DADI
. I dadi (κύβοι, tesserae) erano nell'antichità piccoli cubi non diversi da quelli usati ancor oggi, per lo più d'osso o d'avorio; ma non mancano esemplari di piombo, bronzo, ambra, cristallo e terracotta. Le loro dimensioni erano varie: alcuni misuravano circa cm. 2,5 per lato, altri cm. 0,7, e sulle loro facce, mediante punti o cerchietti incisi o graffiti, erano segnati progressivamente i numeri da 1 a 6, distribuiti generalmente in modo che, sommando i numeri delle facce opposte, si otteneva sempre il numero 7: quindi 1 + 6, 2 + 5, 3 + 4
Il giuoco nella Grecia appare in uso fino dai tempi omerici, ed è rappresentato in un' anfora di Exechia del Museo Vat. Etrusco, dove si vedono Achille e Aiace che contano i numeri d'un getto di dadi; più tardi Polignoto nella Lesche di Delfi dipinse Palamede e Tersite che giocavano fra loro. I cenni che ne fanno gli scrittori dei secoli V e IV a. C. dimostrano con quanta passione il giuoco era praticato. Così fu anche in Italia: ne trattarono parecchi autori (Ovid., Trist., II, 1, 471 segg.; Suet., Claud., 33), e più volte dovettero intervenire le leggi per vietarlo o per frenarne gli abusi. Esso però fu sempre permesso durante i Saturnali. Parecchi esemplari di dadi, trovati nei corredi funebri, sono conservati nei musei. Meritano qui una speciale menzione due dadi etruschi trovati a Tuscania, e ora a Parigi nel Cabinet des Médailles, sui quali i numeri, anziché con cerchietti o con punti, sono rappresentati con parole: mach ∣ thu ∣ zal ∣ huth ∣ ci ∣ śa. Queste parole dovrebbero corrispondere ai numeri1,2, 3,4,5,6; ma sulla loro interpretazione, anche dopo i recenti tentativi del Trombetti, del Goldmann e del Ribezzo, gli etruscologi non sono d'accordo: anche perché non è assolutamente certo che quelle parole siano numeri. Infatti ad Autun si è trovato un dado, sul quale non sono incisi punti o cerchietti, ma lettere, il cui numero va crescendo, nelle diverse facce, da uno a sei: I ∣ va ∣ est ∣ orti ∣ Caius ∣ volo te.
Il giuoco si eseguiva, più anticamente con tre, e poi con due dadi, i quali, per evitare possibili inganni, erano collocati in un bossolo (πύργος, turricula, fritillus) di forma conica. Si scuoteva il bossolo, si facevano cadere i dadi sopra una tavola e si contavano i punti. Vinceva chi raggiungeva il numero maggiore. Il getto migliore si aveva quando i tre dadi davano sei punti ciascuno: esso si diceva getto di Afrodite; il peggiore quȧndo i tre dadi davano soltanto tre punti, e il getto si diceva, allora del cane, perché κύων o canis era il nome dato alla faccia segnata con uno. Ma le combinazioni che si potevano avere con le diverse gettate erano molte e ciascuna era designata con un nome; di questi, 64 sono riportati dai grammatici.
Affine al giuoco dei dadi, che si adoperava anche nei templi per la consultazione degli dei, è quello degli astragali (v.,. I dadi, con gli accessorî dei bossoli e delle tavole lusorie, formavano oggetto d'industrie particolari, e un'iscrizione di Roma (Corp. Inscr. Lat., VI, 9927) ricorda un Lucilius Victorinus, artifex ariis tessalarie lusorie (sic).
Medioevo ed età moderna. - Per tutto il Medioevo il giuoco dei dadi fu largamente praticato da cavalieri e popolani. Varî giuochi furono allora in vigore, e in Italia in modo particolare quello della zara (Dante, Purgatorio, VI, 1-3) che si praticava con tre dadi: i punti superiori al 7 e inferiori al 4 significavano perdita. Tale fu il favore del giuoco che si costituirono vere e proprie accademie di dadi (scholae deciorum), e che i fabbricanti formarono spesso delle corporazioni di mestiere, come, per es., a Parigi. Tuttavia il giuoco ebbe frequenti limitazioni, o incorse in rigorosi divieti (tra cui celebri quelli di San Luigi, 1254 e 1256), analoghi ai decreti che colpirono frequentemente, nell'età media, i giuochi di azzardo in generale. I dadi adoperati nel Medioevo non differiscono gran che da quelli dell'antichità, i cui modelli si sono perpetuati sino ai giorni nostri; talvolta essi furono variamente scolpiti, o adorni di figure e di animali.
Oggi i dadi, per lo più d'osso, d'avorio o di legno, si fabbricano sempre disponendo i punti in modo che la somma di quelli di due facce opposte equivalga a 7. Con essi si fanno varî giuochi, tra cui il più comune e popolare è il crabs. Esso, che si pratica con due dadi, si svolge tra un banchiere e varî giocatori. Il banchiere sceglie un punto (non inferiore a 5 né superiore a 9) e lo dichiara; se al primo colpo esce il punto dichiarato, il banchiere vince e raccoglie le poste; se esce un crab, perde. I crabs sono 2, 3, 11 e 12 se il punto dichiarato dal banchiere è 5 o 9, sono 2, 3, 11 se è 6 o 8. Se esce un punto diverso, si ripete il giuoco sino a che quel medesimo punto non si ripete, nel qual caso il banchiere vince; se invece esce il 7, perde. I crabs non valgono che per la prima giocata. Le regole della partita possono però variare.
Altri giuochi con i dadi sono: 1. la partita semplice, che si gioca con due dadi tra due avversarî, ognuno dei quali mette una determinata posta; chi gioca per primo dice un numero, e getta i dadi; se il numero uscito corrisponde a quello preannunziato, vince una parte della posta, altrimenti la perde; così fa l'altro, e via di seguito; 2. la moltiplicazione, che si gioca con tre dadi, lasciando in tavola il punto più alto e gettando i due rimasti, poi lasciando uno solo di questi e contando alla fine i punti segnati con questo sistema; 3. il pari e dispari, in cui la tavola di giuoco è divisa in due sezioni (pari e dispari); i giocatori puntano da una parte o dall'altra, e il banchiere getta tre dadi; se il risultato è pari, egli paga le poste del lato corrispondente e incassa le altre, e viceversa. Due numeri sono a suo vantaggio (in genere il 4 e il 17); se esce il primo egli guadagna le poste del lato pari e non paga le altre; viceversa se esce il secondo; 4. la speranza, che si gioca tra parecchi partecipanti, con due dadi; la sorte decide chi deve far da banchiere, e ognuno dei giocatori mette una posta di uno o due gettoni; se il banchiere ha un asso, dà un gettone al proprio vicino di sinistra; se ha 6 e se ne ha un altro, vince la cassa. Gli altri punti non hanno valore. Chi ha perduto tutti i suoi gettoni non può più giocare sinché il proprio vicino di destra non è costretto a dargli un gettone. Chi resta possessore di gettoni dopo che gli altri partecipanti sono fuori giuoco, vince la cassa; 5. il passa dieci, che si gioca con due dadi, tra varî partecipanti: ciascun giocatore mette la propria posta, e il banchiere, eletto per sorte, getta; se il punto è superiore a 10, prende tutte le poste e procede; se è uguale o inferiore, paga il doppio delle poste e gli subentra un vicino. La sproporzione delle probabilità implica qui un continuo e rapido avvicendarsi dei banchieri. v. anche giuochi.
Bibl.: R.R. Forster, Encycl. of indoor Games, n. ed., New York 1916.