CUBO
. È uno dei cinque poliedri regolari e si può caratterizzare come un parallelepipedo rettangolo avente uguali tutti gli spigoli. Ha sei facce, otto vertici, dodici spigoli. Le facce sono quadrate; gli angoloidi sono triedri trirettangoli. Come ogni parallelepipedo rettangolo, il cubo ha quattro diagonali uguali fra loro, che s'incontrano nel loro punto medio, detto centro del cubo. Questo punto è il baricentro del poliedro, ed è centro di una sfera passante per tutti i vertici (sfera circoscritta) e di un'altra sfera tangente a tutte le facce (sfera iscritta). Se l è la lunghezza comune degli spigoli, d quella delle diagonali, s l'area della superficie e v il volume, si ha: d = l√3; s = 6l2; v = l3.
Duplicazione del cubo. - Il cubo è noto fin dalla più remota antichità. È rimasto famoso il cosiddetto problema della duplicazione del cubo, il quale consiste nel determinare lo spigolo di un cubo il cui volume sia doppio di quello di un cubo dato. Se ne dà un'origine favolosa. Nella lettera al re Tolomeo III, che la tradizione attribuisce a Eratostene di Cirene, si narra che uno degli antichi poeti tragici (forse Euripide) avrebbe fatto comparire sulla scena Mino, leggendario re di Creta, nell'atto di voler costruire una tomba al figlio Glauco. Accortosi della ristrettezza del sepolcro, che era di forma cubica, Mino avrebbe ordinato di raddoppiarlo, mantenendolo della stessa forma; e avrebbe aggiunto, erroneamente, di raddoppiarne tutti gli spigoli. Dopo ciò la questione fu agitata anche fra i geometri del tempo, che furono titubanti nel darne la soluzione. Più tardi (sempre secondo la lettera ricordata), i Delî, spinti dall'oracolo a duplicare una certa ara (dedicata ad Apollo, che aveva in Delo altare e culto speciali) caddero nello stesso imbarazzo; perciò il problema della duplicazione del cubo è conosciuto anche come "problema di Delo".
Ippocrate da Chio (seconda metà del sec. V a. C.) fu il primo geometra che trasformò il problema in un altro di geometria piana, riducendolo a quello di "inserire fra due segmenti dati a e b due medie proporzionali x, y", cioè di risolvere le proporzioni continue a: x = x : y − y : b.
Da queste proporzioni si deduce, infatti, facilmente l'altra a3 : x3 = a : b; e da questa, ponendo b = 2 a, si trae: x3 = 2 a3. Di tale questione, oltre ad Ippocrate da Chio, si occuparono in seguito molti antichi, fra i quali: Archita da Taranto, Platone, Eudosso da Cnido, Eratostene, Menecmo, Nicomede, Diocle, Erone di Alessandria (il Vecchio), Pappo. Tutte le soluzioni del problema di Delo (o di quello delle due medie proporzionali) proposte dagli antichi geometri, ricorrono o a strumenti meccanici, o a intersezioni di linee che non sono tutte rette e circonferenze. Oggi è ben noto, e nettamente dimostrato, che il problema della duplicazione del cubo, riducendosi alla risoluzione dell'equazione: x3 = 2 a3, la quale non è risolubile mediante estrazione di radicali quadratici, non può esser risoluto graficamente, con esattezza, coi soli strumenti elementari, riga e compasso. Per indicazioni bibliografiche relative alle fonti delle notizie sopra riferite, v. G. Loria, Le scienze esatte nell'antica Grecia (Milano 1914). Per notizie particolareggiate sulle diverse soluzioni proposte dagli antichi, sulla impossibilità di risolvere la questione mediante intersezioni di rette e circonferenze, e sulle soluzioni esatte o approssimate, v. A. Conti, Problemi di terzo grado: duplicazione del cubo; trisezione dell'angolo, in Questioni riguardanti le matematiche elementari, II, raccolte e coordinate da F. Enriques (Bologna 1913).
Gruppo del cubo. - Vi sono rotazioni rigide dello spazio attorno al centro di un cubo, le quali riportano il cubo a coincidere con sé medesimo. Ciascuna di tali rotazioni, oltre al centro del cubo, lascia fissi tutti i punti di una retta (passante per il centro), che si dice l'asse di rotazione. L'insieme delle rotazioni che riportano un cubo in sé stesso, è tale che se se ne eseguiscono due quali si vogliano, una dopo l'altra, ogni punto dello spazio viene portato nella stessa posizione che esso assumerebbe qualora si eseguisse una certa altra rotazione dell'insieme stesso; ossia, come si suol dire, queste rotazioni formano un gruppo, che si dice "gruppo del cubo" (o anche "dell'ottaedro" in quanto le stesse rotazioni riportano a coincidere con sé stesso l'ottaedro regolare, che ha per vertici i centri delle 6 facce del cubo). Questo gruppo comprende: 9 rotazioni aventi per assi le tre rette perpendicolari alle facce del cubo condotte per il centro, delle quali rotazioni 3 sono binarie (cioè tali che ciascuna di esse va ripetuta due volte perché ogni punto dello spazio torni alla posizione iniziale), e 6 sono quaternarie; più 6 rotazioni binarie, aventi per assi le rette che uniscono i punti medî di due spigoli opposti; più 8 rotazioni ternarie, aventi per assi le diagonali; più, infine, l'identità, che lascia ogni punto nella sua posizione iniziale: in tutto 24 rotazioni. Se a queste 24 rotazioni si aggiungono le operazioni risultanti dal prodotto di ciascuna di esse con l'"inversione" (cioè con la simmetria rispetto al centro del cubo), si ottengono in tutto 48 operazioni, le quali formano ancora un gruppo detto il gruppo ampliato del cubo (o dell'ottaedro). Fra le operazioni di questo gruppo figurano le 3 simmetrie ortogonali rispetto ai piani condotti per il centro parallelamente alle facce del cubo, e le 6 simmetrie ortogonali rispetto ai piani passanti per le coppie di spigoli opposti. Il gruppo del cubo è oloedricamente isomorfo a uno dei gruppi finiti di sostituzioni lineari sopra una variabile complessa.
Bibl.: L. Bianchi, Lezioni sulla teoria dei gruppi di sostituzioni e delle equazioni algebriche secondo Galois, Pisa 1900, cap. 4°; Enriques-Chisini, Lezioni sulla teoria geometrica delle equazioni, II, ii, §§ 10, 11, Bologna 1915.