Cultura islamica e traduzioni latine
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’espandersi dell’islam nel Mediterraneo, se da un lato arrocca la cultura cristiana nei monasteri, dall’altro porta al fiorire di città del Mediterraneo come Toledo in cui confluiscono uomini di cultura musulmani e cristiani per dar vita a un’intensa attività di ricerca e di traduzione di opere filosofiche e matematiche e originariamente scritte da autori tanto greci che islamici che entrano così nel patrimonio culturale dell’Occidente latino.
Fino alla fine del X secolo, la cultura monastica dell’Occidente cristiano è tendenzialmente rimasta arroccata sulla custodia e sullo studio di compilazioni enciclopediche di matrice tardo romana. La considerevole espansione dell’islam, che incomincia a interessare molte aree costiere del Mediterraneo e a creare preoccupazione in altre, contribuisce a mutare questo equilibrio plurisecolare. In primo luogo si consolidano i legami fra le varie regioni cristiane sotto le ali protettrici della Chiesa di Roma e del Sacro Romano Impero per far forza contro il nemico comune; in secondo luogo, il raggiungimento di una situazione di teso equilibrio fra i due blocchi cristiano e islamico porta al ristabilimento di alcune rotte commerciali con la Sicilia e con l’Oriente; infine, alcune delle aree periferiche del bacino del Mediterraneo diventano sede di sovrapposizione delle due culture, cristiana e islamica. Questa complessa situazione si rivela estremamente favorevole per la penetrazione delle scienze matematiche greche nell’Occidente latino, soprattutto in virtù del fatto che, nonostante l’immagine negativa che la Chiesa e l’impero cercano di darne, il mondo islamico medievale è caratterizzato da un livello di tolleranza molto elevato verso gli altri popoli e le altre fedi. Nelle aree di sovrapposizione culturale, e specialmente in Spagna e in Sicilia, i dotti islamici possono lavorare a fianco dei dotti cristiani o ebrei, a patto che questi ultimi non rechino pubblico oltraggio a Allah e al profeta Maometto.
Questa situazione favorevole è colta da tutti quegli studiosi europei nei quali è sbocciato l’interesse per apprendere le matematiche greche. Molti di essi possono affrontare viaggi e lunghi soggiorni nelle aree di confine fra mondo cristiano e mondo islamico per studiare con attenzione quei testi che nell’Occidente latino erano andati perduti. I secoli XI e XII sono di fatto caratterizzati da un continuo fluire di uomini di cultura verso alcune città della Sicilia e della Spagna e da un’intensa attività di ricerca e di traduzione di testi scientifici non altrimenti disponibili. Uno dei centri più interessati da questo tipo di attività è Toledo, che nel 1085 passa dalla dominazione islamica a quella cristiana, ma senza con ciò perdere la propria duplice identità culturale. Appare probabile che nel corso del XII secolo in questa città sia nata una vera e propria scuola di traduzione di testi scientifici, almeno a giudicare dall’ingente numero di traduttori che vi soggiornano e del numero di traduzioni dall’arabo che vi sono materialmente eseguite.
A Toledo si recano studiosi di origine molto diversa, fra i quali gli inglesi Adelardo di Bath, al quale si deve fra l’altro la traduzione degli Elementi di Euclide e delle tavole astronomiche di Muhammad ibn Musa al-Khuwarizmi, e Roberto di Chester, che si dedica invece al trattato Al-jabr dello stesso al-Khuwarizmi.
È grazie a quest’ultima traduzione, intitolata Liber Isagogarum Alchorismi che, a cominciare dalla metà del XI secolo, si diffondono in tutta Europa i termini algebra e algoritmo, i metodi di calcolo per la soluzione di equazioni di vario grado elaborati dai matematici islamici, e soprattutto i numeri cosiddetti arabi (1, 2, 3, 4 ). L’adozione di tali numeri nell’esecuzione dei calcoli appare infatti molto più vantaggiosa di quella dei numeri romani (I, II, III, IV ), nati per eseguire operazioni elementari: somme, sottrazioni, moltiplicazioni e divisioni aventi un risultato positivo. La struttura stessa dei numeri romani, privi oltretutto di una cifra speciale per indicare lo zero, mal si presta ad affrontare il variegato panorama di problemi matematici che le scienze matematiche greche vanno gradatamente rivelando.
Sempre a Toledo si recano sia Giovanni di Siviglia che Gerardo da Cremona con lo scopo di tradurre in latino anche vari trattati di matematiche. Entrambi si cimentano per esempio con i Rudimenta astronomica di al-Farghani (noto anche come Alfragano), un lavoro di astronomia tolemaica che, pur essendo estremamente elementare, o forse proprio per questo, esercita una grande influenza in tutta Europa, e non solo sugli ambienti più strettamente scientifici. Gerardo, in particolare si cimenta in un numero straordinario di traduzioni di opere attinenti materie filosofiche e matematiche disparate e originariamente scritte da autori tanto greci che islamici: dal De aspectibus di al-Kindi, un trattato di ottica geometrica, al Liber Charastonis di Thabit b. Qurra, un lavoro sulla bilancia romana; dai Meterorologica e dal De coelo di Aristotele, al De mensura circuli di Archimede e al De speculis comburentibus di Diocle. Soprattutto però, verso la fine del XII secolo, Gerardo rende la prima traduzione dall’arabo al latino dell’opera più importante dell’astronomia matematica greca, l’Almagesto di Tolomeo.
Questo impulso all’assimilazione delle scienze matematiche greche comincia ben presto a dare frutti originali proprio per opera degli stessi personaggi intenti a eseguire le traduzioni. I primi commenti alle opere greche recuperate e i primi brevi trattati su argomenti specifici cominciano a comparire già prima dello spirare del secolo. Per esempio, forse proprio lo stesso Gerardo prepara o ispira un lavoro sintetico sull’astronomia tolemaica, le Theoricae planetarum, che serve da modello per opere simili di maggiore successo eseguite nel XIII secolo. Naturalmente, ciò che gli scrittori latini ricavano da questa intensa attività di traduzione dei testi arabi e dall’elaborazione di quanto in essi contenuto è, prima ancora che un’attenta e completa comprensione delle conoscenze greche, una immagine del tutto nuova delle scienze matematiche, in vivo contrasto con le opere di quegli autori, quali Ildegarda di Bingen, che ancora propendono per un approccio retorico e religioso alla conoscenza. Questa nuova immagine, essenzialmente islamica delle scienze matematiche – come risulta dall’adozione stessa di una ricca terminologia araba nell’espressione di alcuni concetti: zenit, nadir, azimut, ecc. – risulta estremamente affascinante e foriera di ulteriore attenzioni per quanto di greco vi sta dietro e rimane ancora inesplorato.