Dai primi insediamenti al fenomeno urbano. Europa tra preistoria e protostoria
di Alessandro Guidi
Nei tell della Penisola Balcanica si segnala fin dal periodo compreso tra la metà del VII e il VI millennio a.C., la presenza di muri di cinta e l'organizzazione interna degli spazi, spesso scandita da piccole strade ortogonali e caratterizzata dal ruolo di alcuni edifici più imponenti, come il megaron di Sesklo, in Tessaglia. Nel V millennio aumenta, in quest'area, l'evidenza dei villaggi più grandi difesi naturalmente o artificialmente, nell'ambito di sistemi di insediamento gerarchici. Alcuni abitati della Bulgaria (Ovčarovo, Polyanitsa, Tărgovište e Radograd), tutti difesi da due o tre palizzate, presentano una struttura complessa e ben pianificata, con pianta rettangolare suddivisa dalle strade interne in quattro "quartieri" orientati secondo i punti cardinali, all'interno dei quali si distinguono case più grandi delle altre. Ancora più interessante risulta essere la concentrazione di indicatori "di pregio" e di attività artigianali o cultuali, come la presenza di case a due piani, in qualche caso con le pareti dipinte, a volte contenenti numerose statuette o oggetti d'oro all'interno o sotto il pavimento, l'individuazione di veri e propri "luoghi di culto" con colonne e decorazioni dipinte, bucrani e statuette antropomorfe, o di quartieri con focolari più grandi, figurine e dipinti murali, negli abitati maggiori. La fine di questo sistema o una sua radicale ristrutturazione nel corso della prima metà del IV millennio a.C. è stata messa in relazione con diversi fattori, come la crisi della produzione metallurgica più antica o la graduale penetrazione di gruppi nomadi provenienti dalle regioni orientali. Una delle più vistose "anomalie" nella documentazione archeologica dell'Europa preistorica è costituita dalla presenza, tra V e IV millennio, nell'area occupata dalle culture di Cucuteni e Tripolje, tra Romania nord-orientale, Moldavia e Ucraina, di abitati di dimensioni fuori della norma, per quest'epoca, come Talianki (450 ha), Majdanetscoje (270 ha), Tomasovca e Dobrovody (250 ha). La struttura interna di questi villaggi, con 10-12 file concentriche di case (le più esterne a due piani) e con officine per la lavorazione della ceramica, ha fatto pensare che fossero centri "protourbani" ante litteram; in realtà essi sembrerebbero aver costituito punti di aggregazione occupati solo in parte e stagionalmente, una sorta di frontiera contro l'espansione delle vicine popolazioni nomadiche. In Italia i villaggi trincerati del Neolitico della zona del Tavoliere, tra Puglia e Basilicata, che nascono alla fine del VII millennio a.C., si caratterizzano per la presenza di uno o più fossati di recinzione, la cui funzione sembra essere legata, più che a esigenze difensive, a necessità di captazione delle preziose risorse idriche; al loro interno, più piccoli fossati a C (compounds) sono occupati da resti di abitazioni e recinti per il bestiame. Già nel corso del VI millennio a.C., sebbene la maggioranza dei villaggi trincerati presenti un'estensione non superiore ai 7 ha, se ne conoscono alcuni della grandezza stimata di 30 ha; il più noto, Passo di Corvo in Puglia, nel V millennio raggiunge la ragguardevole estensione di 140 ha, anche se solo una porzione minore (50 ha) è occupata dai compounds. Un discreto grado di conflittualità tra le varie comunità è attestato in Sicilia, fin dal VI millennio, dalla presenza di opere di fortificazione; nel V millennio muri di un certo spessore si conoscono sia in Calabria (Capo Alfiere) che in Sicilia (Capo Vento e Serra del Palco), mentre un grande fossato circonda l'abitato di Fornace Cappuccini, presso Faenza, e a Lugo di Romagna è documentato un complesso apprestamento difensivo formato da un fossato e da una palizzata. Nell'Italia settentrionale è questa l'epoca della formazione di ben muniti siti d'altura, come Rivoli e Pescale, e di una diffusa occupazione di regioni montane, da mettere probabilmente in connessione con l'aumento di importanza delle attività pastorali. Nel Neolitico finale tali tendenze sembrano accentuarsi, nell'ambito di un sistema insediamentale che vede la progressiva scomparsa dei villaggi trincerati; abitati di grandi dimensioni, superiori ai 10 ha, sono ben conosciuti in Sicilia (Partanna e Diana, a Lipari) e in Sardegna (San Gemiliano di Sestu). Anche nella Francia meridionale la prima metà del IV millennio vede lo sviluppo di un sistema articolato di insediamenti, sia su altura difesa che in pianura, alcuni dei quali con estensione maggiore di 20 ha. È questa, inoltre, anche se si conoscono abitati simili in Italia e in Spagna fin dal VI millennio, l'epoca della maggiore diffusione dei villaggi perilacustri, soprattutto nella regione alpina. Tra il VI e gli inizi del V millennio a.C. in gran parte dell'Europa centrale, assieme alla diffusione di un caratteristico tipo di ceramica "a bande lineari" (Linienbandkeramik) e all'introduzione dell'economia agricola, è ben documentata l'esistenza di villaggi formati da case allungate e dai rispettivi granai. Se in alcuni casi lo scavo ha dimostrato come le strutture fossero pertinenti a fasi diverse, in altri si ha l'impressione di avere a che fare con abitati più strutturati e, di conseguenza, con un'embrionale gerarchia insediamentale. La cultura di Lengyel, diffusa dalla Moravia alla Slovacchia e dall'Austria orientale all'Ungheria occidentale, documenta con chiarezza il superamento, nel corso della prima metà del V millennio, di questo modello di popolamento, in favore di grandi villaggi difesi da palizzate e fossati, talvolta con piccoli recinti fortificati contenenti una struttura abitativa isolata ricostruita più volte. Dalla metà del V millennio a.C. il paesaggio insediativo di un'area ben più vasta, che intorno al 4000 a.C. comprende anche le Isole Britanniche e la Scandinavia meridionale, appare ormai dominato dall'enclosure, uno spazio chiuso delimitato da uno o più fossati. Accanto a recinti di limitate dimensioni, ve ne sono altri che raggiungono i 60-70 ha, mentre a Urmitz, in Germania, la cinta è costituita da due fossati, muniti di un certo numero di "bastioni" a ferro si cavallo, costruiti con pali di legno a fondo piatto e da una palizzata parallela che circonda un'area di oltre 100 ha. Sulla funzione di questi recinti le ricerche effettuate hanno dato risultati contraddittori: solo in alcuni casi, infatti, se ne può dimostrare un utilizzo chiaramente abitativo. In generale, la spiccata preferenza per siti d'altura o difesi, comune a gran parte del continente europeo nel V e nella prima metà del IV millennio a.C., indica l'acuirsi dello stato di conflittualità tra le varie comunità. Nel periodo compreso tra la metà del IV e gli ultimi secoli del III millennio a.C. alcuni dei centri dell'area egeo-anatolica (Troia, Lerna, Chalandriani, Thermi e Poliochni) sono ormai vere e proprie "cittadelle", mentre il tipo di popolamento che predomina nel resto del continente è quello disperso, con villaggi in aree prima ritenute "marginali" e ora colonizzate per il concomitante sviluppo dell'agricoltura e della pastorizia. Tranne alcuni casi, l'estensione media degli abitati di gran parte del continente oscilla tra 1 e 4 ha; ciò nonostante, è possibile rilevare l'esistenza di una gerarchia insediamentale a due livelli, con abitati "maggiori", spesso in posizioni dominanti, a controllo di importanti vie di comunicazione, degli itinerari legati alla transumanza delle greggi o dei migliori terreni agricoli, non di rado fortificati. Il tipo di fortificazione prevalente è costituito da fossati e palizzate, anche se non mancano esempi più elaborati, come il sistema formato dalle tre cinte (due concentriche e una a difesa dell'acropoli) della prima fase del grande abitato di Los Millares in Spagna. A partire dalla metà del III millennio appaiono fortificazioni complesse, con veri e propri bastioni circolari e lunghe muraglie di rinforzo (Monte Baranta di Olmedo, in Sardegna; Lébous, nell'Hérault; Vila Nova de São Pedro e Zambujal, in Portogallo e la seconda fase di Los Millares). Nel Wessex, in particolare nella pianura di Salisbury, vengono eretti nella stessa epoca alcuni grandi circoli megalitici, come Stonehenge, Avebury, Mount Pleasant, Durrington Walls e Marden, la cui estensione può superare anche i dieci ettari. Nonostante la presenza, al loro interno, di strutture circolari, una prevalente funzione di luoghi di riunione e di svolgimento di cerimonie collettive può essere dimostrata dal fatto che il loro abbandono viene in genere "segnato" con l'erezione di lunghi allineamenti di pietre. La ricca documentazione archeologica di cui disponiamo ci consente di individuare in diverse parti del territorio europeo, tra il 2000 e il 1600 ca. a.C., un'impressionante "rete" di villaggi, all'interno della quale è facile distinguere forme più o meno accentuate di gerarchia, con una località centrale spesso fortificata e in posizione strategica (ma si conoscono anche grandi villaggi di pianura, non di rado posti sulle rive dei laghi), diversi borghi di importanza secondaria, piccoli agglomerati di abitazioni e fattorie isolate. Vanno segnalati, in quest'ambito, i grandi abitati fortificati iberici della cultura argarica e, soprattutto, quelli dell'area di distribuzione della cultura di Otomani, tra la Slovacchia, l'Ungheria e la Transilvania. A questa fase fa seguito, nell'età del Bronzo Medio, una situazione di rarefazione, dispersione e instabilità dell'insediamento. In alcune delle aree precedentemente interessate dalla massima diffusione del megalitismo siti d'altura e sistemi gerarchici di abitati sembrano invece essere del tutto assenti (come in Scandinavia) o si affermano solo alla fine del II millennio a.C. (come nell'Europa atlantica e nelle Isole Britanniche). Diversa è la situazione della penisola italiana, caratterizzata non di rado da un processo di selezione e concentrazione dell'insediamento che, sia pure con modi e tempi differenti, non sembra arrestarsi nel corso dell'intero II millennio a.C. Uno dei tipi di abitato più diffusi nell'area alpina e prealpina è quello delle "palafitte" sorte sulle rive dei bacini lacustri e dei fiumi. Nonostante il considerevole impegno lavorativo delle comunità locali per la costruzione di questi villaggi e l'impressionante regolarità di case e strade che ne disegnano l'assetto interno, si tratta in genere di centri di estensione modesta. Negli ultimi anni la ricerca ha permesso di individuare nelle stesse regioni, fin dall'antica età del Bronzo, abitati d'altura che in alcuni casi presentano anche complessi sistemi di fortificazione; nel Carso triestino è proprio con il Bronzo Medio che ha origine un modello di villaggio di altura fortificato, il "castelliere", che durerà fino all'età del Ferro. Il tipo di abitato prevalente nella Pianura Padana, tra il Bronzo Medio e il Bronzo Recente (XVII-XIII sec. a.C. ca.), è però la "terramara", villaggio arginato di forma quadrangolare il cui fossato veniva costruito in modo tale da captare le acque di fiumi e torrenti che solcavano la regione; la sua diffusione e la sua struttura interna fanno pensare a forme di vera e propria "colonizzazione" della pianura da parte di genti provenienti dalle regioni poste a nord del Po. In Italia centrale la situazione meglio conosciuta è quella dell'Etruria meridionale, dove l'abitato "canonico", costituito dal pianoro tufaceo ben difeso naturalmente e posto alla confluenza tra corsi d'acqua, assume un ruolo particolare nel corso della prima metà del II millennio a.C. I maggiori elementi di complessità di abitati e sistemi insediamentali li possiamo però cogliere in Italia meridionale e in Sicilia, significativamente coincidenti con l'epoca della più intensa frequentazione delle coste da parte della marineria egea. È il caso della Puglia, dove fin dagli inizi della media età del Bronzo sorge sui promontori costieri (ad es., a Coppa Nevigata) una serie di abitati contraddistinti da elaborati sistemi di fortificazione, o delle Isole Eolie, dove si segnalano gli abitati di capanne ovali con fondamenta in pietrame del Castello di Lipari, della Montagnola di Capo Graziano, a Filicudi, e di Punta Milazzese, a Panarea. In Sicilia, dove già agli inizi del II millennio a.C. sono attestate cinte difensive rinforzate da bastioni semicircolari, il modello del villaggio fortificato egemone circondato da "satelliti" di minore importanza si impone in tutta l'isola nella media età del Bronzo. Particolarmente interessante appare la situazione dei due siti più noti, Thapsos (dove si può cogliere una vera e propria pianificazione urbanistica) e, più tardi, Pantalica, ben nota per il grande edificio rettangolare (cd. anaktoron) della tarda età del Bronzo. In Sardegna e in Corsica, fin dagli inizi del II millennio a.C., e più tardi nelle Baleari, compaiono torri che hanno in alcuni casi la funzione di "fulcro" degli abitati maggiori. Dei più noti di questi monumenti, i nuraghi sardi, si può ricostruire l'evoluzione nell'ambito di un sistema insediamentale che, anche qui, evolve verso forme sempre più accentuate di concentrazione. È negli ultimi due secoli del II millennio a.C. che sorgono in tutto il continente (con l'eccezione delle steppe eurasiatiche, che da quest'epoca in poi vedono l'affermazione definitiva di sistemi socioeconomici basati sul nomadismo pastorale) forme di agglomerazione demografica evidenti, sia nella riduzione del numero degli abitati che nell'aumento medio delle loro dimensioni. Ovunque predomina, nonostante il perdurare di abitati perilacustri o di pianura, il tipo del villaggio su altura difeso naturalmente o artificialmente (lo hillfort inglese o il ringwall centro-europeo). Ricerche condotte in alcuni distretti territoriali hanno consentito di individuare, in quest'ambito, una chiara gerarchia insediamentale a due o a tre livelli. Nell'Italia del Nord, le nuove forme di popolamento del territorio dell'età del Bronzo Finale, successive al "collasso" del mondo terramaricolo, sono costituite da sistemi di villaggi che sorgono attorno a poche località egemoni, di grandi dimensioni e con notevole concentrazione di attività produttive, come Badia Pavese nella Lombardia occidentale, Casalmoro nel Mantovano, Montagnana presso Padova, e, soprattutto, Frattesina di Fratta Polesine. L'area medio-tirrenica e la Sibaritide mostrano un'evoluzione parallela, con la riduzione del numero degli abitati, ora posti quasi sempre in posizione difesa, e un parallelo accrescimento delle loro dimensioni. Altri centri destinati a raggiungere dimensioni ragguardevoli nell'età del Ferro, come Salapia, Siponto e Canosa in Puglia, nascono proprio alla fine dell'età del Bronzo. In Sardegna fanno la loro comparsa abitati dotati di embrionali caratteristiche "urbanistiche", come case disposte ordinatamente in veri e propri isolati; attorno a templi a pozzo e a fonti sacre, già presenti dall'età del Bronzo Recente, si sviluppano ora villaggi che sembrano assumere un ruolo particolare nel controllo degli scambi e delle alleanze politiche. In Etruria meridionale, tra la fine del II e gli inizi del I millennio a.C., i circa 80 villaggi della fine dell'età del Bronzo, di dimensioni medie comprese tra 5 e 6 ha, vengono quasi tutti abbandonati in concomitanza con la formazione dei centri protourbani di Veio, Cerveteri, Tarquinia, Vulci, Bisenzio e Volsinii (l'attuale Orvieto). Vasti pianori tufacei (con l'eccezione di Bisenzio, che sorge attorno all'altura che domina il lago di Bolsena), già in parte occupati da piccoli nuclei nei periodi precedenti, sono di grandezza oscillante tra i 100 e i 150 ha, a dominio di territori di circa 1500 km² con pochi abitati minori, spesso situati sulla costa e legati soprattutto alle esigenze commerciali dei grandi aggregati protourbani. L'impressionante aumento delle sepolture del periodo recente della prima età del Ferro indica un incremento della pressione demografica, che dovette comportare il graduale superamento del modello di occupazione "a macchie di leopardo" in favore di una più regolare pianificazione urbanistica e, allo stesso tempo, una capillare colonizzazione delle campagne, con la formazione di un articolato sistema insediamentale a tre o quattro livelli, all'interno del territorio di ciascun centro protourbano villanoviano. Alcune eccezionali testimonianze del periodo Protogeometrico, l'ancora insufficiente conoscenza della struttura degli abitati e la necessità di rialzare la cronologia tradizionale sono tutti elementi che potrebbero far riconsiderare, alla luce delle più recenti acquisizioni sulla formazione delle città-stato etrusche, la dinamica della formazione delle prime poleis greche, in particolare dei grandi centri del X e del IX sec. a.C., destinati a trasformarsi nelle città di epoca storica, posti in siti aperti e caratterizzati da un insediamento rado, come Atene, Corinto, Argo, Iolco e Smirne. A sud del Tevere i modi e i tempi della formazione della città presentano caratteristiche diverse da quelli ricostruibili per l'Etruria. Le grandi concentrazioni protourbane fanno la loro comparsa in modo più graduale, su pianori di dimensioni minori, intorno ai 50 ha, spesso occupati, in parte, fin dalla media o dalla tarda età del Bronzo; anche nel Lazio, tra il IX e gli inizi dell'VIII sec. a.C., è possibile individuare un'articolata gerarchia insediamentale a tre o a quattro livelli. Il popolamento diffuso dell'area posta intorno al più importante guado del Tevere, con gruppi di capanne alternati a sepolcreti, già alla fine della fase iniziale della prima età del Ferro dà luogo, a Roma, a un grande centro protourbano esteso circa 100 ha. Scavi e ricerche degli ultimi anni dimostrano come il processo di formazione delle prime entità urbane e statali si sia progressivamente diffuso dall'area "nucleare" medio-tirrenica in gran parte dell'Italia centrale (soprattutto in Sabina e nella regione medio-adriatica). Allo stesso tempo è documentata, fin dagli inizi dell'età del Ferro, la fondazione di vere e proprie "colonie" villanoviane, seguendo due direttrici, quella meridionale (si tratta dei tre grandi centri protourbani campani di Capua, Pontecagnano e Sala Consilina) e quella settentrionale. Qui, la fondazione di centri villanoviani posti al di là dell'Appennino è attestata soprattutto a Verucchio e a Bologna, che nel corso della fase recente della prima età del Ferro raggiunge un'estensione di poco inferiore ai 300 ha, a dominio di un articolato sistema gerarchico di abitati minori. Nell'Italia nord-orientale, i due grandi abitati di Este e Padova raggiungono, nel corso della prima età del Ferro, una fisionomia unitaria e un'estensione che si aggira attorno ai 100 ha. Altri centri del Veneto di media grandezza nella fase recente della prima età del Ferro sono caratterizzati dalla presenza di quartieri artigianali e strade; gli scavi e le ricerche degli ultimi anni hanno inoltre permesso di individuare, ad est del Tagliamento, la presenza di grandi abitati di un periodo leggermente più recente. Un ulteriore esempio di formazione "primaria" di centri protourbani è attestato nell'Italia nord-occidentale. Un primo grande abitato del VII sec. a.C. è documentato a Castelletto Ticino; ancor più impressionante risulta la situazione di Como, la cui estensione raggiunge, nel VI sec. a.C. i 150 ha. In Liguria, il primo centro protourbano della regione, Genova, è ora datato agli inizi del V sec. a.C. Nel Mediterraneo occidentale, sia pure a scala ridotta, abbiamo la testimonianza di un'evoluzione analoga nella Francia sud-occidentale e soprattutto nella Penisola Iberica, dove la formazione di uno stato arcaico strutturato e complesso (le fonti ci parlano di un regno tartessio) è stata messa in relazione con l'influenza della colonizzazione fenicia delle coste della Spagna sud-occidentale. All'evidenza di grandi abitati difesi fondati nel IX sec. a.C. si aggiungono qui le testimonianze di alcune ricchissime necropoli; alla "periferia" della regione costiera, nell'alta valle del Guadalquivir, questa nuova situazione determinò, inoltre, un progressivo abbandono degli abitati più piccoli e la nascita di alcuni grandi villaggi fortificati destinati a divenire, nel corso della seconda metà del I millennio a.C., i "gangli" vitali dello stato iberico. La documentazione archeologica della prima metà del I millennio a.C. dell'Europa atlantica, delle Isole Britanniche, della Scandinavia e della parte orientale del continente ci presenta un quadro che non si discosta, nelle grandi linee, da quello ricostruito per gli ultimi secoli del II millennio a.C. Nella Germania orientale alcuni dei villaggi fortificati della cultura lusaziana raggiungono ora dimensioni imponenti; Biskupin, il noto abitato polacco sorto su un'isola lacustre collegata alla terraferma da un ponte, presenta nel VI sec. a.C. una planimetria dall'impressionante regolarità, con più di cento case di dimensioni quasi identiche, a testimonianza di un alto livello di organizzazione sociale. Di particolare importanza è la situazione dell'Europa centrale, al cui interno possiamo distinguere almeno tre fasi. La prima, corrispondente ai periodi Hallstatt B2 e B3 (X - metà VIII sec. a.C. ca.), è caratterizzata da una situazione analoga a quella dell'età dei Campi d'Urne. La seconda (Hallstatt C, metà VIII - metà VII sec. a.C. ca.) segna una brusca cesura, con il verificarsi di due fenomeni: il temporaneo abbandono di molti abitati d'altura, con una preferenza per forme di occupazione più dispersa del territorio e, al contempo, l'emergere di pochi centri "egemoni", come Hallstatt, Stična e Klein- Klein. L'elemento più importante dell'ultima fase (Hallstatt D, metà VII-VI sec. a.C. ca.) è costituito dall'emergere, a ovest e a est del Reno, di un articolato sistema insediamentale caratterizzato da una progressiva concentrazione della popolazione nelle rocche più importanti (le Fürstensitzen), distanti tra loro dai 60 ai 150 km. Accanto a quelle di grandezza intermedia, come la seconda fase della Heuneburg o Chatillon-sur-Glane (4 ha) si conoscono vere e proprie residenze aristocratiche (Goldberg, Kyberg, ecc.), non più estese di un ettaro e, all'opposto, villaggi di 20 e più ha, come Ipf (e, forse, la prima fase della Heuneburg) e la fortezza di Steinsburg, in Turingia. A questa categoria, inoltre, va senz'altro assegnato l'abitato di Mont Lassoix (40 ha), posto nell'alta valle della Senna, cui è riferibile la nota tomba femminile con carro di Vix. Alla fine del periodo hallstattiano il sistema "collassa", dando luogo di nuovo a forme di popolamento diffuso che alla fine cesseranno solo nella media e tarda età di La Tène (III-II sec. a.C.), con la formazione dei primi veri centri protourbani (gli oppida). Una significativa eccezione è costituita dal grande abitato fortificato di Zavist, in Boemia, che fu occupato con continuità dal VI al I sec. a.C., e la cui estensione, nella fase Hallstatt D, raggiungeva già i 90 ha; sulla sua acropoli sorgeva un importante santuario. Nell'ambito della formazione di aggregazioni di tipo statale su base "etnica", prive cioè di forme sviluppate di centralizzazione, vanno segnalati gli abitati fortificati sorti tra l'VIII e il VI sec. a.C. alla foce del Danubio, come Babadag e Beidaud, nel futuro territorio dei Daci, o il centro di Osanici, in Erzegovina, identificato con l'antica capitale dei Daorsi. Nella Sardegna nuragica i villaggi di Barumini e Palmavera mostrano ora un vero e proprio sviluppo "urbanistico"; analoghi fenomeni sembrano inoltre aver interessato la Sicilia centro-occidentale. Ma l'esempio più interessante è senza dubbio costituito dal particolare sviluppo del mondo scitico, a partire dal VII e dal VI sec. a.C. In Crimea, al di là della fascia costiera interessata dalla colonizzazione ellenica, sorsero diversi abitati difesi dove sono stati trovati oggetti di pregio di fabbricazione greca. L'esistenza di gravi tensioni tra questo mondo "sedentario" e quello tradizionalmente nomadico delle steppe è dimostrata dalla scoperta della grande fortezza di Bel'sk, posta su un affluente del Dnepr, in Moldavia, e databile alla fine del VII sec. a.C.; questa fortezza era difesa da una cinta muraria lunga ben 33 km che racchiudeva, a sua volta, due abitati principali e numerosi sepolcreti.
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di Alberto Cazzella
Con l'affermazione dell'economia produttiva, che caratterizza il Neolitico, si sviluppa una maggiore stabilità degli insediamenti: in diversi contesti al fenomeno si accompagna l'esigenza di delimitare gli abitati, anche se, almeno fino a momenti avanzati di questo periodo, tali delimitazioni non hanno necessariamente carattere difensivo. Tra le situazioni più antiche si possono ricordare alcuni casi isolati in Grecia e i villaggi "trincerati" dell'Italia meridionale. Tutte le situazioni documentate in Grecia tra Neolitico Antico e Medio (ad es., Nea Nikomidia, Servia, Soufli Magoula, Achilleion, Sesklo, collocabili tra la fine dell'VIII e la fine del VII millennio a.C.) sono di fatto alquanto problematiche per quel che riguarda la funzione: sia che si tratti di fossati che di mura, le loro dimensioni sono in genere troppo limitate per poter essere connesse con un effettivo scopo di protezione da attacchi di gruppi umani ostili. I villaggi "trincerati" italiani, attestati a partire dagli inizi del VI millennio a.C., prendono il nome dalla presenza di uno o più fossati che recingono l'abitato: le dimensioni stesse del perimetro, in alcuni casi molto rilevanti rispetto alla presumibile entità demografica del gruppo che vi risiedeva, come avviene ad esempio a Passo di Corvo in Puglia (il fossato esterno, aperto, supera i 3 km di lunghezza), sembrano escludere una vera e propria finalità difensiva. Nell'Europa centro-occidentale, compresa la Gran Bretagna, con alcune attestazioni anche nell'Italia centrale (ad es., Fossacesia in Abruzzo), tra V e IV millennio, è documentata la presenza di siti circondati da fossati non continui ("fossati interrotti"), sulla cui funzione, difensiva o meno, è ancora aperto il dibattito. In altri casi, come Halle - Dölauer Heide nella Germania centrale, dove il fossato è continuo e in alcuni tratti multiplo e con palizzate all'interno, è più difficile negare che questo abbia il carattere di fortificazione, tenuto conto anche della posizione elevata del sito. Le dimensioni dell'area delimitata sono molto ampie, oltre 20 ha, e probabilmente questa non era occupata in modo intensivo. Anche nella Penisola Balcanica si trovano contemporaneamente alcuni siti forniti di fossato, terrapieno e palizzate (ad es., Ruse e Polyanitsa in Bulgaria), ma in questo caso si accompagnano a un modello di insediamento caratterizzato da un tessuto abitativo denso e di lunga durata, che comporta la formazione di tell. Solo in momenti successivi, tra IV e III millennio (corrispondenti a Neolitico tardo, Eneolitico o Bronzo Antico, a seconda delle diverse regioni europee) si ha un ulteriore sviluppo dei sistemi difensivi, con caratteristiche comunque piuttosto differenziate nei vari contesti. Molto articolate sono le fortificazioni attestate nel III millennio in ambito egeo: si tratta di mura in pietrame a secco, anche con presenza di torri, che racchiudono interi insediamenti, come ad esempio Palamari a Skyros e Chalandriani a Syros, o strutture emergenti, a costituire una sorta di cittadelle, come avviene a Lerna nel Peloponneso. In Italia carattere difensivo sembrano avere il fossato che chiude il lato di uno sperone naturalmente protetto da ripidi versanti a Conelle di Arcevia (Ancona) e il fossato unito a un muro in pietrame a secco che circonda la sommità della collina di Toppo Daguzzo (Potenza), risalenti alla seconda metà del IV millennio. Anche in Sardegna si hanno alcuni casi di fortificazioni in pietrame messo in opera a secco, tra cui si può ricordare quello di Monte Baranta (Sassari), che delimita una piccola area naturalmente difesa sugli altri lati. Nella Francia meridionale sono documentati diversi casi di strutture difensive, contraddistinte dalla presenza di un fossato o di un muro a secco che sbarra uno sperone, talora insieme, come avviene a Roquemengarde, o dalla realizzazione di un muro a secco con torri circolari, che circonda un'area, in genere di dimensioni molto piccole, nettamente al di sotto dell'ettaro (come, ad es., Boussargues). Nella Spagna sud-orientale è stato da tempo messo in luce il sito for tificato di Los Millares, che per la complessità della sua realizzazione è stato accostato a contemporanei contesti egei. Anche se non vi sono elementi certi per ipotizzare un rapporto diretto in questo periodo tra Mediterraneo orientale e occidentale, non si possono escludere contatti tra gruppi adiacenti in grado di favorire la trasmissione di modelli culturali su vaste aree; d'altra parte il verificarsi di una situazione di elevata bellicosità in diverse aree europee può aver provocato risposte simili a esigenze analoghe. Los Millares non è l'unico sito fortificato della Penisola Iberica: una situazione articolata è ad esempio attestata a Zambujal, vicino a Lisbona. Siti con elementi di fortificazione, costituiti da palizzate e da fossati, si ritrovano nell'area balcanica e nell'Europa orientale in genere, come Vučedol in Croazia e Homolka e Vrany in Boemia: anche in questo caso, tuttavia, non sembrano costituire il tipo prevalente di insediamento. Nel millennio che segue, dagli ultimi secoli del III agli ultimi del II, le diverse aree europee appaiono essere in contatto tra loro, ma gli sviluppi regionali risultano piuttosto diversificati, con riflessi anche nei modelli di organizzazione degli abitati e nella presenza o meno di sistemi difensivi. Nelle regioni in cui sono documentati, questi indicano l'esistenza di situazioni diffuse di conflittualità elevata, ma lasciano comunque aperta l'alternativa tra casi in cui si hanno forme di gerarchizzazione territoriale, in cui i siti difesi possono rappresentare i centri egemoni, e contesti in cui questi esprimono soltanto un'insicurezza generalizzata o connessa con particolari zone di maggiore attrito. Nell'ambito dell'Egeo si hanno siti fortificati soprattutto nella Grecia continentale: con il Tardo Elladico, a partire dal XVII secolo, si sviluppano sistemi difensivi complessi. Si tratta di vere e proprie mura di fortificazione, realizzate, nei casi di migliore esecuzione, mediante l'uso di blocchi squadrati per le cortine. Mura in pietrame a secco, di tecnica più semplice, si trovano nell'Italia meridionale (ad es., Tufariello, Coppa Nevigata, Roca), in Sicilia (ad es., Petraro di Melilli, Naxos, Thapsos) e nelle isole adiacenti (Pantelleria, Ustica) in un periodo più o meno corrispondente. I siti fortificati italiani non sembrano imitare direttamente i modelli micenei, ma mostrano comunque una certa complessità di realizzazione, per lo spessore delle mura che in diversi casi supera i 5 m, per la tecnica costruttiva, che talora prevede l'impiego di pietre sbozzate, e per lo schema progettuale, che implica anche l'uso di torri e postierle. Un caso particolare è rappresentato dai nuraghi sardi, la cui funzione difensiva è considerata probabile, ma che non sono in genere inseriti in un abitato. Solo in parte simile è la situazione dei piccoli nuclei fortificati attestati in Corsica. Nell'Italia centro-settentrionale insediamenti dotati di strutture difensive compaiono in genere in modo più sporadico, con l'eccezione dell'area padana interessata dalla presenza delle terramare (abitati recintati da un aggere e da un fossato, di forma prevalentemente quadrangolare), a partire da un momento di poco precedente la metà del II millennio. Siti fortificati si ritrovano in questo periodo in altre aree dell'Europa mediterranea, dall'Istria (i "castellieri") e dai Balcani (ad es., Pod in Bosnia, Badhra in Albania, Xylokastro in Epiro) al sud-est della Penisola Iberica (ad es., El Oficio, Ifre, Cerro de la Encina), in genere caratterizzati dalla presenza di strutture relativamente semplici, realizzate in pietrame a secco. Mentre in gran parte dell'Europa occidentale continentale e nelle Isole Britanniche fra tardo III e tardo II millennio non si ha una frequente attestazione di centri fortificati, questi non mancano in quella orientale, soprattutto in un momento avanzato di tale periodo. I sistemi difensivi adottati prevedono in genere l'uso di fossati, aggeri e palizzate, con diverse combinazioni: si possono ricordare Vinor in Boemia, Cezavy in Moravia, Nitrianský Hrádok, Spišsky Štvrtok e Barca in Slovacchia, Lovasberény-Mihályvár in Ungheria, Sălacea e Sărata-Monteoru in Romania. Tra tarda età del Bronzo ed età del Ferro (tra gli ultimi secoli del II millennio e i primi del successivo: anche in questo caso il limite cronologico tra i due periodi varia nelle diverse regioni europee) si assiste a un incremento nell'incidenza dei siti forniti di sistemi difensivi. Il fenomeno riguarda in modo particolare l'Europa centro-orientale e, nell'ambito di questa, il territorio interessato dalla cultura di Lausitz (soprattutto Polonia e parte orientale della Germania). Gli insediamenti fortificati riferibili a questa cultura si trovano sia su alture che in aree pianeggianti, spesso zone paludose di difficile accesso. La tecnica più utilizzata è quella del vallo e dell'aggere (quest'ultimo spesso costruito con l'aiuto di intelaiature lignee), talvolta multipli. Le dimensioni variano notevolmente, da meno di un ettaro a oltre trenta, ma solo per quelli più piccoli, in genere posti in aree pianeggianti, vi sono testimonianze di un'intensiva occupazione, che in alcuni casi potrebbe aver raggiunto le 300 persone per ettaro. Tra gli insediamenti più noti si possono ricordare quello di Senftenberg in Germania e di Biskupin in Polonia. Un caso particolare è rappresentato da una delle fasi del sito della Heuneburg, nella Germania meridionale, risalente al VI secolo, quando vennero realizzate mura in mattoni crudi con torri quadrangolari, a imitazione di modelli tratti dal mondo mediterraneo. In Gran Bretagna e in Francia, tra tarda età del Bronzo ed età del Ferro, cominciano a svilupparsi da un punto di vista numerico gli insediamenti fortificati, in genere piccoli, talvolta poco più che fattorie. A Wittnau, in Svizzera, l'abitato è posto su uno stretto sperone, difeso da un terrapieno verso il lato di più facile accesso e caratterizzato dalla distribuzione delle capanne a formare una linea continua lungo gli altri lati. Nell'Italia settentrionale si assiste a fenomeni di continuità in alcune aree periferiche, come il Friuli, dove permane l'uso di costruire insediamenti fortificati, e discontinuità, nella Pianura Padana, con la crisi del sistema terramaricolo alla fine del Bronzo Recente e la riorganizzazione dei modelli di insediamento. Nell'Italia centrale, nonostante un incremento della scelta di luoghi alti per gli insediamenti nel Bronzo Finale, solo con l'età del Ferro sono ben documentati sistemi difensivi, realizzati per mezzo di fossati e terrapieni (ad es., Ardea, Castel di Decima nel Lazio). Questa tecnica, che si differenzia dalla precedente tradizione rappresentata prevalentemente dalla costruzione di mura in pietrame a secco, si ritrova nell'età del Ferro anche in alcune regioni dell'Italia meridionale, come la Puglia: si possono ricordare centri come Arpi, nella Daunia, dove la cinta racchiude una superficie molto vasta, inglobando anche ampie aree non abitate. In altre regioni, come l'Etruria, si sente maggiormente l'incidenza di modelli portati dai coloni greci, con la realizzazione di mura in mattoni crudi, ad esempio a Roselle. Una situazione di continuità e di sviluppo dei sistemi difensivi si ha invece in Sardegna, con la realizzazione di strutture nuragiche sempre più complesse.
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di Daniele Vitali
Da un frammento di Ecateo di Mileto e da Erodoto sappiamo che il mondo greco conosceva un'entità etnica e territoriale chiamata Κελτιϰή (terra dei Celti); questa corrisponde alla vasta regione dell'Europa centrale che nel VI sec. a.C. è caratterizzata dal gruppo occidentale della cultura di Hallstatt (Ha). I caratteri unitari di tale cultura, che copre i territori della Francia orientale, Lussemburgo, Boemia, Germania meridionale, Svizzera settentrionale e Austria occidentale, si colgono dall'VIIIVII al primo quarto del V sec. a.C. (Ha C e Ha D). Nella tarda età di Hallstatt (VI - inizi V sec. a.C.) nell'Europa centrale, specialmente lungo il Rodano, il Reno e il Danubio, su importanti assi naturali di comunicazione si riscontra una realtà di abitati fortificati in posizione elevata e di tombe ricoperte da grandi tumuli nel territorio circostante. I ricchi corredi, contenenti oggetti di prestigio importati dal mondo mediterraneo e un carro cerimoniale a quattro ruote, interpretati come indicatori di potere, hanno fatto parlare di élites o di principi. Gli abitati relativi sono stati interpretati come le residenze di tale ceto dominante, ovvero ne è stata sottolineata la funzione economica e politica. Diversamente da quanto è avvenuto per le necropoli, pochi sono gli abitati esplorati in maniera sistematica, così come i rispettivi territori. Un caso esemplare ed eccezionale è costituito dalla Heuneburg, presso Hundersingen, sull'alto Danubio, dove sono stati scavati circa 10.000 m² della superficie totale di 3 ha. Le stratigrafie e i materiali provenienti da tale sito costituiscono un punto di riferimento obbligato per la tarda età di Hallstatt (Ha D1 - Ha D3). Gli abitati principeschi sinora identificati, o i territori caratterizzati da una ricca documentazione di tumuli e di abitati minori, coprono gran parte dell'Europa centrale; attualmente sono stati riconosciuti 13 "centri di potere politico autonomo" tra cui Heuneburg, Hohenasperg, Münsterberg presso Breisach am Rhein, Ütliberg presso Zurigo, Châtillon-sur-Glâne, Britzgyberg presso Illfurth, Salins-les- Bains, Mont-Lassois, Bourges. La maggior parte di tali centri rimane sostanzialmente sconosciuta dal punto di vista della documentazione archeologica, mentre la Heuneburg è per ora il solo centro fortificato di altura ad avere restituito strutture d'abitato organizzate secondo un impianto regolare. Non sono stati finora riconosciuti edifici più importanti degli altri, riferibili a dimore di rango o a santuari. Solamente nella fase IV si riconosce un grande edificio di legno con un piano terra e un primo piano, interpretato non senza obiezioni come un palazzo principesco. All'esterno di alcuni abitati principeschi sono stati individuati stanziamenti aperti nei quali sono presenti importazioni mediterranee: come la Aussensiedlung presso la Heuneburg, che presenta grandi edifici. In relazione con tali centri di potere politico si trova un altro tipo di abitato aperto, non fortificato, caratterizzato da una vocazione commerciale e produttiva con attività artigianali specializzate specialmente nel settore metallurgico; un esempio di recente scoperta è il sito di Bragny-sur-Saône, in Borgogna, alla confluenza della Saône con la Doubs. Esistono in Francia numerosi abitati rurali di pianura che indicano un'occupazione importante delle campagne per fattorie isolate (Grisy-sur-Seine). La maggior parte degli abitati principeschi è abbandonata bruscamente alla fine dell'Ha D3, mentre altri, talora fortificati, sembrano continuare in piena età di La Tène (LT) come Breisach, Hohenasperg, Ütliberg, Salins-les-Bains, Bourges. Tale declino, segnato da violente tracce di distruzione (Heuneburg), fu dovuto a conflitti sociali, a conflitti tra principati, a una crisi della domanda e dei sistemi commerciali. All'inizio dell'età di La Tène finisce il modello di insediamento centralizzato e i gruppi aristocratici si diffondono nelle campagne, in una sorta di densa colonizzazione rurale; dalla Borgogna alla Germania sud-occidentale si trovano ricchi corredi principeschi, in tombe secondarie scavate in tumuli più antichi, ovvero in nuove necropoli senza tumulo. Nel corso del IV e III sec. a.C. (LT antico e medio) l'abitato celtico è caratterizzato da insediamenti rurali orientati verso una produzione agricola o verso l'allevamento e da fattorie molto ampie, nelle quali si osservano numerose innovazioni che saranno poi una caratteristica degli oppida, essenzialmente attività artigianali specializzate. Quest'ultimo tipo di abitato viene bruscamente abbandonato a profitto dei nuovi centri fortificati (gli oppida) interpretati come il primo concreto tentativo di creare uno spazio non rurale. Gli oppida nel loro insieme rappresentano la migliore documentazione relativa all'occupazione del territorio per il La Tène finale; si trovano in genere in luoghi elevati, naturalmente difesi e ulteriormente fortificati con possenti mura. Il termine di oppidum, usato da Cesare nel De Bello Gallico per definire i vasti abitati dei Celti, copre una grande varietà di situazioni geografiche, urbanistiche e architettoniche. Accanto all'oppidum si riscontra una gerarchia di insediamenti con funzioni diverse: vici, pagi, aedificia, cioè villaggi o proprietà rurali e fattorie. La prospezione aerea o lo scavo archeologico rilevano la presenza di aree quadrangolari delimitate da fossati e da palizzate con all'interno case, granai e altre strutture utilitarie. Gli aedificia, che, stando a Cesare, erano sede della nobiltà gallica, formano il tessuto connettivo economico e politico essenziale per l'esistenza e il ruolo di un oppidum. Generalmente nell'oppidum principale si concentrano le funzioni politiche, amministrative, religiose, produttivo-artigianali e commerciali; l'artigianato si esprime soprattutto nella lavorazione del ferro, del bronzo, del vetro e dello smalto, mentre il ruolo politico-amministrativo è testimoniato dalla presenza di zecche monetali (esemplari sono a questo proposito i casi degli oppida di Manching e di Bibracte). Le funzioni commerciali e produttive sono indicate dai quartieri artigianali, dalla posizione in ricche regioni agricole, in zone di giacimenti minerari, dalla collocazione lungo importanti direttrici o in aree costiere. Per quanto concerne la società, la stratificazione che vede al vertice un'élite aristocratica è testimoniata da tombe monumentali presenti nelle vicinanze di alcuni oppida (Titelberg, Clémency) e soprattutto dai testi di Posidonio, di Cesare e di Livio. La conquista romana creò nuove città ma l'abitato rurale sparso perdurò adottando spesso le nuove forme e le nuove tecniche architettoniche di origine mediterranea. I SISTEMI DI DIFESA Le fortificazioni celtiche tardohallstattiane e lateniane dell'Europa temperata e della Gran Bretagna hanno le proprie radici nelle fortificazioni protostoriche sviluppatesi durante il Neolitico e nell'età del Bronzo. Si tratta di strutture artificiali realizzate con un imponente sforzo collettivo per delimitare siti che generalmente occupano o posizioni elevate o terreni dalla conformazione favorevole che li protegge in tutto o in parte (meandri fuviali, promontori). La superficie varia da alcune migliaia di metri quadrati a molte decine di ettari. In casi eccezionali le fortificazioni delimitano aree di oltre 1000 ha. I. Ralston calcola per il I millennio a.C., la presenza di circa 20.000 siti fortificati nell'Europa continentale, riferibili a residenze signorili, ad abitati, a spazi agricoli o di rifugio, a luoghi di culto. Per realizzare tali cinte, la cui lunghezza nei casi di alture o di rilievi ammonta a qualche decina di chilometri, furono impiegati terra, pietra e legno. La deperibilità di quest'ultimo materiale spiega la breve durata di molte fortificazioni e le frequenti ricostruzioni. Accanto ai tipi più elementari, costituiti da una palizzata semplice o doppia, si hanno fortificazioni più complesse nelle quali la cinta assume uno spessore e un'altezza di molti metri. La terra di riporto impiegata per realizzare la cortina muraria fu resa solida e stabile mediante un'armatura interna di legno variamente conformata. Le caratteristiche della parete esterna permettono di riconoscere nell'Europa continentale due tipologie di fortificazioni, che presentano ciascuna numerose varianti: quella dei remparts ad armatura orizzontale, che da sola garantiva la verticalità della facciata, e quella dei remparts con la facciata formata da una successione più o meno compatta di pali verticali. Le due tipologie ebbero il massimo sviluppo nell'età degli oppida (II e I sec. a.C.) e risultano diffuse rispettivamente a ovest e a est della linea del Reno. Altre tipologie di fortificazioni sono quelle costituite da bastioni massicci di pietre a secco o di semplice terra (tipo Fécamp); quest'ultimo tipo è particolarmente diffuso nella Gran Bretagna meridionale e nella Francia settentrionale. Si veda l'imponente fortificazione realizzata a Maiden Castle, nel Dorset, a partire dal III sec. a.C. e che, nel corso del tempo, venne racchiusa da altre tre cinte di terra. Le opere difensive comprendono poi un grande fossato esterno con fondo piatto o con sezione a V, a qualche metro di distanza dalla base dell'anello murario. All'area delimitata dalla fortificazione si accedeva attraverso porte di varia tipologia, complessità e dimensioni. I tipi a tenaglia o ad ali rientranti o a zig-zag erano realizzati per avere sotto controllo i fianchi dell'eventuale assalitore. Porte imponenti come quelle di Závist in Boemia, di Bibracte in Borgogna o di Manching in Baviera, sottolineano il prestigio dell'oppidum. In rari casi sono state riconosciute le basi di torri quadrangolari di legno appoggiate al cordone murario (Mont Vully, in Svizzera). Per quanto concerne le fasi più antiche (Ha C-D1 - Ha D3), sono ben conosciute le diverse fortificazioni che si sono succedute alla sommità di Heuneburg. In passato si sono interpretate le fortificazioni dei Celti come una risposta ai problemi di difesa. Attualmente, senza scartare la funzione difensiva di tali strutture, se ne sottolinea il valore simbolico e giuridico. La cinta è un elemento di separazione di uno spazio dal territorio circostante e la sua importanza o monumentalità sottolinea il prestigio di un centro (le residenze principesche) o il primato politico e la potenza di un centro rispetto ad altri. Fortificazioni più elementari su terreni pianeggianti, formate da un fossato, un terrapieno e talora una palizzata servirono a delimitare aree di culto o cerimoniali che in Baviera sono state chiamate Viereckschanzen o nella Francia settentrionale "santuari di tipo belga" (Gournay-sur-Aronde). In questo caso il ruolo simbolico della cinta è evidente. In area britannica le fortificazioni di altura dei Celti si legano alle tradizioni locali più antiche dei siti fortificati su altura (hillforts). Nel IV sec. a.C. alcuni hillforts ingranditi e nuovamente fortificati assumono un ruolo di primato sugli altri (Danebury, Hampshire). Lo spazio interno è occupato densamente da abitazioni, magazzini e da edifici di culto. Anche nel mondo celtiberico il modello di abitato di altura con fortificazioni difensive (castros) è ampiamente diffuso. Le dimensioni delle mura variano da un sito all'altro così come i materiali impiegati (blocchi di granito, legno e terra). Sono presenti fossati talora giganteschi (fino a 13 m di larghezza) e sistemi difensivi esterni come quello delle cosiddette piedras hincadas, una sorta di cavalli di Frisia formati da pietre conficcate nel terreno su ampie superfici, caratteristico dei castros della Meseta. Infine, è interessante notare che numerosi oppida celtici hanno il proprio nome composto dal suffisso -dunum, che in celtico significa "fortificazione" (Lugdunum, Noviodunum, Uxellodunum).
Caratteri e modelli dell'insediamento:
P. Brun - B. Chaume (edd.), Vix et les éphémères principautés celtiques. Les VIe-Ve siècles avant J.-C. en Europe centre-occidentale. Actes du Colloque de Châtillons-sur-Seine, Paris 1997; A. Colin, Chronologie des oppida de la Gaule non méditerranéenne. Contribution à l'étude des habitats de la fin de l'âge du Fer, Paris 1998.
Sistemi di difesa:
O. Buchsenschutz, Les fortifications de l'âge du Fer dans le centre de la France, in RA, 1 (1981), pp. 45-66; I. Ralston, Fortificazioni celtiche dell'età del Ferro in Europa, in Ocnus, 2 (1994), pp. 159-80; O.H. Urban, Keltische Höhensiedlungen an der mittleren Donau von Linzer Becken bis zur Porta Hungarica, Linz 1994.