D (eufonica)
Si definisce eufonica la d delle forme ed (per e) e ad (per a). La definizione è legata all’idea che questa d serva a creare “un bel suono” (eufonico viene dal greco euphonìa ‘suono armonico’), evitando la sequenza di due vocali consecutive.
In realtà, l’effetto di cacofonia (ovvero ‘suono sgradevole’) si verifica soltanto quando c’è una sequenza di due vocali uguali. Per questo, nell’italiano contemporaneo – specie in quello scritto – è consigliabile ricorrere alle forme ed e ad solo quando la parola successiva comincia con la stessa vocale
ed eccoci, ed era, ed Enrico, ed elencò ma e aprì, e obiettò, e inverno, e urlava ad arrivare, ad avere, ad Ancona, ad altro ma a esibirmi, a indicare, a Ostia, a uso e consumo
Fanno eccezione, perché ormai consolidate dall’uso, sequenze fisse come tu / lui / lei ed io, ad esempio, ad eccezione, fino ad ora, dare ad intendere.
Le forme con d eufonica vanno evitate anche in altri casi.
• Prima di un inciso
E, ogni volta che arriva, è sempre la stessa storia
C’erano Maria, Francesco e – ecco la sorpresa – Erica
• Davanti all’h aspirata di parole o nomi stranieri (soprattutto inglesi e tedeschi)
Come stiamo a hamburger?
I registi Fassbinder e Herzog
• Quando la presenza nella parola successiva di altre t e d (e in particolare delle sequenze ad o ed) renderebbe l’aggiunta della d non eufonica, ma cacofonica
Fino a adesso (non fino ad adesso)
Case e edifici (non case ed edifici).
Fino a non molto tempo fa, la d eufonica veniva aggiunta anche alla congiunzione o, dando vita alla forma od, in disuso ormai da qualche decennio
Versi tronchi od ossitoni (P. P. Pasolini, Passione e ideologia).
Secondo alcuni la d eufonica non è un elemento artificiale, ma trova la sua origine nelle consonanti finali delle basi latine et (da cui l’italiano e), ad (italiano a) e aut (italiano o). Le regole dell’eufonia e della cacofonia, peraltro, sono soggette al gusto e alla sensibilità del tempo e variano dunque di epoca in epoca. Nei secoli passati, la d eufonica poteva essere usata anche con le forme né (ned), se (sed) e che (ched)
Né fu ned è né non serà sua pare (Giacomo da Lentini, Poesie)
Sed e’ non s’ardessero, e’ se ne farebbe vèrmini (Marco Polo, Milione)
Voglio ched el conosca la falsanza (Iacopone da Todi, Laude)
Valore eufonico poteva avere anche l’uso della r in forme come sur per su
dalla benda usciva sur una tempia una ciocchettina di neri capelli (A. Manzoni, I promessi sposi).