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DADI

di Bartolomeo NOGARA - * - Enciclopedia Italiana (1931)
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DADI

Bartolomeo NOGARA
*

. I dadi (κύβοι, tesserae) erano nell'antichità piccoli cubi non diversi da quelli usati ancor oggi, per lo più d'osso o d'avorio; ma non mancano esemplari di piombo, bronzo, ambra, cristallo e terracotta. Le loro dimensioni erano varie: alcuni misuravano circa cm. 2,5 per lato, altri cm. 0,7, e sulle loro facce, mediante punti o cerchietti incisi o graffiti, erano segnati progressivamente i numeri da 1 a 6, distribuiti generalmente in modo che, sommando i numeri delle facce opposte, si otteneva sempre il numero 7: quindi 1 + 6, 2 + 5, 3 + 4

Il giuoco nella Grecia appare in uso fino dai tempi omerici, ed è rappresentato in un' anfora di Exechia del Museo Vat. Etrusco, dove si vedono Achille e Aiace che contano i numeri d'un getto di dadi; più tardi Polignoto nella Lesche di Delfi dipinse Palamede e Tersite che giocavano fra loro. I cenni che ne fanno gli scrittori dei secoli V e IV a. C. dimostrano con quanta passione il giuoco era praticato. Così fu anche in Italia: ne trattarono parecchi autori (Ovid., Trist., II, 1, 471 segg.; Suet., Claud., 33), e più volte dovettero intervenire le leggi per vietarlo o per frenarne gli abusi. Esso però fu sempre permesso durante i Saturnali. Parecchi esemplari di dadi, trovati nei corredi funebri, sono conservati nei musei. Meritano qui una speciale menzione due dadi etruschi trovati a Tuscania, e ora a Parigi nel Cabinet des Médailles, sui quali i numeri, anziché con cerchietti o con punti, sono rappresentati con parole: mach ∣ thu ∣ zal ∣ huth ∣ ci ∣ śa. Queste parole dovrebbero corrispondere ai numeri1,2, 3,4,5,6; ma sulla loro interpretazione, anche dopo i recenti tentativi del Trombetti, del Goldmann e del Ribezzo, gli etruscologi non sono d'accordo: anche perché non è assolutamente certo che quelle parole siano numeri. Infatti ad Autun si è trovato un dado, sul quale non sono incisi punti o cerchietti, ma lettere, il cui numero va crescendo, nelle diverse facce, da uno a sei: I ∣ va ∣ est ∣ orti ∣ Caius ∣ volo te.

Il giuoco si eseguiva, più anticamente con tre, e poi con due dadi, i quali, per evitare possibili inganni, erano collocati in un bossolo (πύργος, turricula, fritillus) di forma conica. Si scuoteva il bossolo, si facevano cadere i dadi sopra una tavola e si contavano i punti. Vinceva chi raggiungeva il numero maggiore. Il getto migliore si aveva quando i tre dadi davano sei punti ciascuno: esso si diceva getto di Afrodite; il peggiore quȧndo i tre dadi davano soltanto tre punti, e il getto si diceva, allora del cane, perché κύων o canis era il nome dato alla faccia segnata con uno. Ma le combinazioni che si potevano avere con le diverse gettate erano molte e ciascuna era designata con un nome; di questi, 64 sono riportati dai grammatici.

Affine al giuoco dei dadi, che si adoperava anche nei templi per la consultazione degli dei, è quello degli astragali (v.,. I dadi, con gli accessorî dei bossoli e delle tavole lusorie, formavano oggetto d'industrie particolari, e un'iscrizione di Roma (Corp. Inscr. Lat., VI, 9927) ricorda un Lucilius Victorinus, artifex ariis tessalarie lusorie (sic).

Medioevo ed età moderna. - Per tutto il Medioevo il giuoco dei dadi fu largamente praticato da cavalieri e popolani. Varî giuochi furono allora in vigore, e in Italia in modo particolare quello della zara (Dante, Purgatorio, VI, 1-3) che si praticava con tre dadi: i punti superiori al 7 e inferiori al 4 significavano perdita. Tale fu il favore del giuoco che si costituirono vere e proprie accademie di dadi (scholae deciorum), e che i fabbricanti formarono spesso delle corporazioni di mestiere, come, per es., a Parigi. Tuttavia il giuoco ebbe frequenti limitazioni, o incorse in rigorosi divieti (tra cui celebri quelli di San Luigi, 1254 e 1256), analoghi ai decreti che colpirono frequentemente, nell'età media, i giuochi di azzardo in generale. I dadi adoperati nel Medioevo non differiscono gran che da quelli dell'antichità, i cui modelli si sono perpetuati sino ai giorni nostri; talvolta essi furono variamente scolpiti, o adorni di figure e di animali.

Oggi i dadi, per lo più d'osso, d'avorio o di legno, si fabbricano sempre disponendo i punti in modo che la somma di quelli di due facce opposte equivalga a 7. Con essi si fanno varî giuochi, tra cui il più comune e popolare è il crabs. Esso, che si pratica con due dadi, si svolge tra un banchiere e varî giocatori. Il banchiere sceglie un punto (non inferiore a 5 né superiore a 9) e lo dichiara; se al primo colpo esce il punto dichiarato, il banchiere vince e raccoglie le poste; se esce un crab, perde. I crabs sono 2, 3, 11 e 12 se il punto dichiarato dal banchiere è 5 o 9, sono 2, 3, 11 se è 6 o 8. Se esce un punto diverso, si ripete il giuoco sino a che quel medesimo punto non si ripete, nel qual caso il banchiere vince; se invece esce il 7, perde. I crabs non valgono che per la prima giocata. Le regole della partita possono però variare.

Altri giuochi con i dadi sono: 1. la partita semplice, che si gioca con due dadi tra due avversarî, ognuno dei quali mette una determinata posta; chi gioca per primo dice un numero, e getta i dadi; se il numero uscito corrisponde a quello preannunziato, vince una parte della posta, altrimenti la perde; così fa l'altro, e via di seguito; 2. la moltiplicazione, che si gioca con tre dadi, lasciando in tavola il punto più alto e gettando i due rimasti, poi lasciando uno solo di questi e contando alla fine i punti segnati con questo sistema; 3. il pari e dispari, in cui la tavola di giuoco è divisa in due sezioni (pari e dispari); i giocatori puntano da una parte o dall'altra, e il banchiere getta tre dadi; se il risultato è pari, egli paga le poste del lato corrispondente e incassa le altre, e viceversa. Due numeri sono a suo vantaggio (in genere il 4 e il 17); se esce il primo egli guadagna le poste del lato pari e non paga le altre; viceversa se esce il secondo; 4. la speranza, che si gioca tra parecchi partecipanti, con due dadi; la sorte decide chi deve far da banchiere, e ognuno dei giocatori mette una posta di uno o due gettoni; se il banchiere ha un asso, dà un gettone al proprio vicino di sinistra; se ha 6 e se ne ha un altro, vince la cassa. Gli altri punti non hanno valore. Chi ha perduto tutti i suoi gettoni non può più giocare sinché il proprio vicino di destra non è costretto a dargli un gettone. Chi resta possessore di gettoni dopo che gli altri partecipanti sono fuori giuoco, vince la cassa; 5. il passa dieci, che si gioca con due dadi, tra varî partecipanti: ciascun giocatore mette la propria posta, e il banchiere, eletto per sorte, getta; se il punto è superiore a 10, prende tutte le poste e procede; se è uguale o inferiore, paga il doppio delle poste e gli subentra un vicino. La sproporzione delle probabilità implica qui un continuo e rapido avvicendarsi dei banchieri. v. anche giuochi.

Bibl.: R.R. Forster, Encycl. of indoor Games, n. ed., New York 1916.

Vedi anche
monòpoli Nome registrato di un gioco con i dadi, della famiglia del gioco dell'oca, inventato nel 1935 dallo statunitense Charles Darrow. Si svolge fra due o più giocatori, i quali a turno lanciano i dadi e spostano il proprio segnalino su un tavoliere di tante caselle quanti sono i numeri segnati, ed eseguono ... caso Diritto Si chiama c. fortuito qualunque accadimento che renda inevitabile il verificarsi di un evento, costituendo l’unica causa efficiente di esso. Non ha valore concreto la distinzione tra c. fortuito e forza maggiore; allo stesso modo è da negare una costante coincidenza tra c. fortuito e impossibilità ... poker Gioco di carte di provenienza americana, diffuso in tutto il mondo. Prende nome da uno dei punti più difficili che si possono realizzare, la combinazione di quattro carte dello stesso valore, la più alta dopo la scala reale. Il numero dei giocatori può variare da 3 a 5; generalmente si gioca in 4. Si ... giòco d'azzardo Attività ludica in cui ricorre il fine di lucro e nella quale la vincita o la perdita è in prevalenza aleatoria, avendovi l'abilità un'importanza trascurabile. Ne esistono svariati tipi, dai più antichi, come il gioco dei dadi (azzardo deriva dall'arabo az-zahr, che significa dado), a quelli più recenti ...
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Vocabolario
serradadi
serradadi s. m. [comp. di serrare e dado]. – Attrezzo per avvitare e stringere dadi.
cubettatrice
cubettatrice s. f. [der. di cubetto]. – Macchina per confezionare prodotti, spec. alimentari e mangimi, in forma di cubetti o di dadi.
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