Dal Paleolitico medio al Paleolitico superiore
Il limite tra gli stadi isotopici 4 e 3 non corrisponde ad una modificazione climatica di grande rilievo. Le prime oscillazioni temperate, che tra 60.000 e 45.000 anni fa marcarono il passaggio dal I Pleniglaciale all'Interpleniglaciale, non cambiarono in modo significativo l'ambiente e non determinarono importanti spostamenti di gruppi umani. La successiva oscillazione temperata di Moershoofd, tra 45.000 e 40.000 anni fa, fu invece più incisiva: tuttavia essa è poco conosciuta, a causa della difficoltà di ottenere datazioni con il metodo del radiocarbonio (¹⁴C) superiori a 40.000 anni. A questa zona pollinica vanno attribuiti vari ritrovamenti che suggeriscono una estesa modificazione dell'ambiente: nel Massiccio Centrale della Francia un deposito sigillato da colate basaltiche documenta una foresta temperata, tra 43.000 e 40.600 anni fa; le associazioni vegetali a conifere registrate dalle analisi polliniche in Europa centrale in un paesaggio relativamente aperto, in Europa orientale in un paesaggio forestale a pini, abeti e betulle. Questi dati mostrano come l'intervallo di tempo compreso tra 45.000 e 40.000 anni fa corrisponda a importanti cambiamenti, che aprirono l'Europa a nuovi gruppi umani provenienti dal Vicino Oriente, consentirono il riflusso verso nord delle popolazioni neandertaliane costrette nelle regioni meridionali durante il I Pleniglaciale e indussero le popolazioni musteriane locali a nuove forme di adattamento. I miglioramenti climatici della seconda metà dell'Interpleniglaciale (40.000-30.000 anni fa) sono conosciuti meglio, sia per le informazioni più complete ricavate da analisi pedologiche e polliniche sia per le datazioni al ¹⁴C più affidabili e numerose. Il primo miglioramento, chiamato nelle regioni occidentali Hengelo (a nord) e Les Cottés (a sud), cade all'incirca tra 38.000 e 35.000 anni fa: in Francia esso vide lo sviluppo di foreste a pino e betulla, mentre nell'Europa centro- orientale fu meno marcato. Il successivo miglioramento, chiamato nelle regioni occidentali Denekamp (a nord) e Arcy (a sud), tra 32.000 e 28.000 anni fa, corrisponde alle condizioni ottimali dell'Interpleniglaciale, soprattutto nell'Europa orientale. Nei diagrammi pollinici il tasso delle arboree (soprattutto pino e abete, associati a ontano) salì fino al 60-70%; nei Caravanche il limite superiore del bosco arrivò fino ad un centinaio di metri sotto al limite attuale. Nell'intervallo tra le due oscillazioni temperate, probabilmente intorno a 33.000 anni fa, si ebbe un'importante attività vulcanica alla quale vanno riferiti gli strati di tefra largamente diffusi nell'Europa sudorientale e nella Pianura Russa e che si riscontra anche, con particolare evidenza, nell'Italia centrale. Alla riduzione di volume dell'inlandsis e degli altri ghiacciai continentali corrispose, durante l'Interpleniglaciale, una trasgressione marina che raggiunse livelli dei quali sono state date valutazioni differenti, fino a 50 m al di sotto della linea di costa attuale. Va sottolineato che i miglioramenti climatici dell'Interpleniglaciale non raggiunsero mai l'intensità avuta nel corso del Würm antico (in corrispondenza degli stadi isotopici 5c e 5a), per quanto concerne il tasso delle arboree negli spettri pollinici, lo sviluppo dei suoli e le temperature medie annuali. Nella grande pianura europea i miglioramenti climatici dell'Interpleniglaciale determinarono soprattutto la riduzione delle aree con terreno perennemente gelato (pergelisol ) e un aumento delle precipitazioni. Questi fenomeni si realizzarono come se i miglioramenti climatici risalissero dalle regioni sudorientali dell'Europa, contrastando la massa glaciale dell'inlandsis finno-scandinava. Di conseguenza, la temperatura risalì più rapidamente nelle regioni continentali d'Europa di quanto non avvenne nelle regioni a clima oceanico.
È opinione diffusa che la differenziazione culturale tra Paleolitico medio e Paleolitico superiore corrisponda alla distinzione tra i due tipi umani, Homo sapiens neanderthalensis e H. sapiens sapiens, che popolavano l'Europa e il Vicino Oriente nella fase di transizione. In realtà non c'è una stretta corrispondenza tra tipi umani e culture archeologiche: il miglior esempio è offerto dal Paleolitico medio del Vicino Oriente, dove tra 100.000 e 70.000 anni fa industrie litiche simili furono prodotte tanto dai Neandertaliani quanto dai proto-Cro- Magnon. In Europa, dove l'uomo moderno si affermò più tardi, nella fase di transizione (tra 45.000 e 30.000 anni fa) la differenziazione è più marcata, anche se le grandi modificazioni culturali non sono sempre e tutte correlabili con la comparsa dell'uomo moderno. Secondo un'opinione largamente condivisa, nell'industria litica i cambiamenti significativi sarebbero dovuti all'introduzione di nuove tecniche di scheggiatura, rivolte alla produzione di supporti laminari. Questa nozione va tuttavia precisata: già nella fase di formazione dei complessi del Paleolitico medio gruppi di pre-Neandertaliani svilupparono tecniche laminari, ma soltanto nell'Aurignaziano i primi uomini moderni realizzarono catene operative finalizzate alla produzione di supporti lamellari e microlamellari e fabbricarono armature standardizzate, che venivano inserite in serie su supporti lignei. Lo sviluppo delle industrie leptolitiche è legato non alle sole innovazioni tecnologiche, ma all'insieme di cambiamenti che coinvolsero l'economia, le strategie di caccia e altri aspetti della cultura. Alcuni studiosi contrappongono lo sciacallaggio e la caccia "opportunistica", che caratterizzerebbero l'economia di sussistenza dei Neandertaliani, alle strategie pianificate e specializzate di una caccia attiva alla selvaggina di taglia media e grande, messe in atto dagli uomini moderni. Le ricerche più recenti hanno fortemente attenuato il contrasto: oggi sono noti alcuni esempi di caccia a grandi mammiferi come gli elefanti, abbattuti con armi specializzate (giavellotti di legno), e cumuli di ossa di bisonte, che suggeriscono una caccia specializzata in siti musteriani; viceversa, in alcuni tra i primi siti riferibili all'uomo moderno le evidenze archeologiche suggeriscono strategie di caccia più "opportunistiche" che pianificate. Per quanto riguarda la caccia ai mammiferi, non registriamo dunque un netto cambiamento tra le due età. Un altro aspetto dell'economia annoterebbe modificazioni di rilievo: si tratta dell'approvvigionamento delle materie prime. Generalmente nei siti musteriani dominano i materiali locali, mentre nei siti degli uomini moderni i materiali di importazione, anche da lunghe distanze, assumono importanza maggiore. Questo contrasto si nota soprattutto in Europa occidentale; invece nei siti dei Neandertaliani dell'Europa centrale i materiali alloctoni provenienti da distanze fino a 200-300 km assunsero un ruolo comparabile a quello che avrebbero avuto nella fase antica del Paleolitico superiore, anche se non in modo sistematico come nella successiva fase media dello stesso periodo. Non si può nemmeno essere certi di cambiamenti significativi e generalizzati nelle strutture d'abitato: furono soprattutto il modo di vita e l'ambiente a determinare sia la natura dei materiali utilizzati per la loro costruzione sia la loro forma, nel corso del Paleolitico medio come del Paleolitico superiore. Le modificazioni più profonde tra Paleolitico medio e Paleolitico superiore riguardano la cultura simbolica e la produzione artistica, che vengono correlate con differenti capacità intellettuali tra Neandertaliani e uomini moderni. Sono tuttavia noti, associati ai Neandertaliani, rari reperti il cui significato simbolico è evidente: ocra rossa utilizzata per la pittura corporale, fossili intenzionalmente raccolti, pendenti e incisioni di motivi ritmati su osso. L'arte figurativa, animalistica e antropomorfa, rimane sempre però un attributo esclusivo dell'uomo moderno. Un'altra distinzione comportamentale riguarda il rituale funerario, suggerito dalle sepolture neandertaliane e dell'uomo moderno. Queste ultime, anche le più antiche, si distinguono dalle prime soprattutto per i ricchi corredi.
In Europa e nel Vicino Oriente varie industrie del Paleolitico medio mostrano tendenze evolutive in senso leptolitico. I processi sono dovuti almeno in parte alla dinamica evolutiva interna delle industrie, ma in parte potrebbero essere stati determinati anche da apporti esterni, cioè da contatti con gruppi di uomini moderni, che si diffusero in Europa tra 45.000 e 30.000 anni fa. Dal punto di vista archeologico, le industrie cosiddette "di transizione" sono radicate nelle locali tradizioni musteriane e si possono ritenere opera degli ultimi Neandertaliani, benché i resti scheletrici associati ad esse siano molto rari.
Complessi di tradizione mustero-levalloisiana - Le industrie mustero-levalloisiane delle regioni orientali balcaniche e del bacino carpatico furono interessate precocemente da questo fenomeno: si tratta degli insiemi provenienti dallo strato VI della terrazza della Grotta di Temnata (Bulgaria), datato a circa 50.000 anni, e dallo strato Ia di Korolevo nell'Ucraina transcarpatica, con datazioni tra 60.000 e 38.000 anni fa. Le catene operative mettono in evidenza il passaggio dal concetto levalloisiano al concetto volumetrico del nucleo: allo sfruttamento bipolare o centripeto e alla conseguente riduzione del nucleo per ampliamento della superficie di distacco delle lame verso i fianchi del nucleo, segue la formazione di una cresta centrale, significativa di questa transizione tecnologica. Tra gli strumenti compaiono forme leptolitiche, come grattatoi, bulini, troncature, senza tipi diagnostici. Tra 45.000 e 36.000 anni fa la medesima tendenza evolutiva della tecnica levalloisiana si nota anche nel Bohuniciano della Moravia. Questo complesso contiene in eguale misura strumenti del Paleolitico medio (raschiatoi, denticolati, punte Levallois ritoccate o meno) e del Paleolitico superiore (bulini, grattatoi, lame ritoccate) associati a punte foliate bifacciali (che ricordano quelle dello Szeletiano) e a punte a faccia piana (che ricordano quelle del Jerzmanowiciano), fabbricate in officine specializzate localizzate soprattutto nella Moravia meridionale. Si tratta di cacciatori di cavalli; purtroppo lo stato di conservazione dei siti non consente l'identificazione delle strutture e dell'organizzazione degli abitati. Lo sviluppo in senso laminare della tecnica levalloisiana e la produzione di strumenti leptolitici caratterizzano anche altri siti: Shlyach (bacino del Don) nella Pianura Russa; Kara Bom (ai piedi dei monti Altai) nella Siberia meridionale, datato a 40.000-30.000 anni fa. Queste industrie non hanno avuto un ulteriore sviluppo nel Paleolitico superiore. Vanno sottolineate, in questo caso, le affinità tecnologiche con l'evoluzione delle industrie del Vicino Oriente, partendo dal Mustero-Levalloisiano verso l'Ahmariano, che si sviluppò ulteriormente fino all'Epipaleolitico.
Complesso a punte foliate - Le industrie a punte foliate sono caratteristiche soprattutto dell'Europa centro-orientale, dove sono derivate dal Micocchiano orientale, sviluppando la tecnica di taglio bifacciale per ottenere punte bifacciali, la tecnica di scheggiatura centripeta per produrre schegge e lo sfruttamento di nuclei prismatici ad un piano di percussione non preparato per ricavarne lame e schegge. A questo complesso possiamo riferire tre industrie, che occuparono territori ben delimitati: lo Szeletiano, il Bryndzeniano e lo Streletskiano. Lo Szeletiano, diffuso in Moravia, Ungheria, Slovacchia e Polonia meridionale, è caratterizzato dall'associazione di punte foliate bifacciali a base arrotondata, raschiatoi e denticolati; la componente leptolitica (grattatoi, lame ritoccate, rari bulini), inizialmente scarsa, diventa più importante nelle fasi recenti. Il classico deposito di Grotta Széléta nei monti Bükk (Ungheria) è datato a 43.000 (unità inferiore) - 31.000 (unità superiore) anni fa. Il Bryndzeniano della Moldavia è caratterizzato da grandi punte foliate allungate associate a raschiatoi, denticolati e strumenti leptolitici. La sua collocazione cronologica non è ancora ben definita, dal momento che le datazioni sinora ottenute sembrano troppo recenti; si segnala la presenza di un oggetto a forma di pesce decorato da cuppelle, motivo che può essere avvicinato alla decorazione di alcune statuette aurignaziane. Lo Streletskiano della Crimea e della Pianura Russa è caratterizzato da punte bifacciali subtriangolari a base concava, associate a strumenti musteriani (punte, raschiatoi, schegge ritoccate, denticolati, incavi). La frequenza di strumenti su lama (soprattutto grattatoi corti), bassa nella fase antica (36.000-30.000 anni fa), aumenta nella fase recente, rappresentata dal Sungiriano. Le industrie a punte foliate erano diffuse anche nelle regioni nord-occidentali d'Europa, soprattutto lungo la frangia meridionale della grande pianura europea. Tra Gran Bretagna e Polonia tra 42.000 e 30.000 anni fa si sviluppò il complesso Lincombiano-Ranisiano-Jerzmanowiciano, caratterizzato da bifacciali e da punte a faccia piana su lame, associate a strumenti leptolitici come bulini e troncature. I siti in grotta sono solitamente occasionali bivacchi di caccia, rappresentati da pezzi foliati e da scarse evidenze di scheggiatura. Queste industrie sembrerebbero essere persistite nella grande pianura europea fino all'acme del II Pleniglaciale. Secondo alcuni studiosi esse avrebbero dato origine intorno a 28.000 anni fa in Belgio al Maisieriano e più tardi in Francia alla facies settentrionale del Protosolutreano. Le industrie a punte foliate subirono un forte processo di leptoliticizzazione, probabilmente a contatto con gruppi aurignaziani. I contatti furono più marcati nel caso dello Szeletiano e confermati da scambi di materie prime tra la Slovacchia orientale e il nord-est dell'Ungheria. Alcune industrie a punte foliate, continuando il processo evolutivo successivamente a 30.000 anni fa, ebbero forse un ruolo nella formazione delle culture della fase media del Paleolitico superiore: lo Szeletiano potrebbe aver contribuito alla formazione del Gravettiano dell'Europa centrale, lo Streletskiano alla formazione del Sungiriano. Nella Pianura Russa, nella regione di Kostenki, è stata riconosciuta un'altra entità "di transizione", il Gorodsoviano, così chiamato dal sito di Kostenki 15 - Gorodsovskaja. Essa è caratterizzata tanto da strumenti leptolitici, come grattatoi corti su supporto laminare, quanto da manufatti su scheggia di tipo musteriano, come raschiatoi e punte. La presenza di ritocchi bifacciali su alcuni strumenti suggerisce la derivazione dal Micocchiano orientale: questa ipotesi è confermata dall'insieme litico di Mira, sito meridionale della Pianura Russa, che presenta un aspetto transizionale tra le due entità. Va ricordato che il Gorodsoviano è caratterizzato anche dagli strumenti d'osso, numerosi e decorati da incisioni. Il Gorodsoviano compare prima di 30.000 anni fa (Kostenki 15 si trova sotto lo strato superiore di humus, nell'alta terrazza del Don) e si sviluppa fino a 21.000 anni (datazioni ¹⁴C).
Complessi a punte a dorso: Castelperroniano e Uluzziano - Il Castelperroniano è diffuso in un'area ben delimitata dell'Europa occidentale atlantica, comprendente la Francia sud-orientale, il Massiccio Centrale, i Pirenei e la Cantabria. È caratterizzato da prodotti di scheggiatura laminari e da strumenti leptolitici, tra i quali è tipica la punta di Châtelperron, un coltello a dorso curvo. In alcuni siti all'industria castelperroniana sono associati manufatti d'osso e d'avorio lavorati con le tecniche proprie del Paleolitico superiore, oggetti ornamentali e decorati da tacche. Nello strato X della Grotta della Renne di Arcy-sur-Cure (Yonne), datato a 34.000- 33.000 anni fa, A. Leroi-Gourhan ha messo in luce una capanna sostenuta da zanne di mammut. Il Castelperroniano sembra trarre origine dal Musteriano di tradizione acheuleana, complesso col quale condivide l'areale; in due siti (Grotta di Saint-Césaire nella Charente-Maritime e Grotta della Renne di Arcy-sur-Cure nella Yonne) è associato a resti scheletrici di Homo sapiens neanderthalensis. Le innovazioni del Castelperroniano sono attribuite da vari studiosi a contatti tra gli ultimi Neandertaliani e i primi gruppi di uomini moderni, la cui contemporaneità è ben documentata in Europa occidentale. C. Leroyer e Arl. Leroi- Gourhan hanno potuto stabilire su basi polliniche la cronostratigrafia di un numero significativo di siti aurignaziani e castelperroniani datati tra le zone di Les Cottés e di Arcy, mostrando l'esistenza di un areale meridionale, aurignaziano, in progressiva espansione a carico dell'areale settentrionale, castelperroniano. Al limite tra i due areali, nel Lot, i depositi delle grotte di Roc de Combe e di Piage mostrano una interstratificazione di Aurignaziano e Castelperroniano, interpretata come l'alternarsi di gruppi di uomini moderni e di Neandertaliani nei due siti. L'Uluzziano è invece diffuso nella penisola italiana, con l'esclusione della Liguria. È caratterizzato da piccole punte a dorso curvo e da segmenti delle stesse dimensioni, associati a grattatoi, bulini e pezzi scagliati e a raschiatoi di tradizione musteriana; sono presenti manufatti d'osso e conchiglie marine usate come oggetti ornamentali. Le datazioni radiometriche assegnano all'Uluzziano un'età di 33.000- 32.000 anni fa, posteriore a quella registrata per il primo Aurignaziano del Veneto e della Liguria.
Ahmariano e industrie della Transcaucasia - Anche nel Vicino Oriente tra Paleolitico medio e Paleolitico superiore si interpongono dei complessi di diffusione regionale. La transizione è ben documentata nella serie di Ksar Akil, dove gli strati XXV-XXI-XX mostrano una scheggiatura levalloisiana e laminare con pezzi à chanfrein (tagliati obliquamente all'estremità distale), mentre gli strati XIX-XIV mostrano una scheggiatura francamente laminare con pezzi a dorso e lame appuntite che ricordano le punte di el-Wad. Mentre gli strati con industrie mustero-levalloisiane sottostanti alle industrie di transizione hanno dato resti scheletrici neandertaliani, nello strato XVII è stato rinvenuto uno scheletro di uomo moderno. La transizione ha recentemente avuto un migliore inquadramento grazie agli scavi di Boker Tachtit (strati 1-3) nel deserto del Negev, dove è documentata l'evoluzione dalla scheggiatura levalloisiana verso la scheggiatura laminare su nuclei prismatici. I supporti lamellari venivano utilizzati per la fabbricazione di punte di el- Wad e di pezzi a dorso: così si formò la tradizione detta "ahmariana", conosciuta in vari siti di Israele (Erq el-Ahmar strati F, E, D; Qafzeh strati 7-9; Kebara strato E; Ein Aquev; ecc.). La tradizione ahmariana si differenzia dalla tradizione aurignaziana (presente anch'essa nel Vicino Oriente) per le sue origini locali e per la sua caratterizzazione, data soprattutto dallo strumentario a dorso e dalle lamelle appuntite. Scavi e datazioni più recenti mostrano che l'Ahmariano antico (45.000- 36.000 anni fa) fu seguito dall'Ahmariano recente, il cui termine è posto intorno a 20.000 anni fa, che potrebbe essere all'origine dell'industria epipaleolitica a strumenti microlitici, nota nel Vicino Oriente col nome di Kebariano, intorno a 17.000 anni fa. Un'evoluzione simile potrebbe essersi realizzata più a nord, in Transcaucasia, dove alla base della sequenza di Grotta Sagvarjile in Georgia è stata riconosciuta un'industria sviluppatasi dal Musteriano locale di tecnica laminare, comprendente strumenti leptolitici. Essa potrebbe aver dato origine alla fase più antica del Paleolitico superiore della regione, caratterizzata da lamelle a microritocchi marginali, da grattatoi corti e spessi (Dzudzuana e Apiancha in Georgia) e da zagaglie d'osso piatte (Samertskhle-Klde). In quest'ultimo caso non vanno trascurate le somiglianze con l'Aurignaziano. Purtroppo non sono note datazioni radiometriche; sappiamo solo che queste industrie precedono le industrie a punte e a lamelle a dorso posteriori al II Pleniglaciale.
Baradostiano dei monti Zagros - Nei monti Zagros, gli scavi della Grotta di Shanidar hanno portato alla definizione del Baradostiano (dal vicino massiccio di Baradost), caratterizzato da lame a ritocco marginale e da lamelle appuntite, chiamate punte di Arjeneh, che evocano le punte di Font- Yves o di el-Wad. Nella Grotta Warwasi (strati P-Z, AA-CC, DD-FF e GG-LL) con questa industria si ritrovano molti elementi caratteristici dell'Aurignaziano dell'Europa sud-orientale: tecnologia laminare, importanza del ritocco laterale su lama (compreso il ritocco sopraelevato), presenza di grattatoi a muso, importanza delle lamelle a ritocchi marginali, comprese le forme appuntite. La cronologia del Baradostiano pone tuttavia vari problemi.
Spitsiniano della Pianura Russa - In quest'area comparve, probabilmente prima dell'Aurignaziano, un'industria che non ha antecedenti locali, documentata nella vallata del Don nello strato inferiore del giacimento di Kostenki 17 (chiamato anche Spitsine). Lo strato giace sul suolo umico inferiore della terrazza superiore del Don, sotto lo strato di tefra datato intorno a 33.000 anni fa, ed è datato a sua volta a 32.200+2000/-1600 anni B.P. L'industria, in selce probabilmente importata dalla valle dell'Oskol, è ricavata soltanto da supporti laminari e comprende bulini, grattatoi, lamelle a ritocchi marginali e lamelle a dorso, oltre a pezzi scagliati. Da ulne di volpe artica sono state ricavate delle lesine e dall'avorio lisciatoi e percussori. Gli oggetti ornamentali, soprattutto pendenti ricavati da canini di volpe artica e da belemniti, conchiglie e coralli fossili, sono numerosi. Questa industria non ha analogie con altre industrie della fase antica del Paleolitico superiore. Essa è contemporanea alle industrie a punte foliate della Pianura Russa, soprattutto dello Streletskiano, dal quale differisce totalmente dal punto di vista tecnologico e tipologico, dal momento che presenta le caratteristiche proprie delle industrie del pieno Paleolitico superiore, mentre nulla ricorda le industrie del Paleolitico medio.
Oltre alla bibl. citata s.v. Il Paleolitico medio cfr. G. Laplace, Recherches sur l'origine et l'évolution des complexes leptolithiques, Paris 1966; F. Bordes - J. Labrot, Stratigraphie de la grotte de Roc de Combe (Lot) et ses implications, in BPrHistFr, 64 (1967), pp. 15-28; F. Champagne - R. Espitalié, Le Piage, site préhistorique du Lot, in MemSocPrehistFr, 64 (1981), pp. 29-34; J.K. Kozłowski (ed.), Excavations in the Bacho Kiro Cave (Bulgaria), Final Report,Warsaw 1982; F.B. Harrold, The Chatelperronian and the Middle-Upper Paleolithic Transition, Oxford 1983, pp. 123-40; C. Leroyer - Arl. Leroi-Gourhan, Problèmes de chronologie: le Castelperronien et l'Aurignacien, in BPrHistFr, 80 (1983), pp. 41-44; F.H. Smith - F. Spencer (edd.), The Origin of Modern Humans: a World Survey of the Fossil Evidence, New York 1984; E. Delson (ed.), Ancestor: the Hard Evidence, New York 1985; P. Allsworth Jones, The Szeletian and the Transition from Middle to Upper Palaeolithic in Central Europe, Oxford 1986; J.F. Hoffecker - C.A. Wolf (edd.), The Early Upper Paleolithic. Evidence from Europe and the Near East, London 1988; P. Mellars, Major Issues in the Emergence of Modern Humans, in CurrAnthr, 30, 3 (1989), pp. 349-85; P.A. Mellars - C.B. Stringer (edd.), The Human Revolution, Princeton 1989; E. Trinkaus (ed.), The Emergence of Modern Humans, Cambridge 1989; C. Farizy (ed.), Le Paléolithique moyen récent et le Paléolithique supérieur ancien en Europe, Paris 1990; J.K. Kozłowski (ed.), Les feuilles de pierre. Les industries à pointes foliacées du Paléolithique supérieur européen, in ERAUL, 42 (1990); P. Mellars (ed.), The Emergence of Modern Humans. An Archaeological Perspective, Edinburgh 1990; J.J. Hublin - A.M. Tillier (edd.), Aux origines d'Homo sapiens, Paris 1991; M.J. Aitken - C.B. Stringer - P.A. Mellars (edd.), The Origin of Modern Humans and the Impact of Chronometric Dating, London 1992; G. Bräuer - F. Smith (edd.), Continuity or Replacement: Controversies in Homo sapiens Evolution, Rotterdam 1992; J.K. Kozłowski, The Balkans in the Middle and Upper Paleolithic: the Gate to Europe or a Cul de Sac?, in ProcPrehistSoc, 58 (1992), pp. 1-20; J.K. Kozłowski - H. Laville - B. Ginter (edd.), Temnata Cave, Krakow 1992; D.W. Frayer, Evolution at the European Edge: Neanderthal and Upper Paleolithic Relationships, in Préhistoire éuropéenne, 2 (1993), pp. 9-69; M.H. Nitecki - D.V. Nitecki (edd.), Origin of Anatomically Modern Humans, New York 1994; A. Ringer, Les industries à pointes foliacées d'Europe Centrale, in Paléo, Suppl. 1, 1995; E. Carbonell - M. Vaquero (edd.), The Last Neanderthals the First Anatomically Modern Humans. Cultural Change and Human Evolution: the Crisis at 40 ka B.P., Tarragona 1996; J.J. Hublin et al., A Late Neanderthal Associated with Upper Palaeolitic Artefacts, in Nature, 381 (1996), pp. 224-26.