cromatografia
Metodica analitica che permette di separare i componenti di una miscela, di identificarli e di misurarne la concentrazione. Si basa sulla diversa affinità dei componenti verso due fasi, una delle quali (fase mobile) viene fatta scorrere lungo l’altra, che invece rimane ferma (fase stazionaria, costituita, per es., da granuli solidi disposti all’interno di una colonna di vetro). La miscela da analizzare, posta all’inizio della colonna, viene trascinata dal flusso di fase mobile verso il fondo della colonna. In base alla diversa affinità dei vari componenti della miscela per l’una e/o per l’altra fase, questi si spostano lungo la colonna con velocità diverse: ciò fa sì che essi fuoriescano dall’estremità della colonna in tempi diversi e quindi risultino separati. Il tempo impiegato da ciascuna sostanza per uscire dalla colonna (tempo di ritenzione) è tanto maggiore quanto più elevata è l’affinità della sostanza per la fase stazionaria, e può essere sfruttato per identificare il componente. Una volta fuoriusciti, i componenti vengono analizzati quantitativamente da un rivelatore. Le numerosissime varianti delle cromatografia possono essere classificate seguendo vari criteri. A seconda dello stato di aggregazione della fase mobile si hanno la cromatografia in fase gassosa (o gascromatografia), in cui la fase stazionaria può essere solida (cromatografia gas-solido) o liquida (gas-liquido); la cromatografia in fase liquida (liquido-solido e liquido-liquido, a seconda dello stato della fase stazionaria); la cromatografia in fase supercritica. Quando la fase stazionaria è liquida, essa viene immobilizzata su un supporto solido. Nell’ambito della cromatografia in fase liquida si distingue ulteriormente tra la metodica a bassa pressione e la cromatografia liquida a elevata prestazione (HPLC, High performance liquid chromatography), una delle tecniche in assoluto più diffuse, nella quale il flusso dell’eluente viene ottenuto esercitando una pressione relativamente elevata. In base alla disposizione della fase stazionaria si hanno le cromatografie planari (quali la cromatografia su strato sottile o su carta), su colonna o su capillare. In quest’ultimo caso, di interesse soprattutto per la gascromatografia, la fase stazionaria, anziché essere impaccata all’interno di una colonna, è depositata sulle pareti interne di un sottilissimo capillare (diametro inferiore a 0,1 mm). In base al meccanismo chimico-fisico con cui si realizza la separazione, si distingue tra cromatografia per adsorbimento, per ripartizione, per esclusione, per scambio ionico, di affinità, su fasi legate. Infine, a seconda che si operi con fase stazionaria polare e fase mobile non polare o viceversa, si parla, rispettivamente, di cromatografia a fasi normali e a fasi inverse. Nelle tecniche di più recente sviluppo, l’apparecchiatura cromatografica è accoppiata in serie a una o più strumentazioni di altro tipo, in modo da ottenere dispositivi combinati di grandi potenzialità nella risoluzione di problemi analitici complessi. Queste metodiche sono indicate talvolta come tecniche ifenate. Si può realizzare, per es., l’accoppiamento di un cromatografo in fase gassosa con uno spettrometro di massa (tecnica gas-massa).