DAHLAC (Dahlak; A. T., 116-117)
Isole del Mar Rosso formanti un arcipelago tra il 15°30′ e il 16°37′ lat. N., presso la costa africana, dalla quale è separato dal Canale di Massaua, che si divide nei due tronchi nord e sud. Si tratta di 126 tra scogli, isolette e isole, tutte basse e pianeggianti e con coste frastagliate, alte al massimo una quarantina di metri. Sorgono su un imbasamento comune di calcari, marne, e gessi neogenici, e sono costituite da banchi di calcare coralligeno del Pleistocene, prova di recenti sollevamenti della regione; a queste si collegano forse i terremoti non rari alle Dahlac. Esistono tracce di petrolio.
Delle isole, due sole hanno un'estensione alquanto notevole: Dahlac el-Chebir o Grande Dahlac (760 kmq.) e Norah (135 kmq.). Naheleg, Mahun, Harmil, 'Isra-tu (Sarato), Dohol, Harat, Nocra sono molto più piccole; le altre insignificanti. Il clima vi è naturalmente molto caldo, e scarsissime le precipitazioni (invernali), onde in qualche caso, come a Ghabbihù, si formano saline naturali: e la vegetazione, all'infuori delle mangrovie, assai frequenti lungo mare, si limita a poche palme, a radi arbusti spinosi di acacia, e a lembi di steppa, che rinverditi dalle piogge e dalla notevole umidità dell'atmosfera, porgono un magro pascolo ai poveri armenti degl'indigeni. Questi: si dicono originarî della costa araba, e hanno usi, costumi e lingua simili a quelli delle tribù del Sahmar. Ascendono a circa 2400 persone, musulmani e parlanti un dialetto tigrè, che vivono aggruppate in rari e piccoli villaggi, formati generalmente di capanne dal tetto a due spioventi, con poche costruzioni in muratura. Di tali villaggi se ne contano nove a Dahlac, quattro a Norah, uno a Nocra (che fu per molti anni sede di un penitenziario), uno ad Harat, uno a Dohol, ecc. La popolazione si dedica specialmente alla pesca delle perle e della madreperla, che si esercita con sambuchi nei mesi di aprile-maggio e da settembre a novembre e costituisce una delle industrie più produttive della colonia. Debullo, uno dei villaggi di Dahlac el-Chebir, è sede di una fiera annuale, in cui si smerciano i prodotti di questa pesca. A Nocra esistono cave di pietra e avanzi di fornaci di calce.
Bibl.: A. Issel, Viaggio nel Mar Rosso e tra i Bogos, 4ª ed., Milano 1885; G. Salvadei, Massaua, in Atti parlamentari, Leg. XXIII, sess. 1909-13; allegati alla Relaz. sulla Colonia Eritrea di F. Martini, Roma 1913; G. Cordero, Notizie geol. sulle isole Dahlac, in Atti Soc. Tosc. Sc. Nat., 1930.
Storia. - In antico, le isole ebbero nome di Aliaeu (Plinio), Alalaios (Periplus maris Erythraei), che sembra ripetere quello di primitivi abitatori, venuti dall'opposta costa araba. Nel sec. VII furono occupate dai musulmani, che s'insediarono in Dahlac el-Chebir, a quanto sembra per frenare la pirateria abissina; e tale occupazione fu colpo gravissimo per il regno d'Aksùm. Dahlac el-Chebir divenne temuto luogo di relegazione per le vittime dei califfi o dei loro capi. Più tardi, l'arcipelago passò sotto la signoria dello Yemen, e si trovò strettamente collegato con le vicende politiche d'una dinastia di Zebīd, d'origine abissina, detta dei Benī Nagiāḥ (sec. XI-XII). Caduta questa, Dahlac si costituì in sultanato indipendente, con autorità, a volte, fin su Massaua, ma spesso insidiato dai principi dello Yemen, dall'Egitto, dai capi dell'Abissinia settentrionale. Numerose iscrizioni arabe, in eleganti caratteri cufici, dimostrano l'alto grado di civiltà raggiunto in quei secoli, sebbene i sultani di Dahlac si segnalassero per rapacità e per angherie a danno dei commercianti e dei viaggiatori. L'ultimo sultano, di cui finora si conosca il nome, è Aḥmed i‛n Ismā‛īl, morto il 19 maggio 1539: egli prese parte attiva nell'avversare le prime spedizioni dei Portoghesi nel Mar Rosso. Dopo poco, le Dahlac passavano sotto la signoria dei Turchi, e perdettero ogni importanza politica. Occupate nel 1885 dagl'Italiani, che sin dal 1868 vi avevano inviato una missione, questi costruirono nell'isola di Nocra un penitenziario, contro cui pirati arabi e fuorusciti eritrei tentarono un colpo di mano nella primavera del 1901: ultimo avvenimento di qualche interesse per l'arcipelago.
Bibl.: C. Conti Rossini, Storia d'Etiopia, I, Milano 1928; R. Basset, Les inscriptions de l'île de Dahlac, in Journ. As., 1893; B. Malmusi, Lapidi della necropoli musulmana di Dahlak, in Mem. Acc. di Modena, sez. di lettere, s. 2ª, XI (1895), pp. 1-57 e s. 3ª II (1898), pp. 53-102.