FEZZAN, Culture del
Il F., la regione che si stende a mezzogiorno della Tripolitania e, per gli antichi, della Piccola Sirte, confina a N con la Hammada el-Homra ed il Gebel es-Soda (cioè Mons Ater), a S con i monti Tummo, ad E con el-Harug, ad O con l'Algeria meridionale, antica Numidia. Ha una superficie di circa kmq 5.800.000 e, salvo gli uidian che lo solcano e vi rendono possibile una vita semi-sedentaria, è pieno deserto e fa parte del Sahara, che, come è noto, corre dalla Libia alla Mauretania. (Per le incisioni e pitture su roccia che, anche se comprese nel F. fanno parte alla civiltà del Sahara, v. Rupestre, arte).
Corrisponde alla Phazania, abitata dai Garamanti (v.), popolazioni su cui celebrò il trionfo Cornelio Balbo nel 19 a. C. L'episodio drammatico della ribellione del numida Tacfarinas si concluse favorevolmente per la potenza romana (24 d. C.) e successive operazioni belliche pacificarono completamente i Garamanti, che sotto i Flavi entrarono in regolari rapporti commerciali con i Romani, sfruttando il proprio paese come via di transito dei prodotti equatoriali, specie belve per gli spettacoli e avorio, ed accogliendo per converso manufatti industriali da fuori: vasi, lucerne, vetri, ma anche prodotti naturali.
La Missione Pace-Sergi-Caputo lavorò ininterrottamente dall'ottobre 1933 al gennaio 1934, superando le fasi delle normali ricognizioni sul terreno ed iniziando quella degli scavi proprî, condotti principalmente nell'Agial, l'uadi in cui era l'antica Garama, capitale dei Garamanti, oggi Germa, e lungo il quale si stende a tratti di fronte alle oasi, un'immensa necropoli.
Restava così acquisito che il rito sepolcrale del rànnicchiamento, di origine neolitica, perdurò in età romana. Esso non poteva dunque venire considerato come infallibile documento di età preistorica. Quando in realtà tale rito scomparve non è dato sapere; certo è conservato nelle tombe di Taglit, risalenti anche al VI-VII secolo d. C. Lo avrà soppresso, imponendo l'inumazione a corpo steso, la religione musulmana.
I lavori di scavo furono estesi anche oltre il deserto di Taita, a Gat che, sebbene non faccia parte del Fezzan, resta compresa in pieno Sahara ed appare inclusa nell'ambito regionale ed etnico dei Garamanti.
Numerosi sono i manufatti d'industria romana, restituiti dallo scavo, sia nelle varie località dell'uadi el-Agial, Germa inclusa, sia sul monte Cocaman presso Gat.
Frammenti aretini e ceramica corallina, lucerne, vetri hanno determinato la cronologia relativa del rannicchiamento di origine preistorica e di alcuni vasi localmente prodotti, altrimenti indefinibili per l'epoca non essendo lavorati al tornio.
Ben diverso è l'aspetto archeologico litico a fior di terra.
Le stazioni di superficie infatti abbondano straordinariamente di prodotti dell'industria litica, dalle amigdale del Paleolitico Inferiore, specie nell'uadi el-Agial, agli strumenti di tipo musteriano-levalloisiano dell'Hammada di Murzuch e del bacino dello Sciati, ed ai manufatti pedunculati di tipo ateriano nell'uadi el-Agial. Con questi ultimi si ha un'associazione mustero-solutreana nello Sciati e ancora nell'Agila.
Il Paleolitico Superiore, pur con le difficoltà di riconoscerlo dai tardi sviluppi della tecnica su lama, si rintraccia nell'uadi Masauda in mezzo a migliaia di oggetti neolitici ed a microbulini del Mesolitico.
Numerose le stazioni neolitiche con lame semplici o ritoccate, punte, raschiatoi, cuspidi di freccia a margini seghettati. Nell'uadi el-Agial sono stati raccolti manufatti analoghi al campignano europeo a scheggiatura bifacciale, accette, picconi, a parte, i due martelli di forma lanceolata, scheggiatura bifacciale, di cui si è trovata l'impronta nella calce d'una tomba d'età romana dell'uadi el-Agial. Infine non mancano nel Fezzan oggetti di pietra levigata, come asce, e di nuovo genere, specie di bacini e di vassoi.
Da un primo esame non è risultato chiaro quello che è apparso in seguito ad approfonditi studî. Si è infatti chiarito che il Paleolitico Superiore nel Fezzan è meno diffuso delle altre culture paleolitiche e di quelle neolitiche. È ancora da tenersi presente la conclusione che alcune forme, specie neolitiche, si sono prolungate anche durante il contemporaneo sviluppo della civiltà classica sulla costa: così le asce trovate in una casa d'epoca romana sullo Zinchecra presso Germa.
Concludendo di tener distinto il concetto culturale da quello cronologico, non sempre connesso, si può riassumere che il panorama preistorico della Libia, quanto agli strumenti litici, è rappresentato dalle amigdale di tipo acheuleano di Murzuch, dai raschiatoi di tipo Levallois di Clef nell'Agial, dalle punte a rozzi ritocchi di questo stesso uadi (Fgeg e Clef), dagli esemplari mustero-solutreani ancora nell'Agial (Tin Abunda ed el-Abiad), dai manufatti peduncolati di tipo ateriano presso Germa e Brach con lamette e raschiatoi, dai microliti abbondanti sullo Zinchecra, sperone della Hammada presso Germa.
La caratteristica ceramica neolitica con decorazione impressa a crudo è sparsa dovunque, ma in proporzione agli strumenti litici, in misura molto ridotta. Questa decorazione neolitica si ritrova applicata sul bordo di vasi globulari, dipinti in bianco e decorati di reticolato e fiamme in rosso, che, trovati nelle tombe di Germa, sono riferibili certamente ad epoca romana. Se ne desume che il Neolitico era sopravvissuto in alcune manifestazioni dell'artigianato. Coppe monoansate su alto piede, incise e dipinte a mosaico, certamente eseguite senza ricorso al tornio, sono state trovate insieme a vetri romani in grandiose tombe del iii-iv secolo, nelle vicinanze di Germa.
È stato quindi accertato che nel Fezzan particolari culture della preistoria si sono protratte anche in età storica. Questo risultato, dovuto agli scavi italiani nel Sahara libico, porta alla conferma che la cronologia delle facies industriali del Fezzan, come anche di Gat, non può essere valutata in senso assoluto nè di pari passo con le altre industrie del bacino mediterraneo di analogo tipo. Questo concetto, che sempre più si allarga nella portata teorica e sotto specie di ipotesi di lavoro, ormai è abbastanza diffuso. Tuttavia esso fu un atteggiamento scientifico, dal Pace al Graziosi, al Caputo, che venticinque anni fa ebbe carattere d'innovazione, specie nei confronti dello spirito che allora dominava le ricerche preistoriche in Africa ed in particolare nel Sahara. L'introduzione del termine "preislamico" in alcuni studi recenziori, per esempio del Reygasse, rappresenta l'ammissione sottintesa del nuovo pensiero archeologico per le esplorazioni, nelle quali, in precedenza, la mente vagava in una totale e remota visione preistorica fezzanese. Dentro di essa vigeva inoltre l'interpretazione storica che i Garamanti dovessero essere negri. È stato invece provato dal Sergi che la maggior parte degli scheletri recuperati dalle tombe scavate presso Germa, sede principale dei Garamanti, appartengono ad individui di razza bianca, dei quali i famosi Tuareg sono gli attuali discendenti (ramo degli Azger).
Elementi attestanti il traffico commerciale e l'influsso della civiltà romana "al di là delle frontiere dell'impero" (Wheeler), sono abbondanti nel Fezzan e pongono talora problemi storici non ancora risolti. Presso Germa, in mezzo all'arido serir, sorge un mausoleo romano (scoperto dall'Oudney, riconosciuto dal Barth, dal Duveyrier e dal Petragnani). Il portichetto antistante è distrutto. Lo sterro eseguito sino al suolo vergine ha dato vario materiale, tra cui elementi di carattere neolitico ed altri tardo-ellenistici. Il mausoleo è databile al I sec. d. C., sia per lo stile della palmetta dell'acroterio, sia perché il primo nucleo della necropoli attorno risale fondamentalmente allo stesso periodo. A S della monumentale tomba gli scavi rivelarono un eccezionale sacello con cella funeraria, preceduta da un atrio. Tutto il corredo dell'area al di fuori della tomba e dentro questa si può datare non oltre il I sec. d. C. Le offerte di vasi sono di diverse epoche, dal I d. C. all'inizio del IV. Lo schema planimetrico del sacello funerario può spiegarsi con il rito delle incubazioni presso le tombe degli avi, supponendo che i Garamanti abbiano avuto la stessa usanza dei Nasamoni e degli Augili appartenenti tutti allo stesso ceppo e territorio sahariano.
I ritrovamenti più importanti di questa regione sono dati dalle tombe. Alcune di quelle scavate sono molto probabilmente preromane, la maggior parte risulta in modo certo d'età romana (dalla fine del I sec. a tutto il IV), poche sono state le tardo-romane o proto-bizantine (VI-VII sec.) come a Taglit.
Le forme più comuni sono tipiche di tutta l'architettura funeraria sahariana (descritta principalmente dal Frobenius, dallo Gsell, dal Raygasse): sono a tumulo, a semplice tamburo, a tamburi o dadi sovrapposti e degradanti. Alcune, cedendo, si sono avvallate al centro. Sono tutte a secco; solo alcune sono rivestite di intonaco. L'interno è a fossa, a cassa, a falsa vòlta. Le proporzioni sono le più varie, predomina la media grandezza. Forme più rare sono a semplice giro o file di pietra. Una classe a sé sono le tombe di el-Charaigh a piccole piramidi di mattoni, anch'esse d'età romana.
A cinque chilometri ad E dal mausoleo e ad un chilometro S dalla strada per Sebkha si estende per lungo la serie più grandiosa di tombe, probabilmente di carattere dinastico. Se ne sono contate venticinque e scavate solo tre. Sono state trovate molto ricche di materiale romano, fittile e vitreo, ed anche locale, quest'ultimo di carattere ricercato (vasi di vetro finissimi, stoffe).
Una singolarità rituale è stata colta: essa è costituita dalle mense a stele, di pietra locale, collocate ad E delle tombe. Le une con vaschette per libazioni, le altre apotropaiche, sia in forma di corna ed obelischi, sia in forma di mano, vecchio simbolo libico-fenicio. Le più semplici, e certo più antiche, stele e mense ornavano la tomba del sacello funerario, sempre collocate dalla parte orientale: gli elementi costitutivi appaiono scissi.
Nella regione sono frequenti le tracce di canalizzazioni non più in uso, conosciute con il nome di fogārāt, che costituiscono il mezzo per la raccolta delle rare e per questo preziose acque piovane, che cadevano giù dall'altopiano desertico ed erano convogliate al livello delle oasi. La rete dei canali fu molto sviluppata in età romana, il che rientra nello spirito degli avvaloramenti agricoli apprestati nelle zone predesertiche ed evidentemente adottati, sia pure limitatamente e con altro carattere, anche nel Fezzan: tanto più a S del retroterra agricolo comunemente noto. Ai piedi dell'altura dello Zinchecra è infatti una diga idraulica almeno per la parte inferiore, dell'elevato in pietra. Su di essa sussiste una tomba di epoca romana avanzata (la tomba n. 52); la diga, dunque, è abbastanza antica e può riferirsi al Il sec. d. C. Sul pendio dello stesso Zinchecra sono riconoscibili inoltre alcune case, costruite con zoccolo di conci messi a secco, sul quale sorgeva l'elevato di mattoni crudi. Vi sono stati raccolti frammenti di ceramica garamantica coeva quella romana, ma manca quest'ultima.
In un'oasi molto isolata, ad un chilometro dalla strada per el-Graia, è Gasr Larocu, un castello molto antico, che sembra non appartenere né ai tempi di Roma né a quelli di Bisanzio. Con qualche probabilità si deve riportare all'ambiente sahariano tardo un'abitazione fortificata, forse del periodo in cui si ebbe la supremazia degli Ulad Mohammed (XVI sec.) ed atta a dominare il passo di Bab el-Macnusa verso Murzuch.
Frammenti di ceramica bizantina del tipo "pettinato" si possono facilmente raccogliere in varie zone.
Una serie di tombe a torre quadrata con cupola, o "cuba" araba, si nota in Zuila e va ascritta alla prima dominazione musulmana, che ebbe la capitale in quel centro.
Da el-Abiad a Gat è risultato per la prima volta evidente l'influsso romano e tardo-romano nella vita dei Garamanti, una frontiera umana, che i Romani lasciarono indipendente, o per lo meno senza effettivo dominio militare, ma dalla quale, gradatamente, con l'introduzione e diffusione del cammello, una pressione ostile sarebbe stata sempre più esercitata sulle grandi città della costa, man mano che le richieste dei prodotti tropicali africani venivano meno e si determinava il dissesto economico delle tribù libiche dell'interno.
Bibl.: Winsberg, in Pauly-Wissowa, XIX, 1937, cc. 1905-08, s. v. Phazania; Stein, ibid., VII, i (seconda serie), s. v. Tacfarinas; H. Duveyrier, Les Touaregs du Nord, Parigi 1864; A. Berthelot, L'Afrique saharienne et soudanaise (Ce qu'ont connu les anciens), Parigi 1927; Il Fezzan, a cura del Col. U. Gigliarelli e ufficiali dipendenti, Tripoli, Ufficio Studi del Governo della Tripolitania, 1932; Fezzan e Oasi di Gat, a cura di varî autori, edito dalla Reale Società Geografica Italiana, Società Italiana Arti Grafiche, Roma 1937; P. Graziosi, La Libia preistorica, Firenze 1943, pp. 5-44; B. Pace, S. Sergi, G. Caputo, Scavi Sahariani, in Mon. Ant. Lincei, vol. XLI, 1951; G. Caputo, Corrente preistorica dell'artigianato della Tripolitania in prodotti coevi ai vasi ellenistici e romani, in Atti I Congresso Intgernazionale di Preistoria e Protostoria Mediterranea, 1950, pp. 325-329; G. Camps, Du nouveau sur l'archéologie du Fezzan, in Travaux de l'Institut des Recherches Sahariennes, XIII, (1955), pp. 189-198; M. Wheeler, Rome beyond the Imperial Frontiers, Londra 1954, pp. 97-107. Per le vicende dell'esplorazione del Fezzan: A. Mori, Storia dell'esplorazione, in Fezzan e Oasi di Gat, cit., pp. 17-37; per la storia delle ricerche italiane, promosse dalla Reale Società Geografica Italiana, ibidem, pp. 9-13. Per il paesaggio e gli aspetti umani del Fezzan odierno: E. Vietta, Ritt durch den Fezzan, Francoforte s. Meno, 1939.