CROMO (fr. chrome; sp. cromo; ted. Chrom; ing. chromium)
Metallo dal peso atomico 52,01, numero atomico 24. Venne isolato per la prima volta nel 1797 da Louis Nicolas Vauquelin, il quale, nel corso di alcune ricerche sulla composizione del cosiddetto "piombo rosso di Siberia" (PbCrO4), ricavò una sostanza di natura acida che, ridotta con carbone a temperatura elevata, dava origine a un elemento metallico diverso da tutti quelli conosciuti a quel tempo. Le intense colorazioni dei sali che esso era capace di formare fecero intravedere allo scopritore la possibilità del loro impiego nella preparazione degli smalti, delle vernici e dei vetri colorati, e lo indussero a chiamarlo cromo (dal greco χρῶμα, "colore"). La presenza del cromo venne riscontrata in seguito in molti altri minerali, alcuni dei quali ricercati come pietre preziose (smeraldo, granati). Ma le specie mineralogiche che lo contengono in maggiore quantità e che vengono sfruttate per la sua estrazione, sono molto limitate. Tra queste la più comune è la cromite (v.) o cromito ferroso (Cr2O3•FeO) comunemente chiamata anche ferro cromato e cromoferrite; appartiene alla classe degli spinelli, e generalmente contiene quantità apprezzabili degli altri ossidi che sono i costituenti normali dei minerali di questa famiglia (Al2O3, Fe2O3, MgO). La cromite è particolarmente abbondante nella Nuova Caledonia e in Asia Minore e si riscontra in discrete quantità anche negli Urali e in Siberia. Altro minerale importante è la crocoite (il "piombo rosso del Vauquelin") che è cromato neutro di piombo (PbCrO4). Meno diffusi e quindi non utilizzati per l'estrazione del metallo sono: la picotite (varietà di spinello cromifero), la vauquelinite (PbCrO4, CuCrO4, PbO), l'uvarovite [Ca3Cr2(SiO4)3].
Preparazione. - La preparazione del cromo dai suoi minerali presenta una certa difficoltà perché si stenta a separarlo dal ferro e dal carbonio, con il quale si combina facilmente formando carburo: Cr3C2 (v. carburi). Dalla semplice riduzione della cromite con carbone al forno elettrico si ottiene perciò un ferro-cromo ricco di carbonio. Per preparare metallo sufficientemente puro si parte da una miscela di ossido e carbone che viene riscaldata al forno elettrico. Il prodotto così ottenuto contiene in media da 8 a 12% di carbonio, ma può essere sottoposto a raffinazione rifondendolo con altro ossido di cromo e ossido di calcio. In definitiva il contenuto in carbonio si riduce a 1,5-2%.
Volendo un metallo esente da carbonio si ricorre al metodo di Goldschmidt (alluminiotermia); basato sostanzialmente sul fatto che l'alluminio ha per l'ossigeno un'affinità superiore a quella del cromo: Cr2O3 + 2Al = Al2O3 + 2Cr. L'ossido di cromo, mescolato con alluminio finemente granulato, viene introdotto in crogiuoli di terra refrattaria; alla superficie si adatta una miccia di magnesio che termina con una pallina formata di magnesio e perossido di sodio. La combustione del magnesio e di questa miscela sviluppa il calore necessario a fare iniziare la reazione tra l'ossido di cromo e l'alluminio, reazione che procede poi rapidamente da sé, essendo fortemente esotermica. Data l'elevata temperatura (circa 3000°), il metallo fonde e si raccoglie nel fondo del crogiuolo. Così si preparano forti quantità di cromo con un titolo che oscilla da 98 a 99%; il resto è ferro, alluminio e silicio.
Piccole quantità di cromo assai puro si possono avere mediante distillazione dell'amalgama a bassa temperatura in corrente di idrogeno, e per elettrolisi di soluzioni miste di acido cromico e sali del cromo trivalente, alla temperatura di circa 20° con densità di corrente di 10-16 Amp. dmq. A questi metodi si ricorre generalmente solo in casi speciali e mai per ottenere le forti quantità di metallo necessarie all'industria metallurgica.
Proprietà. - Il cromo è un metallo molto duro, fragile, di colore grigio; può essere facilmente levigato e lucidato, e allora assume un aspetto splendente con una tonalità poco più chiara di quella del ferro; cristallizza in cubi a facce centrate; ha densità 6,92. Il punto di fusione è molto elevato e il suo valore esatto è tuttora oggetto di discussione: a seconda della qualità del metallo sono state misurate temperature di fusione che variano da 1515° a circa 1700°. Il cromo ottenuto con l'alluminiotermia al titolo di 98-99% fonde generalmente intorno ai 1500°; i valori più elevati sono stati ottenuti con prodotti ancora più puri. A temperatura ordinaria non si ossida sensibilmente, ma a temperatura elevata si ricopre di un sottile strato di ossido variamente colorato. In atmosfera di ossigeno a 2000° brucia vivamente trasformandosi in triossido Cr2O3, e in modo analogo reagisce con il cloro, lo zolfo, il silicio, il boro, il carbonio, trasformandosi rispettivameute in cloruro, solfuro, siliciuro, boruro, carburo. Viene attaccato dall'acido cloridrico e dall'acido solforico a caldo e con sviluppo d'idrogeno:
Con l'acido nitrico concentrato si comporta come il ferro: subisce cioè la passivazione; solo l'acido diluito può attaccarlo ma molto lentamente, e a caldo.
Il cromo entra a far parte di ghise e acciai speciali. Da poco tempo si è largamente diffuso l'uso di sostituire il cromo al nichel nei rivestimenti protettivi di oggetti metallici. La cromatura è superiore alla nichelatura soprattutto per la durezza e per la resistenza alla corrosione anche a temperatura elevata. È perciò molto raccomandabile nel rivestimento di parti metalliche che debbono essere sottoposte a sfregamenti, a variazioni di temperatura o all'azione prolungata degli agenti atmosferici e dei corrosivi in genere. Inoltre la cromatura splendente è preferibile alla nichelatura per l'aspetto e la tonalità di colore, e pertanto è largamente usata anche a scopo decorativo.
Composti. - Il cromo forma varie serie di composti nei quali può funzionare da bivalente, trivalente, tetravalente, esavalente, eptavalente. Con l'ossigeno ad es. può combinarsi nei seguenti rapporti: CrO, Cr2O3, CrO2, CrO3. I sali più comuni sono quelli corrispondenti alle forme tri- ed esavalenti. L'ossido del cromo esavalente CrO3 ha proprietà acide ed è l'anidride dell'acido cromico (H2CrO4); quello trivalente può funzionare da ossido basico e formare sali con gli acidi, es. Cr2(SO4)3, e da ossido acido, dando luogo ai cromiti (CaO•Cr2O3). L'ossido CrO funziona sempre da base e forma con gli acidi la serie dei sali cromosi. CrO2 ha poca importanza, anche perché i derivati che si possono prevedere non sono stati ancora isolati; esso dovrebbe corrispondere al biossido di manganese MnO2, che con le basi forma sali del tipo CaO•MnO2. La forma eptavalente del cromo sussiste nei derivati percromici e l'ossido corrispondente non si conosce libero.
a) Composti del cromo bivalente. - L'ossido CrO si forma per lenta decomposizione all'aria dell'amalgama; è una polvere nera cui corrisponde l'idrato Cr(OH)2. Quest'ultimo precipita dalle soluzioni dei sali cromosi trattate con idrato ammonico ed è colorato in giallo. Tanto l'ossido anidro come quello idrato sono facilmente suscettibili di ossidazione e perciò poco stabili. I sali cromosi, come CrCl2, CrSO4, ecc. si possono ottenere sciogliendo il metallo negli acidi diluiti, o, come si usa più comunemente in pratica, riducendo opportunamente i sali del cromo esavalente. La riduzione può essere eseguita elettroliticamente o per mezzo dell'idrogeno nascente svolto dall'azione dello zinco sopra l'acido cloridrico o solforico che si aggiunge alla soluzione di cromato. Le colorazioni dei sali cromosi possono variare a seconda della natura e dello stato d'idratazione dei sali stessi; così ad es. CrCl2 anidro, ottenuto da Cr e HCl secco, è bianco. Per riduzione di una soluzione di bicromato con idrogeno nascente si ottiene il sale idrato che invece è colorato in blu; alcuni sali con gli acidi organici, come formiato, acetato, malonato, sono colorati in rosso. Tutti indistintamente i sali cromosi sono caratterizzati da una grande instabilità dovuta alla spiccata tendenza ad assumere ossigeno per passare al grado di valenza superiore, che è più stabile.
b) Composti del cromo trivalente. - L'ossido Cr2O3, fra tutti quelli ricordati, è il più stabile, e perciò gli altri tendono a trasformarsi in esso se vengono lasciati a contatto dell'aria o riscaldati. La maniera più opportuna per prepararlo consiste nel riscaldare il bicromato di ammonio:
L'ossido Cr2O3 è una polvere verde; la forma idrata ottenuta dalle soluzioni dei sali cromici con ammoniaca, si presenta come massa gelatinosa di colore grigio-verde; se la precipitazione viene fatta con le basi alcaline e a temperatura ordinaria, l'idrato formatosi in un primo tempo può finire col disciogliersi completamente in eccesso di reattivo. Questo fatto è dovuto alla formazione di cromito in cui Cr(OH)3 funziona da ossido acido: Cr(OH)3+3KOH⇄Cr(OK)3+3H2O. I cromiti si idrolizzano molto facilmente, e perciò se si diluisce il liquido e lo si porta all'ebollizione, la reazione decorre da destra a sinistra con riprecipitazione dell'idrato di cromo. I sali cromici si ottengono sciogliendo l'idrato negli acidi o trattando i cromati con un riducente meno energico dell'idrogeno, come potrebbe essere l'anidride solforosa; in questi casi la riduzione non si spinge fino alla forma bivalente, ma si arresta a quella trivalente. Tra i più importanti ricordiamo il cloruro CrCl3, che si può ottenere sciogliendo l'idrato corrispondente in acido cloridrico, o per azione del cloro sopra una miscela di Cr2O3 e carbone. Nel primo caso si ottiene una sostanza verde che cristallizza con sei molecole d'acqua ed è deliquescente; nel secondo si formano cristalli color fiore di pesco di sale anidro, il quale, se è puro, è praticamente insolubile nell'acqua. Nelle soluzioni verdi di CrCl3•6H2O uno solo dei tre atomi di cloro è ionizzato e precipita col nitrato di argento; diluendo queste soluzioni il colore cambia gradualmente fino a diventare violetto; a questo punto tutti e tre gli atomi di cloro precipitano con nitrato di argento. Da queste stesse soluzioni, con accorgimenti opportuni, si separano dei cristalli grigio-azzurri aventi la stessa composizione di quelli sopra ricordati, e cioè CrCl3•6H2O. Si presenta qui un fenomeno comune a tutti i sali del cromo trivalente, l'esistenza cioè di due serie di derivati d'identica composizione ma aventi gli atomi distribuiti nelle rispettive molecole in modo diverso. Usando la notazione del Werner per i sali complessi i due cloruri si rappresentano così:
Il cromo trivalente forma sali anche con tutti gli altri acidi minerali e con qualche acido organico come l'acetico, l'ossalico ed il tartarico. Ricordiamo principalmente il solfato Cr2(SO4)3 che si può avere anidro o con un numero variabile di molecole di acqua di cristallizzazione. Importante, soprattutto perché tra i sali cromici è il più usato, è il solfato doppio di cromo e potassio o allume di cromo [Cr2(SO4)3•K2SO4•24H2O].
c) Composti del cromo esavalente. - A questo grado di ossidazione, che corrisponde all'acido cromico e quindi ai cromati, si perviene generalmente partendo dai derivati del cromo trivalente e trattandoli con opportuni agenti ossidanti. L'operazione si può eseguire per via secca o in soluzione, e la reazione fondamentale è sempre la seguente:
Nella produzione industriale dei cromati si segue la prima via, e precisamente si fa reagire in un forno a riverbero la cromite Cr2O3•FeO con solfato sodico, ossido di calcio e cloruro sodico (che serve come fondente), in presenza di aria. A questo modo Cr2O3 passa a CrO3 e questo si irasforma in ultimo in bicromato Na2Cr2O7, mentre la calce ed il ferro passano rispettivamente a CaSO4 e a Fe2O3 entrambi insolubili e perciò facilmente eliminabili. Il cloruro di sodio si separa facilmente dal bicromato mediante cristallizzazione frazionata; la stessa operazione si può eseguire per mezzo di altri agenti ossidanti. Ricordiamo tra questi il clorato di potassio:
il biossido di piombo:
il nitrato sodico:
Si ricorre anche qui alla fusione in presenza di un carbonato e di un alcali.
Ai composti del cromo esavalente si giunge anche facilmente eseguendo l'ossidazione dei sali cromici in soluzione. Servono bene da agenti ossidanti gli alogeni, l'acqua ossigenata, l'acido nitrico. Cosi p. es. se ad una soluzione di solfato cromico si aggiunge acqua ossigenata in presenza di un alcali, si ottiene un liquido giallo che per evaporazione lascia depositare cristalli di K2CrO4. Acidificando una soluzione di cromato, il colore passa dal giallo all'aranciato, e dal liquido viene a separarsi bicromato K2Cr2O7, (K2CrO4•CrO3). Dalle soluzioni di cromato opportunamente acidificate, si possono ottenere anche cristalli di tri - e tetracromato: K2CrO4•2CrO3 e K2CrO4•3CrO3. Sciogliendo K2Cr2O7 in acido solforico al 60% si ha separazione di KHSO4 ed è possibile isolare dal liquido l'anidride cromica CrO3; dalle soluzioni sature di questa anidride precipitano cristalli di acido cromico H2CrO4. I composti del cromo esavalente sono tutti fortemente ossidanti; nella maggior parte dei casi sono tre atomi di ossigeno che vengono ceduti da due molecole di CrO3 secondo l'equazione 2CrO3 = Cr2O3 + 3O, e si ha perciò passaggio da cromato a sale cromico. Però in presenza di riducenti energici come è l'idrogeno nascente, la riduzione, come si è visto, si può spingere fino al sale cromoso. Esiste anche qualche composto in cui CrO2 funziona da ossido basico; appartiene a questa categoria di derivati il cloruro di cromile CrO2Cl2 che si ottiene da acido cromico e acido cloridrico secondo l'equazione:
Il cloruro di cromile è un liquido scuro che subisce facilmente l'idrolisi originando di nuovo l'acido cloridrico e l'acido cromico.
d) Composti del cromo eptavalente. - Si formano dall'acido cromico mediante ossidazione con acqua ossigenata e sono caratterizzati dal colore azzurro intenso e dalla solubilità in etere che permette di estrarli dai liquidi acquosi concentrandoli in piccolo volume. A temperatura bassa e con opportune cautele, sono stati isolati i composti HCrO5, H3CrO7, H3CrO8 ed anche alcuni dei loro sali; queste sostanze sono pochissimo stabili e cedono facilmente ossigeno. Lo studio del meccanismo della loro decomposizione ha portato a ritenere che il cromo funziona in questi derivati da eptavalente. Le formule di costituzione che si attribuiscono agli acidi percromici sono infatti le seguenti:
Riconoscimento e dosaggio. - Le colorazioni dei sali cromici e dei cromati si prestano bene al riconoscimento analitico di questo metallo, il quale, anche in piccole tracce, può essere svelato mediante ossidazione nella forma eptavalente citata poc'anzi. Nell'analisi sistematica dopo aver provocato la formazione di cromato si ricorre, per ulteriori accertamenti, alla formazione dei sali di piombo, di bario, di mercurio o di argento, colorati in giallo i primi due, e in rosso gli altri; tutti insolubili in acqua. Il dosaggio del cromo si fa generalmente per via volumetrica approfittando del fatto che i cromati ossidano l'acido iodidrico mettendo in libertà lo iodio e che la quantità di quest'ultimo può essere dosata con soluzione titolata di tiosolfato sodico:
Si ricorre anche al dosaggio ponderale riducendo i cromati a sali cromici mediante ebollizione con alcool, precipitando Cr(OH)3 con ammoniaca, e pesando dopo calcinazione come Cr2O3.
Usi. - I cromati trovano largo uso nell'industria come agenti ossidanti e i sali cromici si usano diffusamente nelle industrie concianti e come mordenti in tintoria. Alcuni cromati ritrovano applicazione come pigmenti colorati; tra questi è notevole il cromato di piombo, che commercialmente prende il nome di giallo di cromo (giallo Baltimora, giallo Spooner). Si può ottenere in tutte le gradazioni dal limone all'arancio a seconda che si precipiti una soluzione di acetato o nitrato di piombo con una soluzione acida o alcalina di cromato di potassio o di sodio. Avvenuta la precipitazione, si lava, si essicca, si pressa e si vende in pani o in polvere. È molto pesante e anche velenoso; ciò nonostante è molto usato nella pittura a olio, sia artistica sia comune, per la buona forza copritiva, per la brillantezza della tinta, e perché unito all'azzurro di Prussia dà bellissime tinte verdi. Il rosso di cromo è il cromato basico di piombo; e il verde di Guignet è un borato basico. Molto comune come pigmento verde è l'ossido Cr22O3, chiamato anche verde di cromo. Una miscela di verde di cromo, borato di zinco e olio di lino forma una buona vernice per l'ignifugazione del legno. I colori di cromo vengono consumati in discreta quantità anche dalle industrie vetrarie e ceramiche principalmente a scopo decorativo.
Bibl.: Gmelin e Kraut, Handbuch der anorganische Chemie, III, ii, Heidelberg 1912; R. Abegg, Handbuch der anorganische Chemie, IV, i-ii, Lipsia 1921; U. R. Evans, Metals and metallic compounds, II, Londra 1923; F. Ullmann, Enziklopädie der technischen Chemie, III, Berlino 1929.
Farmacologia e tossicologia. - L'acido cromico si adopera in terapia solo per uso esterno come caustico, astringente ed energico ossidante. Sciolto in acqua (parti 1-2) si usa nelle malattie dei denti, gengiviti e periostiti, per cauterizzare condilomi, verruche, ecc.; più diluito trova applicazione come antisettico, deodorante e cicatrizzante nella difterite, nell'ozena e nelle ulceri cancerose, nel lupus. Un soluto acquoso al 5% è stato consigliato nell'iperidrosi plantare. Va tuttavia usato con prudenza perché può provocare dermatiti, e lesioni cutanee di difficile guarigione. Fra i derivati dell'acido cromico hanno avuto un qualche impiego terapeutico il cromato e bicromato potassico e il solfato di cromo che il Kolipinski (1902) ha raccomandato nella neurastenia, nella tabe e in altre malattie nervose.
Le intossicazioni acute da cromo e da cromati, conducono in pochi giorni a morte, specialmente per la nefrite che si manifesta, analoga a quella prodotta dall'uranio e che altera specialmente i tubi renali, ma lede anche i glomeruli. Durante l'intossicazione si ha glicosuria. La dose mortale di acido cromico è di 6 gr.; di bicromato 8 gr. circa.
L'avvelenamento da bicromato potassico è accidentale e poco comune, come in genere l'avvelenamento da composti cromici. Il bicromato, come l'acido cromico, possiede attivo potere ossidante ed ha quindi proprietà caustiche; ingerito suscita vomito di color giallo o grigio-azzurro, processi irritativi sulle mucose, dolori addominali, diarrea sanguinolenta; associandosi l'azione depressiva del potassio sul cuore, il polso è debole, filiforme. Gli operai delle industrie, per un avvelenamento cronico da bicromato, sono spesso colpiti da ulcerazioni perforanti e talvolta da necrosi del setto nasale, da congiuntivite, rinite, bronchite. Tanto nell'avvelenamento acuto quanto nel cronico, il bicromato è cagione di lesioni degenerative negli epitelî renali e della conseguente albuminuria. Il veleno è eliminato in parte per le urine, in parte attraverso l'intestino.
Cura: vuotamento dello stomaco, lavaggio con soluzioni alcaline (essendo il bicromato un sale acido) con latte, acqua albuminosa; la magnesia e il carbonato sodico sono utili antidoti.