CRONOLOGIA e CRONOLOGICI, Sistemi
A) Formazione dei sistemi cronologici e determinazione della cronologia. - B) Cronologia Egiziana e dell'Oriente Antico. - C) Grecia antica. - D) Roma. - (v. anche preistoria, cina, india, palestina per le relative cronologie).
A. - Formazione dei sistemi cronologici e determinazione della cronologia.
1. - La formazione dei sistemi cronologici dell'antichità - superamento del rudimentale calendario dei primitivi, limitato alla distinzione dei periodi propizi alla coltivazione, alla caccia e alla pesca - è legata allo sviluppo dell'organizzazione politica e dell'ordinamento della vita sociale e religiosa. L'esigenza di regolare, in relazione con ricorrenti fenomeni naturali (periodiche inondazioni, variazioni climatiche stagionali), attività agricole o traffici mercantili fluviali e marini, di vitale importanza per le comunità organizzate delle valli dei grandi fiumi d'Oriente, sedi delle prime civiltà evolute, promosse un'attenta osservazione del ciclo delle stagioni e dei connessi fenomeni meteorologici, del corso del sole, delle fasi della luna; e fu così costituita la base per le varie misure del tempo che, sostituendosi a più antichi calcoli per "generazioni", permisero una più puntuale datazione per il passato e una definita indicazione di termini per l'avvenire, secondo era richiesto dalla regolare celebrazione di riti sacri, dall'istituzione di sistemi tributari, dalla precisazione - anche a fini politici e cultuali - dei particolari di tradizioni dinastiche, cittadine, templari.
2. - Prima ed ovvia misura del tempo fu il giorno, con le due grandi divisioni, diurna e notturna; dalla suddivisione, risalente ai Babilonesi (Erodoto, II, 109, 3), di ciascuna di esse in dodici parti derivarono le ore. La settimana ebbe origine in età ellenistica, sotto l'influenza di dottrine astrologiche, con riferimento al gruppo del Sole e dei pianeti (Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno), dai quali furono tratti i nomi dei giorni. Altri raggruppamenti di giorni corrispondevano agli intervalli tra ricorrenze periodiche, come presso i Romani (v. più avanti, D) il periodo di otto giorni compreso tra due giorni di mercato (nundinae).
La divisione del tempo in periodi più lunghi fu fondata sul succedersi delle stagioni entro uno spazio di tempo compreso tra ricorrenze costanti (per esempio, tra un raccolto e l'altro, o - come in Egitto - tra un'inondazione e la successiva) e sulle fasi lunari, che rappresentavano fenomeni rinnovantisi a regolari e non lunghi intervalli ed erano più immediatamente evidenti. Si formarono così l'anno, il cui inizio variava da paese a paese (e in Grecia da polis a polis), e il mese. Questo comprendeva in media 30 giorni, con lieve eccesso rispetto al tempo intercorrente tra una luna nuova e la successiva, cioè alla durata di una rivoluzione lunare (giorni 29½): significativo è uno dei segni cuneiformi babilonesi indicante la Luna (o il dio lunare Sin), che non risale ad un'immagine dell'astro, ma rappresenta il numero "30". Un calendario lunare è attestato anche per l'età micenea, dai testi recentemente decifrati di Cnosso (fine del sec. XV) e Pilo (sec. XII).
Singoli periodi dell'anno vennero spesso distinti in base all'osservazione del ripetersi, ogni anno in uno stesso tempo, della levata "eliaca" (vale a dire quasi contemporanea al sorgere del sole, e praticamente visibile circa un'ora prima di questo) di una stessa stella: di Sirio, ad esempio, che in Egitto segnava l'inizio della stagione dell'Inondazione. Alla durata di un anno solare (giorni 365¼) corrispondeva approssimativamente la somma dei giorni di dodici mesi, che composero quindi l'anno; ma la differenza, inizialmente poco rilevante, diveniva d'anno in anno più sensibile: per esempio, un rito legato ad un definito momento dell'attività agricola, e fissato in un certo giorno di un certo mese, nello spazio di pochi anni veniva a trovarsi notevolmente anticipato rispetto al momento in cui si svolgeva l'azione ch'esso era destinato a consacrare. A difficoltà del genere si cercò di ovviare mediante l'intercalazione di giorni o di mesi: il progresso degli studî astronomici, specialmente nel mondo babilonese e in quello greco, suggerì successivamente varî sistemi di intercalazione, a cicli regolari, per restaurare periodicamente la corrispondenza tra l'anno ufficiale e l'anno astronomico. L'anno egiziano, il cui inizio coincideva con la levata eliaca di Sirio (Sothis), comprendeva 12 mesi di 30 giorni ciascuno, con 5 giorni aggiunti in fine (detti dai Greci epagòmenai, scil. hemèrai): ma anche così in quattro anni il calendario era in difetto di un giorno e la coincidenza del primo giorno dell'anno con la levata eliaca di Sirio non si rinnovava che dopo 1460 anni (il così detto "periodo sotiaco"). Duplicazioni di mesi venivano periodicamente attuate, per ordine del re consigliato dai suoi astronomi, nell'impero babilonese. In Grecia furono adottati varî sistemi per correggere i difetti del calendario: l'inserzione di tre mesi (mènes embòlimoi) in un ciclo di otto anni (octoeterìs) era già praticata prima di Solone, che cercò di ridurre ulteriormente il persistente difetto; nel sec. V a. C. l'ateniese Metone introdusse un ciclo di diciannove anni, con l'intercalazione di un tredicesimo mese in sette degli anni del ciclo e la riduzione di 110 dei 235 mesi da 30 a 29 giorni, cosicché l'intero ciclo includeva 6940 giorni (dunque con l'eccesso di ¼ di giorno rispetto a 19 anni astronomici). Ma i più dei calendari cittadini rimasero aderenti alle tradizioni locali. In Roma l'assai imperfetto sistema di intercalare nel febbraio un mese di 22 o 23 giorni venne abbandonato nel 46 a. C., ultimus annus confusionis (Macrobio, Sat., i, 14, 3), quando Cesare attuò un'altra riforma fondata sul calendario egiziano, con la distribuzione dei giorni epagomeni in alcuni mesi e l'inserzione di un giorno nel febbraio (tra il 23 e il 24) ogni quinto anno (detto bisextilis: due volte la data a. d. VI Kal. Mart.).
3. - La numerazione degli anni veniva fatta di solito con riferimento al periodo di regno di un sovrano e ad eventi di particolare rilievo, oppure ad annui magistrati e sacerdoti (eponimi). Le complicazioni che ne derivavano - in quanto la datazione di un anno così indicato presupponeva una precisa nozione della durata del regno di ciascun sovrano o una minuta informazione della storia locale, e l'esistenza di liste non lacunose degli eponimi - suggerirono la formazione di ère: che furono anch'esse varie da luogo a luogo, e legate a memorie locali, a istituzioni religiose, a vicende politiche (per esempio, la prima celebrazione di una festa o la fondazione di una dinastia). Tra le ère più note sono quella delle Olimpiadi (da un anno corrispondente al 776 a. C.); quella, adottata in Roma, ab Urbe condita (dal 753 a. C.); quella Seleucidica (dal 312 a. C.), diffusa in Oriente. Il computo degli anni secondo l'èra cristiana risale al monaco Dionisio detto Exiguus (morto nel 526).
4. - Le ricostruzioni cronologiche della storiografia moderna sono fondate, oltre che sui dati forniti dai documenti e dalla tradizione letteraria dell'antichità, sulle elaborazioni che di molti di quei dati furon già compiute dai cronografi antichi. Agli storici greci non si offriva, per la storia delle età più remote, che la possibilità di un computo per generazioni; e nelle loro ricostruzioni della storia dell'Oriente essi cercarono di collegare gli incerti dati cronologici delle tradizioni orientali con quelli delle tradizioni greche, conteste di elementi mitici. Per i tempi piu vicini ai loro, poterono valersi di dati più sicuri, desunti da documenti pubblici; i quali formarono la base di liste compilate da eruditi (come varie liste di vincitori di grandi agoni cittadini e panellenici, o di sacerdoti di grandi santuarî). Cataloghi di sacerdoti e magistrati vennero anche curati nelle città e nei templi, specialmente in sèguito alla limitazione della durata di funzioni pubbliche. La valutazione, ai fini di una cronologia assoluta, degli elementi offerti da tali liste esigeva però una coordinazione che tenesse conto della diversa data d'inizio dell'anno ufficiale nelle singole pòleis. La cronografia ebbe sviluppo nell'età ellenistica, specialmente con Eratostene di Cirene, Apollodoro di Atene, Castore di Rodi. A modelli greci si ispirò, nel sec. III a. C., oltre al babilonese Beroso, l'egiziano Manetone, che delineò una storia del suo paese fondandosi sulle liste dei faraoni: il suo schema di trenta dinastie forma ancora l'ossatura delle moderne storie dell'Egitto faraonico (v. più innanzi, B). Se per il mondo greco e romano la storiografia moderna ha potuto iniziare di buon'ora una revisione critica dei dati dei cronografi antichi, sempre più penetrante grazie allo sviluppo della filologia e alle scoperte di documenti originali (epigrafi, monete, poi papiri), per l'Oriente classico essa ha dovuto per lungo tempo limitare la sua indagine alle fonti classiche e all'Antico Testamento. Solo con l'incremento della ricerca archeologica in Oriente, e soprattutto con la progrediente decifrazione delle lingue orientali antiche, un copioso materiale ha permesso la ricostruzione della cronologia orientale e, in connessione con questa, della più antica cronologia del mondo greco su basi affatto nuove. Dalla Mesopotamia alla Persia, dall'Asia Minore alla Siria, all'Egitto, liste di re e sacerdoti, cronache, annali regî, documenti di relazioni diplomatiche, hanno risolto o chiarito problemi cronologici, o ne hanno proposto nuovi, per i singoli paesi e stati e, attraverso una catena di sincronismi, per il mondo orientale, nel suo complesso. Un sussidio di grande importanza per la ricerca moderna è rappresentato dalle notazioni, in testi antichi, di fenomeni astronomici dei quali è possibile calcolare la data: per esempio, in una lista di eponimi assiri si legge che nel limmu (eponimato, anno di funzione) di Pur-shagali, nel mese di Siwan (maggio-giugno), vi fu un'eclissi di sole, che i calcoli degli astronomi datano al 763 a. C. Ciò permette a sua volta di datare una lunga serie di eponimati, che risale fino al 900 a. C. e fornisce una chiave anche per la cronologia di Israele (v. palestina). Notissima è l'eclissi totale di sole, prevista da Talete, che interruppe la battaglia tra Medi e Lidi al fiume Halys nel 585 (Erodoto, i, 74). Per l'Egitto, nei cui documenti non si trovano ricordate eclissi, un punto di riferimento è costituito dalla memoria di levate eliache di Sirio, astronomicamente calcolabili (v. più avanti, B, 1 e 2).
5. - Un ulteriore sussidio è fornito, specie per le età più antiche, dalla ricerca archeologica, attraverso la distinzione degli strati e i sincronismi che possono stabilirsi tra reperti di ambienti diversi. La cronologia relativa che viene indicata da una chiara successione di strati archeologici nello stesso luogo può acquistare valore assoluto per la presenza di oggetti sicuramente databili; e può ottenersi da uno scavo la chiave per la cronologia delle fasi di civiltà di tutta una regione culturalmente unitaria, anche in relazione con civiltà coeve d'altri paesi. Così l'ossatura della cronologia di Creta "minoica" è costituita dalla datazione di alcuni strati di Cnosso contenenti oggetti egiziani databili e dalla presenza di ceramiche tipiche di certi strati cretesi in strati egiziani di data ben definita. Ovviamente, va considerata l'eventualità che oggetti isolati rinvenuti in uno strato appartengano ad un'età anteriore e siano stati conservati od importati per un particolare loro valore; e che la somiglianza di forme artistiche o di caratteristiche tecniche sia dovuta ad attardamenti locali o ad imitazioni più recenti, come può verificarsi in regioni periferiche o non legate da intense relazioni.
Un recente metodo per il calcolo dell'età di oggetti di materia organica (legno, stoffa, osso) è fondato sulla constatazione che negli organismi viventi è presente carbonio radioattivo (detto carbonio 14, dal suo peso atomico, o radio-carbonio) in proporzione fissa rispetto al carbonio 12, e che, cessata la vita, il carbonio radioattivo si riduce in progressione costante: misurando quindi la proporzione del carbonio 14 rispetto al permanente carbonio 12, diviene possibile calcolare a ritroso l'età in cui è stata messa in lavorazione la materia del manufatto.
Bibl.: W. Kubitschek, Grundriss der antiken Zeitrechnung, Monaco 1928; E. Bickermann, Chronologie, Lipsia 1933 (Enleitung in die Altertumswissenschaft3, III, 5); P. M. Nilsson, Primitive Time-Reckoning, Lund 1920; M. Ventris-J. Chadwick, Documents in Mycenaean Greek, Cambridge 1956; P. van der Meer, The Chronology of Ancient Western Asia and Egypt2, Leida 1955; R. W. Ehrich (ed.), Relative Chronologies in Old World Archaeology, Chicago 1954; F. W. Libby, Radiocarbon dating, Chicago 1952.
(G. Pugliese Carratelli)
B. - 1. Cronologia egiziana. - La cronologia egiziana comporta due serie di problemi assai diversi, a seconda che si debba tener conto di una cronologia relativa o di una cronologia assoluta: ciò dipende dal fatto che manca per gli Egiziani il concetto di "èra", che è sostituito da quello di "regno". La concezione religiosa della funzione regale fa sì che l'ascensione al trono di ogni nuovo sovrano assuma il valore non di una consacrazione, ma di un vero e proprio inizio del cosmo che esce dal caos (atemporale) del passato. In un unico caso abbiamo apparentemente un'"èra", nella cosiddetta "Stele dell'anno 400": che, in realtà, celebra con quel numero un periodo di regno divino anziché umano; e l'eccezione è apparente. L'Egitto classico dunque data per anni di regno, in sostituzione di un sistema amministrativo più arcaico che data per "volte" di censimento biennale, e di uno ancor più primitivo che nomina gli anni dai l'oro avvenimenti principali.
Per potersi orizzontare in un così labile e sempre rinnovato sistema cronologico, gli Egiziani hanno tenuto accurate liste di sovrani, del regno di ognuno dei quali han ricordato il numero di anni, di mesi, di giorni. Per l'età più antica, hanno fatto liste di anni con l'indicazione degli avvenimenti notevoli. Di questo secondo tipo di documenti ci resta un unico grosso frammento epigrafico, la "Pietra di Palermo" (con altri frammenti al Cairo) - giunto in Italia non si sa né quando né come. Del primo tipo abbiamo un esempio della XIX dinastia, il "Papiro dei Re" a Torino - che è, però, estremamente lacunoso. A un documento di questo genere dovette attingere la cornice generale della sua opera Manetone - un sacerdote di Sebennito che, all'inizio dell'età greca, scrisse una Storia d'Egitto per i suoi nuovi signori. Tale opera è perduta nella maggior parte: ma estratti cronologici ne abbiamo presso cronografi cristiani (Sincello e l'Eusebio armeno). Egli ha diviso i re d'Egitto in trenta casate ("Dinastie") ognuna delle quali è contrassegnata da un numero d'ordine e da un aggettivo che ne indica la provenienza. Nomi di sovrani e cifre di anni di regno hanno molto sofferto nella trasmissione, e perciò si suole adoperare lo schema manetoniano controllando, per quanto è possibile, sui monumenti tutti i dati specifici. Dinastie parallele non sono date come tali, usurpatori - o presunti tali - non sono indicati, elementi leggendari si sono insinuati: ma, tutti questi elementi possono in certa misura venire eliminati via via, e il concetto strumentale di "dinastia" come unità di cronologia relativa si dimostra sempre più efficiente nell'ambito degli studî, malgrado la sua apparente rozzezza. Le dinastie poi vengono raggruppate in complessi di più ampie denominazioni (Din. I-III età tinita; IV-VI Regno Antico, o età memfita; VII-XI primo periodo intermediario, o età feudale; XII-XIII Regno Medio; XIV-XVII secondo periodo intermediario; XVIII-XX Nuovo Regno, o età imperiale; XXI-XXX Bassa Epoca; la XXXI, dominio persiano, è aggiunta nell'epitome).
La saldatura di questi elementi di cronologia relativa a una cronologia assoluta non avviene, in Egitto mediante l'identificazione di particolari avvenimenti astronomici (come in altri paesi dell'Oriente classico), ma sfruttando le caratteristiche stesse del calendario egiziano. A fianco di un antico calendario lunare, che mantiene un impiego templare, l'Egitto ha un calendario civile di 365 giorni, misurato fra due ricorrenze del sorgere contemporaneo, alla latitudine di Memfi, del sole e di Sirio ("anno sotiaco", da Sothis il nome greco-egizio di Sirio). Tale calendario consta di dodici mesi di trenta giorni ciascuno, più cinque giorni "aggiunti" - ed è di circa sei ore più corto dell'anno solare. Ogni quattro anni, dunque, il sorgere eliaco di Sirio ritarda di un giorno da quel che è il capodanno ufficiale, e non ritorna nella data originale che dopo, esser passato successivamente per tutti i giorni dell'anno (cioè dopo 365 × 4 = 1460 anni). Tale spazio di tempo si suol chiamare un "Periodo sotiaco", e poiché da Censorino (un autore di età imperiale) sappiamo che un tale periodo ebbe inizio nell'anno 2 di Antonino Pio (139), possiamo calcolare, sottraendo successivamente 1460 anni all'addietro, gli altri inizî di periodi sotiaci. Se abbiamo indicazioni circa il giorno e il mese in cui il sole e Sirio sono apparsi contemporaneamente all'orizzonte, potremo valutare la data assoluta moltiplicando per quattro il numero di giorni scalati rispetto a quelli del capodanno teorico, e sottraendolo dalla data di inizio del periodo sotiaco. Oltre quello ineliminabile entro il quadriennio, un errore è sempre possibile: ed è un errore di 1460 anni, cioè di un intero periodo. Ma ormai esso sembra escluso dalle generali cognizioni che non ci consentono di far giocare così lunghi periodi in più o in meno. La prima data sotiaca che abbiamo è della XII dinastia, e ci permette così di datare con piccoli scarti di quattro anni tutto il Regno Medio. Per l'età più antica i conti sono più approssimativi, e anche dove la cronologia relativa è abbastanza sicura (come nell'età memfita) il raccordo con i dati del Regno Medio è reso difficile dalle scarse testimonianze che abbiamo per il primo periodo intermediario. Per l'età più recente, invece, ai dati del calendario egiziano si aggiungono sempre più numerosi i sincronismi con gli altri paesi orientali e con la Grecia. Come generale schema cronologico è stato pertanto adoperato il seguente, che si fa man mano più sicuro con lo scendere verso le dinastie più recenti. Questo schema, tuttavia va confrontato con le più recenti proposte, che scaturiscono dalla ricerca di far concordare i dati egiziani con quelli forniti dal Medio Oriente, generalmente indicato come Oriente Antico (v. paragrafo seguente e tabelle a pagg. 558-59).
Età tinita: ca. 3000-2723; età memfita: ca. 2723-2242; primo periodo intermediario: ca. 2242-2000; Regno Medio: ca. 2000-1730; secondo periodo intermediario: ca. 1730-158o; Nuovo Regno: ca. 1580-1085 (XVIII din: 1580-1320; XIX din.: 1320-1200; XX din.: 1200-1085): Bassa Epoca: ca. 1085-332.
Bibl.: E. Meyer, Ägyptische Chronologie, Berlino 1904; R. Weill, Bases, méthodes et résultats de la chronologie égyptienne, Parigi 1925; O. Neugebauer, Die Bedeutungslosigkeit der "Sothis-periode" für die älteste ägyptische Chronologie, in Acta Orientalia, XVII, 1938, p. 169-95; id., The Origin of the Egyptian Calender, in Journ. Near Eastern Studies, I, 1942, p. 396-403; R. A. Parker, The Calendars of Ancient Egypt, Chicago 1950.
(S. Donadoni)
2. Oriente antico. - Sotto il nome di Oriente antico s'intende abitualmente la regione compresa tra l'Egitto e la Persia, in cui fioriscono tra il IV o III ed il I millennio a. C. le prime civiltà storiche. Due sono i perni nella ricostruzione cronologica di queste civiltà: l'Egitto e la Mesopotamia.
1) I fondamenti. - La cronologia orientale antica si fonda in primo luogo sui dati delle fonti storiche. Essi sono: a) le liste di re e di dinastie con gli anni rispettivi di regno (se ne hanno sia per l'Egitto sia per la Mesopotamia); b) le liste sincroniche di re, che indicano la contemporaneità di sovrani in stati diversi (se ne hanno in Mesopotamia sia per la Babilonia sia per l'Assiria); c) le cronache divise per anni, i quali vengono denominati da eventi importanti in essi verificatisi (in Babilonia) o da alti funzionari, eponimi (in Assiria); d) i dati cronologici desumibili qua e là dalle fonti. Questo complesso di indicazioni non è né così abbondante né così sicuro da fornire una cronologia solida dell'Oriente antico; inoltre, la cronologia che ne risulta è relativa, non assoluta: indica il numero degli anni dei re e delle dinastie, ma non quali furono questi anni. Per la fissazione della cronologia assoluta entra in funzione un'altra serie di dati, quelli dell'astronomia. Vi sono testi, scritti sotto determinati re ed in determinati anni del loro regno, che menzionano eventi astronomici: se questi eventi sono individuabili, la determinazione cronologica assoluta può aversi di conseguenza. Così le eclissi totali di sole menzionate nei testi mesopotamici consentono di stabilire date assolute lungo tutto il I millennio a. C.; nel mentre in Egitto i rilievi sull'elevazione eliaca della stella Sirio (Sothis) fissano con brevissimo margine di errore le date fino a tutto il II millennio a. C. Più addietro, le indicazioni astronomiche mancano o sono polivalenti: indicano cioè una serie di possibilità e non una possibilità soltanto. Un altro nuovissimo elemento di datazione assoluta è il metodo chimico del radiocarbonio, che nelle applicazioni fattene da W. F. Libby consente di risalire nel tempo fino a 20.000 o 30.000 anni or sono con un margine di errore di appena 200 anni, mentre nel perfezionamento annunciatone da J. A. Arnold dovrebbe permettere di risalire fino a 44.000 anni or sono con un margine di errore di 37: tuttavia l'applicazione del metodo all'Oriente antico è ancora allo stato iniziale. Un ultimo elemento per la determinazione della cronologia è la stratificazione archeologica, di per sè presa ed in comparazione da luogo a luogo. I dati archeologici, però, restano in limiti abbastanza ampî, non precisabili ulteriormente se non con il concorso di altri fattori.
2) La cronologia tradizionale. - Sulle basi predette, gli studî effettuati fino a circa un ventennio fa permettevano la fissazione di un sistema cronologico che, seppur scosso dalle scoperte recenti, costituisce tuttavia ancora il fondamento di ogni nuova ricostruzione. L'area più stabile era senza dubbio l'Egitto, dove, come si è rilevato, i dati astronomici combinati con quelli storici consentivano di fissare date assolute fino a tutto il II millennio, e più precisamente fino all'inizio del Medio Regno (2065). Incerte erano le date per il periodo precedente, in cui erano disponibili solo le liste di re e la stratificazione archeologica: si soleva fissare il I periodo intermediario al 2280-2065 e l'Antico Regno al 3192-2280, con una variante più elevata per la prima data (3300). Per la Mesopotamia, i dati astronomici non superavano il I millennio, e quelli storici ad essi combinati non consentivano di fissare date assolute oltre il 1400 a. C. Per la rimanente parte del Il millennio, ed ancor più per il III, gli elementi storici erano lacunosi, nel mentre un dato astronomico che si possedeva appariva polivalente: si trattava di alcune osservazioni sui movimenti del pianeta Venere riferite all'anno sesto del re Ammisaduqa, della I dinastia babilonese; il Kugler, calcolando tale anno, proponeva trattarsi del 1972-71, ma avvertiva che tale cifra avrebbe potuto alzarsi od abbassarsi di 56 o 64 anni, ovvero di un multiplo di questi numeri, stante il ripetersi periodico dei fenomeni indicati. Tra le varie soluzioni, la più diffusa era quella legata al nome di F. Thureau-Dangin, che poneva la I dinastia babilonese al 2105-1806, facendola coincidere approssimativamente con il Medio Regno egiziano. Il maggiore re della dinastia, Hammurapi, veniva datato al 2003-1960. In Assiria, il re Shamshi-Adad veniva posto più in basso nel tempo: il suo regno iniziava una ventina di anni dopo la morte di Hammurapi. Risalendo all'indietro, si proponevano, sulla base degli elementi storici relativi, le seguenti date: dinastie di Isin e Larsa, rispettivamente, 2237-2012 e 2237-1975; III dinastia di Ur 2328-2200; Gutei 2425-2300; dinastia di Akkad 2584-2787; I dinastia di Ur 2775-2604; periodo predinastico di Gemdet Naṣr e Mesilim 3200-2775 circa. Vista in prospettiva, la storia dell'antico Oriente presentava una corrispondenza tra l'Antico Regno egiziano e la formazione di quello mesopotamico, lentamente emergente dalle città-stato sumeriche e ricadente nell'occupazione gutea; nel mentre alla crisi del I periodo intermediario in Egitto corrispondeva in Mesopotamia quella del frazionamento in varie dinastie, morenti e nascenti (fine della III di Ur, inizio di quelle di Isin, Larsa, Babilonia I).
Tabella A
Tabella B
Tabella C
3) Gli sviluppi recenti. - Nell'ultimo ventennio, due fatti nuovi si sono verificati nelle conoscenze della cronologia orientale antica, entrambi nell'area mesopotamica. La prima novità è costituita dalla lista dei re assiri trovata a Khorsābād, i cui dati sono stati resi noti da A. Poebel nel 1942-43 e pubblicati da I. J. Gelb nel 1954. La lista, redatta sulla base di un elenco di eponimi, è la più completa che si possegga, e risale fino al III millennio: pur fornendo dati relativi essa consente così la saldatura dei dati assoluti, apportando loro un'integrazione notevolissima. Solo per due re del sec. XV mancano nella lista le date: calcolandone la durata media a venti anni, l'Albright ha fissato il regno di Shamshi-Adad al 1748-1716, mentre taluni hanno preferito risalire ancora di un decennio al 1758-1726. La seconda novità è costituita dai testi storici scoperti a Mari, i quali provano, senza possibilità di dubbio, che Shamshi-Adad non fu posteriore, ma contemporaneo a Hammurapi di Babilonia; ed anzi, che in questa contemporaneità Shamshi-Adad fu precedente, nel senso che, quando Hammurapi salì al trono, gli rimanevano soltanto pochi anni di regno. Combinando i dati di Mari con quelli della lista di Khorsābād, si giunge a porre il regno di Hammurapi negli anni 1728-1686. Questo abbassamento di quasi tre secoli rispetto alla cronologia tradizionale porta con sé un abbassamento di tutte le date precedenti: I dinastia babilonese 1830-1530; dinastie di Isin e Larsa rispettivamente 1969-1735 e 1960-1698; III dinastia di Ur 2050-1950; Gutei 2150-2050; dinastia di Akkad 2350-2150; I dinastia di Ur 2500-2350; periodo di Gemdet Nasr e Mesilim 2800-2500 circa. Da parte egiziana, la cronologia non subisce contraccolpi per il I e II millennio, stante la solidità dei dati astronomici. Per il III millennio, una revisione delle fonti storiche e dei sincronismi archeologici tra la cultura egiziana di Naqada II e quella mesopotamica di Gemdet Naṣr ha indotto parte degli egittologi ad una compressione delle date, per cui si propongono per il primo periodo intermediario quelle 2200-2065 e per l'Antico Regno quelle 2850-2200. Si accetti o no questa compressione, una modifica profonda interviene nella prospettiva storica dei rapporti tra Egitto e Mesopotamia a seguito dei nuovi dati: l'inizio della storia si sposta sensibilmente più in basso; al fiorire dell'Antico Regno egiziano viene a corrispondere un periodo minore della storia mesopotamica, dalle origini all'unificazione sotto la dinastia di Akkad; alla crisi del primo periodo intermediario corrisponde l'invasione dei Gutei; alla ripresa del Medio Regno fa riscontro il frazionamento della Mesopotamia in molteplici dinastie (III di Ur, Isin, Larsa, inizî della I babilonese); per converso, quando l'Egitto decade nel secondo periodo intermediario la Mesopotamia viene a trovarsi nel secolo di massima prosperità sotto Hammurapi. Sta qui la parte più significativa dell'alterazione nei rapporti; tra le fasi di fioritura e di crisi dei due grandi centri motori della storia orientale non risulta più un parallelismo, ma un'alternanza; quando i faraoni del Medio Regno si spingono fino all'alta Siria la Mesopotamia è in crisi, quando l'Egitto si ritira e decade Hammurapi prende l'iniziativa. Non si può negare che questa visione storica è assai più rispondente di quella passata alla verosimiglianza ed alle indicazioni delle fonti: la mancanza di notizie sull'Egitto nei testi relativi al tempo di Hammurapi trova in essa la sua migliore giustificazione.
4) Gli elementi di discussione. - La nuova cronologia, che va abitualmente sotto il nome di "corta", non è priva di difficoltà. In primo luogo, è la lista di Khorsābād su cui essa si basa pienamente attendibile? Nulla impedisce di pensare che, come altre liste in precedenza note, essa contenga degli errori: anzi qualcuno ne è stato con certezza individuato e corretto. Vi sono poi nella lista sei re (dal 420 al 470) per cui non è chiaro se si debba calcolare un solo anno complessivo di regno, ovvero un numero di anni imprecisato. Infine, qual'è la durata esatta dei due regni per cui mancano le indicazioni? Un'altra difficoltà della cronologia "corta" concerne la dinastia babilonese dei Cassiti. La lista detta "canone reale" attribuisce a questi 576 anni, e poichè la data finale è posta al 1171 quella iniziale risale al 1746: il che porterebbe i Cassiti prima dell'avvento al trono di Hammurapi, nel mentre essi sono posteriori. Questo problema non è risolubile se si accettano i 576 anni: perciò i sostenitori della cronologia "corta" sono costretti a ridurre questo periodo, e pur così facendo, debbono porre l'inizio dei Cassiti non dopo la I dinastia babilonese ma lungo il suo corso (circa il 1600). Una terza difficoltà è rappresentata dalla data finale della I dinastia babilonese, che secondo la cronologia "corta" risale al 1530 (o al massimo al 1550). La I dinastia babilonese finisce a seguito di una scorreria hittita, guidata da Murshili I: tra questo sovrano e Tutkhaliya, con cui intorno al 1450 rinasce l'impero hittita, verrebbero ad intercorrere appena 80 (o 100) anni, nei quali dovrebbero comprimersi ben nove regni, di cui alcuni certo non brevi, per sette generazioni; il che è molto difficile. Questa serie di difficoltà ha determinato negli ultimi anni un riesame della cronologia "corta" e la proposta di un suo arretramento almeno limitato, che porrebbe Hammurapi al 1792-1750 e farebbe spostare le altre date di conseguenza: I dinastia babilonese 1894-1595; dinastie di Isin e Larsa rispettivamente 2022-1797 e 2023-1761; III dinastia di Ur 2124-2016; Gutei 2256-2132; dinastia di Akkad 2467-2287; periodo complessivo da Gemdet Nasr ad Ur I 2800-2468. Tale cronologia, detta "media" e legata al nome di S. Smith, non contrasta radicalmente con alcun dato e risulta quindi, al momento presente, la più attendibile come ipotesi di lavoro, anche se non mancano tentativi di tornare ad una datazione ancora più alta (soprattutto quello recente di B. Landsberger). La cronologia "media", distaccandosi dalla "corta" di appena un sessantennio, non ne altera le conquiste di prospettiva storica. Sicché resta nella trasformata visione delle vicende orientali antiche il significato più notevole dei nuovi sviluppi nelle concezioni cronologiche. (Nella presente enciclopedia si è adottata la cronologia "corta" seguendo l'uso più diffuso nell'attuale fase degli studî orientali).
Si vedano a pagg. 958-959 gli specchi comparativi.
Bibl.: Studî recenti d'insieme: P. van der Meer, The Chronology of Ancient Western Asia and Egypt2, Leida 1955; S. Moscati, Nuovi aspetti della cronologia dell'Antico Oriente anteriore: relazione del X Congresso Internazionale di scienze Storiche, II, Firenze 1955, pp. 167-97. Sull'Egitto; R. Weill, Bases, méthodes et résultats de la chronologie égyptienne, Parigi 1925 (con dei Compléments, Parigi 1928); P. V. Neugebauer, Astronomische Chronologie, Berlino-Lipsia 1929; S. Schott, Altägyptische Festdaten, Wiesbaden 1950. Sulla Mesopotamia; F. Schmidtke, Der Aufbau der babylonischen Chronologie, Münster, West. 1952; A. Parot, Archéologie mésopotamienne. Technique et problèmes, Parigi 1953, pp. 332-451; B. Landsberger, Assyrische Königlisten und "Dunkles Zeitalter", in Journal of Cuneiform Studies, VIII, 1954, pp. 31-45, 47-73, 106-33; I. J. Gelb, Two Assyrian King Lists, in Journal of Near Eastern Studies, XIII, 1954, pp. 209-30; A. Poebel, The Second Dynasty of Isin According to a New King-List Tablet, Chicago 1955.
(S. Moscati)
C. - Grecia. L'anno è in generale designato presso i Greci dal nome di un funzionario civile o religioso che funge da epònimo: l'arconte ad Atene, l'èforo a Sparta, la sacerdotessa di Hera ad Argo, lo stefaneforo a Mileto e in varie altre città della lonia e della Caria (Magnesia al Meandro, Priene, Iaso, ecc.), il sacerdote di Halios a Rodi, lo stratego federale nelle leghe achea ed etolica, ecc. Dal sec. IV a. C. sino a tutta l'età imperiale non è infrequente il caso, particolarmente nelle città micrasiatiche o del Mar Nero, che talvolta l'eponimia sia conferita per un determinato anno a una divinità o a un eroe (numerosi esempi presso L. Robert, Hellenica, ii, p. 51 ss.). Tali liste di eponimi avevano inizio con date svariate: quella degli efori spartani, la più antica, si diceva prendesse le mosse dal 756 a. C.; quella degli arconti annui ateniesi col 683-2; quella dei sacerdoti di Halios a Rodi col 408-7, anno in cui, dal sinecismo delle tre città di Lindo, Camiro e Ialiso, si costituì lo stato rodio unitario. Ogni città aveva regolari elenchi di questi eponimi, registrati su pietra, e frammenti più o meno lunghi di tali liste ci sono pervenuti. Se per Atene possediamo solo un frammentino di lista per gli anni 527-6-522-1 (Hesperia, viii, 1939, p. 59 ss.), per Delo la lista degli arconti si ricostruisce con esattezza per il periodo dell'indipendenza isolana (326-168 a. C.) in base agli inventari dei templi e a frammenti di liste; per Mileto la lista degli stefanefori è completa per il periodo 525-4-260-59 a. C., e poi, con due grosse lacune, sino al 31-2 d. C.; per Rodi essa è completa dal 408-7 al 369-8 e poi dal 333-2 (o 327-6) al 300-299 (o 294-3). Tutte queste serie di eponimi sono per noi del più alto interesse: è chiaro infatti che ove possa appurarsi con certezza la esatta rispondenza di tali liste a una determinata serie di anni, vengono automaticamente datati tutti quei documenti (decreti, leggi, dediche, ecc.) che furono redatti sotto l'eponimia dell'uno o dell'altro funzionario elencato nella lista medesima. Solo per Atene la tradizione manoscritta ha conservato, tramite Diodoro Siculo, la lista completa degli arconti per il periodo 480-79-302-1 a. C.: invece la ricostruzione della lista degli arconti ateniesi per il III sec. a. C. e dopo, fondata su documenti epigrafici, è tuttora piena di incertezze. Non meno difficoltosa, malgrado l'abbondanza dei testi epigrafici, è la ricostruzione della lista degli arconti delfici.
In queste condizioni, possedendo ogni città una propria lista di eponimi, gli storici seguivano nelle loro opere un criterio annalistico, narrando cioè gli avvenimenti anno per anno e avendo come guida cronologica la successione degli eponimi della propria città: questo criterio, già usato dal logografo Carone negli Annali di Lampsaco e dagli scrittori di antichità ateniesi, aveva però gravi inconvenienti e già Tucidide (v, 20) ne aveva rilevato le gravi insufficienze. Esso inoltre imponeva di vedere lo svolgersi degli avvenimenti dal ristretto angolo di visuale cittadino, e non consentiva facilmente in siffatte cronache l'inserzione di avvenimenti, magari importanti, di città che seguivano un calendario diverso. Ma appunto la riduzione di date del calendario attico a date del calendario spartano, o argivo, o di qualunque altra città, era problema estremamente complicato: ciò non dipendeva tanto dall'essere diverso il nome dei mesi corrispondenti nei calendari delle varie città, bensì dal variaré della data d'inizio dell'anno ufficiale che era il solstizio d'estate per alcuni (Atene, Delo, Delfi, Epidauro, ecc.), l'equinozio d'autunno per altri (Macedonia, Rodi, Sparta, Etolia, ecc.), il dicembre per la Beozia, ecc. Sicché, anche quando furono adottate le ère seleucidica ed aziaca (v. oltre), tali difficoltà non poterono mai essere superate del tutto, e l'èra aziaca (che muoveva dal 2 settembre del 31 a. C.) cominciava, ad esempio, con l'anno 32-1 per i calendarî che vanno da un equinozio d'autunno a un altro (Macedonia, ecc.), e con l'anno 31-0 per quelli che vanno invece da un solstizio d'estate all'altro (Atene, ecc.); analogamente l'èra seleucidica cominciava nel 312-1 per i Macedoni, ma nel 311-o per gli orientali presso i quali vigeva il calendario babilonese che ha inizio a primavera col 1 Nisannu. A queste imprecisioni non poterono sottrarsi quei cronografi ellenistici i quali, come vedremo, adottarono il sistema misto "olimpico-attico" che consiste nel calcolare per olimpiadi di quattro anni, computando però gli anni del quadriennio in base agli arconti attici: qui l'errore è in ciò, che l'anno olimpico comincia in agosto, mentre quello attico comincia in luglio; analogo errore è quello di Polibio che praticamente identifica l'anno olimpico (agosto) con quello acheo (equinozio d'autunno).
Tuttavia, malgrado questo elemento di incertezza, sempre latente negli antichi computi cronologici, nell'età ellenistica si compirono, in questo campo, passi veramente decisivi. Sebbene il sistema annalistico non fosse mai ripudiato del tutto, gli venne preferito un sistema nuovo, che, non necessariamente legato alla cronologia di una determinata città, muovesse da un punto fisso, da un anno-base, da un "chiodo" cioè cui appendere la lunga maglia degli anni. Un primo sistema è quello della partenza "dal basso": anno-base è quello in cui viene redatta l'opera cronografica, e tutti gli avvenimenti sono datati a seconda della distanza che intercorre tra l'anno di partenza e quello dell'avvenimento da datare. Questo è il sistema del Marmo Pario (Jacoby, Die Fragmente d. Griech. Historiker, n. 239), redatto nel 264-3 a. C., ove gli avvenimenti sono datati con la formula: "dacché avvenne la tal cosa (sono trascorsi sino ad oggi) anni ...", per esempio "dacché morì Dionisio (I) di Sicilia e gli succedette nella tirannide il figlio Dionisio (II), anni 104 essendo arconte di Atene Nausigene", cioè 264-3 + 104 = 368-7 che è appunto l'anno della morte di Dionisio I e dell'arcontato di Nausigene. Questo tipo di computo dal basso, attestato ancora in età romana nel cosiddetto Chronicon Romanum (I. G., xiv, 1297 = Jacoby n. 252), fu però superato dal sistema che muove "dall'alto", cioè da una data più o meno remota assunta a punto di partenza del sistema cronologico. Tale data base fu quella della caduta di Troia che, fissata presuntivamente da Eratostene al 1184-3 a. C., finì, malgrado qualche dissenso (Timeo, 1194-3; Sosibio, 1172-1), con l'essere considerata canonica: l'autorità di Apollodoro di Atene (autore di Chronikà, che giungevano sino allo scorcio del II sec. a. C.) diede ulteriore conferma alla data eratostenica.
Ma una vera e propria èra dalla presa di Troia non esistette mai: se quella data costituì un eccellente punto di riferimento per tutti gli avvenimenti dell'età antichissima, per gli avvenimenti dell'età storica Eratostene introdusse il calcolo per Olimpiadi, fondato cioè sul regolare succedersi ogni quattro anni della massima festività panellenica: i giochi di Olimpia, celebrati la prima volta nel 776 a. C. In verità le olimpiadi erano già state usate sporadicamente come punto di riferimento cronologico da Hippys di Regio e Tucidide nel V sec. e da Filisto nel IV, ma non in modo coerente: Hippys (fr. 3 J) le designava col numero d'ordine e col nome del vincitore nella corsa dello stadio; Tucidide (v, 49) senza numero d'ordine e col nome del vincitore del pancrazio; Filisto (fr. 2 J) senza numero d'ordine e col nome del vincitore dello stadio. Di questi vincitori delle gare di Olimpia si redassero liste amplissime che comprendevano tutti i vincitori nelle gare per adulti, per fanciulli e nei concorsi ippici: primo a redigerne una era stato Ippia di Elide sullo scorcio del sec. V a. C., poi, in età ellenistica, Eratostene ed altri; in età romana Flegonte di Tralles (fino alla ol. 229 = 137 d. C.), Sesto Giulio Africano (sino alla ol. 249 = 217 d. C.: l'unica che ci sia pervenuta integralmente, sia pure limitata in massima ai soli vincitori nello stadio, tramite il Chronicon di Eusebio di Cesarea), Dexippo (fino all'ol. 262 = 269 d. C.). Di tali liste abbiamo alcuni frammenti su papiro (P. Oxyrh. 222, 2082, 2381, ecc.) che non sappiamo se possano attribuirsi all'uno o all'altro degli scrittori ora ricordati. Alcune di queste liste (come P. Oxyrh. 222 = Jacoby n. 415) sono pure e semplici liste di vincitori olimpici e quindi fine a se stesse; altre (come P. Oxyrh. 2082 = Jacoby n. 257 a) fanno parte di opere cronografiche vere e proprie in cui cioè la lista dei vincitori dell'olimpiade costituisce la premessa alla narrazione degli avvenimenti che si verificarono nel corso di quella olimpiade. In altri casi, come nel cosiddetto Chronicon Oxyrhynchium (P. Oxyrh. 12 = Jacoby n. 255), viene prima registrato il numero d'ordine dell'olimpiade col relativo vincitore dello stadio, poi i quattro arconti ateniesi successivamente in carica nel quadriennio olimpico, infine gli avvenimenti corrispondenti, volta per volta, agli anni dei quattro successivi arconti.
Il computo per olimpiadi, forse adottato da Timeo (fine IV-inizî III sec. a. C.), fu diffuso solo al tempo di Eratostene (seconda metà del III sec.), e fu largamente usato nel secolo successivo da Polibio. La prima attestazione epigrafica (Inschr. v. Magnesia, 16, ove, alla maniera di Tucidide, non si dà il nome del vincitore nello stadio, ma nel pancrazio) è dell'ol. 140 = 220 a. C.: col tempo prevalse l'uso di designare l'olimpiade col nome del vincitore nello stadio; se uno stesso atleta avesse vinto più volte la gara dello stadio in Olimpia, per precisare si aggiungeva anche il nome del vincitore in altra gara (per es. nel pugilato: così in una iscrizione di Teichiussa, Journ. Hell. St., xvi, 1896, p. 222 ss.).
La riduzione di una data olimpica al nostro sistema cronologico si attua moltiplicando il numero della olimpiade per quattro e sottraendo il prodotto da 780: per es. la olimpiade 109 corrisponde al 344 a. C. (109 × 4 = 436; 780-436 = 344); conseguentemente si computano anche gli anni infraolimpici: il terzo anno della ol. 109 (ol. 109, 3), corrisponde al 342. Ciò vale per le olimpiadi anteriori alla 195a (1 d. C.) in cui i cronografi cristiani collocarono la nascita di Cristo; per le olimpiadi successive alla 195 a la riduzione a date volgari si attua moltiplicando per quattro il numero della olimpiade, aggiungendo al prodotto il numero d'ordine dell'anno infraolimpico nella olimpiade in corso, e sottraendo dal numero così ottenuto 780: per es. il secondo anno della ol. 259 (ol. 259,2) è il 258 d. C. (259 × 4 = 1036 + 2 = 1038; 1038-780 = 258).
L'uso dell'èra olimpica tuttavia era più frequente nei libri che nella vita pratica: rarissimi, sono, fuori di Olimpia, i documenti datati con tale sistema. Frattanto, mentre nella Grecia propria non esisteva ancora nel III sec. a. C. un sistema cronologico praticamente accettato da tutti, nell'Asia Minore le dinastie greco-macedoni sorte dallo sfacelo dell'impero di Alessandro Magno erano riuscite a imporre, col calendario macedonico (che tuttavia non soppiantò i vecchi calendari locali in città di antica tradizione come Efeso, Mileto, Smirne, ecc.), ère particolari che muovevano dall'anno in cui il capostipite della dinastia aveva assunto il titolo regio o affermato il proprio potere: più nota e diffusa tra tutte l'èra seleucidica, che muove dal 312 a. C., data del ritorno di Seleuco I a Babilonia, e che ancora agli inizi del VII sec. d. C. si usava largamente in Siria, e sporadicamente qua e là anche più tardi. Tuttavia, malgrado la grande diffusione dell'èra seleucidica, il progressivo restringersi spaziale dell'impero dei Seleucidi fece sì che varie città che ad esso avevano appartenuto adottassero ère particolari che prendevano le mosse dalla "liberazione" dai Seleucidi: Arados dal 259, Tiro dal 126, Sidone dal 111, Laodicea e Berito dall'81, ecc. Dopo l'intervento romano si riscontra frequentemente in queste regioni l'uso dell'èra pompeiana (dal 64 a. C.) e cesariana (dal 48 a. C.). Tutte queste ère particolari sono attestate quasi esclusivamente dalle monete sino al III sec. d. C.
Tra le ère maggiormente in uso nell'Oriente si ricordino anche quella bitinica che, sebbene attestata più tardi, prendeva le mosse dal 298-7, anno in cui Zipoites riuscì ad affermare l'indipendenza della Bitinia. Altrove, come nei regni di Pergamo e di Egitto (ove accanto al macedonico era in uso anche il calendario indigeno, che poi prevalse in età romana) non si adottarono ère particolari, ma si computò il tempo in base agli anni di regno dei singoli sovrani. Ancora in Asia Minore, e per l'età romana, è attestato l'uso di un'èra sillana a partire dall'autunno 85-4 a. C., fine della prima guerra mitridatica e nuovo assetto della regione. Per la Grecia propria, dopo l'intervento romano, è attestato l'uso dell'èra macedonica (dal 148-7, data della costituzione della provincia romana), dell'èra acaica (dal 145-4), dell'èra aziaca (dal giorno della battaglia di Azio, 2 sett. 31 a. C.). Talvolta alcune di queste ère sono usate contemporaneamente, come è il caso di varie iscrizioni greche che recano la datazione secondo l'èra macedonica e quella aziaca.
D. - Roma. Nel paragrafo precedente sono stati esposti a grandi linee i sistemi cronologici usati dagli antichi Greci prima e dopo l'intervento romano. Quanto al sistema cronologico dei Romani, esso è assai più semplice, anche perché la cosiddetta èra ab urbe condita, se pure esistette, fu in realtà assai scarsamente usata ed è soprattutto di uso moderno: comunque la data della fondazione di Roma era collocata nel 751-0 da alcuni (Polibio, Q. Lutazio Catulo, Cornelio Nepote e forse anche Catone) e nel 754-3 da Attico e poi da Varrone che riuscì ad imporla con la sua grande autorità di erudito. In età repubblicana la data fu dai Romani indicata col nome della coppia consolare in carica: dei consoli si tenevano dai Romani, come già dai Greci per i loro eponimi, elenchi completi su pietra: ma i frammenti epigrafici di tali elenchi (Fasti), rinvenuti in varie località da cui trassero il nome (Fasti Anziati, Fasti Ostiensi, Fasti Capitolini, questi ultimi incisi nel 29 nei fornici dell'arco di Augusto nel Foro, e così detti perché i primi frammenti scoperti vennero da Michelangelo sistemati sul Campidoglio in una parete del Palazzo dei Conservatori), sebbene importantissimi, non ci consentirebbero la completa ricostruzione della lista dei consoli, conservata invece integralmente da tarde fonti letterarie (Cronografo del 354, Fasti Hydatiani, Chronicon Paschale). Nell'età imperiale, assieme alla datazione consolare, si afferma e prevale la datazione in base all'anno della tribunicia potestas imperiale, la quale, conferita ogni anno, corrisponde pertanto all'anno di regno dell'imperatore medesimo. Questo tipo di datazione si riscontra anche con una certa frequenza nelle iscrizioni greche delle regioni orientali dell'Impero romano. Non frequentissime, eppure in uso qua e là, le datazioni con ère provinciali di regioni occidentali (di Spagna, dal 1 genn: 38 a. C.; di Mauretania, dal 1 genn. 40 d. C.), o col nome dei governatori in carica nelle varie province.
Caratteristica del basso Impero e del primo Medioevo è la datazione per indizioni (ἰνδικτίων, indictio), introdotta da Diocleziano alla fine del III sec. d. C. e rimasta poi in uso assai a lungo e divenuta tipica nei computi cr0nologici ecclesiastici. Il calcolo per indizioni, che ha origini fiscali, è fondato su cicli di quindici anni (297-312; 313-327; ecc.) in cui ogni anno in seno al ciclo medesimo riceve una numerazione progressiva da uno a quindici: finito un ciclo ne comincia un secondo, senza tuttavia che questi cicli indizionali abbiano una numerazione progressiva. Giorno d'inizio dell'anno indizionale è il 1 sett. nell'indizione egizia, greca e costantinopolitana: tale datazione è anche attestata nei documenti pontifici sino allo scorcio del sec. XII. Ma, a prescindere da altri tipi di indizione meno correnti, nei documenti pontifici si adoperò dal IX sec., e poi esclusivamente dal XIV, la indizione romana (dal 25 dic., e, più frequentemente, dal 1 gennaio). Questo sistema è per noi quasi sempre inutilizzabile, poiché di regola ignoriamo di quale ciclo indizionale si tratti, o comunque l'anno d'inizio del ciclo stesso. Ma se si volesse trovare, a ritroso, l'indizione di un determinato anno di cui conosciamo la data volgare, si aggiunge alla data volgare 3, e si divide la somma per 15: il resto costituisce l'indizione dell'anno in esame. Per esempio, la indizione del 631 d. C. è 4 (631 + 3 = 634; 634 : 15 = 42, resto 4), il che significa che nel ciclo indizionale il 631 è il quarto anno; il resto o indica il 15° anno della indizione.
Si ricordi infine che l'èra volgare, cioè dalla nascita di Cristo, fu introdotta a quel che pare da Dionigi il Piccolo (Dionysius Exiguus) nel VI sec. con un errore di quattro anni circa, fissando la nascita di Cristo nell'anno 753 di Roma: ma il suo uso nei documenti imperiali e pontifici non è anteriore rispettivamente al IX e X secolo.
Bibl.: Ottima introduzione generale è quella di E. Bickermann, Chronologie, in A. Gercke-E. Norden, Einleitung in die Altertumswissenschaft, III, 5, Lipsia-Berlino 1933; più specifico e ricco di dati, ma oggi alquanto invecchiato, W. Kubitschek, in Pauly-Wissowa, I, 1893, cc. 606-666, s. v. Aera, con aggiornamenti; ibid., Suppl. III, 1918, cc. 24-30. Sulla lista degli arconti di Atene, Delo, Delfi, sugli stefanefori di Mileto, G. Klaffenbach, Griechische Epigraphik, Gottinga 1957, pp. 93-96, con bibliografia; per i sacerdoti di Halios a Rodi, L. Morricone, in Annuario Atene, XXVII-XXIX, 1949-51, pp. 351-380; la lista dei vincitori di Olimpia in L. Moretti, Olympionikai, in Mem. Acc. Lincei, ser. VIII, vol. VIII, 1957, pp. 55-198; per l'èra seleucidica, F. M. Abel, in Rev. Biblique, XLVII, 1938, pp. 198-213; per le ère indipendenti delle città della Siria: H. Seyrig, in Syria, XXVII, 1950, p. 5-50, e XXXI, 1954, pp. 73-80; per l'èra macedonica, M. N. Tod, in Studies Presented to D. M. Robinson, II, Saint Louis 1953, pp. 382-397; per l'èra acaica, S. Accame, Il dominio romano in Grecia, Roma 1946, p. 11-14: per quella di Azio: Tod e Accame, op. cit., inoltre A. J. Gossage, in Ann. Brit. School Athens, XLIX, 1954, p. 52 s.; per il sistema cronologico dei Romani, oltre Bickermann e Kubitschek, op. cit., v. R. Cagnat, Cours d'épigraphie latine, 4a ed., Parigi 1914, pp. 176-250 (per la lista cronologica degli imperatori romani con le rispettive potestà tribunicie, consolati, ecc.) e pp. 254-256 (per la datazione con diverso sitema delle epigrafi). La lista dei consoli romani, in A. Degrassi, Fasti consulares et triumphales, in Inscriptiones Italiae, XIII, I, Roma 1947 (e in editio minor, Fasti Capitolini, Torino 1954), e per l'età imperiale: A. Degrassi, I Fasti consolari dell'impero Romano dal 30 a. C. al 613 d. C., Roma 1952; inoltre la lista di tutti i magistrati romani di età repubblicana in T. R. S. Broughton, The Magistrates of the Roman Republic, I-II, New York 1951-52; per una tabelle delle indizioni: H. Lietzmann, Zeitrechnung, Berlino-Lipsia 1934, pp. 18-75.
(L. Moretti)