Phillips, curva di
Curva che esprime una relazione decrescente tra tasso di variazione dei salari monetari (W^) e scostamento del tasso di disoccupazione corrente (ut) dal suo livello di lungo periodo (uL):(W^)=−γ(ut−uL). La prima stima empirica della curva di P. (1958) è dovuta appunto all’economista neozelandese Alban William H. Phillips (1914-1975), con riferimento a dati della Gran Bretagna tra il 1861 e il 1913. Se la produttività del lavoro e il mark up (➔) fissato dalle imprese sono costanti, la curva di P. esprime una correlazione negativa tra inflazione e disoccupazione: πt=−γ(ut−uL). La prima lettura teorica di tale fenomeno lasciò intendere che si trattasse di un trade off (➔) stabile e di lungo periodo tra le due grandezze, su cui si potesse fare affidamento per valutare il prezzo in termini di inflazione di una riduzione del tasso di disoccupazione, ovvero il prezzo in termini di maggiore disoccupazione di una diminuzione dell’inflazione (grafico 1). Successive valutazioni mostrarono che la curva di P. non era stabile e che, quando si assisteva a un’accelerazione dell’inflazione, questa traslava verso l’alto, palesando un peggioramento del trade off. In modo indipendente, M. Friedman (➔) e E. Phelps (➔) evidenziarono come la curva di P. dovesse essere ‘aumentata’ per tenere conto delle aspettative di inflazione, e dovesse perciò essere scritta come: πt=(πte)−γ(ut−uL). È proprio il mutamento delle aspettative (quando i soggetti economici si accorgono di aver commesso errori di previsione) a determinare l’instabilità della curva di Phillips. In particolare, sono le aspettative di inflazione crescente a farla spostare verso l’alto. Il caso dell’Italia appare in questo senso significativo (grafico 2).