Cuba
Socialismo ai Tropici
L'isola del rum, della canna da zucchero, delle piantagioni, delle vacanze economiche, della musica afrocubana, di Fidel Castro e Che Guevara... Cuba è, però, anche di più: è un esempio, nel bene e nel male, dei profondi segni della colonizzazione e di quanto la ricerca di libertà e giustizia possa essere faticosa, difficile e contraddittoria
All'entrata del Golfo del Messico, Cuba è la più grande e occidentale delle Grandi Antille. Il suo territorio comprende anche oltre 1.500 isole minori.
L'isola è costituita da una lunga pianura, dominata da montagne a ovest e a est (Sierra Maestra, con la vetta più elevata, il Pico Turquino, 1.972 m), e ha coste perlopiù sabbiose e paludose e ricche di baie.
Il clima è tropicale, ma è mitigato dal mare e dai venti freddi da nord: è caldo e umido, con temperature costanti e non eccessive; la stagione delle piogge va da aprile a ottobre, quando spesso le coste meridionali sono colpite da violenti cicloni.
La popolazione si concentra nelle aree urbane (più del 70%): la capitale, L'Avana, accoglie quasi 2.200.000 abitanti. Importante è anche Santiago de Cuba. Per ridurre l'immigrazione verso le grandi città, dagli anni Sessanta è stata sviluppata una serie di città medie (50÷100.000 abitanti). Negri e mulatti, discendenti degli schiavi africani, costituiscono quasi i due terzi della popolazione.
Dopo la riforma agraria avviata da Fidel Castro, l'agricoltura cubana ha conosciuto una certa varietà di coltivazioni; il principale prodotto resta comunque lo zucchero, di cui Cuba è il maggiore esportatore mondiale; importanti anche il tabacco (i famosi sigari Avana), il caffè e la frutta tropicale. Gran parte degli operai è impiegata in zuccherifici, distillerie di rum e nella lavorazione del tabacco. Il paese è anche un grande esportatore di nichel. Di recente, infine, Cuba è tornata a essere una meta turistica importante.
La popolazione originaria di Cuba scomparve poco dopo che Cristoforo Colombo scoprì l'isola nel 1492. Le malattie degli Spagnoli (anche non gravi, come il morbillo) erano mortali per gli indigeni, che non avevano anticorpi appropriati; ma, soprattutto, i colonizzatori li obbligarono a un feroce lavoro forzato: già nel 1524 si rese necessario importare schiavi per rimpiazzare gli Amerindi.
Le terre appartenevano ai latifondisti creoli, discendenti dei primi coloni, che dipendevano dall'esportazione dello zucchero, controllata da mercanti spagnoli. L'ostilità fra i due gruppi rallentò il processo di indipendenza. Dopo varie rivolte e guerre civili (in una di queste morì nel 1895 l'eroe nazionale José Martí), e l'abolizione della schiavitù soltanto nel 1886, nel 1898 gli Stati Uniti occuparono l'isola.
Nel 1902 Cuba diventò indipendente sotto protettorato statunitense. Imprese statunitensi controllavano piantagioni e zuccherifici, ma lo zucchero subiva gli alti e bassi del mercato internazionale: l'economia cubana continuava a dipendere dall'esterno e gli squilibri sociali erano fortissimi. Contro questa situazione, Fidel Castro nel 1959 guidò un'insurrezione, suddivise i latifondi, nazionalizzò le imprese e instaurò un regime socialista. La sua politica fu contrastata dagli Stati Uniti e da un'opposizione interna duramente repressa, e fu appoggiata invece dall'Unione Sovietica. Verso la fine del 20° secolo il regime ha tentato di attenuare i contrasti interni e internazionali, ma senza garantire le libertà tipiche degli Stati democratici né uno sviluppo economico solido, malgrado buoni risultati nelle politiche sociali, specie nella sanità e nell'istruzione.