ADDA, d'
Famiglia milanese, signori poi marchesi di Pandino e Cassano, signori di Turbigo e Olginate. Salì alla nobiltà verso la metà del sec. XVI, dopo essersi creata una vasta base finanziaria attraverso i commerci e la banca: Rinaldo, infatti, che ne è il capostipite noto, fu uno dei grandi finanziatori del governo milanese. I suoi figli furono ammessi all'ordine decurionale di Milano (Pagano, primogenito, nel 1549, Erasmo, terzogenito, nel 1553; un altro ramo, del secondogenito Gian Antonio, si trasferì nella Spagna); alla fine del sec. XVI rimase solo il ramo di Erasmo, i cui figli, ammessi alle magistrature cittadine ed al corpo decurionale e pure investiti di feudi minori, continuarono nella professione mercantile o bancaria. Ambrogio, abbiatico di Erasmo, fu creato marchese di Pandino nel 1615 e i suoi feudi passarono poi ad un ramo cadetto, non avendo egli discendenti maschi, cioè al cugino Benedetto e al costui figlio Febo, che riuscì ad estromettere i nipoti. La famiglia continua ad occupare una cospicua posizione per censo, senza presentare spiccate personalità, fino al secolo scorso: Febo III (1772-1836), allievo del Parini, consigliere di stato, fu vicepresidente del governo austriaco in Milano dopo la restaurazione. Dei suoi figli, Vitaliano e Carlo, seguirono opposte tendenze durante il Risorgimento italiano: infatti il primo (1800-1879), consigliere intimo dell'imperatore, rimase ligio alle tradizioni austriache, vivendo appartato dopo l'unificazione del regno: la sua discendenza, femminile, portò il titolo a un ramo cadetto dei Borromeo. Carlo (1816-1900), militò nel partito rivoluzionario, tanto da non esser compreso nell'amnistia del 1849: rimase in Piemonte, in esilio, ma seppe acquistarsi tanta autorità da venir nominato governatore di Torino; unita la Lombardia al regno sardo, fu uno dei primi senatori lombardi, a fianco di Manzoni, L. Torelli, ecc. La sua discendenza portò il titolo alla famiglia Brandolin Rota di Venezia. Giovanni, fratello dei due precedenti (1808-1859) fu il primo direttore delle poste del Lombardo-Veneto, e il figlio Emanuele (1847-1911), che ereditò il titolo dallo zio Vitaliano, fu senatore del regno.
Un altro ramo della famiglia, tuttora fiorente è quello D'Adda Salvaterra, che venne ascritto alla nobiltà del S. R. I. nel 1682, con Giuseppe (1635-90), creato marchese, conte e barone: il pronipote, pure di nome Giuseppe (morto nel 1759) unisce pure il cognome di Salvaterra, per eredità. La famiglia fu sempre rappresentata nel consiglio dei XII di Provvisione, ma senza mai salire alle magistrature più elevate.
Bibl.: Famiglie notabili milanesi, Milano 1875; F. Tonetti, Le famiglie Valsesiane, Varallo 1884; E. Casanova, Nobiltà lombarda, Milano 1930.