domanda, curva di
Quantità di uno o più beni e servizi che i consumatori intendono acquistare sul mercato, in funzione dei prezzi relativi. Può anche fare riferimento all’intero insieme dei beni e servizi prodotti, nel qual caso si parla di domanda aggregata (➔). La curva, anche detta scheda, di d. fa riferimento a una quantità potenziale, suscettibile di essere domandata in funzione di ogni possibile prezzo (fig. 1). Per una convenzione dovuta ad A. Marshall, che per primo le introdusse, le curve di d. si rappresentano solitamente con la quantità di d. in ascissa e il prezzo in ordinata, anziché viceversa. Spesso sono utilizzati come sinonimi di d. il termine consumo, che sottolinea l’aspetto dell’utilizzo di ciò che viene domandato, piuttosto che il semplice atto del richiedere, e la spesa, che pone l’accento sull’aspetto di esborso monetario connesso alla d., sia essa realizzata sia potenziale. Fanno riferimento alla nozione di spesa le curve di Engel (➔ Engel, curva di) che descrivono, in base a generalizzazioni di carattere empirico, l’andamento della spesa (o delle quote di spesa) nelle diverse categorie di beni al variare del reddito totale di un consumatore (fig. 2).
Nella storia della teoria economica, l’analisi della d. si sviluppa con l’indirizzo soggettivistico nella seconda metà del 1800, i cui maggiori rappresentanti sono S.W. Jevons, A. Marshall, L. Walras, V. Pareto. La teorizzazione parte dai bisogni del singolo individuo, dalla considerazione di una dotazione limitata di mezzi (potere d’acquisto) del medesimo, dall’utilità dei diversi beni al fine del proprio soddisfacimento e dall’idea che l’utilità sia proporzionale alla quantità di beni posseduti. A ciò si sovrappone un criterio di comportamento da parte dell’individuo, che è quello della massimizzazione dell’utilità. Dal problema di ‘massimo vincolato’ della funzione di utilità (massimo vincolato perché la dotazione di ogni persona) si ricavano altrettante funzioni di domanda per i diversi beni e servizi cui l’individuo può accedere.
F.Y. Edgeworth introdusse, come strumento grafico, le curve di indifferenza (➔), che mettono in evidenza gli ipotetici livelli della funzione di utilità e vengono rappresentate con riferimento alle quantità (coppie) di specifici beni, misurate lungo gli assi di un diagramma cartesiano. Si può immaginare un mondo nel quale i beni esistenti si riducono a due, grano e vino, oppure una situazione in cui un bene è contrapposto all’insieme di tutti gli altri. Curve di indifferenza via via più distanti dall’origine degli assi corrispondono a più elevati livelli di utilità per l’individuo considerato. Sul medesimo diagramma si rappresenta il vincolo di bilancio, ossia l’insieme di tutte le coppie di beni acquistabili dal medesimo soggetto, nei limiti delle risorse disponibili. Se con il simbolo w si rappresenta la dotazione (monetaria) di cui questi dispone, l’insieme delle coppie di merci acquistabili è rappresentato dal triangolo che ha per vertici l’origine degli assi 0, il punto di coordinata w/p1 lungo l’asse q1 e il punto di coordinata w/p2 lungo l’asse q2, dove p1 e p2 sono rispettivamente il prezzo del bene q1 e del bene q2. La retta che passa per i due vertici che giacciono sugli assi è detta linea di bilancio o frontiera delle possibilità di acquisto (fig. 3). In termini grafici il ‘problema di massimo’ del consumatore corrisponde alla ricerca della curva di indifferenza maggiormente distante dall’origine e compatibile con il vincolo di bilancio: il punto di massima utilità è quello in cui la linea di bilancio è tangente a una curva di indifferenza (la più esterna rispetto all’origine tra quelle che sono raggiungibili rimanendo sulla frontiera delle possibilità di acquisto).
Successivamente, E. Slutsky analizzò gli effetti sulla d. di un prodotto (j) conseguenti alla variazione del prezzo di un qualunque altro prodotto (i). L’equazione di Slutsky (➔ Slutsky, equazione di ) mostra come suddividere l’effetto di tale variazione sulla d. del bene in due distinte componenti, dette effetto di sostituzione (➔ sostituzione, effetto di) ed effetto di reddito (➔ reddito, effetto di). Il primo coglie la conseguenza sulla cosiddetta d. compensata (➔ compensazione), ossia sulla d. che si manifesterebbe rimanendo sulla originaria curva di indifferenza, dell’incremento del prezzo relativo pi/pj. Tale conseguenza è costituita da un aumento della d. del bene j, divenuto relativamente meno caro del bene i. Il secondo effetto, quello di reddito, coglie la conseguenza del fatto che la modificazione di un singolo prezzo, nel nostro caso un aumento del prezzo del bene i, riduce il valore reale della dotazione monetaria dell’individuo e di conseguenza lo spinge a spostarsi su una curva di indifferenza meno distante dall’origine degli assi. L’esame comparato dei due effetti, di reddito e di sostituzione, che si manifestano congiuntamente in presenza dell’incremento di un prezzo, consente di affermare che, mentre l’effetto di sostituzione provocato dall’aumento di pi sarà certamente negativo su qi, l’effetto di reddito risulterà negativo o positivo a seconda che il prodotto considerato sia un bene superiore (la cui d. diminuisce al decrescere del reddito reale: è il caso tipico degli alimenti carnei, ricchi di proteine, e dei consumi culturali), oppure un bene inferiore (per es., alimenti quali patate e pane comune). Se i beni, oltre a essere inferiori, comportano, a fronte di rialzi dei prezzi, particolarmente significativi effetti di reddito, tali da compensare l’effetto di sostituzione, un aumento del prezzo induce un incremento della d.: caso considerato da Marshall come un’eccezione alla ‘legge generale della d.’ e chiamato paradosso di Giffen (➔ Giffen, bene di), dal nome dell’economista inglese che per primo mise in evidenza il fenomeno.
È abituale descrivere la reattività della funzione di d. di un bene rispetto ai suoi argomenti (prezzo del bene medesimo, prezzi di altri beni, dotazione, corrispondente alla ricchezza oppure al reddito) per mezzo di una misura relativa, indipendente dall’unità di misura della d. medesima: l’elasticità (➔). Il caso più frequente è quello dell’elasticità della d. di un prodotto rispetto al suo prezzo: essa è data dalla variazione relativa della quantità domandata divisa per la variazione relativa del prezzo, ed è ordinariamente negativa. Se essa è maggiore di uno, in valore assoluto, si dice che il bene è a ‘domanda elastica’, se minore di uno a ‘domanda rigida’, se uguale a uno a ‘domanda unitaria’. Non meno importante dell’elasticità della d. di un prodotto rispetto al suo prezzo è l’elasticità della d. medesima rispetto al reddito. Questo tipo di elasticità si presta a una definizione efficace dei beni superiori e inferiori precedentemente ricordati: i primi sono caratterizzati da elasticità positiva rispetto al reddito, i secondi da elasticità negativa. La d. di un bene è anche funzione dei prezzi degli altri beni. Quando si considerano le reazioni della d. a variazioni di tali prezzi è utile fare riferimento al concetto di elasticità incrociata (elasticità della d. di un bene rispetto al prezzo di un bene diverso da quello considerato). Se l’elasticità incrociata risulta positiva, il bene di cui varia il prezzo si classifica come succedaneo, sostituto o surrogato; se l’elasticità incrociata risulta negativa, il bene di cui varia il prezzo si classifica come complementare.