Dal Neolitico all'età dei metalli. Dalle prime comunità agricole alle società complesse: Sud-Est asiatico
L'impalcatura teorica e metodologica per lo studio dei processi di crescita della complessità sociale in Asia sud-orientale è stata offerta, fino agli anni Settanta, da modelli elaborati in Europa e in America per la comprensione della nascita dei primi organismi statali del Vicino Oriente, della Mesoamerica o del Mediterraneo; parimenti la divisione cronologica attraverso il "sistema delle tre età" (età neolitica, del Bronzo e del Ferro) è stata utilizzata presumendo processi evolutivi sostanzialmente analoghi a quelli dell'Europa e del Vicino Oriente. Tra la fine del XIX secolo e i primi decenni del XX secolo, le ricerche archeologiche in Asia sud-orientale, fortemente influenzate dalle vicende coloniali, furono principalmente mirate alla riscoperta delle vestigia monumentali di perduti regni, note dalle fonti storiche. L'evidenza di società complesse o Stati in quell'area e, soprattutto, le problematiche legate alla loro origine furono virtualmente ignorate o sottostimate, tanto che le culture dell'Asia sud-orientale furono considerate come il prodotto di diverse influenze culturali ora provenienti dalla Cina, ora dall'India. Solo tra la fine degli anni Sessanta e per tutto il decennio successivo si sentì l'esigenza di elaborare e discutere differenti, e spesso contrastanti, sistemi interpretativi e cronologici per la preistoria e protostoria del Sud-Est asiatico, nel tentativo di superare i postulati processuali che il sistema delle tre età aveva imposto per quasi un secolo. Ciò ha prodotto un sostanziale cambiamento metodologico nello studio della transizione che, in Asia sud-orientale, portò le locali comunità agricole e stanziali a elaborare originali forme di complessità sociale che, durante il I millennio d.C., diedero vita in diverse aree del Sud- Est asiatico a formazioni di tipo statale. Occorre tenere presente che da un punto di vista fisiografico il Sud-Est asiatico comprende due distinte entità: l'Asia sud-orientale continentale, che include le province cinesi dello Yunnan, del Guizhou, del Guangxi e del Guangdong, e l'Asia sud-orientale insulare, ad eccezione di Irian Jaya (politicamente parte dell'Indonesia, ma culturalmente legata alla Micronesia/Melanesia e all'Australia). All'interno di queste due macroregioni, sostanziali differenze ambientali (diversità nell'altitudine, nella prossimità al mare, esposizione ai monsoni) creano un mosaico di microregioni, con ecosistemi tra loro differenziati che, fuori dalle pianure fluviali, non hanno permesso lo sviluppo di economie agricole estensive. All'inizio dell'Olocene, il Golfo di Thailandia e quello del Tonkino erano vaste paludi, mentre buona parte del Sud-Est asiatico insulare era unito alla terraferma (piattaforma di Sunda). La lenta separazione tra la porzione continentale e quella insulare terminò intorno al 5000 a.C., con una trasgressione marina che avrebbe portato, alle soglie del III millennio a.C., il livello delle acque da 3 a 6 m più in alto di quello attuale. Il fenomeno contrario di regressione, iniziato intorno al 2500 a.C., avrebbe poi lentamente dato alla linea di costa l'assetto odierno. Nel corso del Neolitico antico (9000-4000 a.C.) nelle regioni costiere del Sud-Est asiatico continentale e insulare, molto scarse sono le testimonianze archeologiche a causa dei cambiamenti postpleistocenici della linea di costa; più abbondanti, invece, sono i dati provenienti dalle zone montane, dove sono stati rinvenuti numerosi ripari in grotte carsiche con evidenza di comunità di cacciatori-raccoglitori. Tali comunità sembrano aver condiviso una tecnologia litica su ciottolo nota come "tecnocomplesso hoabinhiano" (termine oggi non più unanimemente accettato), caratterizzata da utensili discoidali e accette a scheggiatura monofacciale. Con la fase più tarda del Neolitico antico (7000-4000 a.C. ca.) due significative innovazioni si sono verificate nella cultura materiale dei locali gruppi di cacciatori-raccoglitori: l'affilatura e la politura degli utensili litici da taglio (industria bacsoniana, 7000 a.C. ca.) e la manifattura di vasi d'argilla cotta (IV millennio a.C. ca.); le due innovazioni testimonierebbero il passaggio da un'economia di caccia-pesca e raccolta verso una primitiva orticoltura. Nei numerosi chiocciolai del Neolitico antico, localizzati lungo la probabile linea di costa intorno al 5000-4000 a.C., pur con differenze regionali, il modello economico comune è basato sullo sfruttamento delle risorse marine o fluviali localmente reperibili, con strumentario in pietra levigata (accette, asce) e ceramica a impressioni di corda, mentre l'inumazione dei defunti è generalmente in posizione flessa. Nel corso del IV millennio a.C., in concomitanza della trasgressione marina che privò i gruppi di cacciatori-raccoglitori di ampie fasce di territorio, sembra che il modello economico abbia subito un sostanziale mutamento, passando dallo sfruttamento delle risorse reperibili solo in prossimità dell'abitato allo sfruttamento di quelle offerte dagli ambienti forestali e fluviali. I resti di riso e di pula di riso selvatico rinvenuti in livelli archeologici del Neolitico medio testimonierebbero, infatti, un'intensificazione della raccolta selettiva di cultigeni endemici negli ambienti monsonici tropicali. Sembrerebbe che la naturale ricchezza di risorse alimentari dell'Asia sudorientale, e non l'acquisizione delle tecniche agricole, sia la causa prima che indirizzò i processi di crescita della complessità socioeconomica nel IV-III millennio a.C. verso la sedentarizzazione e la territorialità. Tra la fine del III millennio a.C. e la prima metà del II millennio a.C. il quadro delle evidenze archeologiche cambia drasticamente nelle regioni continentali. L'economia di sussistenza appare stabilmente legata a una forma di protorisicoltura, intesa a favorire la crescita di riso selvatico nelle basse aree inondate dai monsoni prospicienti i terrazzi fluviali: su questi, dunque, sorgono ora gli insediamenti non più dislocati nelle foreste o sulla costa. Si tratta di villaggi, formati da capanne su piattaforme rialzate in legno, in cui un'incipiente gerarchizzazione sociale è riscontrabile dall'analisi dei corredi tombali. Di particolare rilievo è la presenza di beni alloctoni, soprattutto ornamenti in conchiglia o in pietra e accette in pietra non localmente reperibile, che evidenziano sia una rete di scambi tra le aree interne di approvvigionamento della pietra e le zone costiere dove veniva raccolta invece la conchiglia, sia la detenzione e la segregazione di beni di prestigio e simboli di status che venivano sepolti con il possessore. L'area insulare, nonostante la disponibilità di suoli adatti all'agricoltura fra la porzione orientale dell'isola di Giava e le isole della Piccola Sonda, sembra non aver mai partecipato a tale fenomeno protoagricolo in quanto l'ampia copertura forestale non favorì la naturale crescita del riso. Nelle Filippine, al contrario, dove l'ecosistema subtropicale crea ampie zone paludose e assolate, i rinvenimenti nei siti della cultura della Ceramica ad Ingobbiatura Rossa attestano la presenza di riso domestico già alla fine del III millennio a.C. Da qui si sarebbero diffusi verso sud sia la ceramica sia il riso, attestati a Sulawesi e nel Borneo (Sarawak) con una datazione oscillante tra il 2200 e il 1800 a.C. Nell'intera Asia sud-orientale l'analisi stilistica delle decorazioni ceramiche del III millennio a.C., associata alla tipologia dei monili, indica il formarsi di una sfera d'interazione che sembra coinvolgere prima l'intera porzione continentale e poi quella insulare fino alla Melanesia occidentale. Nel complesso, i dati evidenziano la presenza, tra il 2200 e il 1500 a.C., di villaggi stanziali lungo le valli fluviali del Sud-Est asiatico continentale, con un'organizzazione sociale gerarchizzata, una protoagricoltura-orticoltura e un'articolata rete di scambi. Le prime evidenze di uso e produzione di bronzo in lega binaria compaiono improvvisamente, nell'area continentale, intorno al 1500-1000 a.C. senza uno stadio formativo (Calcolitico); due sono le ipotesi proposte per la spiegazione di tale fenomeno. La prima, elaborata da Ch. Gorman e P. Charoenwongsa negli anni Settanta, propone una locale evoluzione della metallotecnica che dal Khorat (Thailandia nord-orientale) si sarebbe diffusa verso la valle del Chao Phraya a sud-ovest (Thailandia centrale) e il Golfo di Bac Bo a nord-est (Vietnam). Tale ipotesi si basa principalmente su una serie di datazioni al radiocarbonio, da campioni rinvenuti nei siti di Ban Chiang e di Non Nok Tha, che pongono l'apparire dei primi manufatti in bronzo nei contesti tombali datati tra il 2100 e il 1800 a.C. Una datazione così antica, contemporanea alla prima metallurgia della valle del Fiume Giallo, proverebbe la locale evoluzione della tecnologia del bronzo in Asia sud-orientale. La seconda ipotesi, proposta da Ch. Higham, si basa su una rigorosa revisione delle datazioni radiometriche e sull'analisi dei dati tra il Neolitico finale e la prima età del Bronzo in tutta l'area continentale, comprese la provincia cinese dello Yunnan a nord-ovest e, a nord-est, l'area del Lingnan ("[terra] a sud delle montagne"), nelle odierne province del Guangxi e del Guangdong. Tale ipotesi colloca l'inizio della metallurgia nel Sud-Est asiatico continentale intorno alla metà del II millennio a.C. e vede le due regioni della Cina come cerniera o parete osmotica tra le culture del Sud-Est asiatico e quelle della valle del Fiume Giallo, attraverso l'intermediazione delle culture della valle dello Yangtze in contatto con lo Yunnan settentrionale e l'area del Lingnan. Proprio in quest'ultima regione, in contesti tardoneolitici (2800-1500 a.C. ca.), asce-pugnale (ge) in pietra derivate da prototipi in bronzo della valle dello Yangtze evidenziano il contatto con il settentrione, mentre il resto dello strumentario in pietra rimane tipologicamente legato all'area del Golfo di Bac Bo. In quest'area, nei corredi tombali di Lung Hoa, di Phung Nguyen e di Xom Ren è, però, anche attestata la presenza di utensili rituali chiaramente comparabili, per forma e materia prima, a manufatti rituali diffusi dalla valle del Fiume Giallo al Sichuan, al Guangxi-Guangdong nel II millennio a.C. Sembrerebbe, dunque, che il meccanismo dell'interazione culturale, facilitato dalle valli fluviali che dal Himalaya si aprono a ventaglio verso le pianure cinesi e l'Asia sud-orientale, ma complicato da un'ampia zonazione ecologica determinata dall'altitudine, coinvolga più aree oltre alle due ipotizzate da Higham. Infatti, oltre a quella cinese e a quella "asiatica sudorientale", si percepisce il formarsi di una sfera d'interazione circumhimalayana tangente alle prime due, attraverso le regioni dei pascoli d'altura che vanno dal Qinghai al Sichuan, allo Yunnan, all'alta Birmania e da qui ancora verso ovest. Nella seconda metà del II millennio a.C. molti sono i manufatti in bronzo rinvenuti nell'area Lingnan-Bac Bo che testimoniano il perdurare dei contatti con la valle dello Yangtze. Tuttavia i rinvenimenti effettuati a Yuanlongpo, nella valle del Wuming (Guangxi), mostrano una locale tecnologia del metallo, dove crogiuoli cilindrici a base emisferica e orlo segnato da una profonda scheggiatura (probabilmente per la colatura del metallo nelle matrici), una forma di fusione bivalve con un'incisione a doppia spirale sulla parete esterna e un utensile a tre punte lanceolate trovano confronti con materiali simili, databili intorno al 1500 a.C., rinvenuti a Ban Chiang (Thailandia nord-orientale) e a Non Pa Wai (Thailandia centrale), mettendo così a dura prova l'ipotesi di Higham. La datazione di Yuanlongpo è, infatti, nel secondo quarto del I millennio a.C., quasi mille anni più tardi di quella di Non Pa Wai. La seconda ipotesi vede dunque nella tecnologia del bronzo, originatasi dal contatto tra l'area culturale Lingnan-Bac Bo e lo stato arcaico cinese Shang-Zhou (XVI-IX sec. a.C. ca.), il volano dei processi di crescita della complessità sociale in Asia sud-orientale. Non un trasferimento diretto di tecnologia, ma un processo di scambio, già in atto dal Neolitico, che agì da stimolo sulle locali comunità per l'elaborazione di un'autoctona tradizione metallurgica. Nella porzione continentale, a sud della fascia Yunnan- Lingnan, gli insediamenti non eccedono quasi mai la grandezza di 5 ha e i manufatti in bronzo sono poco o raramente presenti nei contesti tombali. Tra gli oggetti in metallo la parte più consistente è rappresentata dai monili, mentre le rare accette, le punte di freccia e le ancor più rare punte di lancia non sono evidenza di un miglioramento dello strumentario agricolo, né di una incipiente tensione sociale. La sicura evidenza di metallurgia, comunque, indica un livello di specializzazione artigianale, sulla cui natura (a tempo pieno o stagionale) molto bisogna ancora indagare. Il frequente rinvenimento di lingotti di rame, con diametro di 3 cm circa, sembrerebbe evidenziare una produzione facilmente trasportabile, e quantificabile, dalle poche zone di estrazione verso le molte aree di lavorazione. La crescita della complessità sociale, testimoniata dall'aumento di beni alloctoni nei corredi tombali e dalla segregazione dei manufatti metallici in poche sepolture, sembrerebbe non essere imputabile all'avvento della metallurgia. I dati orientano verso una gerarchizzazione interna ai villaggi, dove un'élite organizza il lavoro e sovrintende al controllo del territorio sfruttato dalla comunità; potrebbe trattarsi di forme aggregative inquadrabili nella larga categoria dei chiefdoms. Nella regione del Lingnan, invece, i dati indicano la formazione di un'aristocrazia guerriera e l'instaurarsi di tensioni sociali regionali, con ogni probabilità indotte dall'espansione dello Stato cinese. Tale espansione sembra essersi verificata già dalle fasi più arcaiche dello stato Shang, come dimostrato dal sito fortificato di Panlongcheng (Huangpi, Prov. di Hubei) a sud dello Yangtze, datato al XV sec. a.C. All'intensificarsi di tali meccanismi espansionistici bisogna riferirsi per la comprensione dei processi formativi che portarono nell'area della cerniera Yunnan-Lingnan, almeno dalla metà del I millennio a.C., alla formazione di strutture complesse con forte gerarchizzazione interna, come, ad esempio, la cultura Dian sul Lago Dianqi nella Provincia di Yunnan o la cultura Dong Son lungo il Fiume Rosso nel Vietnam settentrionale, oppure alla formazione di strutture sociali più fluide, non centralizzate, ma gerarchizzate, come quella della cultura delle Tombe a Cista, sviluppatasi lungo la fascia circumhimalayana orientale. La transizione da autonome comunità di villaggio, con incipiente gerarchizzazione interna, a entità territoriali fortemente gerarchizzate è sicuramente attestata intorno alla metà del I millennio a.C. Nella piana di Bac Bo, il processo di centralizzazione è testimoniato nei siti della cultura Dong Son (500 a.C. - 100 d.C.), in cui sono stati rinvenuti utensili in ferro con forme specializzate che attestano l'avvenuto passaggio a una matura risicoltura in vasca (o risaia), capace di consentire l'accantonamento di surplus controllato da un'aristocrazia contadina e guerriera raffigurata nelle decorazioni dei principali simboli di status (le ciste e i tamburi in bronzo colati a cera persa). L'ampia diffusione di armi in bronzo e bimetalliche (con lama in ferro e immanicatura in bronzo), assieme ai riti, ai combattimenti, ai sacrifici umani e alle feste raffigurate sui tamburi e sulle ciste, evidenziano tensioni sociali, conseguenza forse di competizioni per il controllo territoriale e della produzione agricola. L'analisi necropolare, inoltre, attesta un accesso alla ricchezza estremamente selettivo, riscontrabile nella detenzione di beni alloctoni: specchi, monete, lampade e sigilli di importazione cinese. Ritualità, surplus, concentrazione della popolazione, controllo del territorio, specializzazione artigianale, agricola e guerriera sono dunque indicatori di una società centralizzata in via di statalizzazione. La tendenza verso forme di avanzata complessità sociale in altre aree del Sud-Est asiatico continentale (Thailandia, Laos, Cambogia, Vietnam meridionale), dal 500 a.C. circa, si evidenzia in un nuovo tipo di organizzazione dell'insediamento: i siti circondati da fossato e terrapieno (moated sites) serviti da bacini interni per la raccolta e la conservazione delle acque. L'analisi della dislocazione di questi insediamenti ha evidenziato l'instaurarsi di un cosciente controllo e organizzazione del territorio: i siti con fossato e terrapieno sono sempre all'interno di meandri fluviali, sfruttati sia come via di comunicazione sia, soprattutto, come parte del sistema difensivo e di approvvigionamento delle acque. Costante sembra anche la presenza di un certo numero di siti monofunzionali (metallurgia, industria litica, ceramica, ecc.) a una distanza variabile tra i 20 e i 30 km dal sito centrale. Nei contesti tombali lo strumentario in ferro è costituito da forme specializzate per la coltura in risaia e da armi bimetalliche, veri strumenti da offesa e da difesa, a cui si associano altri tipi di armi in rame/ bronzo con chiara valenza di status. L'ultimo elemento che, tra la fine del I millennio a.C. e l'inizio del I millennio d.C., evidenzia una crescita endogena della complessità sociale che si avvale di componenti simboliche allogene, è rappresentato dall'incremento del processo interattivo con il Subcontinente indiano. A tale processo è imputabile l'assunzione da parte delle élites locali di simboli di status il cui valore è determinato dalla loro rarità e dal legame che essi hanno con un ambiente culturale esterno, scelto come il più consono a rappresentare l'ideologia della nascente élite. La generale tendenza delle comunità agricole del Sud-Est asiatico verso esiti di tipo protostatale intorno alla fine del I millennio d.C. può essere compresa, infatti, solo ricercando e seguendo un insieme di fattori interrelati. Tra questi, da una parte l'aumento della produzione agricola, e verosimilmente la crescita demografica, dall'altra i contatti con i due poli, indiano ad ovest e cinese a nord, sono due delle tante variabili dell'effetto moltiplicatore che, agendo sui sottosistemi della produzione agricola, degli scambi commerciali e della ideologia dell'élite, favorì la crescita della complessità sociale. Nel Sud-Est asiatico insulare, assieme alla comparsa di utensili in ferro, si assiste alla diffusione di tamburi in bronzo di produzione continentale (del tipo noto come Heger 1), che testimonierebbero la presenza di una rete di scambi su lunga distanza. Tali tamburi, sicuramente datati agli ultimi secoli del I millennio a.C. sul continente, potrebbero però non essere un valido elemento di datazione per l'area insulare, in quanto, secondo alcuni studiosi, essi sarebbero arrivati nel Sud-Est asiatico insulare solo intorno al 500 d.C. In ogni caso la presenza di tamburi in bronzo importati dal continente, assieme ad oggetti di produzione o imitazione indiana (complesso culturale di Buni, Giava), testimonierebbe ancora una volta la tendenza ad una crescita della complessità sociale in parte determinata dal possesso di beni alloctoni. La nascita di società complesse in Asia sud-orientale è stata in passato analizzata sulla base delle sole fonti scritte, in larga parte cinesi, e attraverso l'analisi storico-artistica focalizzata su quell'esplosione monumentale definita da G. Coedès "indianizzazione" e particolarmente evidente nei cosiddetti "regni" fioriti nell'area continentale ed insulare tra il IV e l'VIII sec. d.C. Tuttavia, la tesi di una "migrazione" della cultura indiana in Asia sud-orientale, talvolta vista come reale movimento di popolazioni dal Subcontinente indiano con la creazione di vere e proprie colonie, e il modello variamente definito come "indianizzazione", "acculturazione" o "sanscritizzazione" del Sud-Est asiatico non sono più sostenibili alla luce dei dati archeologici. Al contrario, tali dati indicano processi endogeni di crescita della complessità socioeconomica. Le forme di aggregazione sociale, politica, economica e religiosa e l'instaurarsi di un instabile controllo territoriale, visibili nella documentazione archeologica riferibile alla prima metà del I millennio d.C., sono indicativi di strutture sociali fluide, definibili come società stratificate decentralizzate, una forma arcaica di Stato mancante di confini, di burocrazia e di città (nel senso occidentale o vicino-orientale del termine). Sono tali strutture che si tende a definire, nell'ambito degli studi storico-archeologici del Sud-Est asiatico, maṇḍala. Il termine maṇḍala, applicato per la prima volta alle strutture sociali complesse del Sud-Est asiatico di epoca storica da I.W. Mabbett (1978) per descrivere un apparato politico fluido in termini di territorio e senza fisse frontiere, fu poi ripreso da O.W. Wolters (1982), che lo usò per definire un'organizzazione territoriale in cui piccoli centri si espandono o si contraggono a seconda del credito e del potere acquisito dal centro maggiore sul territorio; un apparato politico, dunque, la cui sfera d'influenza e i cui confini sono soggetti a continui cambiamenti. Per quanto concerne i processi di crescita che portarono alla formazione dei maṇḍala, un ruolo primario fu svolto dal sistema di scambi del Sud-Est asiatico con l'India e con gli Stati cinesi. A questo si associa, verosimilmente, l'espansione della produzione agricola resa possibile dalla risaia e dall'utensileria in ferro: la necessità di controllare ed espandere il territorio nelle piane fluviali sembra aver creato, in seno alle comunità dell'età del Bronzo, livelli di competizione territoriale con la conseguente crescita e supremazia di un centro su altri. La formazione di società complesse nella forma aggregativa dei maṇḍala, più che il risultato di un'espansione coloniale o culturale, sembra piuttosto da considerare un fenomeno di localizzazione e di formazione di stato secondario accelerato dall'espansione dell'impero Han, da una parte, e, dall'altra, dalla crescita delle società complesse delle valli dell'India gangetica verso esiti pienamente statali. Queste ultime, infatti, si sarebbero poste come interlocutrici preferenziali delle élites dei maṇḍala alla ricerca, soprattutto, di metalli pregiati non più reperibili, in India, attraverso le vie di scambio occidentali dominate dall'espansione economica dell'Impero romano.
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