Cuba
(XII, p. 59; App. I, p. 491; II, i, p. 736; III, i, p. 457; IV, i, p. 556; V, i, p. 781)
Geografia umana ed economica
di Elio Manzi
Popolazione
C. continua a rappresentare una realtà per molti versi atipica nel contesto caribico e latino-americano: a fronte dei buoni livelli raggiunti da alcuni indicatori sociali (in particolare nei campi dell'istruzione e della sanità) permangono gravi problemi d'ordine economico (v. oltre), nonostante le timide riforme intraprese nella prima metà degli anni Novanta.
Grazie a un regime demografico a basso incremento (tasso di accrescimento medio annuo 8‰) la popolazione cubana è cresciuta moderatamente negli ultimi anni, attestandosi a poco più di 11,1 milioni di unità (1998), un aumento contenuto anche dal flusso migratorio verso gli Stati Uniti.
La distribuzione della popolazione è stata orientata dalla politica governativa, che ha sostenuto la colonizzazione agraria e lo sviluppo armonico dell'armatura urbana, cosicché il carattere prevalente delle migrazioni interne è stato di tipo rurale-rurale; la popolazione urbana, pari al 76%, cresce con moderazione e si concentra per un quinto circa nella capitale. L'Avana (2.241.000 ab. nel 1995) è di gran lunga la più grande città del paese: infatti, la rete urbana, di eredità coloniale, si articola su una costellazione di città medio-piccole, fra cui spiccano Santiago de Cuba, principale porto sul Mar Caribico, Camagüey e Santa Clara, principale centro dell'industria saccarifera.
Gli anni Novanta non hanno risolto la situazione di crisi in cui il paese versa sin dal decennio precedente, un'emergenza scatenata dalla caduta del prezzo dello zucchero, principale risorsa di C., e alimentata dai contraccolpi derivanti dalla dissoluzione dell'URSS, suo principale partner commerciale, nonché dal pesante embargo attuato stabilmente dagli Stati Uniti e dalle sanzioni aggiuntive (abrogate nel 1998). Dal 1991 Mosca ha interrotto le forniture di petrolio a prezzo calmierato, con conseguenze disastrose per la produzione industriale cubana, drasticamente ridotta per mancanza di risorse energetiche, e la stessa sorte è toccata, di riflesso, alle esportazioni; nei primi anni Novanta, poi, i prodotti d'esportazione, specie canna da zucchero e tabacco, sono fortemente diminuiti, e di conseguenza il PIL pro capite (di cui peraltro le fonti internazionali non forniscono il valore attuale né i dati necessari per calcolarlo) ha subito una costante e, talora, drastica flessione. Tutto questo ha avuto pesanti ripercussioni sul tenore di vita della popolazione, costretta ad affrontare i notevoli problemi posti dall'insufficienza di cibo e di altri beni di prima necessità (elettricità, farmaci, carburante). Si è, inoltre, incrementato enormemente il mercato nero e altrettanta espansione hanno avuto fenomeni di degrado sociale, come la prostituzione, alimentata in particolare dal crescente sviluppo del turismo, l'unica attività economica che ha mostrato una forte espansione negli ultimi anni, un vero e proprio boom che ha portato fra il 1990 e il 1994 a raddoppiare le presenze nell'isola. Questo fenomeno ha, ovviamente, comportato una crescita esponenziale delle infrastrutture turistiche, realizzate molto spesso con capitali stranieri, con interventi in molti casi disastrosi sul patrimonio paesistico e ambientale di Cuba. Recentemente un piano 'ecologico' è stato varato dal governo per porre un freno alla speculazione edilizia che ha già pesantemente alterato i valori paesaggistici della costa.
Il governo, pressato dalla disastrosa situazione economica, è stato costretto a legalizzare il possesso di dollari (1993), che attualmente costituiscono la 'seconda moneta' cubana, nonché a consentire investimenti di capitali stranieri. Così sono sorte numerosissime joint ventures in ambito turistico, nel settore minerario e in quello vitale dello zucchero. L'altra concessione governativa, la possibilità di avviare attività commerciali, artigianali e di servizio a conduzione privata, ha favorito il proliferare di piccole imprese familiari. Si sono avviate, inoltre, la razionalizzazione degli apparati statali, con la riduzione degli impiegati nella pubblica amministrazione, nonché riforme monetarie e fiscali; è stato ridimensionato il ruolo assistenziale dello Stato, ormai insostenibile data la difficile situazione finanziaria, e sul versante del commercio estero vi sono state notevoli aperture verso altri paesi latino-americani. La situazione di crisi fra C. e Stati Uniti è culminata nel 1994, quando il governo ha lasciato via libera ai molti Cubani che tentavano di abbandonare il paese alla volta della vicina Florida; in seguito la questione dell'immigrazione negli Stati Uniti è stata in qualche modo regolata da un accordo fra i due governi (v. oltre: Storia).
Il timido processo di liberalizzazione iniziato qualche anno fa ha subito una battuta d'arresto, giacché il governo ha varato alcune leggi che, limitando la libertà di movimento dei Cubani all'interno dell'isola, contrastano in parte con le microriforme economiche emanate a favore della piccola imprenditoria privata.
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Storia
di Alfredo Romeo
Isolato sul piano internazionale, colpito dalla peggior crisi economica della sua storia dopo il crollo dell'Unione Sovietica, suo principale alleato e partner commerciale, soggetto da oltre trent'anni a un rigido embargo statunitense, che impedisce persino la vendita di generi alimentari e medicinali, il regime guidato dal 1959 da F. Castro ha retto, nonostante le previsioni di quanti ne avevano pronosticato l'imminente caduta sin dalla fine del 1991. Pur rifiutando di concedere qualsiasi riforma significativa sul piano politico (quello comunista rimane l'unico partito legale e ogni forma di dissenso interno è soggetta a una dura repressione), il governo cubano è riuscito infatti a mantenere un livello di consenso relativamente alto, frutto delle conquiste sociali realizzate dalla rivoluzione (tra le altre, un livello di scolarizzazione sconosciuto al resto dell'America Latina e un servizio sanitario completamente gratuito).
La dissoluzione dell'URSS (dicembre 1991) ebbe conseguenze disastrose per la già debole economia dell'isola caribica; la mancata applicazione da parte di Mosca degli accordi relativi alle forniture di petrolio siglati nel 1990 creò problemi di approvvigionamento di combustibile, con effetti paralizzanti sul sistema dei trasporti e sulle attività industriali del paese, le cui capacità di esportazione risultarono fortemente penalizzate. Nuove restrizioni all'erogazione di energia elettrica per usi domestici e ulteriori drastici razionamenti dei generi di prima necessità vennero ad aggiungersi a quelli imposti dal governo a partire dal settembre 1990, quando era stato proclamato l'inizio di un período especial en tiempos de paz, costringendo la popolazione a ricorrere in misura sempre maggiore al mercato nero, di fatto tollerato dalle autorità. La risposta di Castro all'aggravarsi della crisi si limitò inizialmente a poche riforme di portata alquanto limitata, volte a diversificare un'economia ancora troppo dipendente dalla monocoltura dello zucchero e a inserirla gradualmente nel mercato mondiale, senza però intaccare la natura socialista del regime. Ancora meno significative furono le iniziative assunte dal regime sul piano politico per contenere il crescente malcontento popolare dovuto alla drammatica situazione economica.
Nel luglio 1992 alcuni emendamenti costituzionali recepirono le più rilevanti decisioni adottate nell'ottobre precedente dal quarto congresso del Partido Comunista de Cuba (PCC): tra l'altro, fu proibita ogni discriminazione per motivi religiosi, consentendo anche ai credenti di iscriversi al partito unico, e fu autorizzata l'elezione diretta dei membri dell'Assemblea nazionale. Condannato per il mancato rispetto dei diritti dell'uomo da una risoluzione dell'apposita commissione delle Nazioni Unite (marzo 1992), il regime continuò a reprimere ogni forma di dissenso, che poté esprimersi in occasione delle elezioni municipali del dicembre 1992 solo attraverso una percentuale di schede bianche o nulle stimata intorno al 15%. Il ricorso alla mobilitazione nazionalista e l'appello alla difesa delle conquiste sociali della rivoluzione dalle interferenze straniere rappresentavano tuttavia parole d'ordine ancora in grado di garantire al governo un consenso relativamente elevato; in questo il regime fu aiutato dall'ostinazione di Washington nel mantenere contro l'isola un rigido embargo commerciale, ulteriormente rafforzato a partire dall'ottobre 1992, quando il Congresso statunitense adottò il Cuban Democracy Act. Detta anche legge Torricelli, dal nome del senatore proponente, la legge estendeva il divieto di commerciare con l'isola alle imprese estere consociate ad aziende statunitensi; per i suoi effetti extraterritoriali e per il fatto che minacciava soprattutto le importazioni cubane di generi alimentari, tale misura fu aspramente contestata dalla UE, condannata dall'Assemblea generale dell'ONU, col solo voto contrario di Stati Uniti, Israele e Romania (novembre 1992), e criticata anche dalla Conferenza dei vescovi cattolici cubani.
Nel febbraio 1993 si tennero le elezioni per il rinnovo dell'Assemblea nazionale (per la prima volta col suffragio diretto, ma ancora riservate esclusivamente a candidati selezionati dal PCC), che il mese successivo confermò all'unanimità, nelle rispettive cariche di presidente e primo vicepresidente del Consiglio di Stato, Fidel Castro e suo fratello Raúl. Mentre veniva avviata la ristrutturazione del settore pubblico, nuove riforme economiche furono annunciate dal líder máximo nel luglio 1993: al fine di attrarre valuta pregiata, favorire l'aumento delle rimesse degli emigrati e arginare la diffusione del mercato nero, Castro annunciò la fine del trentennale divieto di detenere valuta estera (ai cubani fu permesso di spendere tale valuta in speciali esercizi commerciali, in precedenza riservati a turisti e diplomatici). Nel settembre 1993 un decreto legalizzò la costituzione di imprese individuali per un centinaio di categorie di lavoratori, soggette a una tassazione mensile predeterminata (tra gli altri, conduttori di taxi, parrucchieri, meccanici, programmatori di computer ecc.), e dispose la trasformazione in cooperative delle fattorie di Stato; un anno dopo ai contadini fu concesso di vendere liberamente le eccedenze di produzione rispetto alle quote destinate allo Stato e nel giugno 1995 furono legalizzati i ristoranti privati a gestione familiare.
Tali aperture economiche favorirono la crescita di ineguaglianze e differenze sociali, senza che le condizioni di vita della maggioranza della popolazione mutassero in misura significativa: paradossalmente i più penalizzati furono quanti, interrotto per fedeltà alla rivoluzione ogni rapporto con parenti e conoscenti emigrati per motivi politici, non potevano contare sulle rimesse in valuta pregiata dall'estero (stimate tra i 300 e i 500 milioni di dollari l'anno). Svantaggiati furono anche i lavoratori impiegati in settori esclusi per legge da ogni ipotesi di iniziativa privata, quali la sanità e l'istruzione, che continuarono a ricevere il loro salario in moneta locale, il cui potere d'acquisto andava sempre più diminuendo. A testimonianza del deterioramento del clima sociale stavano inoltre la crescita della disoccupazione, in passato pressoché sconosciuta, e l'assurgere a livelli di emergenza sociale di fenomeni quali prostituzione e criminalità comune. Contemporaneamente un numero sempre maggiore di cubani si avvicinava alla Chiesa cattolica e alle Chiese evangeliche, oltre che ai già diffusissimi culti di origine africana legati alla Santería.
Sul piano internazionale, nonostante il ristabilimento delle relazioni diplomatiche con la Colombia, il Chile e Haiti (rispettivamente nell'ottobre 1993, nell'aprile 1995 e nel febbraio 1996), C. continuò a restare esclusa dalle principali istituzioni economiche e politiche latino-americane, come anche dalla possibilità di accedere ai finanziamenti della Banca mondiale o del FMI: la rottura del suo isolamento era infatti impensabile senza un radicale cambiamento nei rapporti con gli Stati Uniti, rimasti immutati anche dopo l'avvento alla presidenza (marzo 1993) del democratico B. Clinton. Convinto, al pari del suo predecessore repubblicano, che le difficoltà economiche avrebbero rapidamente portato al crollo del regime, e spinto da considerazioni di politica interna (quali la necessità di non inimicarsi la potente comunità di fuoriusciti cubani della Florida), Clinton mantenne l'embargo commerciale nei confronti di C., al contrario di quanto disposto nei confronti di altre repubbliche popolari (analoghe sanzioni contro Vietnam e Laos furono sospese rispettivamente nel 1994 e nel 1995, e la Cina si vide rinnovare regolarmente la clausola della nazione più favorita). Una nuova crisi tra L'Avana e Washington scoppiò nell'estate 1994, in seguito al tentativo di migliaia di cubani di raggiungere le coste della Florida su imbarcazioni di fortuna (balsas). Il governo cubano tentò inizialmente di reprimere le fughe dei balseros, ma dopo lo scoppio ai primi di agosto di gravi disordini nella capitale smise di opporsi alle partenze. Dal canto suo l'amministrazione statunitense, nel tentativo di scoraggiare l'esodo, modificò l'atteggiamento tradizionalmente tenuto nei confronti degli esuli cubani (che sino ad allora avevano ottenuto automaticamente asilo politico e permessi permanenti di soggiorno), disponendo l'internamento a tempo indeterminato dei profughi intercettati in mare nella base navale di Guantánamo. Tali misure suscitarono le dure proteste della comunità cubana di Miami, che Clinton cercò di placare con nuove sanzioni economiche: ulteriori restrizioni ai viaggi dei cubano-americani e il divieto di inviare denaro nell'isola rischiavano di alimentare, più che scoraggiare, i flussi migratori, che poterono essere regolamentati solo grazie all'accordo tra i due paesi siglato nel settembre 1994 (secondo il quale gli Stati Uniti avrebbero garantito un massimo di 20.000 visti l'anno per i Cubani, mentre L'Avana si impegnava a impedire nuove fughe), perfezionato da un nuovo trattato nel maggio 1995.
Indisponibile a qualsiasi ipotesi di riforma del sistema politico, nonostante le pressioni internazionali e quelle esercitate all'interno da organizzazioni di dissidenti e attivisti per la difesa dei diritti dell'uomo (la maggior parte delle quali riunite dall'ottobre 1995 nel Concilio Cubano, che si proponeva di giungere a un cambiamento politico attraverso mezzi pacifici, ma i cui aderenti erano soggetti a dure misure restrittive), il regime castrista proseguì lungo la strada della liberalizzazione dell'economia con il varo, nel settembre 1995, di una legge sugli investimenti esteri che apriva quasi tutti i settori dell'economia anche a imprese a capitale totalmente straniero, ivi comprese quelle appartenenti a fuoriusciti cubani, seguita nel giugno 1996 dall'annuncio della costituzione di 'zone franche' in cui gli investitori stranieri avrebbero goduto di particolari incentivi e agevolazioni fiscali. I timidi segnali di ripresa fatti registrare dall'economia a partire dal 1995 passarono in secondo piano di fronte a un ulteriore rafforzamento dell'embargo: nel marzo 1996 il Congresso statunitense approvò la cosiddetta legge Helms-Burton (o Cuban Liberty and Solidarity Act), che prevedeva tra l'altro l'imposizione di sanzioni ai paesi che commerciavano con l'isola o investivano in proprietà già appartenute a cittadini statunitensi, espropriate dalla rivoluzione. Alle ripetute condanne internazionali dell'embargo (nell'ottobre 1998 per il settimo anno consecutivo l'Assemblea generale dell'ONU ne chiese la revoca), vennero quindi ad aggiungersi le critiche che i paesi dell'Unione Europea, ma anche Canada e Messico, partner degli Stati Uniti nel NAFTA (North American Free Trade Agreement), mossero alla nuova legge, considerata una palese violazione del diritto internazionale. Le reazioni negative suscitate dal provvedimento indussero Clinton a differire di sei mesi in sei mesi l'entrata in vigore dei suoi articoli più controversi, a partire dal luglio 1996. Nell'estate dello stesso anno L'Avana fu scossa da una serie di attentati dinamitardi contro alberghi e ritrovi pubblici, finalizzati a minare l'industria turistica, il settore dell'economia cubana in più rapida espansione, e a creare difficoltà in vista dell'imminente visita di Giovanni Paolo ii a C., programmata per il gennaio 1998.
Preoccupata per le sofferenze provocate alla popolazione dall'embargo, quella del sommo pontefice era stata una delle voci più autorevoli levatesi per chiederne la revoca e condannare la legge Helms-Burton. Pur partendo da punti di vista completamente diversi, Giovanni Paolo ii e Castro si erano trovati negli ultimi anni a esprimere opinioni simili, e fortemente critiche, anche su altre questioni, quali le politiche economiche neoliberiste e l'atteggiamento degli Stati creditori a proposito del debito estero dei paesi sottosviluppati. Nei voti del governo cubano il viaggio papale, oltre a migliorare l'immagine del regime, doveva contribuire a spezzarne l'isolamento internazionale e a favorire la riconciliazione con gli esuli (grazie anche ai buoni uffici dell'episcopato statunitense, già espressosi contro l'embargo), mentre dal canto suo alla Chiesa cattolica si offriva la possibilità di accrescere la propria influenza e di giocare, per la prima volta dalla vittoria della rivoluzione, un ruolo di rilievo nella società cubana. La mobilitazione del PCC e lo sforzo organizzativo dell'episcopato locale assicurarono un'enorme partecipazione popolare alla visita pontificia (21-25 gennaio 1998), nel corso della quale il papa, oltre a rinnovare la sua condanna dell'embargo statunitense, non mancò di criticare il governo su temi quali l'aborto e il divorzio, né di chiedere maggiori libertà per il popolo cubano.
Sempre nello stesso mese si tennero le elezioni legislative per il rinnovo su base monopartitica dell'Assemblea nazionale, che nel mese successivo confermò i fratelli Castro nelle rispettive cariche. Accogliendo parzialmente le richieste di clemenza di Giovanni Paolo ii, nel febbraio 1998 il governo dispose la scarcerazione di 299 detenuti, una settantina dei quali in carcere per motivi politici (il numero complessivo di questi ultimi è stimato intorno alle 1000 unità); il mese seguente Washington compì un gesto distensivo nei confronti di C., abrogando le sanzioni aggiuntive all'embargo varate nell'estate del 1994 (furono quindi ripristinati i voli diretti tra Stati Uniti e L'Avana e venne nuovamente permesso l'invio di rimesse in denaro). Nel gennaio 1999 ulteriori provvedimenti confermarono questa linea di apertura da parte degli Stati Uniti.
Sul piano diplomatico, le conseguenze del viaggio papale non tardarono a farsi sentire: nell'aprile 1998 la Commissione dell'ONU sui diritti umani respinse (per la prima volta dal 1991) la risoluzione di condanna di C. presentata dagli Stati Uniti. Nello stesso mese il primo ministro canadese J. Chrétien si recò in visita nell'isola, mentre furono ristabilite, a distanza di circa 40 anni, piene relazioni diplomatiche tra L'Avana e la Repubblica Dominicana e si normalizzarono quelle con la Spagna (peggiorate dopo il maggio 1996, quando a Madrid si era insediato un governo conservatore). Sempre sul piano delle relazioni internazionali, C. ricevette la visita del ministro degli Esteri italiano L. Dini (giugno), mentre nell'agosto Castro rafforzava i legami con i paesi caribici, visitando Giamaica, Barbados, Grenada e Repubblica Dominicana.
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