sui portali (per es. le chiese dei Domenicani a Traù e a Dubrovnik).Scarsi sono i resti di pittura parietale, mentre tra i dipinti su tavola si conserva un limitato numero di opere di valore, tutte attribuite alla mano di Paolo Veneziano e alla sua bottega: il Polittico di s. Lucia a Veglia (cancelleria del vescovado), il crocifisso della chiesa di S. Domenico a Dubrovnik e una Madonna con il Bambino (già a Zara).Dalle fonti d'archivio è nota nella regione l'attività di molti orafi locali e stranieri; calici, croci e reliquiari sono in gran parte conservati nei tesori diocesani: l'opera più rappresentativa è l'arca di s. Simeone (Zara, S. Simeone), in argento dorato e ricca di molte composizioni figurate a sbalzo, che fu commissionata nel 1380 a Francesco da Milano dalla regina ungaro-croata Elisabetta.Istria.
La penisola d'Istria (serbo-croato e sloveno Istra), il cui territorio è oggi quasi interamente compreso nella C., sotto l'impero di Augusto fece parte della Regio X, Venetia et Histria. Dopo la caduta dell'Impero romano l'Istria fu conquistata da Odoacre, poi da Teodorico e dal 539 passò sotto il controllo di Bisanzio; al principio del sec. 7° ebbe inizio la penetrazione delle popolazioni slave. Nel 787 Carlo Magno sottomise gran parte della regione, tranne i centri della costa occidentale, rimasti legati a Costantinopoli fino al sec. 10°; i Franchi introdussero anche in Istria il sistema feudale assoggettando gli Slavi a servi della gleba. Nel 1040 l'Istria divenne una marca autonoma dell'impero germanico, fu quindi concessa (1077) al patriarca di Aquileia, che la governò fino al 1420 con il concorso dell'aristocrazia terriera di origine tedesca. Nella lotta contro la nobiltà feudale le città marittime si organizzarono in liberi comuni sopra i quali Venezia estese la sua influenza politica dal 1202 al 1331, fino a conquistare la penisola dopo il 1420 con l'esclusione della zona nordorientale passata agli Asburgo.Le più antiche basiliche paleocristiane (sec. 5°) appartengono al c.d. tipo altoadriatico e sono direttamente influenzate dai monumenti aquileiesi; questi complessi sono tutti a terminazione piatta, privi di abside aggettante e con subsellio semicircolare nel presbiterio, come per es. la cattedrale di Pola, la basilica 'pre-eufrasiana' di Parenzo (Poreč), quella di Nesactium-Visazze (Nezakcij) e le rovine di un piccolo edificio nelle isole di Brioni. A Betiga (Betika), vicino punta Barbariga, è stata scavata la chiesa di S. Andrea, modesta fondazione a pianta triloba, che nel sec. 6° fu ampliata con l'aggiunta di un corpo longitudinale a tre navate. Molte basiliche conservano parte dei mosaici pavimentali paleocristiani (per es. Parenzo, Betiga); tra le suppellettili sacre si distingue la cassetta-reliquiario di Samagher, del sec. 5°, già a Pola (Pula), ora a Venezia (Mus. Archeologico).La dominazione bizantina durante il regno di Giustiniano (527-565) ha lasciato in Istria monumenti di considerevole valore: la cattedrale eufrasiana di Parenzo, conservatasi quasi integralmente, fu edificata intorno al 550, secondo lo schema delle grandi basiliche ravennati, ed era munita di una cappella martiriale triconca sul fianco settentrionale e di un atrio in facciata che fungeva da raccordo con il battistero e l'episcopio (salutatorium), entrambi della metà del 5° secolo. I capitelli in marmo della cattedrale e dell'atrio sono prodotti di botteghe costantinopolitane, mentre i mosaici, di elevata fattura, si avvicinano a quelli di S. Vitale a Ravenna.A Pola l'arcivescovo di Ravenna Massimiano (546-556) fece erigere la basilica di S. Maria Formosa, oggi in rovina, con due martyria a pianta cruciforme ai lati dell'abside, di cui uno soltanto ha conservato la copertura cupolata e frammenti di decorazione musiva. Contemporanee alla fondazione massimianea erano la chiesa di S. Caterina, situata su un'isoletta di fronte a Pola e, nei dintorni, le chiese di S. Michele in Monte e di S. Clemente, distrutte nell'Ottocento e note attraverso alcuni disegni.Le chiese altomedievali istriane sono prevalentemente di dimensioni ridotte e presentano un impianto rettilineo con l'abside ricavata in spessore di parete; a questa tipologia appartengono l'edificio basilicale di S. Fosca, non lontano da Peroi (Peroj), l'aula biabsidata di S. Maria Minore, presso Valle d'Istria (Bale), e la Santa Sofia di Docastelli (Dvigrad), a navata unica, che conserva nel coro triabsidato lacerti di affreschi carolingi del 9° secolo. Questa particolare forma absidale ebbe continuità d'uso nelle zone rurali anche nel periodo romanico e protogotico, segnando uno specifico fenomeno regionale. Altre fondazioni di origine altomedievale sono la cattedrale di S. Eufemia a Rovigno (Rovinj), del sec. 6°, S. Eliseo presso Fasana (Fažane), sempre del sec. 6°, e S. Pietro in Selve, nei dintorni di Gallesano (Galižane).Tra i numerosi documenti di arredo liturgico altomedievale, tutti frammentari, i più antichi risultano il ciborio esagonale con l'iscrizione del vescovo Maurizio (sec. 8°), nel lapidario della collegiata di S. Pelagio a Cittanova (Novigrad), la pergula della S. Sofia a Docastelli e il sarcofago del sec. 9° della parrocchiale di S. Elia a Valle d'Istria. Ai secc. 9° e 10° sono databili il cancello presbiteriale di Loborika (Pola, Arheološki Muz. Istrie) e diversi pezzi lapidei depositati nelle cattedrali di Pola e di Parenzo; a dopo il Mille risale il sarcofago della chiesa di S. Silvestro vicino Gallesano, che riporta il nome dei lapicidi Galibertus e Iohannes.Nel corso del sec. 11° venne costruita l'abbaziale camaldolese di S. Michele di Leme, a navata unica conclusa da abside semicircolare. Un complesso semplice e al tempo stesso monumentale è costituito dal S. Martino a San Lorenzo del Pasenático (Lovreč), a tre navate con absidi semicircolari (sec. 11°); altri edifici romanici di forme basilicali sono quelli di S. Giusto di Gallesano e S. Maria di Orsera (Vrsar). Nel gruppo composto dalle chiese del c.d. tipo istriano - a navata unica di dimensioni ridotte e abside non aggettante -, il S. Elia a Valle d'Istria ha come variante una proporzionata torre campanaria in facciata; inoltre si distingue per originalità di impianto l'eptagono duecentesco della Santa Trinità a Rovigno.Del periodo romanico si conservano poche sculture in pietra, spesso dal modellato rustico, come per es. il S. Giorgio nell'omonima parrocchiale di Fianona (Plomin), il rilievo di due santi su una casa a Parenzo e la decorazione architettonica del primo palazzo Comunale di Pola (1296 ca.); i crocifissi lignei del sec. 12° a Valle d'Istria, Gallesano, Gračišće e nell'isola di Sansego (Susku) denunciano invece un più alto livello esecutivo.Gli affreschi dell'abbaziale di S. Michele di Leme, della metà del sec. 11°, rientrano stilisticamente nella corrente ottoniana: la Lapidazione di s. Stefano e la figura di un santo monaco sono peraltro gli unici episodi pittorici ancora leggibili. Affreschi sempre del sec. 11° decorano la parete settentrionale della chiesa di S. Martino a San Lorenzo del Pasenático, mentre della fine dello stesso secolo è la scena dell'Ascensione di Cristo in S. Fosca vicino Peroi. Le pitture bizantineggianti della cappella di S. Agata presso Canfanaro (Kanfanara), con il Cristo in gloria insieme al gruppo degli apostoli, sono datate al principio del sec. 12°, mentre gli affreschi nella chiesa cimiteriale di S. Gerolamo a Colmo (Hum), risalenti ai secc. 12°-13°, si mostrano dipendenti dai modi della pittura altoadriatica con centro ad Aquileia. Il più interessante tra i cicli istriani, sia per ricchezza di episodi testamentari raffigurati sia per l'esecuzione di un calendario dipinto, è conservato nella parrocchiale di Sanvincenti, impresa di fine Duecento firmata dal maestro Trivisan. Nel 1277 l'altare della basilica eufrasiana di Parenzo fu dotato di un ciborio monumentale decorato da ampie superfici mosaicate, nella parte alta eseguite da maestranze di formazione veneziana.L'architettura mendicante è testimoniata sulla sponda orientale dell'Alto Adriatico dal S. Francesco di Pola, costruito intorno al 1314, con navata a soffittatura lignea e coro a tre cappelle di pianta quadrata voltate a crociere ogivali; di forme più semplici è la chiesa minorita di Parenzo, che presenta la terminazione orientale rettilinea.
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