CROTONE (A. T., 27-28-29)
Città della provincia di Catanzaro, situata all'inizio del margine settentrionale della tozza penisola che tra il Neto e il Tacina si spinge nel Mare Ionio (v. marchesato). Il nome corrisponde, nella forma attuale, sostituita con r. decreto 13 dicembre 1928 a quella medievale di Cotrone, esattamente a quello della città della Magna Grecia (Κρότων), che ebbe la sua acropoli sull'altura (m. 43) occupata dalla parte più antica dell'odierno abitato, coronata da un poderoso castello, le cui mura orientali cadono a picco verso i due porti, l'antico, rivolto a mezzogiorno, e il nuovo (seconda metà del sec. XIX), rivolto a settentrione e più ampio. La parte più moderna della città si stende in piano alle falde occidentali dell'altura, con ampie piazze e bei palazzi, e raggiunge con un viale alberato la stazione delle Ferrovie dello stato (linea Metaponto-Reggio), posta sulla sinistra del fiume Esaro, che sbocca nello Ionio un km. circa a N. della città. C. nel 1921 contava 8588 ab., nel 1930 ne aveva circa 15.000. L'accrescimento è dovuto in parte notevole al carattere di centro di grande industria, unico in Calabria, assunto dalla città in seguito al sorgere (1925) di alcuni grandi opifici facenti capo alla Società Montecatini e alla Società mineraria e metallurgica di Pertusola e radunati in un apposito quartiere industriale posto al di là dell'Esaro, nei quali viene sfruttata l'energia elettrica dei primi impianti silani per la produzione del solfato ammonico e di superfosfato e acido solforico e per l'estrazione di zinco da minerali sardi. In relazione con lo sviluppo di queste industrie si stanno facendo lavori d'ingrandimento e di sistemazione dei due porti e specialmente del nuovo. Il movimento portuario di Crotone, che nel 1925 era il seguente: merci arrivate, tonn. 21.759, partite 6187, salì nel 1929 rispettivamente a 112.202 e 37.576. Crotone è anche capolinea di una ferrovia complementare in costruzione per S. Giovanni in Fiore e Cosenza, già in esercizio sino a Petilia Policastro (1930).
Crotone è mercato assai importante dei prodotti caratteristici del Marchesato e della Sila, cioè cereali e latticinî. La superficie territoriale del comune è di kmq. 183,90, la superficie agraria è di ha. 16.572. Le coltivazioni prevalenti sono il frumento e l'olivo. La popolazione del comune era nel 1815 di 8932 ab., nel 1861 di 7168, nel 1881 di 9649, nel 1901 di 9545 e nel 1921 di 11.780 (presenti di fatto), dei quali 9722 accentrati e 2058 sparsi. Nel 1929 era calcolata a 20.970 ab. Il comune ha quattro frazioni, delle quali due, Esaro e Capocolonna, con sola popolazione sparsa (nel 1921 rispettivamente 1477 e 224), Papanice con popolazione accentrata (1044) e sparsa (357), Apriglianello con sola popolazione accentrata (90). Crotone è sede di diocesi vescovile suffraganea di Reggio Calabria.
Monumenti. - Il duomo, a tre navate, in cui si trova l'interessante cappella di S. Maria di Capocolonna, è tipico dell'eclettismo ottocentesco, con discreti dipinti dei napoletani G. Boschetto, G. Severini e F. De Falco (sec. XIX) e la tavola bizantina della Madonna. Del sec. XVII sono una buona tela napoletana col Martirio di S. Dionisio, primo vescovo della città, e gli stalli corali. Il valente scultore del coro di Montecassino, Nicola Furno (sec. XVIII), scolpì statue lignee per la chiesa di S. Giuseppe, di cui è anche interessante la facciata barocca dovuta a umile e intelligente maestranza locale. Sul posto dell'antica necropoli sorge il castello, ingrandito sontuosamente (1541) da Don Pedro di Toledo coi materiali di antichi edifizî. Nel Museo civico sono notevoli una raccolta litica e un frammento di grande pithos ionico a rilievo (VI sec. a. C.) col mito di Eracle e Folo proveniente dalla regione di Sibari.
A Capocolonna, il promontorio Lacinio degli antichi, resiste tuttora al tempo una delle 48 colonne doriche del santuario di Era Lacinia (v. appresso).
Bibl.: F. Caivano, Storia crotoniana preceduta da un cenno sulla Magna Grecia, Napoli 1872; Fr. V. Duhn, Antichità greche di Crotone ecc., in Not. degli scavi, 1897, pp. 343-60; H. W. Schulz, Denkmäler der Kunst des Mittelalters in Unteritalien, Dresda 1860, I, p. 6.
Storia. - Antichità. - Crotone fu colonia greca della Magna Grecia. Per quanto sia difficile ricostruire, attraverso i dati tardi e in gran parte leggendarî degli storici antichi, la verità storica, tuttavia da ciò che sappiamo della città e delle sue istituzioni in tempi p0steriori sembra lecito concludere che Crotone, fondata da coloni provenienti da varie regioni della Grecia, ma specialmente da Achei e da Corinzî già stabiliti nell'isola. di Corcira, divenne presto città prevalentemente achea, e subì l'influsso dell'achea Sibari sua potente vicina.
Fondata, secondo le diverse tradizioni, nel 743 o nel 708 a. C., e in realtà, in base alle conclusioni dell'odierna critica storica, intorno alla metà del sec. VIII a. C., la nuova città fu presto minacciata, da nord, dalla crescente potenza di Sibari, di pochi anni anteriore; da sud, dal sorgere di Locri. Nel corso del sec. VII è pertanto da credere che Crotone abbia dovuto adattarsi a subire il predominio di Sibari; il che peraltro non le impedì (anzi forse talora le facilitò) di allargare il proprio territorio, verso settentrione nella Sila fino al fiume Traente, verso mezzogiorno sulla costa-calabrese, ove occupava o fondava, a difesa contro Locri, le città di Scillezio e Caulonia.
Ma la potenza di Sibari s'imponeva tuttavia a tutti gl'Italioti; onde Crotone non poté rifiutarsi di aderire a quella Lega achea che Sibari costituì con essa e con Metaponto a danno della doviziosa città di Siri. La guerra, che finì con la distruzione di Siri e la presa di possesso del suo territorio da parte di Sibari e di Metaponto, non portò particolari vantaggi territoriali a Crotone, la quale dové invece affrontare, presso a poco negli stessi anni, l'inevitabile conflitto con Locri. In questa guerra Crotone, militarmente impreparata, fu sconfitta nella famosa battaglia combattutasi presso il fiume Sagra. Tutti questi fatti sarebbero accaduti fra il 530 e il 520 circa a. C., o, come qualche critico ritiene (Ciaceri), nella prima metà del sec. VI. È certo in ogni modo che, negli anni immediatamente posteriori alla sconfitta subita alla Sagra, si manifestò in Crotone una vigorosa rinascita, così militare e politica come spirituale e morale; e altrettanto certo è che codesta mirabile restaurazione delle forze crotoniati si dové essenzialmente all'influsso esercitato da Pitagora.
Pitagora, venuto a prendere dimora a Crotone intorno al 530 a. C., iniziò tosto la propaganda delle sue dottrine, raccogliendo intorno a sé una numerosa e potente associazione di fedeli seguaci, reclutati fra le classi più elevate della cittadinanza, arbitre del governo della città, ordinata allora a repubblica oligarchica. Il movimento pitagorico si trasformò anzi ben presto da religioso e scientifico in politico e divenne, nelle mani del partito oligarchico, strumento di dominio all'interno e di imperialismo all'esterno; di ciò non fu soddisfatto il filosofo di Samo, che, dopo un soggiorno di circa venti anni in Crotone, l'abbandonò per recarsi a Metaponto. Ma ormai il seme gettato dava i suoi frutti. Ben presto i Crotoniati si sentirono abbastanza forti da tentar di sostituire la propria all'egemonia dei Sibariti nella Magna Grecia; Sibari, infiacchita dalla soverchia prosperità e politicamente indebolita dal sorgere di una numerosa classe borghese agitante idee demagogiche contro il debole governo aristocratico, non poté reggere all'urto della gagliarda rivale. Nel 510 a. C., i Crotoniati, con numeroso esercito comandato dal celebre atleta Milone, dopo aver annientato in campo aperto le forze dei Sibariti, espugnarono e distrussero la grande città. Con questa splendida vittoria, Crotone diventava la prima città della Magna Grecia: non soltanto il vasto e ricchissimo territorio di Sibari veniva incorporato nello stato crotoniate, ma anche la maggior parte delle città italiote del Bruzio furono indotte a riconoscere la supremazia di Crotone.
È questa l'epoca della maggior floridezza della città; distrutta Sibari, a cui la tradizione attribuisce cifre iperboliche di cittadini (centinaia di migliaia), Crotone restava la città più popolosa della Magna Grecia: alla battaglia della Sagra, il suo esercito avrebbe contato 130 o 120 mila uomini, 100 mila quello inviato contro Sibari; parecchi dei cittadini suoi furono allora illustri nel mondo greco, sia riuscendo ripetutamente vincitori nelle gare di Olimpia, grazie all'ardore con cui si coltivavano in Crotone gli esercizî ginnici (si ricordi l'atleta Milone e il bellissimo figlio di Butacide, di cui parla Erodoto, V, 47), sia emergendo nell'uno o nell'altro ramo della scienza, e specialmente nella medicina (si ricordino i medici Democede, genero di Milone, e Alcmeone). Anche la bellezza delle donne crotoniati era famosa. A circa 25 km. dalla città sorgeva, sul promontorio Lacinio, il santuario di Era Lacinia, grandioso complesso di edifici, protetti da una cinta fortificata (descritto da Strab., VI, 262, e da Livio, XXIV, 3, 3), centro di culto per tutte le città italiote, che si facevano rappresentare alle feste periodiche celebrate in onore della dea.
Questo straordinario splendore fu però di breve durata; intorno alla metà del sec. V si ebbero nella città gravi torbidi politici, provocati da una rivolta dell'elemento democratico contro il governo aristocratico e conservatore dei pitagorici: rovesciato questo, cacciati dalla città i rappresentanti della setta pitagorica, Crotone decadde rapidamente dalla sua posizione di predominio sulle altre città italiote, mentre, di lì a pochi anni (445 a. C.), l'impresa ateniese della fondazione della colonia panellenica di Turî le toglieva gran parte dell'antico territorio sibarita. Per parare la minaccia rappresentata dal crescere della potenza di Turî, fu costituita, da parte di Crotone insieme con Sibari sul Traente e con Caulonia, una seconda lega achea, alla quale poi finirono per aderire quasi tutte le altre colonie della Magna Grecia, trasformandola così in Lega italiota. Il principale assunto di questa lega fu la difesa del pericolante ellenismo d'Occidente contro le nuove e vigorose popolazioni italiche, che premevano in direzione della costa: Lucani e Bruzî (circa 400 a. C.).
Nell'anno 390, la Lega italiota venne in guerra con Dionisio, tiranno di Siracusa, che aveva attaccato Reggio: Reggio fu abbandonata, dopo pochi anni di guerra, alla sua sorte, e la lega fece pace con Dionisio; ma Crotone dové rinunciare al possesso di Scillezio. Qualche tempo più tardi (378 a. C.), in occasione di una guerra con Cartagine, Dionisio fece occupare da un suo presidio l'acropoli di Crotone, che aveva tenuto nella guerra un contegno favorevole ai Cartaginesi: in questo frangente, il tiranno di Siracusa, per far fronte alle spese della guerra, fece spogliare di gran parte dei suoi tesori il santuario di Era Lacinia. Il presidio non fu ritirato che una ventina d'anni più tardi, da Dionisio II.
Da questo momento in poi, l'esistenza di Crotone, come del resto quella di tutte le colonie greche della Lucania e del Bruzio, fu di giorno in giorno sempre più minacciata, dai Lucani prima, dai Bruzî poi. Verso il 321 a. C., la città fu difesa da un esercito siracusano; ma nel 296, mentre era al governo il tiranno Menedemo, fu assoggettata da Agatocle, signore di Siracusa. Riacquistata l'indipendenza nel 289 a. C., alla morte di Agatocle, chiese ed ottenne, contro la minaccia dei Bruzî, l'aiuto dei Romani. Non poco ebbe a soffrire durante la guerra di Pirro; nel 277 fu definitivamente conquistata e presidiata da Roma. Nel corso della seconda guerra punica, dopo la battaglia di Canne, passò ad Annibale e di lì questi s'imbarcò per ritornare in Africa, nel 203, dopo avere inciso in una epigrafe nel tempio di Era Lacinia il ricordo delle gesta compiute in Italia. Nel 194 vi fu dedotta una colonia romana; ma la città aveva ormai perduto ogni importanza.
Bibl.: L. Grimaldi, Studi archeologici sulla Calabria, ultra seconda, Napoli 1845; R. Grosser, Gschichte und Alterthümer der Stadt Kroton, Minden 1866-1867; F. Caivano-Schipano, Storia crotoniata, Napoli 1872; Philipp, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, coll. 2020-2026; A. B. Krische, De societate a Pythagora in urbe Crotoniatarum condita, Gottinga 1830; A. Gianola, Il sodalizio pitagorico di Crotone, Bologna 1904; E. Pais, Storia della Sicilia e della Magna Grecia, Torino 1894, p. 191 segg.; G. Giannelli, Culti e miti della Magna Grecia, Firenze 1924, p. 154 segg., 308 segg.; id., La Magna Grecia da Pitagora a Pirro, parte 1ª, Milano 1928; E. Ciaceri, Storia della Magna Grecia, I, 2ª ed., e II, Città di Castello 1928, specialmente I, p. 142 segg.
Medioevo ed Età moderna. - Pur decaduta dall'antica potenza, Crotone conservò una certa importanza nel Medioevo grazie alla sua posizione strategica. I Bizantini fecero della città, che aveva sofferto per l'invasione longobarda, una piazza forte, e dei suoi vescovi spesso si servirono come intermediarî col mondo politico e religioso occidentale. Assediata dai Saraceni, molestata dai Normanni, risorse economicamente sotto Ruggiero II. Più tardi Federico II ne restaurò le mura e il porto. Nel 1284 Carlo d'Angiò concesse Crotone a Pietro (II) Ruffo, conte di Catanzaro. Sotto gli Angioini, i Ruffo estesero la loro dominazione sull'ampio territorio crotonese, che si disse per antonomasia il Marchesato. Di qui lo sviluppo dell'economia cotronese nel Trecento. Sbocco d'una fertile contrada, mercato dei prodotti della Sila e scalo marittimo frequentato da navi del regno e straniere, specialmente di Veneziani, la città vide prosperare un danaroso ceto di commercianti, con larghe clientele nel popolo. Consapevoli della loro potenza e non disposti a tollerare soprusi, questi contesero aspramente il governo municipale al patriziato, che, ricco di censo, attentava spesso alle Consuetudini cittadine. Fino al 1444 Crotone stette sotto la signoria dei Ruffo, salvo un breve periodo in cui, tolta al ribelle Niccolò, fu data al condottiero di ventura Pietro Paolo da Viterbo (1404). In seguito alla ribellione di Antonio Centeglia, marito di Enrichetta, ultima erede di casa Ruffo, Alfonso d'Aragona incamerò la città nel demanio dello stato. Ed essa vi restò fino a quando Carlo VIII la diede, per breve tempo, al francese Guglielmo di Poitiers. Alfonso, Ferdinando I d'Aragona e più tardi Carlo V, per premiarla della sua fedeltà, le concessero amplissimi privilegi.
Ma per tutto il secolo XVI e XVII Crotone fu dilaniata da acerrime lotte intestine. Ne patirono il commercio e la produzione, contro cui tese insidie anche la malaria, sprigionantesi dalle foci del Silaro: al tempo di Carlo III il porto era quasi distrutto. Gli odî e le fazioni s'inasprirono con la comparsa dei Francesi nel Napoletano nel 1799: nobili e signorotti si atteggiarono a borbonici; contro di loro si volsero i borghesi, professionisti e commercianti, che, iscritti alla Massoneria, approfittarono dell'approdo a Crotone di una nave francese proveniente dall'Egitto per democratizzare la città e impadronirsi del castello. Assaliti nel marzo del '99 dalle bande del card. Ruffo, i repubblicani, che avevano valorosamente resistito, consegnarono la città, che fu saccheggiata dai sanfedisti uniti alla plebe cittadina. Nel 1806 fu presa e taglieggiata, prima dagl'Inglesi, poi dai Francesi. Le lotte per il Risorgimento assunsero in Crotone un colorito locale, sulla base dei preesistenti conflitti di classe.
Bibl.: G. B. di Nola-Molisi, Cronica dell'antichissima e nobilissima città di Crotone, Napoli 1649; R. Caggese, Roberto d'Angiò e i suoi tempi, Firenze 1922; D. Zangari, Capitoli e grazie concessi dagli Aragonesi al vescovo e all'università di Crotone durante il secolo XV, Napoli 1923; G. Romano, Bricciche di storia calabrese, Messina 1899; L. Volpicella, Epistolario ufficiale del governatore Lorenzo Cenami (sec. XVII), in Arch. st. d. Cal., I (1913); V. Ruffo, Niccolò Ruffo di Calabria, Mileto 1917; R. Zeno, Le consuetudini di Crotone, in Riv. stor. cal., XIV (1903); A. Lucifero, Il 1799 nel regno di Napoli in generale e in Crotone in particolare, Crotone 1910; id., Crotone dal 1800 al 1808, ivi 1922; P. Pieri, Ancora di Crotone nel 1799, Napoli 1923.