cunta
. - Deverbale dal latino cunctari, " indugiare ", probabilmente di conio dantesco: così considerano il lemma F. Tollemache e il Migliorini, mentre G. Nencioni, che si rifà alle Derivationes di Uguccione da Pisa e al Catholicon di Giovanni da Genova, lo considera un latinismo ‛ sui generis ' esistente, " come lemma lessicografico, nel latino medievale prima che Dante cominciasse la Commedia ", e non un deverbale tratto, " arbitrariamente ", da un verbo latino.
S'incontra in Pg XXXI 4 [Beatrice] ricominciò, seguendo sanza cunta (in rima con punta e congiunta): sul significato furono d'accordo i commentatori trecenteschi: " sine dubia suspensione " chiosava Pietro, " senza dimoranza " l'Ottimo, e Benvenuto " sine mora ".
Bibl. - F. Tollemache, Deverbali italiani, Firenze 1954, 44; B. Migliorini, Storia della lingua italiana, ibid. 1960, 193; G. Nencioni, Note dantesche, in " Studi d. " XL (1963) 17 ss.