Dal Neolitico all'età dei metalli. Dalle prime comunità agricole alle società complesse: Africa
di Donatella Usai
Per i millenni immediatamente precedenti l'affermarsi di economie produttive incentrate sulla pastorizia e/o sull'agricoltura, l'Africa presenta situazioni assai diverse da regione a regione e, spesso, ampie lacune di conoscenza dovute alla carenza di ricerche archeologiche. Come per l'Epipaleolitico, il Mesolitico e, più tardi, il Neolitico, le regioni per le quali si possiede il maggior numero di informazioni sono quelle dell'Africa settentrionale, fino al limite meridionale del Sahara e alla valle del Nilo nel suo complesso. Per l'Africa meridionale, centrale, orientale e occidentale le informazioni provenienti dai siti archeologici databili all'Olocene antico e all'Olocene medio si limitano, per la maggior parte, a descrizioni essenzialmente tipologiche dello strumentario litico, caratterizzato da industrie microlitiche a prevalenza di geometrici e di lame a dorso abbattuto. Mancano invece quasi del tutto i dati bioarcheologici (botanici e faunistici) atti a fornire un'attendibile conoscenza delle vicende ambientali di quelle aree. Le uniche significative innovazioni compaiono in Africa occidentale (Nigeria, Burkina Faso e Ghana) quando, intorno a 5000 anni fa, a queste industrie risulta associata per la prima volta la ceramica (Phillipson 1993). Nell'Africa settentrionale le ricerche archeologiche, più intensive che altrove, hanno restituito una ben diversa quantità di dati in relazione ai problemi della domesticazione di alcune specie animali storicamente e strategicamente importanti, quali bovini e caprovini, e vegetali, quali grano, orzo e miglio, altrettanto fondamentali per lo sviluppo delle economie produttive. Alcune di queste specie potrebbero essere arrivate in Africa dal mondo orientale, dove sembrano essere state endemiche nella loro forma selvatica (Clutton-Brock 1993; Harlan 1993). Grazie all'intensificazione della ricerca archeologica nell'alta valle del Nilo è stato provato che i cereali africani come il sorgo furono originariamente sfruttati attraverso la raccolta di piante spontanee. Il quadro che emerge è però tutt'altro che omogeneo. Nell'area maghrebina, i cacciatori-raccoglitori capsiani continuarono a mantenere invariato il loro stile di vita fino al IV millennio a.C., quando apparvero la ceramica, le punte di freccia con ritocco bifacciale (Neolitico di Tradizione Capsiana) e le prime manifestazioni di mutamenti nel sistema economico di sussistenza. Ad Ain Misteheyia, nella regione di Tebessa (Algeria), è documentata una sequenza culturale ininterrotta dal Capsiano al Neolitico di Tradizione Capsiana. La continuità insediativa e della cultura materiale rilevata in questo sito suggerisce che tali cambiamenti non comportarono movimenti di popolazioni, ma si realizzarono in seno a gruppi che non abbandonarono mai il proprio territorio, pur aprendosi ad influssi ed apporti esterni forse provenienti dall'Oriente. Peraltro, va sottolineato che la presenza di specie animali domesticate sia ad Ain Misteheyia che in altri siti (Grotta Capeletti in Algeria, Grotta di Haua Fteah in Tunisia) è ancora discussa (Muzzolini 1989; 1993). La presenza certa di cereali in area maghrebina, prima dell'epoca storica, è ancora da verificare. Più a sud, nel Sahara libico, resti di bovini domestici sono attestati nel IV millennio a.C. nel Riparo Nord del sito di Ti-n-Torha (Barich 1974), nel Tadrart Acacus, un'area dove strategie di controllo di alcune specie animali, quali Ammotragus lervia, una pecora selvatica originaria dell'Africa, sono documentate già dal VI-V millennio a.C. (Uan Afuda: Cremaschi - Di Lernia 1995). Le numerose raffigurazioni rupestri di bovini dell'Acacus e del Tassili n'Ajjer sono legate prevalentemente a questa e alla successiva fase neolitica. I molti insediamenti preistorici rinvenuti nell'area sahariana orientale (Deserto Occidentale egiziano), per la maggior parte localizzati in prossimità di oasi o di depositi lacustri alimentati dalle piogge della fase climatica umida dell'Olocene medio, sono di importanza fondamentale per la ricostruzione del modello di sviluppo delle società produttrici di cibo. Dai siti individuati in questa regione, oggi marginale, sembrano emergere evidenze del precoce avvio di questo processo di domesticazione di piante e di animali. Ricerche sistematiche nelle oasi di Siwa, Sitra, Dakhla, nella zona di Abu Ballas, hanno permesso di individuare numerosi siti che coprono un arco cronologico compreso tra 9000 e 6000 anni fa. Le industrie litiche, prevalentemente su lama nelle fasi più antiche, presentano, a partire da 7000 anni fa, rilevanti innovazioni tecnologiche, con l'apparizione di punte di freccia o accettine realizzate con ritocco bifacciale. I siti databili al VII-VI millennio da oggi sono stati definiti come accampamenti di pastori nomadi, ma non sempre tra le faune associate sono stati individuati resti chiaramente attribuibili a specie domesticate (Krzyzaniak - Kobusiewicz - Alexander 1993). Purtroppo la conservazione di resti di piante o di ossa animali è spesso compromessa dall'azione di agenti esterni, come l'erosione eolica, che asportano i sedimenti lasciando soltanto materiali che per la loro natura, trattandosi generalmente di manufatti di pietra o di ceramica, sono quasi indistruttibili. Più a sud, nell'area di Nabta e Kiseiba (Wendorf - Schild 1980), dove sono preservate antiche formazioni lacustri datate a partire da 10.000 anni fa, la documentazione archeologica restituisce dati che, per quanto discutibili, sembrerebbero testimoniare la presenza di bovini domesticati e la pratica della raccolta intensiva, piuttosto che della coltivazione, di cereali, sorgo e miglio. Gli studiosi che hanno indagato questi insediamenti hanno distinto lo sviluppo di queste società di pastori-agricoltori in tre fasi (Neolitico antico, medio e recente). Il sito E-75-8 è uno dei più importanti tra quelli rinvenuti a Nabta e ha restituito, per la fase del Neolitico recente (metà del V millennio a.C.), alcune sepolture di bovini coperte da tumuli di pietra. Lungo la valle del Nilo, che avrebbe visto nel IV millennio a.C. l'affermarsi di società agricole socialmente strutturate (fase predinastica), non si hanno indicazioni di questa fase di transizione ed è perciò comunemente accettata l'ipotesi che l'introduzione dell'agricoltura e dell'allevamento sia legata all'arrivo di gruppi provenienti dal Deserto Occidentale, dove essi si erano stabiliti durante le fasi climatiche favorevoli dell'Olocene antico e medio (Hassan 1987). Nella Bassa Nubia e nel Sudan centrale i gruppi di cacciatori-raccoglitori-pescatori del VI-V millennio a.C. (Mesolitico di Khartum) svilupparono nel IV millennio a.C. un'economia di tipo pastorale, anche se non sono ancora chiari i meccanismi che portarono all'introduzione delle specie domestiche in quest'area. I gruppi del Neolitico antico in Sudan, presso i quali perdurò la tradizione ceramica delle fasi precedenti, sebbene con l'introduzione di nuovi elementi decorativi e di nuove forme vascolari (ad es., il bicchiere a tulipano), sono conosciuti soprattutto attraverso le sepolture (Kadero, Shaheinab e Ghaba), che testimoniano lo sviluppo di gradi relativamente alti di differenziazione sociale caratterizzanti anche la successiva fase del Neolitico tardo, come dimostrano gli studi effettuati nelle necropoli dell'area centrale e settentrionale del Sudan (Kadada). Le aree insediative sono distribuite lungo la piana alluvionale del Nilo e associate a campi, dove erano praticate attività specializzate, occupati stagionalmente. In Bassa Nubia le evidenze archeologiche risalenti a questo periodo sono molto scarse fino alla formazione del complesso culturale denominato Gruppo A.
C.B.M. McBurney, The Haua Fteah (Cyrenaica), Cambridge 1967; B. Barich (ed.), La serie stratigrafica dell'Uadi Ti-n-Torha (Acacus, Libia), in Origini, 8 (1974), pp. 7-184; F. Wendorf - R. Schild (edd.), Prehistory of Eastern Sahara, Dallas 1980; F. Hassan, Desert Environment and Origins of Agriculture in Egypt, in T. Hägg (ed.), Nubian Culture Past and Present, Stockholm 1987, pp. 17-32; A. Muzzolini, La "Néolithisation" du Nord de l'Afrique et ses causes, in O. Aurenche - J. Cauvin (edd.), Néolithisations, Oxford 1989, pp. 145-86; J. Clutton-Brock, The Spread of Domestic Animals in Africa, in Th. Shaw et al. (edd.), The Archaeology of Africa. Food, Metals and Towns, London 1993, pp. 61-70; J.R. Harlan, The Tropical African Cereals, ibid., pp. 53-60; A. Muzzolini, The Emergence of a Food-producing Economy in the Sahara, ibid., pp. 227-39; L. Krzyzaniak - M. Kobusiewicz - J. Alexander (edd.), Environmental Change and Human Culture in the Nile Basin and Northern Africa until the Second Millennium B.C., Poznan 1993; D.W. Phillipson, African Archaeology, Cambridge 1993²; M. Cremaschi - S. Di Lernia, The Transition between Late Pleistocene and Early Holocene in the Uan Afuda Cave (Tadrart Acacus), Libyan Sahara. Environmental Changes and Human Occupation, in Quaternaire, 6, 3-4 (1995), pp. 173-89.
di Rodolfo Fattovich
L'emergere di società complesse (definite cioè da una sempre più marcata gerarchia sociale) e il successivo sviluppo di Stati con forme di potere centralizzato si verificarono in Africa attraverso processi solo in parte comparabili con quelli delle altre regioni del mondo antico e seguendo percorsi storici ben differenziati nelle singole regioni. Nel versante nord-orientale del continente il processo iniziò in epoca molto antica (V-IV millennio a.C.) e culminò con l'emergere dello Stato faraonico agli inizi del III millennio a.C. e con il consolidarsi dei regni di Kush in Nubia (I millennio a.C.) e di Aksum sull'altopiano tigrino in Etiopia settentrionale (I millennio d.C.). Nelle altre regioni del continente tale processo si verificò in epoca più recente (I-II millennio d.C.), essendo in parte correlato con la diffusione dell'Islam e con l'intensificarsi degli scambi con l'Europa in epoca precoloniale. Nell'Africa a sud del Sahara esso fu facilitato dal diffondersi della lavorazione del ferro a partire dalla fine del I millennio a.C.; l'uso di strumenti in ferro permise infatti ai gruppi umani in possesso di questa tecnologia di espandersi abbastanza velocemente, aprendo nuove regioni prima inadatte allo sfruttamento agricolo e/o al pascolo, a danno delle popolazioni di cacciatori-raccoglitori, e gettando così le basi per lo sviluppo di società sempre più complesse. Tre fattori hanno avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo di formazioni sociopolitiche complesse in Africa. In primo luogo, il consolidarsi di forme di economia di sussiagricoltura e pastorizia, con una gamma di variazioni intermedie che diedero origine a società agro-pastorali) permise l'emergere di comunità con un controllo maggiore del territorio, a fini sia agricoli che di allevamento, e favorì l'incremento demografico. A sua volta, la produzione di eccedenze alimentari rese possibile l'affermarsi di forme di artigianato e lo sviluppo di reti di scambio locali, regionali e interregionali che gettarono le basi per l'emergere di élites locali. Il possesso di bestiame, oltre a fornire una fonte controllata di proteine, offrì ai singoli individui la possibilità di esprimere simbolicamente il proprio rango, accentuando così la gerarchia sociale all'interno del gruppo. Il secondo fattore centrale nell'evoluzione delle società africane è costituito dal progressivo inserimento di alcune regioni, ubicate in posizioni strategiche per lo sfruttamento e/o il controllo di risorse e di materie prime, in circuiti di interscambio sempre più ampi con il mondo esterno. Ciò favorì il consolidarsi di élites in grado di controllare gli scambi e la redistribuzione dei prodotti all'interno della comunità. Il terzo fattore, l'interazione tra pastori e agricoltori, ha infine movimentato il quadro sociale africano: spesso società stratificate di tipo statale sono sorte in seguito a migrazioni e a conquiste da parte di gruppi di allevatori impostisi sulle popolazioni di coltivatori. In Africa la stessa definizione di società complesse è incerta. Secondo la scuola di antropologia sociale inglese, si possono distinguere due tipi principali di sistemi politici tradizionali: società acefale (ossia prive di capi) e apparentemente egualitarie, quali si riscontrano soprattutto tra i pastori nomadi o seminomadi dell'Africa orientale, e società statali a potere centralizzato, dotate di una burocrazia amministrativa con una netta stratificazione sociale. Va notato tuttavia che anche le cosiddette "società acefale" presentano spesso forme di gerarchia sociale, espresse mediante lignaggi dominanti o sistemi di classi di età; elementi distintivi di molti Stati dell'Africa subsahariana erano ad esempio il ruolo centrale della regina madre e il carattere sacrale della regalità. Dal punto di vista archeologico, infine, l'identificazione di forme incipienti di complessità sociale non è sempre facile, poiché in molte comunità la gerarchia per rango e la stratificazione si esprimono in una forma prevalentemente simbolica che ha lasciato poche tracce nella documentazione materiale.
La regione in cui oggi meglio si può seguire il processo di formazione dello stato è senza dubbio la bassa valle del Nilo, in Egitto. Lo Stato faraonico non apparve improvvisamente, ma fu il risultato di una lunghissima serie di trasformazioni sociali, economiche e culturali avvenute in tale area e nelle regioni oggi desertiche ad essa adiacenti, a partire almeno dal Pleistocene finale. Fasi cruciali in questo processo furono: 1) l'insediamento lungo il Nilo, nel Pleistocene finale e nell'Olocene iniziale (20.000-5000 a.C. ca.), di popolazioni semisedentarie con industrie litiche differenziate, dedite allo sfruttamento intensivo di risorse acquatiche e di piante selvatiche; 2) l'apparizione di comunità con economia produttiva nelle oasi del Deserto Libico e successivamente nella valle del Nilo nell'Olocene iniziale (8000-4000 a.C. ca.); 3) l'emergere di società complesse a livello protostatale nell'Olocene medio (4000-3000 a.C. ca.). La documentazione archeologica suggerisce inoltre che la civiltà egiziana sia emersa da un sostrato culturale paleoafricano, differenziandosi progressivamente da esso in seguito alla penetrazione di tradizioni culturali (e forse di popolazioni) dal Vicino Oriente fin dall'Olocene iniziale. L'esistenza di questo sostrato è stata messa in evidenza soprattutto in base all'esame dell'arte rupestre; esso è riferibile a popolazioni di cacciatori che occupavano originariamente l'intera regione sahariana, dalla Mauritania al Deserto Orientale, compresa la valle del Nilo. Con l'introduzione della produzione di cibo nella valle del Nilo verso la metà del V millennio a.C. ebbe inizio una netta differenziazione culturale tra le popolazioni dell'Alto Egitto, tra Assiut e Assuan, e quelle del Basso Egitto, incluso il Delta. Conseguenza di questo evento fu l'emergere di società complesse in entrambe le regioni, fino alla loro fusione in uno Stato unitario agli inizi della I Dinastia (3150 a.C. ca.). Questa fase della tarda preistoria egiziana, che copre tutto il IV millennio a.C., è definita Predinastico. Piante e animali domestici vennero introdotti dal Levante nelle oasi del Deserto Libico nell'Olocene iniziale e da qui nella bassa valle del Nilo nel corso del V millennio a.C. Le tracce più antiche di comunità che praticavano la produzione del cibo, con allevamento di bovini e caprovini e coltivazione di cereali, sono state infatti individuate nel Deserto Libico, dove si datano tra la fine del VII e la metà del V millennio a.C. Nella bassa valle del Nilo le evidenze più antiche sono rappresentate dai siti del Fayyum A nella depressione del Fayyum, di Merimde Beni Salama nel Delta sud-occidentale e della cultura badariana, datati alla seconda metà del V millennio a.C. Le culture del Fayyum A e di Merimde sono attribuibili a popolazioni seminomadiche, che praticavano la coltivazione di cereali, l'allevamento di caprovini, lo sfruttamento delle risorse acquatiche e la caccia ai grandi Mammiferi rivieraschi e della savana circostante ed erano in contatto con quelle del Levante e dell'Alto Egitto. Non vi sono evidenze di gerarchia sociale. I siti badariani (4400-4000 a.C. ca.) possono essere attribuiti a popolazioni, probabilmente originarie del Deserto Occidentale, che praticavano la coltivazione di cereali, l'allevamento di caprovini e bovini, la caccia, la raccolta di piante selvatiche e la pesca, in contatto con quelle del Basso Egitto e del Levante. L'evidenza funeraria non suggerisce alcuna gerarchia sociale. Nel IV millennio a.C. alla cultura badariana seguì nell'Alto Egitto la cultura di Naqada, attestata nell'Alto e nel Medio Egitto; essa deriva certamente dalla prima e mostra una continuità di sviluppo sociale, economico e culturale nell'Alto Egitto dalla metà circa del V millennio all'epoca faraonica. La cultura di Naqada è stata suddivisa in tre fasi: Naqada I o Amraziano (3850-3650 a.C. ca.); Naqada II o Gerzeano (3650- 3300 a.C. ca.); Naqada III o Semaineano (3300-3150 a.C. ca.). Nella fase Naqada I (Amraziano) la popolazione praticava la coltivazione di cereali e l'allevamento del bestiame, integrati dalla caccia-raccolta e dallo sfruttamento delle risorse minerali del Deserto Orientale. Sembrano attestati centri specializzati nella produzione di vasellame rosso a pitture bianche. Non vi sono evidenze certe di commercio a lunga distanza, né di un'accentuata stratificazione sociale. La fase Naqada II (Gerzeano) fu caratterizzata dall'emergere di società complesse rette da capi (principati). Allo stato attuale delle ricerche almeno tre siti possono essere considerati "capitali" di altrettanti principati: Zuwaidah (Naqada) presso Qena, Gebelein a sud di Luxor, Hierakonpolis presso el-Kab. L'economia di sussistenza si basava prevalentemente sull'agricoltura e sull'allevamento del bestiame, anche se la caccia costituiva ancora una componente importante. L'attività artigianale e manifatturiera ebbe un notevole incremento e si intensificò il commercio a lunga distanza verso il Basso Egitto e il Levante, il Medio Oriente e la Nubia. L'evidenza funeraria indica una società fortemente gerarchica, con un'élite ben distinta dal resto della popolazione. La presenza di cretule, talvolta con impronte di sigilli, comprova l'esistenza di una forma di amministrazione. In questa fase venne colonizzato anche il Medio Egitto settentrionale, come attestano alcune necropoli a Sedmet, Harageh, Abu Sir e Gerzah, localizzate lungo il Nilo a sud del Fayyum. La fase Naqada III (Semaineano) fu caratterizzata dall'affermarsi di un protostato, con capitale a Hierakonpolis, che sembra avere esteso progressivamente il suo dominio sugli altri principati dell'Alto Egitto. Alla fine di questa fase venne introdotto l'uso della scrittura e si consolidò il sistema amministrativo. Si conoscono anche i nomi di alcuni sovrani che probabilmente regnarono su tutto l'Alto Egitto prima dell'avvento dello stato faraonico (Dinastia 0): Scorpione, Ka, Djoser, Narmer, Sma. L'agricoltura divenne la componente predominante dell'economia di sussistenza e apparve una prima forma di arte "palatina", rappresentata da numerose tavole cerimoniali in ardesia con raffigurazioni a carattere narrativo scolpite a rilievo, la più nota delle quali è la cosiddetta Tavola di Narmer. Si intensificò anche il commercio a lunga distanza verso il Levante, la Mesopotamia e la Nubia, mentre il Delta orientale del Nilo venne colonizzato lungo la direttrice commerciale verso la Palestina. Ciò è chiaramente indicato dalla presenza nel Delta nord-orientale di numerosi siti, il più noto dei quali è Minshat Abu Omar. La fase Naqada III sembra essere stata caratterizzata da un'intensa attività militare lungo la valle, celebrata su numerose tavole cerimoniali, che portò infine alla definitiva conquista del Basso Egitto da parte dei sovrani meridionali e alla nascita dello stato faraonico. La sequenza culturale predinastica del Basso Egitto è ancora frammentaria. Nella regione del Cairo e nel Delta settentrionale sono stati individuati alcuni siti attribuibili al complesso culturale di Maadi-Buto: el-Omari, Heliopolis e Maadi presso Il Cairo, Merimde Beni Salama nel Delta sud-occidentale, Tell el-Farain (Buto) nel Delta settentrionale. Questo complesso si sviluppò contemporaneamente alla cultura di Naqada e fu caratterizzato dall'emergere di una società complessa con insediamenti di tipo urbano; esso deriva certamente dalla precedente cultura neolitica del Fayyum A-Merimde. I due siti più rappresentativi sono Maadi e Tell el-Farain, coevi a Naqada II-III. L'abitato di Maadi sembra avere avuto una pianta pianificata, ma non vi sono tracce di aree adibite ad attività specifiche. La presenza in questo sito di vasi di tipo Naqada II-III e di importazione dalla Palestina conferma l'esistenza di contatti con l'Alto Egitto e il Levante. A Tell el-Farain sono state messe in luce le tracce di un tempio con decorazioni architettoniche di tipo mesopotamico, riferibili alla cultura di Uruk. La presenza di vasellame del tipo Naqada II e della cultura di Amuq in Siria conferma l'esistenza di contatti con l'Alto Egitto, il Levante e, tramite questo, la Mesopotamia. Nel Delta orientale è stata identificata anche una cultura predinastica locale, con ceramica diversa da quella dell'Alto Egitto e del complesso di Maadi-Buto. Tale cultura è databile al IV millennio a.C. ed è antecedente alla penetrazione di gruppi meridionali nella fase Naqada III; essa sembra attribuibile a popolazioni sedentarie o semisedentarie che occupavano semplici villaggi senza strutture architettoniche in mattoni. La ceramica è decorata con motivi impressi a "denti di lupo", riferibili a tradizioni sahariane e sudanesi che suggeriscono un'origine africana. I siti più noti sono Tell el-Farkha e Tell Ibrahim Awad, a est di Mansura. Allo stato attuale delle ricerche è dunque possibile affermare che lo stato faraonico emerse dalla progressiva inclusione in un territorio soggetto a un unico potere centrale di tre aree culturali distinte: l'Alto Egitto; il Basso Egitto (nella regione attuale del Cairo) e il Delta settentrionale; il Delta orientale. Tale processo sarebbe iniziato nell'Alto Egitto, dove è possibile riconoscere una continuità culturale dal Predinastico iniziale all'epoca storica; esso si attuò mediante una progressiva "colonizzazione" del Medio Egitto settentrionale nella fase Naqada II e del Delta orientale nella fase Naqada III, concludendosi con la definitiva conquista di tutta la regione agli inizi della I Dinastia. L'espansione egiziana lungo la valle del Nilo, iniziata nel periodo Naqada II, continuò anche in epoca faraonica, avendo indubbie ripercussioni sullo sviluppo economico e sociale delle popolazioni nubiane e influenzando il processo di formazione dello Stato nelle regioni meridionali. L'intensificarsi degli scambi in età naqadiana e tinita (I e II Din.) favorì sicuramente l'emergere di società relativamente complesse nella Bassa Nubia tra il IV e gli inizi del III millennio a.C. Ciò confermerebbe l'evidenza di una netta gerarchia sociale nel Cimitero L scoperto a Qustul, coevo a Naqada III, e nel Cimitero 137 a Sayala, coevo agli inizi della I Dinastia, entrambi attribuibili al cosiddetto Gruppo A. Le fonti epigrafiche egiziane dell'Antico Regno (2700-2200 a.C. ca.) suggeriscono a loro volta che le popolazioni della Bassa Nubia (Gruppo C) e dell'Alta Nubia (Kerma) fossero già organizzate in società gerarchiche, forse a livello di principati. In particolare, l'esistenza di un insediamento fortificato a Kerma, databile al 2500-2050 a.C. circa, sembra confermare la presenza di un'organizzazione sociale abbastanza complessa nella media valle del Nilo nella seconda metà del III millennio a.C. Il sostanziale abbandono della Nubia da parte egiziana nel Primo Periodo Intermedio permise alla popolazione di Kerma di assumere il ruolo di principale intermediario tra le regioni africane meridionali e la bassa valle del Nilo. Ciò favorì l'affermarsi a Kerma di uno Stato tra la fine del III e gli inizi del II millennio a.C., come attestano lo sviluppo urbano dell'insediamento, la costruzione di un primo edificio monumentale (Deffufa) e la chiara gerarchia sociale ravvisabile nelle necropoli del Kerma Medio (2040-1775 a.C. ca.). L'esistenza di questo Stato limitò a sua volta l'espansione egiziana a sud della terza cateratta del Nilo nel Medio Regno. Il regno di Kerma raggiunse il suo apogeo nella fase Kerma Classico (1775-1554 a.C. ca.), coeva al Secondo Periodo Intermedio, durante la quale il regno controllava la maggior parte dei traffici con le regioni meridionali. L'esistenza di una società statale è confermata archeologicamente dall'impianto urbano con edifici monumentali dell'abitato di Kerma, che raggiunse la sua massima espansione, e da grandi tombe reali a tumulo. L'occupazione egiziana della Nubia nel Nuovo Regno produsse una capillare acculturazione delle popolazioni locali e la scomparsa di società complesse autoctone. Tale fenomeno è ben evidenziato, ad esempio, nella necropoli di Fadrus (Bassa Nubia), dove si può osservare, alla fine del Secondo Periodo Intermedio e agli inizi della XVIII Dinastia, la presenza di una netta gerarchia sociale, così come il persistere di tombe più ricche nella prima metà della XVIII Dinastia e la loro scomparsa, con aumento di tombe povere, nella seconda metà della XVIII Dinastia. Il crollo del dominio egiziano permise il riemergere di uno Stato autoctono (regno di Kush) in Nubia, la cui cultura rimase comunque fortemente influenzata da quella egiziana (900 a.C. - 350 d.C. ca.). Questo regno dominò tutta la valle del Nilo, dalla Bassa Nubia alla Gezira, ed ebbe due capitali localizzate a Napata, presso la IV cateratta, e successivamente a Meroe, presso la VI cateratta. Nell'VIII secolo a.C. i sovrani kushiti furono in grado di dominare anche lo stesso Egitto, dando origine alla XXV Dinastia "etiopica". Le origini di questo Stato sono ancora incerte. È stato suggerito che i primi sovrani fossero stati capi locali della regione di Napata che si sarebbero sostituiti agli Egiziani, oppure capi di una popolazione meridionale originari forse del Butana, o infine capi di una popolazione settentrionale, forse stanziata nella Bassa Nubia; non vi sono però ancora dati archeologici sufficienti a sostenere nessuna di queste ipotesi. Recenti scoperte nella necropoli di Hillat el-Arab, presso Gebel Barkal, sembrano tuttavia suggerire la presenza di un'élite locale nella regione di Napata durante il Nuovo Regno e confermare così la prima ipotesi. Il regno di Kush apparentemente scomparve nel corso del IV sec. d.C., ma forme di società complesse a livello di principati sopravvissero sia nella Bassa Nubia (Gruppo X), sia nell'Alta Nubia (cultura postmeroitica), dando origine nella seconda metà del I millennio d.C. ai regni cristiani di Nobatia, Makuria e Alwa, che dominarono la valle del Nilo a sud dell'Egitto fino alla sua definitiva islamizzazione nel XVI secolo. L'inclusione dei bassopiani eritreo-sudanesi nel circuito di interscambio con l'Egitto e la Nubia tra il 2500 e il 1500 a.C. favorì l'emergere di una società complessa con un sistema amministrativo abbastanza sofisticato nel delta del Gash, presso Kassala (Gruppo del Gash). Essa sembra essere stata caratterizzata da un insediamento di tipo protourbano a Mahal Teglinos, presso Kassala, e dall'uso di sigilli a stampo. A sua volta, l'intensificarsi del commercio marittimo egiziano lungo il Mar Rosso meridionale verso la metà del II millennio a.C. molto probabilmente determinò il progressivo isolamento dei bassopiani eritreo-sudanesi, con conseguente declino di una società complessa nel delta del Gash (Gruppo di Gebel Mokram, 1400-800 a.C. ca.). Sembra inoltre che l'instaurarsi di contatti diretti tra l'Egitto e le popolazioni dell'altopiano eritreo nel Nuovo Regno abbia favorito l'emergere in questa regione di società complesse; tale ipotesi richiede comunque maggiori prove archeologiche. Il declino del commercio egiziano alla fine del II millennio a.C. aprì la via all'espansione commerciale sudarabica e all'inclusione dell'altopiano tigrino, in Eritrea ed Etiopia settentrionale, nella loro sfera di influenza economica e politica, con conseguente emergere di una prima formazione statale in questa regione nel I millennio a.C. Numerose iscrizioni rupestri sudarabiche scoperte nella regione del Qohaito (Akkelè Guzai) indicano infatti un intensificarsi di contatti tra le opposte rive del Mar Rosso agli inizi del I millennio a.C. In seguito a tali contatti una società urbana a livello statale di tipo sudarabico apparve sull'altopiano in Eritrea, espandendosi verso le regioni interne del Tigrè (Etiopia settentrionale) alla metà del I millennio a.C. (cultura preaksumita). Gli insediamenti maggiormente rappresentativi di questo periodo sono stati individuati a Kaskasè e a Matara nell'Akkelè Guzai (Eritrea) nonché a Yeha nel Tigrè. La documentazione archeologica ed epigrafica suggerisce un progressivo declino dello Stato preaksumita nel Tigrè dopo il IV sec. a.C. Un'altra società complessa, di cui sono state messe in luce tracce nel sito di Ona Enda Aboi Zeugè, sembra essere emersa nella regione di Aksum (Tigrè occidentale) nel IV-III sec. a.C. Essa si sarebbe consolidata nel I-II sec. d.C. in seguito al reinserimento dell'altopiano nel circuito di interscambio con il mondo mediterraneo in età tolemaica e romana, dando origine a un nuovo Stato (regno di Aksum), che raggiunse il pieno sviluppo nel IV-VII sec. d.C. e declinò progressivamente nell'VIII-IX/X secolo. Evento cruciale nella storia di questo regno fu l'introduzione del cristianesimo agli inizi del IV secolo. Insediamenti urbani aksumiti sono stati individuati nell'Akkelè Guzai (Qohaito, Tokonda, Matara) e nel Tigrè (Aksum). In questo periodo, Adulis divenne il principale porto del regno sul Mar Rosso. Con il declino del regno di Aksum, il centro di gravità dello Stato cristiano sembra essersi progressivamente spostato verso sud, con il conseguente emergere di un nuovo regno nel Lasta (Wollo) nel XII-XIII secolo (regno Zaguè) e successivamente nello Shoa settentrionale nel XIV-XVI secolo (regno solomonide). Tale processo fu accompagnato dalla progressiva diffusione del cristianesimo dal Tigrè verso l'Etiopia centrale. Monumenti caratteristici di questo periodo sono le chiese rupestri, databili tra il IX-X e il XV secolo. Infine, comunità islamiche apparvero in Eritrea e in Etiopia tra l'VIII e il IX secolo, dando origine a sultanati locali sia lungo la costa, sia nell'interno lungo la Rift Valley etiopica. La penetrazione di comunità islamiche verso l'Etiopia centrale è testimoniata da alcuni insediamenti di età medievale segnalati ai margini dell'altopiano nell'Afar meridionale. Si tratta di abitati urbani posti sulla sommità di colline e protetti da mura di cinta in pietre. AFRICA ORIENTALE L'inclusione nel circuito di interscambio dell'Oceano Indiano e in particolare il contatto con l'Islam alla fine del I millennio d.C. furono fattori essenziali anche nello sviluppo delle cittàstato Swahili della costa dell'Africa orientale. Allo stato attuale delle ricerche, lo sviluppo delle società complesse Swahili viene suddiviso in quattro periodi. Nel Periodo I (100 a.C. ca. - 300 d.C.) sono attestate lungo la costa dalla Somalia alla Tanzania popolazioni proto-Bantu affini a quelle che occupavano la regione dei Grandi Laghi equatoriali e parte dell'Africa meridionale nell'età del Ferro iniziale. Si tratta di popolazioni di coltivatori e pescatori che praticavano la lavorazione del ferro ed erano in grado di navigare e di diffondersi lungo la costa mediante la navigazione in canoe. Da fonti classiche sappiamo inoltre che queste popolazioni erano già inserite in un circuito di interscambio con il mondo mediterraneo e che il commercio in queste regioni era controllato principalmente da mercanti sudarabi. Siti di questo periodo sono stati individuati a Ras Hafun in Somalia, a Kwale in Kenya e a Misasa in Tanzania. Nel Periodo II (300-1000 d.C. ca.), suddiviso in due fasi (fase azaniana, 300-600 d.C. ca., e fase zanjiana, 600-1000 d.C. ca.), la regione costiera dell'Africa orientale fu più direttamente inserita nella rete commerciale dell'Oceano Indiano, estesa fino alla Persia, all'India e alla Cina. In particolare, la presenza di numerosi oggetti di origine sasanide sembra indicare contatti abbastanza frequenti con la Persia. Il rinvenimento in siti di questo periodo di utensili in ferro di produzione locale per la coltivazione e la pesca suggerisce un'economia di sussistenza basata principalmente sullo sfruttamento di risorse locali. Verso la fine del periodo sembra essersi intensificato il commercio con l'India, dove venivano esportati soprattutto avorio e ferro (quest'ultimo considerato superiore per malleabilità a quello di produzione indiana). Siti databili alla fase azaniana sono stati individuati ad Amboni Tanga, Chibuene, Kiwanga, Limbo, Masurugu, Misasa, Mpiji e Unguja Ukwo sulla costa del Kenya e della Tanzania; alla fase zanjiana risalgono invece i siti di Gezira, Irodo, Kaole, Kilwa, Mahilaka, Monapo, Pate e Shanga. Le abitazioni erano semplici capanne quadrangolari costruite con legno e fango e poggianti su fondamenta costituite da blocchi di roccia corallina. Nel Periodo III (1000-1500 d.C. ca.) l'Islam si impose come religione dominante lungo la costa dell'Africa orientale e si intensificarono gli scambi con il mondo arabo e la Cina. Molto probabilmente Persiani dallo Shiraz e Arabi emigrarono in questo periodo verso l'Africa orientale e si mescolarono alla popolazione locale, dando origine alle prime vere entità politiche della regione con lo sviluppo di città-stato. Tra queste vanno ricordate Kilwa in Tanzania, Mande in Kenya e Mogadiscio in Somalia. I materiali importati rinvenuti in questi siti confermano che le città-stato Swahili raggiunsero l'apogeo nel XIV-XV secolo, quando le loro relazioni commerciali si estendevano fino alla Persia, all'India, alla Cina e al Madagascar. Il commercio (e di conseguenza il sistema politico) Swahili cominciò a declinare nel XVI secolo, quando il circuito dell'Oceano Indiano venne progressivamente controllato dai Portoghesi, dando inizio al periodo coloniale (Periodo IV, 1500-1950). Nelle altre regioni dell'Africa subsahariana società complesse e Stati apparvero relativamente tardi, nel II millennio d.C., in seguito al diffondersi nel continente di popolazioni di coltivatori e allevatori in possesso delle tecniche di lavorazione del ferro. Nella regione dei Grandi Laghi equatoriali, tra Uganda, Rwanda e Burundi, le prime tracce di un'incipiente complessità sociale sono state individuate in Uganda e vengono datate tra l'XI e il XV secolo, quando già da lungo tempo la regione era abitata da comunità che praticavano l'agricoltura e la lavorazione del ferro. Di particolare interesse sotto questo aspetto sono i siti di Ntusi, Kibiro e Mubende. Ntusi e Kibiro attestano una prima specializzazione economica a livello regionale (Ntusi per la produzione di bovini, Kibiro per la preparazione del sale). A Mubende è stato invece possibile osservare il consolidarsi di una società complessa, caratterizzata da una gerarchia di insediamenti per il controllo del territorio. L'esame delle tradizioni orali ha comunque suggerito che l'emergere delle prime forme di élite e di potere centralizzato sia da mettere in relazione con il possesso di bestiame e con il controllo della terra da parte di individui particolarmente dotati di carisma politico. Veri e propri Stati sono apparsi nella regione nella seconda metà del II millennio d.C. Gli scavi condotti in alcuni siti di questo periodo sembrano inoltre indicare che il potere dei sovrani si basava principalmente sul controllo rituale della produzione di manufatti in ferro.
A partire dal XVI secolo è documentata l'esistenza di regni anche nelle savane immediatamente a sud della foresta equatoriale tra la costa atlantica e la regione dei Grandi Laghi nell'Africa orientale. Tra questi vanno ricordati in particolare i regni del Kongo, Loango, Tio, Mbundu, Kuba, Lunda, Lozi e Luba. Alcuni di essi erano caratterizzati anche da insediamenti di tipo urbano, come ad esempio la capitale del Kongo, Mbanza Kongo, che nel XVII secolo contava oltre 40.000 abitanti. L'origine di questi regni è ancora largamente ignota per la carenza di documentazione archeologica; essi possono comunque essere attribuiti a popolazioni di coltivatori Bantu che praticavano la lavorazione del ferro, presenti nella regione fin dalla seconda metà del I millennio a.C. Le indagini archeologiche condotte nella depressione di Upemba (Repubblica del Congo sud-orientale) hanno permesso tuttavia di delineare il processo di formazione del regno di Luba. Qui infatti è stato possibile ricostruire una sequenza culturale di circa 1500 anni e individuare le fasi principali di sviluppo sociale ed economico nella regione, dai primi coltivatori dell'età del Ferro alle popolazioni Luba attuali. Nella fase più antica (Kamilambiano), datata al I millennio d.C., la regione di Upemba era occupata da gruppi di coltivatori con ceramica tipica dell'età del Ferro iniziale, che praticavano forme molto limitate di commercio. Nella fase successiva, tra l'VIII e il X secolo (Kisaliano Antico), la popolazione ancora poco numerosa e sparsa fu progressivamente coinvolta nel commercio del rame, sia pure in misura molto limitata. La presenza di sepolture con corredi più ricchi, tra cui lame di ferro accuratamente incise, sembra indicare comunque l'emergere di una prima gerarchia sociale, caratterizzata dall'uso da parte dei capi di oggetti in ferro, considerati ancora oggi simboli di potere. Tra il X e il XIII secolo (Kisaliano Classico) si consolidarono nella regione le prime forme di società complesse, caratterizzate anche da un notevole incremento demografico e da un'economia più articolata basata su pesca, caccia, agricoltura, metallurgia, manifattura della ceramica e commercio. In questo periodo si affermò l'uso del rame, per la fabbricazione di ornamenti e utensili, che attesta l'intensificarsi di relazioni con le regioni meridionali, dove questo metallo è più abbondante. La presenza di conchiglie marine nelle tombe di questa fase ha suggerito anche contatti con la costa dell'Oceano Indiano, circa 1500 km a est. I contesti funerari indicano la presenza di una gerarchia sociale in base ad età, sesso e rango, con sepolture particolarmente ricche attribuibili a donne e bambini; non è escluso inoltre che già in quest'epoca esistessero società segrete, come tra le popolazioni Luba attuali. Una vera stratificazione sociale, con più marcate differenze nella composizione dei corredi funerari, si affermò dopo il XIII secolo (Kabambiano), quando presumibilmente apparvero anche i primi veri capi. La presenza in tombe più recenti di questa fase di piccole croci di rame molto standardizzate, usate come moneta di scambio, sembra inoltre suggerire che intorno al XV secolo l'economia fosse sempre più orientata verso un sistema di mercato. Dal XVII secolo le tombe documentano una società molto simile a quella tradizionale dei Luba e l'emergere quindi di un vero regno, bene attestato nel XVIII e XIX secolo.
Società complesse e regni si svilupparono anche nell'Africa occidentale a partire dal I millennio d.C. I più noti tra questi Stati furono i regni del Ghana, del Mali e del Songhai, che dominarono la regione tra il I e il II millennio d.C. Purtroppo le loro origini sono ancora in gran parte ignote per insufficienza di documentazione archeologica: quasi tutte le informazioni derivano infatti dalle fonti arabe contemporanee. Tali fonti confermano il ruolo centrale del commercio a lunga distanza nello sviluppo e nel consolidamento degli Stati della regione; essi non sembrano comunque aver mai raggiunto una vera coesione territoriale, ma parrebbero piuttosto essersi sviluppati come confederazioni sottoposte a un'etnia dominante. Le evidenze archeologiche più antiche di una società urbana nel Sahel sono costituite dal sito di Djenné-Djeno, nel delta endoreico del Niger (Mali), il cui sviluppo sembra essere iniziato verso il 250 a.C.; esse suggeriscono che questo abitato sia sorto quale centro di una rete di scambi regionali antecedente l'inizio del commercio transahariano in epoca islamica. Un primo regno sembra comunque essersi consolidato nella regione durante la seconda metà del I millennio d.C. (regno del Ghana); esso è documentato da fonti arabe nell'VIII secolo, ma potrebbe essere sorto già nel IV secolo in relazione al commercio dell'oro dall'Africa occidentale verso il Mediterraneo. Le indagini condotte nella capitale del regno, Kumbi Saleh, hanno messo in evidenza abitazioni a più piani dove la presenza di oggetti sia africani sia arabi sembra suggerire una società mista afro-araba. In lotta frequente con gli Arabi dell'Africa settentrionale, il regno venne definitivamente distrutto agli inizi del XIII secolo. Nel XIII secolo popolazioni Mandingo, originarie del delta del Niger, assunsero il controllo di gran parte del Sahel, dando origine al regno del Mali. In questo periodo Walata e Timbuctù giunsero ad essere centri importanti nel commercio sahariano e l'Islam divenne la religione ufficiale del regno; nel XIV secolo il regno iniziò a declinare fino alla sua definitiva scomparsa. Nel XV secolo si affermò il regno del Songhai, le cui origini possono essere ricercate in un precedente regno di Gao, attestato nelle regioni orientali verso il Ciad già nell'VIII secolo. Esso mantenne il suo controllo sulla regione fino al XVII secolo, quando iniziò il suo progressivo declino con una frammentazione in Stati e principati minori che persero rapidamente importanza in seguito all'affermarsi del commercio transatlantico.
Nell'età del Ferro società complesse e stratificate apparvero anche nell'Africa australe, dove si identificano, in particolare, con la cultura antica di Zimbabwe, attestata nella regione dello Zambesi, corrispondente all'odierno Zimbabwe, al Botswana orientale e al Sudafrica settentrionale. Elemento caratteristico di questa cultura sono i grandi palazzi in pietra dove risiedeva l'élite, i più famosi dei quali sono stati segnalati nel sito di Great Zimbabwe. Anche in queste regioni il commercio a lunga distanza fu sicuramente un fattore essenziale; l'evidenza archeologica indica infatti scambi intensi con le altre regioni prospicienti l'Oceano Indiano, nonché con l'Egitto e la Cina. Prodotti importati erano soprattutto perline in vetro, tessuti e ceramiche invetriate, mentre l'avorio era il principale prodotto di esportazione. Lo sviluppo degli Stati antichi in questa regione viene oggi suddiviso in tre periodi, definiti in base alla successiva localizzazione dei centri più importanti: Mapungubwe (1220-1290), Great Zimbabwe (1290-1450) e Khami (1450-1820). Il processo di formazione dello Stato sembra essere iniziato verso la fine del I millennio d.C. nel bacino dei fiumi Shashi e Limpopo. Questo territorio venne infatti occupato intorno al 900 d.C. da coltivatori che praticavano anche l'allevamento di bestiame e la lavorazione del ferro, presumibilmente in seguito a un cambiamento climatico che portò a condizioni più calde e umide di quelle attuali. La prima popolazione insediatasi nella regione dello Shashi e del Limpopo è nota archeologicamente come Zhiso, con un centro maggiore a Schroda. L'economia si basava principalmente sul bestiame e in misura minore sul commercio con la costa orientale: in questo periodo sono attestate infatti anche stazioni commerciali arabe lungo la costa del Mozambico, come ad esempio Chibuene nell'arcipelago delle Bazaruto. Verso il 1000 il controllo del commercio con la costa dell'Oceano Indiano venne assunto da un'altra popolazione, identificata dall'evidenza archeologica del sito di Leopard's Kopje, con centro principale a Bambandyanalo. In questa fase il commercio a lunga distanza si intensificò e anche le regioni più interne vennero inserite in una rete di scambi con la costa. L'evidenza archeologica suggerisce anche un accentuarsi della gerarchia sociale, con sistemi insediativi più articolati che nella fase precedente. Verso il 1220 Bambandyanalo venne abbandonata e il centro principale si spostò a Mapungubwe, che divenne la prima capitale di un vero e proprio Stato. L'affermarsi di una netta stratificazione sociale è confermata anche dalla grande quantità di oro trovata nelle tombe più ricche. Nel 1290 questo Stato collassò in seguito a un peggioramento delle condizioni climatiche che ne compromise fortemente la base agricola. Ciò consentì l'affermarsi di un nuovo centro dominante a Great Zimbabwe, con una localizzazione più favorevole dal punto di vista ambientale. La presenza di sculture in pietra raffiguranti aquile sui palazzi di questa fase sembra suggerire che i sovrani legittimassero il loro potere accentuando il legame diretto tra la divinità e i loro antenati. Great Zimbabwe venne abbandonata tra il 1420 e il 1450, presumibilmente in seguito a un progressivo frazionamento del regno. Dopo la sua scomparsa quale centro dominante, due nuovi Stati si formarono a nord-est (Mutapa) e a sud (Torwa-Changamire con capitale a Khami). A partire dal XVI secolo la regione dello Zambesi entrò progressivamente in contatto con gli Europei, che introdussero nuove tecniche di guerra mediante l'uso di armi da fuoco; ciò determinò il declino e la scomparsa degli Stati indigeni nella regione.
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