Dal Neolitico all'età dei metalli. Dalle prime comunità agricole alle società complesse: Estremo Oriente
Dal punto di vista metodologico sarebbe forse opportuno guardare ai processi di transizione da comunità ad economia agricola a complesse organizzazioni sociali di tipo statale come ad un fenomeno di portata continentale, talché non si adatterebbe agli attuali confini politici degli stati che sono parte dell'Estremo Oriente; tuttavia, le particolarità storiche che hanno determinato lo studio di tali processi nel corso del Novecento impongono che una trattazione distingua almeno tre principali aree geopolitiche: la Cina, la Corea e il Giappone. Di tali aree una netta preminenza acquista quella cinese, poiché colà intorno al 2000 a.C., per la prima volta nell'Estremo Oriente, i processi di cui trattiamo portarono alla nascita di un'organizzazione statale. Ciò tuttavia continua a non giustificare, se non per una maggiore agilità descrittiva, l'esclusione delle aree limitrofe, forse periferiche rispetto al fuoco della nostra analisi, ma certamente non estranee a quei processi, comprendendo nelle aree periferiche la fascia siberiano-mongola, la fascia circumhimalayana orientale, l'arco più settentrionale del Sud-Est asiatico, la frangia delle isole e degli arcipelaghi che dalle Filippine si estendono verso nord fino a comprendere il Giappone. Nell'ultimo cinquantennio, la chiave di lettura dei processi di sviluppo economico-sociale dell'Estremo Oriente ha seguito sentieri non diversi da quelli comuni agli stati arcaici asiatici ad est della Mesopotamia, visti ora alla luce della "teoria del dispotismo orientale" di K.A. Wittfogel, ora in quella del "modo di produzione asiatico" di K. Marx, ora spiegati facendo ricorso ai modelli diffusionistici della scuola storicoculturale dominanti nell'archeologia asiatica del XX secolo o quelli funzionalistici propri della New Archaeology. Appare sempre più evidente che il "peccato originale" dell'archeologia dell'Estremo Oriente continua ad essere, da una parte, quello di voler superare a tutti i costi il ricorso a modelli diffusionistici, andando spesso contro le evidenze storiche, dall'altra, quello di voler adattare i dati a modelli di sviluppo elaborati per contesti diversi: europei e americani, in primo luogo. Al declino dei domini coloniali ha poi corrisposto, in Asia, lo sviluppo di interpretazioni storiche e archeologiche marcatamente nazionalistiche che hanno contribuito sia al superamento della visione diffusionista-migrazionista, sia a riproporre all'interesse degli studiosi occidentali la questione degli stati asiatici arcaici in termini di processi di sviluppo locale. È mancata tuttavia, nella maggior parte dei casi, l'elaborazione di precise definizioni concettuali e, talvolta, di condivise terminologie cronologiche e culturali, capaci di riorientare la visione dei modelli di sviluppo delle società complesse sulla base delle particolarità locali. CINA In questo paese l'impianto teorico-metodologico per l'interpretazione dei fenomeni qui trattati, si sviluppa negli anni Trenta ad opera dell'archeologo Li Ji (Li Chi) e del poliedrico studioso, Guo Moruo (Kuo Mo-jo). Quest'ultimo, già nel 1930, aveva proposto una lettura della storia antica della Cina nei termini del modello marxiano dell'evoluzione sociale: la sequenza delle tre fasi di sviluppo (primitiva, schiavista e feudale) veniva così applicata alla storia antica cinese, assegnando l'epoca della dinastia Shang alla fase finale della società primitiva, l'epoca della dinastia Zhou alla società schiavista. Il modello fu rivisto nel 1945 a seguito delle scoperte effettuate negli anni Trenta a Yin Xu (ultima capitale della dinastia Shang), assegnando l'epoca Shang alla fase schiavista, quella Zhou alla fase feudale. All'indirizzo storico-economico di Guo Moruo (valutazione dei rapporti e delle forze di produzione piuttosto che degli aspetti ideologici) si affiancò, sul finire degli anni Cinquanta, un'impostazione fortemente politicizzata che portò ad applicare più o meno pedissequamente lo schema età neolitica=società primitiva (con due fasi: matriarcato e patriarcato), età del Bronzo=società schiavista ed età del Ferro=società feudale, trascurando temi di ricerca che pure la teoria marxista dell'evoluzione sociale avrebbe reso possibile; in particolare quelli legati allo studio dei processi di sviluppo della complessità socioeconomica. Tuttavia il conformismo teorico-metodologico ha solo marginalmente influenzato "l'indipendenza storiografica" degli archeologi cinesi nella presentazione e analisi dei dati. Ciò ha consentito elaborazioni indipendenti, tra cui quelle dell'archeologo americano K.C. Chang (1923-2000) che intorno alla metà degli anni Ottanta elaborò un modello di sviluppo basato sul concetto di "sfera di interazione" originariamente usato da J.R. Caldwell per spiegare le caratteristiche di simiglianza (a livello di ritualità funeraria) e dissimiglianza (a livello di aspetti secolari, non funerari) dei materiali hopewelliani delle regioni orientali dell'America Settentrionale. Nell'uso di Chang, "sfera di interazione" viene a essere il contesto spaziale in cui, a partire dal 4000 a.C. circa, diverse culture regionali indipendenti entrano in relazioni reciproche, formando nel tempo il nucleo spaziale e, nel loro insieme, culturale di quella che sarà la Cina storica: da qui l'uso di "sfera di interazione cinese o protocinese", secondo una valenza strettamente geografico-culturale e non linguistica o etnica. L'esistenza di una rete di rapporti di interazione tra entità regionali è dunque un requisito fondamentale per la trasformazione di alcune di esse da società gerarchizzate a società statali. Il modello proposto da Chang risulta dal punto di vista metodologico il più adatto sia a superare posizioni teoriche eccessivamente nazionalistiche ed etnocentriche, sia a soddisfare l'esigenza di inquadrare a livello continentale i processi di formazione statale.
Aspetti cronologici e facies culturali - Per quanto attiene agli aspetti cronologici (suffragati da consistenti datazioni radiometriche) e culturali nella "sfera di interazione cinese", la terminologia comunemente adottata si fonda sulla contrapposizione tra l'età neolitica (8000-2000 a.C. ca.), del Bronzo (2000-700 a.C. ca.) e del Ferro. Nell'ambito dell'età neolitica possiamo distinguere nella valle del Fiume Giallo (Huanghe) e dei suoi affluenti un Neolitico antico (cultura Cishan-Peiligang, 6500-5000 a.C. ca.), con una progressiva specializzazione di forme protoagricole (di tipo cerealicolo), affiancate da cacciapesca e raccolta e da allevamento (cane e maiale), dal progressivo abbandono dell'industria litica scheggiata a favore di quella levigata, dalla comparsa di insediamenti semipermanenti o stagionali, con capanne a pianta circolare e per lo più affiancati da aree cimiteriali con sepolture in fossa dove prevalgono corredi costituiti da vasi in ceramica e strumentario litico. Nella Cina meridionale diverse datazioni radiometriche da depositi in grotta pongono la comparsa della ceramica all'inizio dell'Olocene, ma elusive sono le evidenze di pratiche agricole, che sembrerebbero essere di tipo orticolo, affiancate da allevamento di maiale. Nei pochi siti in grotta e nei chiocciolai estuarini della Cina meridionale il rinvenimento di ceramiche cordate con chiare affinità stilistiche lascia pensare ad un orizzonte culturale relativamente omogeneo. Cruciale per l'identificazione di una "sfera di interazione cinese" e per i processi di crescita della complessità sociale ed economica si è rivelato il Neolitico medio (5000-3000 a.C.) che, in generale, non sembra mostrare elementi di discontinuità rispetto al precedente. È nel corso di tale periodo che lo scambio di elementi culturali tra aree diverse evidenzia l'insorgere di relazioni tra un gruppo regionale e l'altro. Dal punto di vista economico, la tecnica agricola diventa chiaramente estensiva e specializzata (miglio e panico nella valle del Fiume Wei e del Fiume Giallo, riso nella media-bassa valle dello Yangtze) affiancata da allevamento (cane, maiale, gallinacei, bufalo, forse caprovini) e, ancora, da caccia-pesca e raccolta. Nel Nord, la più ampiamente distribuita e meglio conosciuta delle culture del Neolitico medio è quella Yangshao, suddivisa in diverse fasi regionali, che occupò le valli fluviali afferenti al bacino di drenaggio del medio Fiume Giallo. Gli insediamenti, spesso circondati da fossato, sebbene di notevole estensione (fino a 6 ha) sono, almeno fino alla fase Medio Yangshao, a carattere stagionale, ma la presenza di estese necropoli multifase suggerisce una cosciente continuità nell'utilizzazione del territorio. Di eccezionale importanza si è recentemente rivelato il rinvenimento, nel sito di Xishan presso Zhengzhou (Prov. di Henan), della metà settentrionale di un insediamento Yangshao cinto da fossato e da uno spesso muro in strati di terra battuta. L'insediamento, databile tra la fine del IV e l'inizio del III millennio a.C., fornisce la sicura evidenza di una definitiva sedentarizzazione delle popolazioni Yangshao nella media valle del Fiume Giallo. A est della cultura Yangshao, separata dalle paludi ove oggi è la grande Pianura Centrale, nelle zone collinari e costiere della penisola dello Shandong si sviluppò la cultura Dawenkou che, nella sua fase più antica (Beixin), mostra di aver avuto contatti, se non discendenza diretta, con la cultura Peiligang. Parimenti, elementi Peiligang si ritrovano, a nord delle culture Yangshao e Dawenkou, nella cultura Xinle (5300-3000 a.C. ca.) della media valle del fiume Liao, caratterizzata da forme ceramiche a base piatta e decorazioni a pettine o impresse che rivelano forti affinità con ambienti dell'Asia nord-orientale; più ad ovest, nella cosiddetta Bandiera di Aohan, in Mongolia Interna, si sta delineando la cultura di Xinglongwa (6000-5000 a.C. ca.) caratterizzata da una intensa ritualità che si manifesta in una ricca tipologia di figurine femminili. Alla cultura Xinle si associano, prima condividendone in parte l'area di distribuzione e poi inglobandola, le poco più tarde culture di Hongshan (3500-2500 a.C. ca.), nella media valle del Liao e nella valle del Talinghe sugli altopiani della Mongolia Interna sud-orientale e Liaoning occidentale, e di Fuhe, localizzata nella valle del Wuerjimurun (Mongolia Interna). Nella Cina meridionale, la bassa valle dello Yangtze è l'area di distribuzione dei siti della cultura Majiabang (5000- 3000 a.C. ca.), più densamente raggruppati intorno alle sponde del grande Lago Taihu. A sud dell'area Majiabang, nella parte settentrionale dell'odierna Provincia di Zhejiang, è stata messa in luce la ancor poco nota cultura di Hemudu (5500- 3500 a.C. ca.) che, insieme ad alcuni siti della cultura Majiabang, ha restituito resti di riso domestico (varietà indica e japonica) tra i più antichi dell'Asia ed evidenze di abitazioni su pilastro del tipo noto in tutta l'Asia monsonica. Nelle regioni costiere sud-orientali alle culture a Ceramica Cordata segue la cultura Dapenkeng (V millennio a.C.), sulla costa occidentale di Taiwan, e le facies a essa collegate lungo la costa continentale delle province del Fujian, Guangxi e Guangdong. Dal punto di vista dell'economia di sussistenza, prevalente è il ruolo della caccia-pesca e raccolta, ma le evidenze archeologiche suggeriscono anche una possibile pratica dell'orticoltura; particolarmente interessante, inoltre, è l'ipotesi che le culture costiere sud-orientali possano aver partecipato anche ad una diversa sfera d'interazione definibile come sud-est asiatica. Nelle regioni più interne si assiste alla fioritura della cultura Daxi (5000-3300 a.C. ca.), che è suddivisa in almeno quattro fasi cronologiche testimonianti l'espansione, verso ovest, dalla piana formata dalla confluenza del fiume Han con lo Yangtze, seguendo il corso del fiume principale. Caratterizzata da un tipo di ceramica rossa a decorazioni dipinte è anche questa una cultura a base risicola, con abitazioni che rivelano un certo grado di complessità strutturale e di sedentarietà, economicamente adattata ad ambienti lacustri. Dal 3000 a.C. circa, i dati archeologici relativi alle culture del Neolitico medio mostrano un incremento notevole delle loro aree di distribuzione e il conseguente insorgere di una vasta e continua rete di interrelazioni che si esprime nello scambio e condivisione di elementi culturali singolarmente comparsi in questa o quella delle culture dell'area in esame dal Neolitico antico. Le catene di interazione possono essere distinte in due principali linee: quelle tra le culture della Cina settentrionale e quelle tra le culture del Nord e quelle del Sud. Nell'ambito delle catene settentrionali, un ruolo decisivo deve aver svolto la lenta formazione della Pianura Centrale, che permise il collegamento via terra tra l'area Yangshao e quella Dawenkou: le due culture condividono non soltanto diversi tipi di manufatti in pietra, conchiglia e osso, ma una chiara influenza della ceramica dipinta Yangshao è ravvisabile in quella Dawenkou, mentre alcuni tipi di forme ceramiche Dawenkou compaiono in contesti Yangshao del Henan. A nord, la cultura Hongshan e la cultura Tuzhushan (penisola di Liaodong) condividono forme ceramiche e industria microlitica, ma la cultura Hongshan entra anche in contatto diretto con quella Yangshao nel Hebei settentrionale, mentre la cultura Tuzhushan s'incontra con quella Dawenkou per via marina, attraverso la catena di isole che collega la penisola di Shandong con quella di Liaodong. Verso sud, seguendo le basse terre costiere e gli acquitrini fra lo Shandong e il Jiangsu, si ravvisa un contatto tra la cultura Dawenkou e la tarda fase Songze della cultura Majiabang nella bassa valle del fiume Huai, che funge così da spartiacque fra le due. La cultura Majiabang, a sua volta, mostra molti elementi di somiglianza con la non lontana cultura di Hemudu (sulla sponda opposta della baia di Hangzhou) nelle tecniche di carpenteria delle abitazioni su pali, nella tipologia della ceramica, nello strumentario d'osso. Verso ovest, ancora la cultura Majiabang, seguendo il corso dello Yangtze, interagì, prima, con la cultura Daxi e, successivamente, come dimostrano alcuni tipi ceramici, e particolarmente le coppe tripodate (ding) e le coppe su alto piede (dou), con quella Qujialing (3500- 2500 a.C. ca.), sviluppatasi da Daxi. Seguendo poi, verso meridione, la valle del Ganjiang, affluente di destra dello Yangtze, elementi Daxi/Qujialing e Majiabang si ritrovano nell'ambito della cultura tardoneolitica Shanbei (3000-2500 a.C. ca.) del Jiangxi settentrionale. Sulle prime propaggini del Himalaya, nel sito di Karuo (Qamdo, Tibet orientale) scavato alla fine degli anni Settanta, è stato messo in luce un villaggio del Neolitico medio con evidenze di coltivazione del miglio associate, da una parte, a industria microlitica che trova confronti con quella delle culture neolitiche a microliti che dai confini orientali del Xinjiang arrivano alla valle del Liao, dall'altra, a ceramiche dipinte tipologicamente comparabili con le fasi Majiayao, Banshan e Machang della cultura Majiayao (3500-2000 a.C. ca.) che, inizialmente (fasi Miaodigou-Shilingxia, 4000-3500 a.C. ca.) imparentata con la cultura Yangshao, si sviluppò dall'alta valle del Weishui, del Taohe e del Huangshui (Prov. del Gansu) fino alle prime propaggini orientali dell'altipiano del Qinghai. A Karuo sarebbero stati ravvisati, inoltre, confronti con altri due ambienti culturali: quello dei siti delle piane lacustri dello Yunnan e quello dei siti del Bacino del Sichuan. Nei siti della pianura sichuanese, indagini recenti stanno delineando un orizzonte culturale (7000-6000 anni fa) caratterizzato da microlame associate a utensili in pietra levigata e vasellame a base piatta in ceramica lavorata a paletta e incudine che solo sul finire del IV millennio a.C. sembra aver avuto contatti a est, nell'area delle Tre Gole sullo Yangtze, con la cultura Daxi. Ritornando alla media valle dello Yangtze, un'importante via di comunicazione e di scambio fra nord e sud è la valle del fiume Hanshui, uno dei maggiori affluenti di sinistra dello Yangtze. Nell'alta valle del Hanshui, nel sito di Xiawanggang è stata messa in luce una sequenza stratigrafica che documenta il succedersi di tre fasi Yangshao, la seconda delle quali (datazione ¹⁴C calibrata: 6355±190 B.P.) con evidenti elementi culturali Daxi. Alle fasi Yangshao seguono due fasi culturali Qujialing l'ultima delle quali mostra elementi riferibili alla cultura Longshan del Henan. Alle fasi Longshan seguono, infine, due fasi ascrivibili alla cultura Erlitou della prima età del Bronzo del Henan. Attraverso i circuiti sopra delineati si manifesta, quindi, una condivisione di elementi culturali che si farà ancora più chiara e significativa nel corso del III millennio a.C. corrispondente al Neolitico tardo. La prima delle culture cinesi del Neolitico tardo a essere conosciuta archeologicamente è quella che prese il nome dalla cittadina di Longshan, presso la quale fu scavato nel 1928 il sito di Chengziyai. Tale cultura sembra costituire un ulteriore sviluppo della cultura Dawenkou di cui condivide, all'incirca, l'area di distribuzione. Essendo questa la cultura tardoneolitica meglio conosciuta sul finire degli anni Cinquanta, K.C. Chang nel 1959 elaborava il concetto di "orizzonte lungshanoide" per spiegare importanti elementi di somiglianza nella tipologia ceramica e litica in aree tra loro distanti e diversificate; tale "orizzonte" da una singola "area nucleare", identificata nella Pianura Centrale, si sarebbe rapidamente diffuso tra il 3500 e il 2500 a.C. circa. La scoperta di sequenze di sviluppo regionale, prima nella valle dello Yangtze, poi nelle regioni costiere sud-orientali e ora nelle regioni sud-occidentali, ha dimostrato l'inesattezza di quell'ipotesi, nota come "espansione lungshanoide". Tuttavia, anche nel nuovo modello della "sfera di interazione", il concetto base di "orizzonte lungshanoide" continua a trovare una sua validità come espressione di una contemporanea tradizione culturale con evidenti elementi di similarità, veri e propri indicatori di orizzonti in senso archeologico: primi fra tutti, le ciotole su alto o basso piede con decorazioni a giorno (dou) e le pignatte su tre piedi pieni (ding). Diverse culture del Neolitico tardo (la cultura Longshan dello Shandong, le culture Longshan della valle media del Fiume Giallo e della valle del Weishui, la cultura Liangzhu del basso Yangtze, la cultura Qijia del Gansu-Qinghai, la cultura Qinglonquan della valle del Hanshui, la cultura Hongshan finale della valle del Liao, tutte riferibili al III millennio a.C.), condividono dunque una serie di nuovi elementi culturali che non si limitano a somiglianze stilistiche di singoli indicatori tipologici nella cultura materiale, ma implicano anche simili tendenze di sviluppo dell'organizzazione sociale e dell'ideologia. I dati a disposizione permettono di ravvisare una rapida accelerazione dei processi aggregativi nella seconda metà del III millennio a.C., allorché, pur persistendo il carattere regionale nell'ambito di ciascuna cultura e con sfalsamenti cronologici che possono arrivare ad alcuni secoli, si manifestano elementi comuni. Primo fra tutti è il marcato cambiamento stilistico e tecnologico nella produzione ceramica, con la netta diminuzione delle decorazioni dipinte su vasellame in ceramica rossa e un deciso incremento di brunitura o decorazioni incise ed excise su vasellame cotto in ambiente riducente e a temperature più elevate. L'uso della ruota da vasaio è ipotizzato dalla maggior parte degli studiosi. Tali innovazioni, associate a forme più standardizzate e alla produzione di classi ceramiche (nera brunita e "a guscio d'uovo") con valenze rituali o di status, lasciano ipotizzare che possa trattarsi di una produzione specializzata. Un secondo, importante elemento comune è identificabile nella diffusa adozione della tecnica di costruzione a strati di terra battuta (hangtu) per piattaforme o basamenti di strutture architettoniche non comuni e di possenti recinzioni di insediamenti stabili, testimoniati nelle province di Shandong, Henan, Mongolia Interna sud-orientale, Liaoning occidentale e Sichuan, a partire dal 2600-2300 a.C. circa. Tali insediamenti cinti da mura (la cui superficie varia da un minimo di 5 ha ad un massimo di 10 ha) sono l'evidenza di una protourbanizzazione, sebbene i dati a disposizione non ci permettano di definire ancora se tali mura proteggessero gli spazi dell'élite o quelli dell'intera comunità. Nella maggior parte dei casi, inoltre, sono riscontrabili evidenze di violenza tra comunità, testimoniate dal rinvenimento di sepolture sacrificali e di diversi individui che mostrano segni di morte traumatica. A partire dall'ultimo quarto del III millennio a.C. sono sicuramente attestati l'uso e la produzione di metallo. Tale evidenza, anche se ancora non omogenea (in termini di composizione della lega) e piuttosto dispersa, è sufficiente per mettere in discussione, se non l'intera impalcatura delle terminologie cronologiche e culturali sin qui adottate, la convinzione di una transizione quasi subitanea dal Neolitico all'età del Bronzo. Poiché le innovazioni che evidenziano un incremento della complessità sociale ed economica sono molteplici e sembrano per la maggior parte verificarsi a partire dalla metà del III millennio a.C., si avverte l'esigenza di distinguere storicamente il periodo che intorno a quella data ha inizio dal Neolitico tardo. Una crescente differenziazione nell'architettura e nella ritualità funeraria si inizia ad affermare durante il periodo in questione. Mentre nel Neolitico medio e all'inizio del Neolitico tardo la complessità del rituale e la ricchezza dei corredi funebri è condivisa da un largo numero di sepolture all'interno delle singole necropoli (pur con sporadiche singole posizioni di preminenza), che denunciano incipienti livelli di ranghizzazione, nella seconda parte del Neolitico tardo il processo arriva a compimento con la formazione di vere e proprie élites in grado di controllare la gestione del rituale (non soltanto quello funebre), la detenzione e la circolazione dei beni di status, la forza lavoro necessaria alla costruzione delle mura e delle grandi fosse di sepoltura, la conduzione di attività artigianali specializzate. Nell'ambito della ritualità acquistano particolare rilievo alcuni elementi simbolici animalistici e manufatti di esclusivo uso rituale associati a posizioni di status. Questi elementi manifestano la trasmissione interregionale di concetti che diventano patrimonio comune delle élites, evidenziando il formarsi di un "sottosistema aristocratico" condiviso da ristretti ranghi sociali. Un ulteriore indicatore della circolazione di idee nei "sottosistemi aristocratici" regionali è costituito dalle pratiche divinatorie operate per mezzo di scapole di erbivoro (scapulimanzia) nella maggior parte delle "facies Longshan". L'insieme di tali elementi costituirà l'universo simbolico delle élites di epoca storica. Ultimo elemento comune è quello rappresentato dall'evidenza di una primitiva elaborazione di segni ideografici. L'uso di segni incisi o dipinti su ceramica, probabilmente marchi e numerali, già noto in ambito Yangshao e Dawenkou, si manifesta in modo più articolato tanto da far pensare ad una primitiva forma di scrittura. Al di là degli elementi, o tratti, appena elencati che evidenziano la circolazione di beni e di idee, rimane da dire che le basi della sussistenza sembrano non subire mutamenti. Lo strumentario agricolo non presenta sostanziali innovazioni rispetto al Neolitico medio, con la sola eccezione della comparsa in alcuni ambiti culturali (ad es., nella cultura Liangzhu, 3500- 2000 a.C. ca.) di strumenti litici a V, interpretati come rudimentali vomeri, e di un incremento (culture Longshan del Fiume Giallo e del Weishui) dei coltelli-falcetto (rettangolari o semilunati) e delle falci (lian) che, insieme all'aumento del volume delle fosse d'immagazzinamento sembrano indicare una crescita della produzione agricola con una maggiore capacità di accantonamento di surplus, eventualmente da destinare allo scambio o alla redistribuzione. Nell'ambito delle pratiche di allevamento, il maiale è l'animale maggiormente allevato, seguito da cane, bovini, bufalo, gallinacei, caprini e ovini, questi ultimi maggiormente attestati nelle regioni occidentali e nord-orientali, dove si evidenziano forme di economia mista, basate sull'agricoltura, l'allevamento e la caccia, che preludono alla formazione di quella particolare forma di complessità sociale disaggregata degli allevatori nomadi di epoca storica. L'ipotesi che le culture tardoneolitiche della sfera d'interazione cinese siano da considerare come potenzialmente paritetiche è da sottoporre ad attenta verifica. Occorrerà valutare, infatti, che nella media e bassa valle del Fiume Giallo, tra la fine del Neolitico medio e nel Neolitico tardo, una delle innovazioni più significative è costituita dalla possibilità di sottoporre a sfruttamento agricolo una immensa area, quella della grande Pianura Centrale, lentamente formatasi nel corso dei tre precedenti millenni. Per dar luogo ad un aumento della produzione, tale innovazione implica il verificarsi di due condizioni: una relativa alla tecnologia agricola, l'altra relativa all'organizzazione del lavoro; si sarebbe resa necessaria, infatti, da una parte l'elaborazione di tecniche di canalizzazione, sia per il prosciugamento delle aree acquitrinose, sia per l'irrigazione su più vasta scala, dall'altra un'organizzazione del lavoro maggiormente consociativa per l'escavazione dei canali di drenaggio e irrigazione e per la costruzione di argini, particolarmente nella zona della bassa valle nota come Huang fan qu (zona delle esondazioni del Huang). Si ritiene infatti che, in tale zona, compresa tra le province di Anhui settentrionale e Henan orientale, numerosi insediamenti Longshan possano giacere sepolti sotto giganteschi strati di limo lasciati dalle frequenti esondazioni e dai cambiamenti di corso del Fiume Giallo. L'evidenza di forme di lavoro collettivo e di tecnologia in grado di costruire efficaci argini è dimostrata dall'esistenza di possenti mura che racchiudono alcuni dei siti Longshan. Su base, per ora, puramente speculativa, la conquista della grande Pianura Centrale, può aver costituito l'elemento che avrebbe permesso alle sole culture Longshan del medio e basso Fiume Giallo, di elaborare forme di complessità sociale funzionali allo sviluppo agricolo, forme che si sarebbero espresse in una società fortemente gerarchizzata, alla fine del Neolitico tardo (2500-1800 a.C. ca.), e successivamente nella società dello stato arcaico. A giudicare dalla distribuzione o aggregazione delle sepolture tardoneolitiche in gruppi spazialmente definiti all'interno della necropoli con una o più tombe preminenti (per dimensione e/o ricchezza), circondate da altre con decrescenti livelli di ricchezza, di volume e di complessità della fossa di sepoltura, si è propensi a inquadrare i processi di crescita della complessità sociale all'interno di strutture di lignaggio di tipo clanare. L'esistenza, inoltre, di insediamenti cinti da mura in terra battuta talvolta limitrofi e spesso vicini ad insediamenti privi di terrapieno lascia intravvedere una qualche forma di organizzazione e di controllo del territorio, anche se, in assenza di maggiori dati relativi ai modelli insediamentali ed all'organizzazione interna dei singoli siti, qualsiasi deduzione rimane largamente ipotetica. Nonostante ciò, è difficile negare che sul finire del III millennio a.C. vi sia una netta corrispondenza tra culture archeologiche e aggregati di entità politico-territoriali, singolarmente definibili come chiefdoms. All'interno di ciascuna di tali unità, coloro che occupano i "ranghi" privilegiati condividono largamente, da "pari", gli elementi di un sottosistema non accessibile ai più, che sembra principalmente basato sul controllo e sulla gestione della ritualità. Ciascuna di tali entità territoriali, inoltre, agisce e muta (evolvendo o involvendo) all'interno di un duplice contesto spaziale: quello regionale, limitato dall'estensione del territorio occupato, e quello interregionale o continentale (la "sfera di interazione" di K.C. Chang o il world system di K. Kristiansen), con il conseguente instaurarsi di relazioni tra pari e di relazioni impari tra centro e periferia. Nella prospettiva di tale modello si dovrebbero inquadrare i processi che dall'inizio del II millennio a.C. a poco oltre la metà del I millennio a.C. portarono alcune delle unità territoriali preesistenti (tardo III millennio a.C.) prima verso la formazione di strutture protostatali (1800-1500 a.C. ca.), quindi alla formazione dello Stato arcaico (1500-900 a.C. ca.). Altre unità, invece, periferiche in senso geografico, economico o culturale, giunsero ad elaborare forme fluide di adattamento, intermedie tra stato e società egualitaria, ancora una volta inquadrabili nella categoria del chiefdom. L'inizio del II millennio a.C. è riconosciuto come il momento di transizione dal Neolito tardo all'età del Bronzo, età a cui vengono riferiti i rinvenimenti effettuati nel sito di Erlitou presso la città di Yanshi (Prov. di Henan). Nel livello 3 di Erlitou (1,5 × 2,5 km ca.), che non sembra fosse circondato da strutture difensive in terra, sono state rinvenute strutture palaziali su piattaforme in terra battuta e sepolture di singoli individui spesso ricoperti di cinabro e accompagnati da ricchi corredi formati da utensili rituali in giada, placche decorative zoomorfe in bronzo con intarsi in turchese, strumenti, armi e piccole caraffe tripodate (jue) in bronzo, lavorato per colata entro matrice, di sicuro uso rituale. Una ventina di siti distribuiti lungo gli affluenti del Fiume Giallo (Prov. di Henan centrale e occidentale e Prov. di Shanxi) sono stati fino ad oggi identificati come appartenenti alla cultura che da Erlitou prende il nome; essi coprono un'area all'incirca corrispondente a quella della precedente cultura Longshan del Henan centrale e occidentale. La cronologia di Erlitou e dei siti a esso collegati è inquadrata tra il 2000 e il 1700-1500 a.C. ca., periodo che per la storiografia cinese tradizionale corrisponde all'epoca della prima dinastia, quella Xia (2200-1800 a.C. ca.), localizzata nell'area di distribuzione della cultura Erlitou. Quest'ultima, nei livelli più antichi (inizio del II millennio a.C.), non sembra presentare elementi di distinzione, in termini di complessità economica e sociale, rispetto a contemporanee culture della Cina settentrionale quali quella di Kexingzhuang della valle del Wei, la cultura Qijia, la cultura Xiajiadian (livello inferiore) o le fasi tardo Longshan dello Shandong. Ciò che veramente distingue l'entità politico-territoriale Erlitou da pari entità ad essa contemporanee ed ugualmente strutturate è la velocità del processo di crescita che portò, nell'arco di appena duecento anni, al manifestarsi di una struttura fortemente gerarchizzata in cui l'élite detiene saldamente le pratiche della ritualità e i suoi simboli (attraverso i quali sembra rappresentarsi e quindi legittimarsi) e la forza lavoro per il reperimento o la produzione di quei beni: primi fra tutti i vasi rituali in bronzo e le insegne in giada. Troppo scarsi sono i dati relativi al sistema insediamentale Erlitou per poter avanzare ipotesi circa l'organizzazione della sussistenza e del territorio ed è forse prematuro voler riconoscere in esso una struttura statale centralizzata, tanto più che ancora assenti sono le evidenze sull'uso o meno di un sistema di scrittura o sull'elaborazione di un apparato burocratico e militare. D'altro canto, i processi di crescita all'interno della cultura Erlitou non avvennero in isolamento, ma in un quadro di interrelazioni tra strutture di pari livello. Questo testimonia la subitanea comparsa, nella stessa area di distribuzione di Erlitou intorno al XVII sec. a.C., di insediamenti riferibili alla cultura Shang, così chiamata dal nome della prima dinastia cinese storicamente attestata da documenti scritti a essa coevi. Al sistema sociale elaborato in tale ambito possiamo quindi riferirci, a partire almeno dal XV sec. a.C., come a uno stato centralizzato arcaico, principalmente caratterizzato dal controllo e dalla piena disponibilità da parte dell'aristocrazia non solo del territorio, delle materie prime e del surplus, ma anche della più preziosa tra le risorse della comunità: l'uomo e la sua forza-lavoro.
In Corea, penisola che dal punto di vista culturale e linguistico non può che considerarsi un'unica entità, la divisione tra Repubblica Popolare Democratica di Corea, nel Nord, e Repubblica di Corea, nel Sud, ha determinato uno sviluppo degli studi nettamente divergente: convenzionalmente marxistaleninista in un caso, troppo legato alla ricostruzione dell'evoluzione e continuità storica dell'ethnos coreano nell'altro. Fra i temi più dibattuti nell'ultimo trentennio relativamente ai processi di sviluppo della complessità socioeconomica vi è la definizione dello stadio a cui assegnare le entità politiche "coreane" note dalle fonti storiche (cinesi, in particolare) o da quelle archeologiche nel periodo a cavallo dell'era volgare. Tali entità politiche regionali devono essere considerate nel quadro di processi di sviluppo seguiti alla cultura neolitica Chulmun (6000-2000 a.C. ca.), che intorno al 2000 a.C. lasciò il passo a nuovi modelli insediamentali (da insediamenti di ripa a insediamenti collinari) e di sussistenza (coltivazione di riso, miglio, soia e allevamento del maiale, del cane, forse del bufalo), ad un nuovo stile ceramico, quello della ceramica Mumun con le sue varianti regionali, ad una nuova ritualità funeraria che, nella manifestazione monumentale (tombe a cista e dolmen o tombe megalitiche), riflette incipienti livelli di complessità sociale. A tali innovazioni si affianca la comparsa, intorno al 1300 a.C., di utensili in bronzo (nella maggior parte dei casi in associazione a sepolture elitarie o in tesoretti); gli archeologi nord-coreani pongono l'inizio dell'età del Bronzo in Corea al 2000 a.C., ma un riferimento così alto rimane ipotetico: la più antica forma di fusione in ceramica fino ad oggi nota in Corea è del 900 a.C. ca. (Yanggulli, 2760±70 B.P.). I processi di crescita economico-sociale in corso nella penisola coreana nel I millennio a.C., come per il precedente periodo della cultura Chulmun, furono parte di un più generale quadro che abbraccia l'intera Asia orientale, non potendosi escludere flussi migratori o fenomeni di diffusione: ad esempio la coltivazione del riso e l'associato uso di coltelli-falcetto semilunati in pietra polita, forse derivati dalle regioni intorno alla foce dello Yangtze, o l'uso del bronzo probabilmente mutuato dalla cultura Xiajiadian della valle del fiume Liao. Intorno al V sec. a.C. compaiono elementi che riflettono nuovi livelli di complessità socioeconomica: miglioramenti nella tecnologia ceramica, uso di abitazioni di più ampia superficie e non più seminterrate, uso e produzione di utensili in ferro e oggetti di status in bronzo, comparsa di entità regionali caratterizzate da insediamenti collinari fortificati e da una sempre più netta stratificazione sociale, quale si evince dalle sepolture. I dati relativi ai livelli di crescita di tipo statale in Corea tra il 500 a.C. e il 500 d.C., molteplici e variegati, suggerirebbero il formarsi di entità politiche regionali per effetto di processi endogeni in qualche modo collegati all'interazione con lo Stato cinese. Due sembrerebbero le fasi di accelerazione in tale modello interattivo: la prima intorno al 500 a.C. con la conquista della valle del fiume Liao da parte dello stato cinese settentrionale di Yan; la seconda con l'istituzione nel 108 a.C. di quattro prefetture (o colonie: Nang nang [cin. Lelang], Imdum, Hyondo e Chinbon) nel territorio di un'entità nota dalle fonti come Choson, nella regione nord-occidentale coreana, conquistata dall'impero cinese della dinastia Han. Già dal 75 a.C., però, il controllo Han sembra limitato alla sola Prefettura di Lelang (area dell'odierna Pyongyang). I riferimenti testuali cinesi contemporanei alla conquista Han riferiscono di diverse entità regionali che sembrano tutte equiparate ad un livello di organizzazione politico-territoriale che i testi stessi chiamano guo; oltre a Koguryo, Paekche, Silla e Choson, sono noti Chin, Samhan, e Kaya. Il termine cinese guo è inteso, dalla maggior parte degli storici coreani e non, come "regno" o "stato", tuttavia, i dati archeologici non confermano l'esistenza di strutture riconducibili ad un livello di organizzazione centralizzata statale. Solo dal 300 d.C. le evidenze materiali concordano con quelle testuali e permettono di chiamare Stati Koguryo, Paekche e Silla. La data del 300 d.C., che inaugura il periodo dei Tre Regni (o Samguk), è una data stabilita su basi squisitamente archeologiche poiché è segnata dalla comparsa della cultura delle Tombe a Tumulo che, assieme alla diffusione del Buddhismo, costituisce uno degli aspetti caratterizzanti delle prime società statali della Corea. Se, dunque, per il periodo successivo al 300 d.C. la struttura statale di quelle entità territoriali è chiara, molti sono i dubbi riguardanti il periodo più controverso dell'archeologia coreana, quello degli stadi formativi che precedono i Tre Regni tra la fine del I millennio a.C. e il 300 d.C. A quale stadio di sviluppo siano da riferire le entità territoriali note dalle fonti è stato ed è uno dei principali temi di discussione dell'archeologia coreana. Il cardine della discussione ruota sulla convinzione che il termine guo usato dai cronisti cinesi definisca una precisa struttura socio-politica e amministrativa. In realtà, il termine quando applicato a strutture politico-territoriali esterne allo stato cinese può avere valenze molto generiche e quindi viene a comprendere sia incipienti livelli di complessità, riconoscibili solo attraverso i dati archeologici (sepolture a cista o a dolmen), sia evidenti livelli di complessità socio-economica esemplificati dalle tombe a tumulo. In tale accezione, quindi, il termine guo ingloba due ben distinte categorie, che l'archeologia antropologica distingue in chiefdom e in stato. Altri due temi di dibattito, strettamente connessi con la definizione dello stadio di sviluppo delle società coreane nella fase formativa dei Tre Regni, riguardano da una parte l'origine di tali società e la loro etnogenesi, dall'altra il problema di quali furono i fattori che determinarono la loro comparsa e il loro sviluppo. Per quanto concerne il primo tema, vi è stata nel corso degli ultimi trent'anni una periodica oscillazione tra l'ipotesi di un più o meno forte contributo di elementi immigranti dalle regioni cinesi che si affacciano sul Golfo di Bohai e l'ipotesi di un'origine autoctona. In particolare, negli ultimi tempi e soprattutto nella Corea del Nord, si è negata l'esistenza delle prefetture stabilite dalla dinastia Han, documentate da fonti storiche ad esse contemporanee e da evidenze materiali che vengono ora considerate come la testimonianza di una fioritura culturale locale. Anche il problema dei fattori che devono aver determinato i processi di transizione verso forme di organizzazione sociale complessa è stato affrontato da diverse angolazioni. Alcuni riconoscono alla metallurgia il ruolo di catalizzatore primario: l'uso e la produzione del bronzo avrebbe stimolato lo sviluppo di tribù ed in seguito di leghe tribali, il ferro avrebbe invece fatto superare il gradino successivo, da comunità tribali ad unità politiche integrate. Altri vedono nel commercio e nella guerra "l'effetto moltiplicatore" responsabile dell'innesco del processo di sviluppo socio-politico; tale effetto è ravvisato da altri ancora nella concomitanza dello stimolo tecnologico (metallurgia del bronzo-ferro), della gestione della produzione (risicoltura irrigua), del commercio e della guerra. Stimolante è l'ipotesi di T. Hatada che riconosce alle prefetture Han un ruolo primario da queste svolto nello sviluppo della complessità sociale, ma ribalta la visione tradizionale. Hatada, infatti, sostiene che la presenza cinese non sarebbe stata un fattore di stimolo diretto, bensì avrebbe prodotto la sostanziale involuzione delle locali strutture sociopolitiche preinvasione Han; al contrario le entità periferiche (considerate di tipo tribale), mantenendo intatte le forme di organizzazione sociale autoctone, sarebbero state libere di crescere fino all'elaborazione di strutture complesse di tipo statale. In tutti i casi, se si eccettuano quelli in cui la presenza delle prefetture Han è negata contro ogni evidenza storica ed archeologica, l'instaurarsi di un qualche tipo di interrelazione con le formazioni statali della Cina del I millennio a.C. (diffusione diretta o indiretta o intermediata di elementi tecnologici, scambi commerciali, contrapposizione armata, migrazione) sembra aver determinato, o per reazione, o per imitazione, la transizione da stabili comunità ad economia agricola a più complesse forme di tipo statale. Si ha motivo di ritenere, però, che in situazioni ecologiche ed economiche diverse da quelle verificatesi nelle piane fluviali, l'interrelazione con lo stato cinese possa aver avuto esiti differenti; ovvero che da stabili comunità ad economia agricola, il passaggio sia stato indirizzato verso meno complesse organizzazioni sociali di tipo non statale, quali, ad esempio, le società basate sul clan-tribù a economia specializzata (pastorizia nomade-seminomade nelle steppe settentrionali) o a economia mista (agricoltura e allevamento di altura nelle regioni collinari e montuose della Cina sud-occidentale).
In Giappone l'interpretazione del passato è stata determinata, almeno fino all'inizio dell'epoca Showa (1925), da una complessa e radicata costruzione ideologica basata sul dogma dell'origine divina della dinastia imperiale, ininterrottamente sul trono dagli albori della civiltà. Gli studiosi occidentali, d'altra parte, hanno per lungo tempo relegato il Giappone tra le province della marginalità archeologica e storica, usando spesso termini quali "isolamento insulare" e "attardamento culturale". Dopo il 1945 l'archeologia giapponese si è inizialmente concentrata su aspetti cronologici e culturali, particolarmente quelli relativi al primo popolamento dell'arcipelago, e solo nell'ultimo ventennio sui processi di sviluppo economico-sociale che, tra il 400 a.C. e il 700 d.C., avrebbero portato alla comparsa di una società pienamente agricola e statalizzata. Tale arco cronologico è convenzionalmente diviso in due periodi: quello Yayoi (400-350 a.C. ca. -300 d.C. ca.), che vide la diffusione della risicultura e l'iniziale uso e produzione di bronzo e ferro, e quello Kofun (o dei Grandi Tumuli) (300-700 d.C. ca.) in cui aristocrazie sviluppatesi all'interno dei piccoli gruppi di risicoltori Yayoi diedero vita a diverse entità regionali organizzate a livello di società protostatali. Le ricerche e gli studi dei processi di crescita della complessità sociale nel Giappone antecedente al periodo protostorico (e storico dal 700 d.C.) sono ancora in corso; tre fasi di cambiamento sono oggetto di ricerca, ognuna delle quali implica la valutazione dei rapporti che costantemente legarono l'arcipelago al continente e alle sue culture. In sintesi le tre fasi suddette sono costituite da: passaggio dalle tarde fasi neolitiche Jomon alle prime fasi culturali Yayoi con l'affermazione e poi la diffusione dell'agricoltura risicola; transizione dal medio Yayoi al medio Kofun in cui si verificò lo sviluppo del sottosistema culturale delle élites e di gerarchie territoriali; periodo tardo Kofun-età storica arcaica che vide l'affermarsi di esplicite strutture amministrative e di complessi sistemi di produzione e di scambio non più limitati (come in epoca Yayoi e antico e medio Kofun) ai beni di status. Va ricordato, inoltre, come nell'arcipelago giapponese la comparsa di ceramica, nel periodo Jomon incipiente, si dati intorno a 12.000 anni fa (Riparo di Fukui e Caverna di Sempukuji nella Prefettura di Nagasaki) in associazione a microlame (prevalentemente in ossidiana) e a punte triangolari peduncolate con ritocco fine bifacciale. A tale fenomeno seguì un relativamente diffuso processo di sedentarizzazione, a partire dall'8000 a.C. circa, nel periodo Jomon iniziale, basato sullo sfruttamento sia delle risorse costiere/ estuarine sia di quelle montano/boschive. Nel lungo periodo neolitico Jomon (da 12.000 anni fa alla metà del I millennio a.C. ca.) si stanno sempre più evidenziando elementi di connessione oltre che con la Corea e la Cina nord-orientale anche con le contemporanee culture dell'Asia nord-orientale (soprattutto Siberia ed ex Provincia Marittima Sovietica) e con la catena degli arcipelaghi che portano verso l'Asia sudorientale. Nell'arco di quei diecimila anni, sebbene si manifestino una matura tecnologia della ceramica ed una vita in articolate comunità di villaggo, i fenomeni economici dell'allevamento e dell'agricoltura rimasero del tutto esclusi. Evidenze di raccolta intensiva e di incipienti forme di agricoltura, che in qualche modo interessarono anche forme selvatiche di riso, sono attestate infatti dal Jomon tardo (1500-1000 a.C. ca.). Soltanto sul finire del Jomon finale (1000-400 a.C. ca.), tuttavia, e in una limitata regione (il Kyushu nord-occidentale) che sembra essere stata meno ricca di risorse naturali e, soprattutto, a poche ore di navigazione dalla costa coreana, le evidenze archeologiche rivelano, importate dal continente, la presenza di risicoltura, di villaggi fortificati e di elementi di diseguaglianza sociale che nell'arco di pochi secoli avrebbero portato alla nascita dello stato "giapponese" sul finire dell'epoca Kofun.
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