cure parentali
Insieme di azioni volte alla cura e protezione della prole da parte di genitori putativi o reali, con lo scopo di garantire a essa la miglior possibilità di sopravvivenza. In senso ampio costituiscono c. p. tutte le forme di dispendio energetico parentale, a partire dalla produzione di gameti, i comportamenti di costruzione o pulizia di un nido o di una tana, l’incubazione delle uova, la protezione dai predatori. In senso più stretto, l’alimentazione e allevamento della prole e i comportamenti a essa associati (ricerca del cibo) costituiscono misure etologiche classiche di cure parentali.
I costrutti teorici, in seguito confermati da molti studi descrittivi e sperimentali hanno posto le c. p. al centro della risoluzione di due tipi di conflitti di interessi: quello tra i sessi e quello tra prole e genitori. Il primo deriva dal differente investimento che i due sessi impegnerebbero nella riproduzione. Il sesso maschile, che investe poco in termini di produzione di gameti, tenderebbe ad accoppiarsi con più femmine possibili e dunque a trascurare le c. p., mentre il sesso femminile, che produce relativamente pochi gameti energeticamente dispendiosi nel corso della vita, tenderebbe a scegliere maschi che collaborano nell’allevamento della prole per poter risparmiare energie per i successivi gameti da produrre. Il secondo conflitto deriva dagli interessi contrastanti dei genitori, che tenderebbero a far sopravvivere il massimo numero di figli distribuendo le risorse senza distinzioni, e dei figli, che individualmente pretenderebbero ciascuno le massime c. p. possibili. Naturalmente la disponibilità di risorse da parte dell’ambiente determina differenti tipi di risoluzioni e compromessi. Così, in molte specie di uccelli come rondini e rondoni, maschio e femmina collaborano armoniosamente nelle c. p. (cure biparentali), ma in situazioni di abbondanza di cibo il maschio può diminuire i suoi impegni paterni per dedicarsi a copulazioni extracoppia, mentre in situazioni di scarsità di cibo entrambi i genitori, spesso favoriti dalla competizione tra nidiacei di età differenti, possono decidere di lasciar morire l’ultimo nato piuttosto che correre il rischio di perdere l’intera nidiata.
Una forma di c. p. comune a tutti gli endotermi è costituita dalla cura delle uova. Il genitore deve scegliere un sito ottimale per la deposizione, deve provvedere attivamente alla loro protezione dai predatori, mantenere condizioni costanti di umidità e temperatura. Il comportamento di ventilazione (fanning) delle uova da parte di alcuni pesci serve a favorire l’ossigenazione dell’ambiente circostante. Il comportamento preciso e delicato di rotolamento regolare delle uova da parte degli uccelli serve a una corretta distribuzione delle peso ed è cruciale per lo sviluppo dell’embrione, al punto che le incubatrici artificiali sono predisposte meccanicamente per ottenere tali spostamenti. In alcune specie le uova vengono trattenute nel tratto riproduttivo della femmina (ovoviparità) mentre in altre, come nel caso di alcuni pesci, l’incubazione avviene nell’apparato boccale. In molte specie (soprattutto specie vivipare di vertebrati, ma anche molte specie di insetti e aracnidi) le c. p. si protraggono per periodi lunghi dopo la schiusa o il parto in quanto la prole è completamente dipendente dai genitori per l’alimentazione. La prole di tutti i mammiferi euteri riceve nutrimento dapprima dalla placenta e in seguito dalle mammelle materne e una situazione simile si riscontra in certi acari in cui le larve si nutrono del corpo stesso della madre. Nelle specie di vertebrati longeve e con organizzazione sociale complessa come alcuni primati, le c. p. si protraggono anche dopo l’acquisizione dell’indipendenza alimentare da parte della prole.
Una forma particolare di c. p. sono le cosiddette cure alloparentali, in cui i comportamenti rivolti alla prole vengono effettuati da individui diversi dai genitori. Tali ‘aiutanti’ spesso cooperano con i genitori nelle cure parentali. Il caso più noto è quello degli insetti sociali, in cui si è evoluta una sterilità permanente nelle caste femminili dei soldati e delle operaie che si occupano di sopravvivenza e sviluppo della progenie della regina madre, la quale si dedica invece esclusivamente alla deposizione delle uova. Gli aiutanti sono comuni in molte specie di uccelli e spesso sono geneticamente imparentati con i nidiacei che accudiscono. Tuttavia sono noti molti casi in cui non sussistono relazioni di parentela. Nelle colonie urbane di gatto domestico, le femmine allattano promiscuamente prole di differenti madri e ciò sembrerebbe apportare dei benefici in termini di competenze immunitarie. Rientrano nelle cure alloparentali anche i comportamenti di adozione vera e propria.
Le c. p. sono finemente modulate dal sistema endocrino e in particolare, nei vertebrati, dall’ormone prolattina, responsabile in sinergia con l’ossitocina della produzione di latte da parte delle ghiandole mammarie dei mammiferi e della formazione delle placche incubatrici, aree addominali a elevata vascolarizzazione per ottimizzare lo scambio termico con le uova, che si osservano negli uccelli a partire dalla deposizione. Nella specie umana, e in generale in tutti i mammiferi, il sostrato neuroendocrino che controlla finemente l’interazione madre-prole durante l’allattamento è ben noto: il comportamento di succhiamento del lattante induce un’attivazione neurale nell’ipotalamo materno che, a sua volta, genera un aumento della produzione e del rilascio di ossitocina. Tale ormone stimola la contrazione delle ghiandole mammarie facilitando il rilascio di latte. La sazietà del lattante fa smettere il comportamento di succhiamento e così interrompe il ciclo.