cyberspazio
cyberspàzio s. m. – Il termine c. apparve nel 1982, nella sua forma inglese cyberspace, in un racconto di fantascienza dal titolo Burning Chrome (trad. it. La notte che bruciammo Chrome, 1989), pubblicato da William Gibson sulla rivista Omni, per poi essere nuovamente utilizzato due anni dopo nel suo romanzo Neuromancer (1984, trad. it 1986). Quest’ultimo lavoro di Gibson ebbe maggior fortuna, contribuendo in modo importante alla diffusione del termine, che deriva dalla fusione di «cibernetica» (parola coniata nel 1948 da Norbert Wiener per indicare i fenomeni biologici, artificiali o misti di autoregolazione) e «spazio». Sebbene l’iniziale accezione di Gibson fosse volta a identificare con c. un luogo immaginario di fantasticherie e allucinazioni tecnologiche, contrapposto allo spazio reale – che l’autore definiva meatspace, ovvero «mondo della carne» –, il significato si è successivamente arricchito e il termine è divenuto di uso comune nel terzo millennio, di pari passo con la diffusione, sempre più vasta e capillare, delle innovazioni nei campi dell’informazione e della comunicazione. Anche se più correttamente dovrebbe estendersi a tutti i sistemi digitali di connessione, acquisizione e condivisione delle informazioni (dagli smartphone ai terminali GPS), l’uso del termine c. si è diffuso come sinonimo di Internet, ambito per il quale sono, infatti, ampiamente utilizzate metafore spaziali: la fruizione della rete viene normalmente definita navigazione e spesso i browser evocano, sin dal nome, pratiche di viaggio, esplorazione o appropriazione spaziale (Navigator, Explorer, Safari); ancora alla navigazione e al trasporto di merci fanno riferimento gli atti di immissione e prelievo di file dalla rete (caricare, scaricare); i singoli elementi costitutivi del web sono denominati siti, e gli ambiti posti sotto il controllo del (temporaneo) proprietario del sito vengono detti domini. Ugualmente di tipo spaziale sono le analogie con le quali, normalmente, definiamo le azioni connesse al c.: sono andata su Youtube, sono stato un’ora su Facebook, oppure ho fatto un giro in Internet. Una geografia del c., inteso come spazio a se stante, non è ancora pienamente definita, sia per la vastità del campo da esplorare (che continuamente si amplia e si modifica), sia per l’inadeguatezza degli strumenti tradizionalmente utilizzati per la descrizione degli spazi fisici. I tentativi di cartografare il c. (tra i quali il pionieristico Atlas of cyberspace di Martin Dodge e e Rob Kitchin, apparso nel 2002), ad esempio, non sono stati sino a oggi pienamente soddisfacenti, non riuscendo a rappresentare – al di là della loro portata artistica, spesso molto evocativa – i differenti e innumerevoli piani di interconnessione tra informazioni di ogni tipo dai quali il c. è composto. Le rappresentazioni cartografiche del c. finora effettuate non possono neppure assolvere la funzione – essenziale per gli strumenti analoghi in uso nello spazio euclideo – di guida per l’esplorazione o di orientamento all’interno del c.; un simile compito viene svolto dai motori di ricerca, che non sono però in grado di offrire una rappresentazione simultanea e organica del c. o di sue 'regioni'. Secondo diversi autori, per analogia con la metafora del cyborg (v.), il c. è da considerarsi come un’estensione dello spazio tradizionale, le cui caratteristiche vengono ampliate e perfezionate grazie alle innovazioni, in particolare quelle dell’informazione e della comunicazione. Il c. consente, ad esempio, di sovrapporre allo spazio fisico nuovi strati di senso e di informazione mediante la geolocalizzazione istantanea di persone, servizi e contenuti informativi, promettendo di rivoluzionare la percezione individuale e collettiva dei luoghi e delle rispettive funzioni, così come le modalità di interazione con essi. Dalla domotica alla mobilità personale, dalle relazioni con la sfera familiare e amicale a quelle per motivi di lavoro e con la pubblica amministrazione, sempre più rapporti, fortemente radicati nello spazio tradizionale, passano anche per il cyberspazio. Una caratteristica di grande rilievo di quest’ultimo è quella di offrire un contesto nell’ambito del quale le relazioni umane e la circolazione delle idee possono operare su basi nuove, effettuando, grazie all’elevatissimo numero di persone raggiungibili, un salto di scala rispetto ai metodi di comunicazione precedentemente disponibili. Il c. si configura anche, per questo motivo, come un ambito privilegiato di formazione di 'intelligenze collettive' derivanti da stimoli reciproci tra individui. È in questo spazio virtuale che, particolarmente nel 21° secolo, stanno trovando nuovo slancio forme cooperative come le comunità virtuali, le identità multiple o condivise e i gruppi di attivisti, che spaziano da temi locali a istanze globali. Da un punto di vista geografico, il c. non è isotropico né ubiquitario. In rapporto con lo spazio reale, l’accessibilità e il livello d’interazione con il c. dipendono da numerosi fattori, come la disponibilità delle infrastrutture necessarie per il collegamento, la qualità della connessione offerta e il relativo costo. Si tratta di elementi che sono altamente variabili in rapporto al luogo fisico preso in considerazione: l’accesso al c. sarà scarsamente diffuso o inesistente nelle aree del mondo meno sviluppate economicamente o meno popolate, ma anche all’interno dei paesi maggiormente informatizzati non sarà uniforme, con differenze rilevanti tra città e borghi rurali, tra centro e periferia. Neppure i contenuti fruibili, anche laddove l’accesso al c. è possibile, sono ovunque gli stessi: diverse pagine web dinamiche si costruiscono tenendo conto del luogo dal quale è connesso il terminale che le consulta, fornendo sia un aspetto che un contenuto specifico in base a questo fattore. In molti paesi, inoltre, le autorità rendono inaccessibili interi domini e sono in grado di imporre ai motori di ricerca l’oscuramento di parole chiave giudicate inappropriate, assumendo a pretesto il rispetto di leggi nazionali che possono giungere a giustificare veri e propri atti di censura politico-culturale.