CUORE (XII, p. 131; App. II, 1, p. 739; III, 1, p. 460)
Chirurgia. - La chirurgia del c., grazie a un progresso veramente spettacolare, ha raggiunto la dignità di specialità chirurgica autonoma, con un importante corpus dottrinale proprio e con tecniche che richiedono una conoscenza specifica. Questa nuova specialità è fondata sulla collaborazione con altri specialisti: per es. del cardiologo e del radiologo che strettamente collaborano nell'esecuzione della cardio-angiografia e della coronarografia. Per questa indagine s'introduce un catetere nell'arteria radiale che, sotto controllo radioscopico, viene fatto risalire sino all'aorta; di qui, sotto controllo radiografico, viene immesso successivamente in ciascuna delle due arterie coronarie. L'iniezione attraverso il catetere di un liquido radio-opaco, praticata in tempi successivi, permette di visualizzare le cavità cardiache, i grossi vasi, le arterie e i loro rami e, pertanto, le condizioni anatomiche delle arterie, di localizzare eventuali stenosi e ostruzioni da endoarterite, con annesse zone miocardiche ischemiche dell'aorta, aneurismi ventricolari, perforazioni acquisite del setto interventricolare e di ottenere una precisa definizione della morfologia della valvola aortica e della mitrale. L'intervento di specialisti, di solito non medici, è richiesto anche per il funzionamento della macchina c.-polmone.
Tale macchina rispetto a quella primitivamente usata (v. chirurgia, in App. III,1, p. 366), fruisce oggi di notevoli perfezionamenti, dei quali, in questa sede, citeremo solo i principali: la semplificazione dell'ossigenatore, che richiede una minima quantità di sangue da innesco e induce solo trascurabili danni al sangue che vi circola; l'aggiunta di due pompe rotanti, che consente di mantenere intatta la circolazione delle coronarie durante l'arresto della circolazione cardiaca e dello stesso cuore. Grazie ai perfezionamenti apportati a questa macchina, la circolazione extra-corporea, che è d'importanza condizionante per quasi tutta la cardiochirurgia, ha visto ridurre il tasso di mortalità a essa ascrivibile a un livello minimo, quando non addirittura trascurabile.
I problemi della correzione dei vizi congeniti di c. sono oggi in gran parte superati, con la correzione completa della tetralogia di Fallot, col trattamento della trasposizione dei grandi vasi, e di altri vizi congeniti. Nei neonati, la mortalità per trasposizione dei grossi vasi, responsabile per circa la metà dei decessi per vizi congeniti di c., si è oggi ridotta a cifre minime mediante la messa a punto di un intervento palliativo - la creazione di una comunicazione interatriale con uno strumento introdotto per via venosa - che consente di rimandare l'intervento definitivo a un'età più opportuna. Peraltro, alcuni vizi congeniti vengono oggi corretti nei primi anni di vita, grazie allo sviluppo di una superspecialità che fa ricorso a particolari tecniche anestesiologiche associate all'ipotermia profonda.
Di un ulteriore perfezionamento si giova il trattamento della stenosi mitralica, in quanto la dilacerazione della commissura valvolare non viene più esercitata dal dito introdotto attraverso l'appendice auricolare, ma da uno speciale strumento disegnato a tale scopo come per es. il divulsore di F. Gerbode. L'istrumento viene introdotto dal ventricolo sinistro e ne viene controllata digitalmente l'esatta posizione attraverso l'appendice nell'atrio sinistro. Oggi, per il progresso della chirurgia a c. aperto, alcuni chirurgi procedono alla manovra sotto il diretto controllo visivo, a c. aperto; ciò avviene particolarmente quando si sospetti che dopo la dilacerazione possa aversi un grado più o meno evidente d'insufficienza mitralica.
Il problema del trattamento dell'insufficienza valvolare è oggi del tutto risolto. In caso d'insufficienza mitralica, si può talvolta provvedere direttamente per es. suturando un muscolo papillare interrotto o eseguendo una plastica riduttiva dell'ampiezza dell'anello d'impianto della valvola mitrale. Nella grande maggioranza dei casi di questa affezione, si preferisce la sostituzione della valvola malata con una valvola artificiale.
Di essa esistono numerosi modelli, ma tutti dotati di un anello di tantalio rivestito da un manicotto di teflon o di dacron che serve all'inserzione di una corona di punti che ancorano l'anello solidamente all'anello fibroso, che rimane ben evidente dopo che il chirurgo ha escisso i veli valvolari ammalati. La porzione valvolare può essere costruita indifferentemente da materiali vari, da omotrapianti e da eterotrapianti (fra questi ultimi ha preferenza l'eterotrapianto da maiale). Oggi i cardiochirurgi dànno di solito la preferenza alla valvola disegnata da Biörk dove la funzione valvolare è affidata a un disco che "pivota", cioè che durante l'eiezione del sangue dal ventricolo si dispone verticalmente lasciando libero il deflusso del sangue nell'atrio. Appena cessa l'eiezione, si mette orizzontale chiudendo l'accesso del sangue refluo dall'atrio al ventricolo.
Per quanto riguarda l'altra straordinaria conquista nella correzione dei vizi valvolari, cioè la correzione della stenosi e insufficienza valvolare aortica, anche per questa si preferisce asportare i lembi alterati e impiantare una valvola artificiale. Per questa valvola si dà però la preferenza a una valvola a palla, di Starr Edwards, dove sull'anello è inserita una gabbietta a tre branche, sempre in tantalio, che limita il movimento di una pallina di silastic in essa contenuta. Il giuoco valvolare è compiuto dalla palla che s'innalza o si abbassa a chiudere l'anello d'inserzione. I risultati di questa chirurgia sono straordinariamente brillanti e rappresentano una grande conquista anche per l'alto numero di guarigioni ottenibili.
Altrettanto si deve dire per la più recente conquista della cardiochirurgia, rappresentata dagl'interventi di rivascolarizzazione coronarica. I primi tentativi di rivascolarizzazione del miocardio sono stati fatti da Vineberg e consistevano nella tunnellizzazione della parete muscolare e nell'introduzione in essa dell'arteria mammaria interna in cui si lasciavano beanti gli orifizi dei suoi rami per dar modo al sangue contenuto nell'arteria di riversarsi negli spazi vascolari dello spessore del miocardio. Dopo l'introduzione della coronarografia, si sono eseguiti tentativi di disostruzione dei tratti occlusi, in modo analogo a quanto si faceva per le arteriopatie periferiche ostruttive. L'argentino Favaloro è stato il primo a creare un ponte vascolare fra l'aorta e l'arteria coronaria occlusa, innestando tra i due vasi un segmento di vena safena prelevato alla coscia dello stesso operando. Questi "pontaggi" possono essere anche multipli: F. Sandiford a Houston ne ha eseguiti nello stesso intervento sei. Fra le recenti acquisizioni della cardiochirurgia, sono da ricordare le operazioni per la guarigione degli aneurismi del c. e dell'aorta e le sostituzioni vascolari con le protesi in dacron o teflon o con autotrapianti, con segmenti vascolari prelevati dalla grande safena o dalla giugulare esterna.
Un'altra conquista della cardiochirurgia è rappresentata dai nuovi pacemakers o "segnapassi", il cui elettrodo anziché essere impiantato operatoriamente sulla parete del ventricolo sinistro oggi è introdotto attraverso la succlavia destra nel ventricolo destro dove viene a fissarsi fra i muscoli papillari. La pila che all'inizio erogava energia per circa due anni e doveva venir sostituita, è stata notevolmente perfezionata, assicurando un funzionamento per circa 5 anni. Vi sono però già in commercio pile a energia atomica, che dovrebbero durare 20 anni. L'applicazione del pacemaker è oggi assai semplificata e abitualmente eseguita da cardiologi non chirurgi.
Non si può chiudere il capitolo dei progressi in cardiochirurgia senza ricordare il trapianto cardiaco che è stato eseguito la prima volta nel 1968 da C. Barnard con la tecnica di Norman E. Shumway che fino allora era stata studiata sperimentalmente. Questi, dal 1968, ne ha eseguiti personalmente 95, un po' più della metà di quanti ne sono stati fatti in tutto il mondo (191). Purtroppo il fenomeno del rigetto ha consentito solo poche sopravvivenze. Questo fenomeno ha posto agli studiosi nuovi problemi biologici e immunologici; le ricerche in proposito hanno certamente accelerato la soluzione per es. del trapianto renale. Non è ancora risolto il problema di un c. artificiale che certamente, come avviene per il rene artificiale, consentirebbe un enorme progresso per il trapianto d'organo. Sotto questo punto di vista, mi sembra importante il nuovo tentativo recentemente fatto da C. Barnard di un trapianto di c. praticato non come completa sostituzione di esso ma come collaboratore di esso, dividendone il lavoro specie nei primi giorni dopo l'operazione, quando il c. impiantato ha difficoltà nell'adattamento funzionale. Alla soluzione di questi problemi funzionali e a quelli biologici del rigetto è legata la possibilità di un nuovo straordinario successo.